LA CORTE DI APPELLO

    Riunita  in  Camera di consiglio, ha emesso la seguente ordinanza
nella  causa  di  lavoro  iscritta  al  n. 632/01  R.G.  vertente tra
Costarelli  Paolo,  nato a Catania il 22 novembre 1954, elettivamente
domiciliata in Catania via Balduino n. 43, presso lo studio dell'avv.
Palma  Balsamo che lo rappresenta e difende per procura a margine del
ricorso  introduttivo  del  giudizio  di  primo  grado,  appellante e
Istituto  nazionale  della  previdenza  sociale,  in  persona del suo
presidente  pro  tempore, rappresentato e difeso dall'avv. G. Palmeri
per  procura generale alle liti di repertorio in notar Franco Lupo di
Roma  del 7 ottobre 1993, elettivamente domiciliato in Catania, viale
Liberta' n. 137, presso la propria sede provinciale, appellato.

                   Ritenuto in fatto ed in diritto

    Con  ricorso  depositato  in  data 21 marzo 2000 Costarelli Paolo
adiva il Giudice del lavoro di Catania e premesso di essere creditore
della Consortile Torino Park della somma di L. 12.598.410 a titolo di
T.F.R.,  mediante decreto ingiuntivo divenuto esecutivo, esponeva che
pur  versando  la societa' in stato di insolvenza la relativa istanza
per  la  dichiarazione di fallimento era stata rigettata, per modesta
entita' del debito.
    Esponeva quindi di aver proposto istanza al Fondo di garanzia che
tuttavia  era  stata  rigettata  non  essendovi  una dichiarazione di
fallimento della societa'.
    Lamentava il Costarelli che illegittimamente gli era stato negato
il  diritto  di agire nei confronti del Fondo atteso che la posizione
patrimoniale  della  societa'  era del tutto assimilabile a quella di
societa'  dichiarata  fallita,  come  del  resto poteva desumersi dal
quanto  previsto  dal decreto legislativo n. 80/1992, attuativo della
direttiva comunitaria n. 80/987/CEE.
    Tanto premesso chiedeva condannarsi l'I.N.P.S. al pagamento della
somma di L. 12.598.410 pari al T.F.R. dovutogli dalla societa', oltre
alla rivalutazione monetaria e agli interessi legali.
    Costituitosi  in  giudizio  l'I.N.P.S.  contestava in fatto ed in
diritto  la domanda chiedendone il rigetto ed in particolare rilevava
che presupposto necessario per l'applicazione della legge n. 297/1982
era la avvenuta dichiarazione di fallimento.
    Con  sentenza  del  20  marzo 2000, il giudice adito rigettava la
domanda.
    Avverso  tale  sentenza  proponeva  appello  Costarelli Paolo con
ricorso  del  22 maggio 2001, per i motivi ivi esposti, chiedendo che
la  Corte di appello, in riforma dell'appellata sentenza, condannasse
l'Istituto  nazionale della previdenza sociale, in persona del legale
rappresentante,  pro  tempore, quale gestore del fondo di garanzia di
cui  alla  legge 29 maggio 1982, n. 297, al pagamento del trattamento
di  fine  rapporto  dovutogli  dalla  Societa' consortile Torino Park
r.l.,   pari  a  L.  12.598.410,  oltre  rivalutazione  monetaria  ed
interessi  dalla maturazione al soddisfo, ed al pagamento delle spese
di entrambi i gradi del giudizio.
    L'I.N.P.S.  si  costituiva  in  giudizio,  chiedendo  il  rigetto
dell'appello.
    Il  giudice di primo grado, nel rigettare la domanda proposta dal
Costarelli,  ha  rilevato che, in base alla attuale normativa vigente
in Italia, l'obbligazione del Fondo di garanzia, ai sensi della legge
n. 297/1982  non puo' sorgere nel caso in cui (come quello in esame),
in  assenza  di una dichiarazione di fallimento del datore di lavoro,
sussista   una   situazione  debitoria  di  inadempimento  datoriale,
suffragata   dalla  pendenza  di  procedure  esecutive  (mobiliari  o
immobiliari).
    Deve  rilevarsi  che  il  Castarelli  ha  ottenuto dal Pretore di
Catania  -  Giudice  del  lavoro  l'emissione  di  decreto ingiuntivo
n. 1078  del  5  ottobre 1995, con il quale veniva ingiunto alla soc.
Consortile  Torino Park r.l. il pagamento di L. 16.058.395, di cui L.
12.598.410  per  trattamento  di  fine  rapporto, oltre rivalutazione
monetaria ed interessi dal 1° maggio 1995;
        che,  divenuto  il decreto esecutivo, per mancata opposizione
della  societa'  debitrice,  veniva  proposto  avanti il Tribunale di
Catania  istanza per la dichiarazione di fallimento in data 30 giugno
1996;
        che  con decreto del 21 novembre 1996 il Tribunale di Catania
respingeva il ricorso per la dichiarazione di fallimento per «modesta
entita' del debito».
    Dunque  nel  caso  in  oggetto  il  lavoratore si e' attivato per
ottenere  la declaratoria di fallimento del datore di lavoro, ma tale
richiesta  non  e'  stata accolta per motivi discrezionali, collegati
alla procedura fallimentare, ma che prescindono dalla sua volonta'.
    La  direttiva 80/987/CEE del 29 ottobre 1980 e' stata emanata dal
Consiglio  delle  Comunita' europee per garantire una uniforme tutela
dei  lavoratori  subordinati  in  caso  di  insolvenza  del datore di
lavoro.
    Lo   Stato  italiano,  in  ottemperanza  della  citata  direttiva
comunitaria,  ha  emanato dapprima la legge n. 297/1982, con la quale
e'  stato  istituito  presso  l'I.N.P.S. il «Fondo di garanzia per il
trattamento  di fine rapporto», con lo scopo di erogare al lavoratore
dipendente il T.F.R. in caso di insolvenza del datore di lavoro.
    Con  intervento  successivo, a seguito di due note sentenze della
Corte  di  Giustizia che hanno dichiarato l'inadempimento dello Stato
italiano  all'obbligo  di  conformare  il  proprio  ordinamento  alla
direttiva  n. 80/987 (la sentenza 2 febbraio 1989 nella causa C-22/87
e  la  sentenza «Francovich» del 19 novembre 1991), lo Stato italiano
ha  emanato  prima  la legge delega 29 novembre 1990, n. 428 e poi il
decreto  legislativo  27  gennaio 1992, n. 80, che prevede il diritto
per  i  lavoratori  dipendenti da datori di lavoro non assoggettati a
procedure  concorsuali  di ottenere, a domanda, dal Fondo di garanzia
istituito e funzionante a tutela del trattamento di fine rapporto, il
pagamento   dei   crediti  di  lavoro  non  corrisposti,  cosi'  come
individuati nell'art. 2 del decreto stesso.
    Restano  pero'  ancora fuori dalla tutela imposta dalla direttiva
comunitaria  casi  come quello in oggetto, in cui il datore di lavoro
soggetto a fallimento, e inadempiente, del quale il lavoratore chiede
al  tribunale  la  dichiarazione  di fallimento, non viene dichiarato
fallito   perche'   il  credito  (L.  16.058.395  oltre  interessi  e
rivalutazione  dal  30  aprile  1995)  viene considerato di modesta e
dunque  di  per  se'  insufficiente  a ritenere la sussistenza di uno
stato  di insolvenza e a determinare la dichiarazione di fallimento e
la  apertura  di  una  procedura  fallimentare. In particolare appare
evidente  il diverso trattamento riservato dalla normativa vigente, e
cioe' la legge n. 297/1982 cosi' come successivamente modificata, fra
i  dipendenti  da  un datore di lavoro non soggetto alle disposizioni
del  regio  decreto  16  marzo 1942, n. 267, il quale non adempia, in
caso  di  risoluzione del rapporto di lavoro, alla corresponsione del
trattamento  dovuto o vi adempia in misura parziale, ed il lavoratore
dipendente   da   un   datore   di  lavoro  soggetto  alle  procedure
fallimentari  ma non dichiarato fallito, pur in presenza di un debito
accertato  per  il T.F.R., per la modesta entita' della somma che non
consente,  a giudizio del tribunale fallimentare, la dichiarazione di
fallimento. Mentre infatti nel primo caso, come del resto avviene per
i  lavoratori  dipendenti  da datore di lavoro dichiarato fallito, e'
possibile  per  il  lavoratore  ottenere  dal  Fondo  di  gaanzia  il
pagamento  del  proprio  credito  per  il  T.F.R.  purche', a seguito
dell'esperimento  dell'esecuzione  forzata  per  la realizzazione del
credito  relativo a detto trattamento, le garanzie patrimoniali siano
risultate  in tutto o in parte insufficienti, nel secondo caso invece
il  lavoratore,  pur  dopo  avere  inutilmente  esperito le procedure
esecutive, non puo' ottenere tale pagamento dal Fondo di garanzia.
    Deve  rilevarsi  per  completezza  che da parte del Costarelli e'
stata  intrapresa  una  procedura  esecutiva  in  danno del datore di
lavoro,  con  esito  negativo come emerge dal verbale di pignoramento
del 17 marzo 1998 in atti.
    Tutte  le  suesposte  considerazioni  permettono  di ritenere non
manifestamente  infondata  la  questione  di  costituzionalita' della
normativa  in  questione,  in relazione all'art. 3 della Costituzione
italiana.  Occorre  infatti osservare che la disciplina enucleata dal
combinato disposto di cui all'art. 2, commi 2 e 5, legge n. 1997/1982
e  di  cui all'art. 1, commi 1 e 2 del d.lgs. n. 80 del 1992 realizza
una ingiustificata ed illogica disparita' di trattamento.
    Cio'  determina una irragionevolezza della norma che, a fronte di
situazioni omogenee, prevede trattamenti diversi.
    In  particolare  i  lavoratori,  dipendenti  da imprenditori, che
hanno  maturato  a titolo di T.F.R. (ed a maggior ragione a titolo di
ultime tre mensilita) importi che, pur non essendo certo irrilevanti,
non  sono  ritenuti  sufficienti  per  l'apertura  di  una  procedura
concorsuale,  non hanno attualmente alcuna garanzia del loro credito,
pur  in  presenza  di  un  reale  stato di insolvenza e pur a seguito
dell'esperimento negativo dell'esecuzione forzata.
    E cio' a differenza dei lavoratori dipendenti da datori di lavoro
non  soggetti  a  procedura  fallimentare  per i quali e' sufficiente
documentare  una insufficienza delle garanzie patrimoniali attraverso
una procedura esecutiva ad esito negativo.
    Appare  infatti  logico che una volta che la discrezionalita' del
legislatore  ha  disposto la tutela in oggetto anche per i dipendenti
da  datori  di  lavoro  non  assoggettabili  a procedure concorsuali,
avrebbe  dovuto estenderla in modo coerente ed omogeneo anche al caso
in  cui  il  datore  di  lavoro  non  sia  assoggettabile a procedure
concorsuali  non per mancanza del requisito soggettivo di cui al r.d.
n. 267/1942, ma per modesta entita' del debito.