ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nella   fase   di   ammissibilita'  del  giudizio  per  conflitto  di
attribuzione   tra   poteri   dello   Stato  sorto  a  seguito  della
deliberazione del Senato della Repubblica del 30 giugno 2004 relativa
alla  insindacabilita'  delle  opinioni espresse dal senatore Emiddio
Novi, promosso con ricorso del Tribunale Roma - Sezione prima civile,
depositato  in  cancelleria  il  2 marzo 2006 ed iscritto al n. 5 del
registro conflitti tra poteri dello Stato 2006.
    Udito  nella  Camera  di  consiglio  del 5 luglio 2006 il giudice
relatore Sabino Cassese.
    Ritenuto  che  con  ricorso  del 2 marzo 2006 (r. confl. n. 5 del
2006),  il  Tribunale  di Roma ha sollevato conflitto di attribuzione
nei   confronti  del  Senato  della  Repubblica,  in  relazione  alla
deliberazione del 30 giugno 2004 con la quale e' stata dichiarata, ai
sensi     dell'art. 68,     primo    comma,    della    Costituzione,
l'insindacabilita'  delle  dichiarazioni  del  senatore Emiddio Novi,
rispetto alle quali pende un giudizio civile;
        che  il  Tribunale romano, in funzione di giudice monocratico
civile,  riferisce  che  i  dottori  Del  Gaudio Marco e altri, tutti
magistrati  con  funzioni  di  sostituto procuratore della Repubblica
presso  il  Tribunale  di  Napoli,  con  atto di citazione notificato
l'8 aprile  2002  - assumendo di essere stati diffamati e danneggiati
da  alcuni  articoli  a  firma  del  giornalista  Roberto  Paolo («La
vendetta  dei  P.M.  puniti  -  Contro  Cordova  la vendetta dei P.M.
puniti»  del  19 gennaio  2002; «Veleno in Procura - L'ultimo ricatto
contro  Cordova  - I P.M. minacciano la fuga in massa» del 25 gennaio
2002;  «Veleno  in  Procura - Ce l'hanno con Cordova perche' ha messo
ordine»  del  26 gennaio  2002;  «Procura  dei veleni - Caso Cordova,
nuova  spaccatura»  del  3 febbraio  2002; «Procura dei veleni - Caso
Cordova  il  bluff  dei  P.M.  ribelli»  del 7 febbraio 2002) e da un
articolo a firma del senatore Emiddio Novi («Il Palazzo brucia e c'e'
chi  pensa  a spargere veleni» del 7 febbraio 2002), tutti pubblicati
sul quotidiano «Roma», edito dalla societa' Edizione di Roma, diretto
da   Luigi  Casciello  -  hanno  convenuto  in  giudizio  i  predetti
giornalisti  Roberto Paolo e Luigi Casciello, nonche' il sen. Emiddio
Novi  per sentirli condannare al risarcimento dei danni, al pagamento
della   sanzione   pecuniaria   prevista   dall'art. 12  della  legge
8 febbraio   1948,   n. 47   (Disposizioni   sulla   stampa)  e  alla
pubblicazione dell'emananda sentenza;
        che,  costituendosi  nel  giudizio  principale,  i resistenti
eccepivano l'esimente del diritto di cronaca per le dichiarazioni del
giornalista  Paolo  e,  relativamente alle dichiarazioni del senatore
Novi,  l'insindacabilita'  delle medesime a norma dell'art. 68, primo
comma, Cost. e, nel merito, chiedevano il rigetto della domanda;
        che  il  Tribunale  di  Roma osserva di aver ritenuto fondata
l'eccezione  di  insindacabilita' in relazione a due articoli «Veleno
in  Procura  -  Ce  l'hanno  con Cordova perche' ha messo ordine» del
26 gennaio 2002, «Procura dei veleni - Caso Cordova il bluff dei P.M.
ribelli» del 7 febbraio 2002 a firma del giornalista Paolo, posto che
in  detti articoli lo stesso si era limitato a trascrivere fedelmente
alcuni  brani  delle  due interpellanze parlamentari rivolte dal sen.
Novi  al Ministro della giustizia nel corso della seduta pubblica del
Senato della Repubblica in data 25 gennaio 2002;
        che,  al  contrario, il Tribunale di Roma osserva di non aver
ritenuto  che  tutte  le  opinioni espresse nell'articolo «Il Palazzo
brucia  e  c'e'  chi  pensa a spargere veleni», sottoscritto dal sen.
Novi, risultassero riferibili al contenuto delle stesse interpellanze
e,  per  tale  ragione,  di  aver  trasmesso gli atti al Senato della
Repubblica   affinche'  valutasse  la  ricorrenza  della  guarentigia
dell'insindacabilita';
        che   il   Senato   della   Repubblica,   con   deliberazione
dell'Assemblea,   adottata   nella  seduta  del  30  giugno 2004,  ha
approvato  la  proposta della Giunta delle elezioni e delle immunita'
parlamentari  volta  a  dichiarare che le affermazioni del sen. Novi,
oggetto del giudizio, concernevano opinioni espresse da un membro del
Parlamento  nell'esercizio  delle  sue funzioni a norma dell'art. 68,
primo comma, Cost.;
        che  dalla  lettura  della richiamata proposta risulta che la
Giunta  delle  elezioni  e  delle  immunita'  parlamentari, dopo aver
rilevato  che  effettivamente non tutte le opinioni espresse dal Novi
trovano  riscontro  nelle  interpellanze a sua firma, tuttavia, aveva
ritenuto che tali riscontri risultavano comunque ravvisabili in altri
atti parlamentari dallo stesso posti in essere al fine di «dimostrare
il  teorema  secondo  cui la Procura di Napoli risponde a motivazioni
extra-giuridiche  nella scelta dei procedimenti cui dare impulso, nel
rallentamento  degli  altri  e,  piu'  in  generale, nel tentativo di
creare   le   condizioni   per   l'incompatibilita'   ambientale  del
procuratore Cordova»;
        che, secondo il Tribunale di Roma, tale prospettazione non e'
condivisibile  in  quanto  la  prerogativa  dell'insindacabilita' non
copre  tutte  le opinioni espresse dal parlamentare nello svolgimento
della  sua  attivita'  politica,  ma  solo  quelle legate da un nesso
funzionale  con  le attivita' svolte nella sua qualita' di membro del
Parlamento;
        che,  inoltre,  la  semplice  comunanza  di  argomento tra le
dichiarazioni  lesive e le opinioni espresse in sede parlamentare non
e' idonea ad estendere alle prime l'immunita' prevista per le seconde
e,  che,  in  particolare,  le  allusioni  presenti nello scritto del
senatore,  laddove  lo  stesso  ebbe a dichiarare che i magistrati di
Napoli  erano  arrivati  a  non  incriminare  ovvero ad assolvere non
meglio  specificati  camorristi  per  evitare di dover indagare anche
certi  imprenditori  legati  ai  partiti  di sinistra («poi ci sono i
maneggioni che insabbiavano o deviavano le inchieste sui rapporti tra
sinistra   imprenditrice   e   camorra»...   «giudici  che  assolvono
camorristi  pur  di  non  condannare qualche imprenditore legato alla
sinistra»),   configurano   gravissime   accuse   alla   magistratura
napoletana,  sia  inquirente  che  giudicante,  che non trovano alcun
riscontro  in  nessuno  dei  passi di atti parlamentari che la Giunta
delle elezioni e delle immunita' parlamentari ha addotto a fondamento
del proprio giudizio d'insindacabilita';
        che,  pertanto,  la  delibera cosi' adottata configura un uso
non  corretto delle prerogative attribuite al Senato della Repubblica
in tema di insindacabilita' delle opinioni dei propri membri e limita
illegittimamente i poteri attribuiti dall'art. 102 della Costituzione
all'Autorita'   giudiziaria,   impedendo  l'esame  della  domanda  di
risarcimento da parte degli attori nei confronti del sen. Novi;
        che  il  Tribunale  di  Roma,  sospeso  il  giudizio, solleva
conflitto di attribuzione nei confronti del Senato della Repubblica e
chiede che la Corte, previa delibazione di ammissibilita', annulli la
deliberazione  di insindacabilita' adottata dall'Assemblea del Senato
nella seduta del 30 giugno 2004 in relazione all'articolo a firma del
sen.  Emiddio  Novi  intitolato «Il Palazzo brucia e c'e' chi pensa a
spargere  veleni»,  «quantomeno in riferimento all'opinione da questi
espressa in ordine all'asserito mancato perseguimento penale da parte
dei magistrati napoletani di alcuni camorristi asseritamente legati a
non  meglio  precisati imprenditori vicini ai partiti di sinistra» e,
conseguentemente,  dichiari che non spetta al Senato della Repubblica
deliberare che le suddette dichiarazioni concernono opinioni espresse
da   un   membro   del   Parlamento   nell'esercizio  delle  funzioni
parlamentari ai sensi dell'art. 68, primo comma, Cost.
    Considerato  che  in  questa  fase la Corte e' chiamata, ai sensi
dell'art. 37,  terzo e quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87
(Norme   sulla   costituzione   e   sul   funzionamento  della  Corte
costituzionale),   a   deliberare   se   il  sollevato  conflitto  di
attribuzione tra poteri dello Stato sia ammissibile, valutando, senza
contraddittorio tra le parti, se ne sussistano i requisiti soggettivo
ed  oggettivo, restando impregiudicata ogni ulteriore decisione anche
in punto di ammissibilita';
        che,  quanto al requisito soggettivo, il Tribunale di Roma e'
legittimato a sollevare il conflitto, essendo competente a dichiarare
definitivamente, in relazione al procedimento del quale e' investito,
la  volonta'  del  potere  cui  appartiene,  in  considerazione della
posizione  di  indipendenza,  costituzionalmente  garantita,  di  cui
godono i singoli organi giurisdizionali;
        che,   analogamente,  il  Senato  della  Repubblica,  che  ha
deliberato  l'insindacabilita'  delle opinioni espresse da un proprio
membro,  e'  legittimato  ad  essere  parte  del conflitto, in quanto
organo competente a dichiarare definitivamente la volonta' del potere
che rappresenta;
        che,  per quanto riguarda il profilo oggettivo del conflitto,
il  Tribunale  ricorrente denuncia la menomazione della propria sfera
di  attribuzione,  garantita  da norme costituzionali, in conseguenza
dell'adozione,   da   parte  del  Senato  della  Repubblica,  di  una
deliberazione  ove si afferma, in modo asseritamente illegittimo, che
le  opinioni  espresse  da un proprio membro rientrano nell'esercizio
delle  funzioni  parlamentari,  in tal modo godendo della garanzia di
insindacabilita'   stabilita   dall'art. 68,   primo   comma,   della
Costituzione;
        che,  pertanto,  esiste  la  materia  di  un conflitto la cui
risoluzione spetta alla competenza della Corte.