Con   riferimento   al   procedimento  n. 23539/05/GIP  a  carico
dell'onorevole  Alberto  Di Luca per il reato di diffamazione a mezzo
stampa  commesso  ai  danni  della  dott.ssa  Mariaclementina Forleo,
meglio specificato nell'imputazione di cui in allegato, premesso che,
procedendo  nei confronti di un parlamentare, in virtu' dell'art. 68,
Cost.,  va  vagliata  in  via preliminare la sussistenza o meno della
cosiddetta  pregiudizialita'  parlamentare  ovvero  se operi nel caso
concreto  la  garanzia  dell'insindacabilita' delle opinioni espresse
dal  parlamentare  di  cui  all'art. 3, comma 1, legge n. 140/2003, e
che,  conformemente  alla predetta novella legislativa, la Camera dei
deputati  in  data 22 novembre 2005 deliberava nel senso «che i fatti
per  i quali e' in corso il procedimento concernono opinioni espresse
da  un  membro  del  Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni, ai
sensi dell'art. 68, Cost.» (comunicazione Presidente della Camera dei
deputati, 23 novembre 2005),

                            O s s e r v a

    I  fatti  di cui all'imputazione formulata dal p.m. nei confronti
dell'on. Di Luca riguardano il commento espresso dal parlamentare con
una  dichiarazione  all'ANSA,  resa  in  data  4  febbraio  2005, nei
confronti di alcune decisioni prese nell'esercizio delle sue funzioni
dal  G.u.p.  presso  il Tribunale di Milano, dott.ssa Mariaclementina
Forleo.
    In  particolare quest'ultimo giudice aveva emesso nell'ambito del
medesimo  procedimento  penale, in data 24 gennaio 2005, una sentenza
di  assoluzione  nei confronti di alcuni degli imputati limitatamente
al reato di associazione con finalita' di terrorismo internazionale e
successivamente, il 3 febbraio 2005, aveva negato il proprio consenso
all'espulsione  di  uno  degli  imputati,  Mohamed Daki, disposta dal
Ministro   dell'interno   ai  sensi  dell'art. 13,  comma  1,  d.lgs.
n. 286/1998;  il  predetto  comunicato  ANSA  del  4  febbraio  2005,
presente  in  atti,  veniva  diffuso in due versioni del tutto simili
nella  forma  e  identiche  nel contenuto, la prima, quella delle ore
15,58  con  il  titolo  «Islam:  Daki;  Di  Luca (FI), e' politica la
decisione  G.u.p.  Milano» riferiva testualmente: «la decisione della
Procura  e  del  g.u.p.  contro  il decreto di espulsione per Mohamed
Daki,  gravemente  sospettato  di attivita' terroristica "appariva di
tipo  politico  e anteponeva astratte ragioni procedurali, certamente
piu'  formali  che  sostanziali, alla difesa della sicurezza di tutti
gli  italiani  e  dello  Stato"  e  "questa  decisione  - aggiunge il
parlamentare  -  oltre  alla  pronuncia  del  G.u.p.  di Milano della
settimana scorsa, mette seriamente in crisi" la norma che consente al
Ministro dell'interno "l'istituto dell'espulsione per gravi motivi di
ordine  pubblico  e  pericolo per la sicurezza dello Stato. In questo
modo  il  Governo e le Forze dell'ordine impegnate nella tutela della
sicurezza  degli italiani, vengono private dell'unico strumento, gia'
debole,  che consente di combattere il terrorismo internazionale"» la
seconda   versione  del  comunicato  ANSA,  diffusa  alle  ore  16,32
s'intitolava  «Islam:  Di  Luca,  da  Procura  e  G.u.p.  Milano  una
decisione  politica»  e  riportava le medesime frasi attribuite nella
precedente versione con il virgolettato direttamente al parlamentare,
eccettuato un punto, ove, all'interno dell'inciso preceduto e seguito
dalle  virgolette,  si  diceva  in  aggiunta al primo comunicato e di
seguito  riportato  con  la  sottolineatura: «questa decisione, oltre
alla  pronuncia  del  g.u.p.  della settimana scorsa - dice Di Luca -
mette seriamente in crisi l'art. 270-bis e quell'articolo della legge
"Turco-Napolitano"  (mantenuto  inalterato nella legge "Bossi-Fini"»)
che  consente  al Ministro dell'interno l'espulsione per gravi motivi
di ordine pubblico e pericolo per la sicurezza dello Stato».
    La    critica   del   parlamentare   si   incentrava,   pertanto,
essenzialmente   sul   provvedimento   di   negazione  del  nullaosta
all'espulsione  dello  straniero emesso dal g.u.p. dott.ssa Forleo, e
solo   in  via  incidentale  si  faceva  riferimento  nelle  predette
dichiarazioni  dell'on. Di  Luca alla sentenza emessa, si diceva, una
settimana prima.
    La  dott.ssa  Forleo  presentava  querela  in data 11 aprile 2005
avverso  tali dichiarazioni del parlamentare, premettendo la falsita'
delle stesse e lamentando segnatamente di essere «stata pubblicamente
accusata  di  avere  consumato  un abuso allo scopo di legittimare la
permanenza  in Italia di Mohamed Daki: definire decisione politica il
diniego  di  nullaosta  significa, infatti, accusare la querelante di
avere  strumentalizzato  la  propria  funzione  al fine di perseguire
scopi  politici...  il  collegamento  dei  provvedimenti emessi dalla
querelante  con  un presunto depotenziamento degli strumenti di lotta
al  terrorismo  e'  puramente  strumentale  e  trasmette un messaggio
deformato...  ne  consegue  che  mtegra  il  reato di diffamazione la
rappresentazione   dell'operato   della  querelante  nei  termini  di
acritica  e  generalizzata  presa  di  posizione  a favore di tutti i
terroristi».
    Acquisiti  gli  atti  necessari,  il  p.m.  data  6 ottobre  2005
presentava,  formulando  nei confronti dell'on. Di Luca l'imputazione
per  il  reato  di diffamazione a mezzo stampa, richiesta di rinvio a
giudizio a questo g.u.p. che fissava la relativa Camera di consiglio.
    Nel  frattempo  veniva  avviata in sede parlamentare la procedura
per  la  deliberazione in ordine alla sussistenza della pregiudiziale
di   cui   all'art. 68,   Cost.,   e   davanti  alla  giunta  per  le
autorizzazioni  a  procedere il 5 ottobre 2005 l'on. Di Luca chiariva
cosa  intendesse  dire in quel comunicato ed il relatore, on. Erminia
Mazzoni,  al  riguardo  riferiva  nella sua relazione che il predetto
parlamentare «nel caso in questione ha precisato di essersi limitato,
tra  l'altro,  a  commentare  una  sentenza,  che  gli  era  sembrata
bizzarra,  ispirata,  a  suo avviso, piu' a un credo politico che non
alla constatazione dei fatti»; inoltre egli in quella sede aggiungeva
che  quale  Presidente  del  Comitato Schengen-Europol aveva promosso
un'indagine  sui flussi migratori e che «in tale contesto sicuramente
la dott.ssa Forleo sarebbe stata ascoltata ove la sua pronuncia fosse
stata   resa   qualche   mese   prima,  contestualmente  all'indagine
conoscitiva stessa» (v.rel. Giunta aut. a proc.).
    La   predetta   giunta  istruiva  la  pratica  ed  arrivava  alla
conclusione    di    ritenere    sussistente    nel   caso   concreto
l'insindacabilita'  degli  atti del parlamentare, in quanto «il nesso
funzionale  tra  le  dichiarazioni»  dell'on. Di  Luca «ed il mandato
elettivo  appare  chiaramente  presente» con riferimento ad attivita'
parlamentari  poste  in  essere  dal  predetto  precedentemente  alle
dichiarazioni    in    questione,    ovvero:    a)    in    occasione
dell'interrogazione     parlamentare     formulata     dall'on. Paniz
all'indirizzo   del  Ministro  della  giustizia,  nel  cui  testo  si
esprimevano  critiche  alla  sentenza del g.u.p. ed alla cui stesura,
seppure  non figurante come firmatario, egli aveva contribuito, b) in
occasione   della   riunione   del   2 febbraio   2005  del  Comitato
Schengen-Europol, di cui il parlamentare risulta essere il Presidente
nel  corso della quale era stata disposta un'audizione della dott.ssa
Forleo.
    La Camera dei deputati, quindi, deliberava il 22 novembre 2005 in
conformita'  a  quanto  proposto  dalla giunta e sulla base di quanto
accertato da quest'ultima.
    Tanto premesso in fatto, questo giudice, senza entrare nel merito
del   thema   decidendum   posto   dal   p.m.   con  la  formulazione
dell'imputazione  e  segnatamente senza esaminare se le dichiarazioni
del   parlamentare   all'ANSA  abbiano  o  meno  leso  l'onore  della
querelante,  non puo' non rilevare sulla questione pregiudiziale come
la  Corte  costituzionale  con sentenza 16 aprile 2004, n. 120, abbia
affermato   il   principio   secondo   il  quale  l'esternazione  del
parlamentare   per   essere   insindacabile  ai  sensi  dell'art. 68,
Costituzione  e  della  relativa  legge  di  attuazione, debba sempre
riguardare un atto tipico parlamentare o un atto che, seppure attuato
in  forma  innominata  sul  piano  regolamentare, abbia «un nesso che
permetta  di  identificare  l'atto  in  questione come espressione di
attivita' parlamentare».
    Alla  luce  di  un tale autorevole criterio interpretativo appare
quindi   assai   dubbio   e   comunque   bisognevole   di   specifico
approfondimento istruttorio il nesso tra l'esternazione dell'imputato
riguardante le critiche formulate all'indirizzo della dott.ssa Forleo
e  gli  atti  parlamentari  a  cui  la  giunta  e  l'Assemblea  hanno
ricollegato  tali  dichiarazioni,  in  quanto  con  riferimento  alla
convocazione del magistrato avanti il Comitato Schegen-Europol per il
2 febbraio 2005:
        1)  tale  convocazione  veniva  decisa,  il  2 febbraio 2005,
ovvero  prima  che  quel g.u.p. emettesse il provvedimento di diniego
del  nullaosta  all'espulsione,  sopravvenuto solo in data 4 febbraio
2005, e quindi la relativa riunione del Comitato verteva su argomenti
che  non potevano toccare, per ovvi motivi, il problema della mancata
espulsione  del  Daki, su cui invece in massima parte il parlamentare
incentrava  la  propria  critica, come evincibile dalla lettura delle
dichiarazioni dell'on. Di Luca sopra riportate;
        2)  non  e'  chiaro  su  quali argomenti di stretta attinenza
all'attivita'  di un tale Comitato sia stato chiamato a rispondere il
g.u.p.  di  Milano  con  la convocazione disposta in quella sede e se
tale audizione sia poi stata effettuata ed in quale data;
        3)  infine,  non  appare chiaro come questioni riguardanti «i
flussi  migratori»  -  e'  lo stesso parlamentare ad indicare davanti
alla  giunta quale, a suo parere, fosse l'argomento di competenza del
Comitato  attinente all'operato della dott.ssa Forleo nello specifico
-  od  altre problematiche comunque afferenti le materie di spettanza
di  quel  Comitato  possano  aver riguardato una questione di stretta
interpretazione   della   fattispecie   criminosa   dell'associazione
finalizzata  al terrorismo internazionale, quale poteva essere quella
scaturente  dalla  sentenza  di  assoluzione  di  quel giudice, unico
provvedimento  che  fino  a  quel momento (2 febbraio 2005) risultava
essere stato emesso.
    Per  tale  atto  compiuto  dal parlamentare, in ragione anche del
quale  e'  stata  ravvisata  la  connessione  si pongono pertanto due
questioni  attinenti  un  profilo  di illegittimita' della suindicata
deliberazione  della  Camera  a causa della riscontrata assenza di un
nesso  funzionale  tra  l'esternazione  del  predetto  e  l'attivita'
parlamentare  espletata dal medesimo; in particolare il primo profilo
riguarda   la   palese   assenza   di   identita'  oggettiva  tra  le
dichiarazioni  rese  all'ANSA  dall'imputato  e  la  sua attivita' di
parlamentare  precedentemente  espletata,  vertendo su argomenti, per
necessita'  temporale,  diversi, mentre la precisa corrispondenza tra
le dichiarazioni rese nell'esercizio delle funzioni di parlamentare e
quelle  rese  al  di  fuori  delle stesse appare necessaria alla luce
delle  diverse  pronunce  rese  sul  punto dalla Corte costituzionale
(sent.  Corte costituzionale, n. 521/2002; sent. Corte costituzionale
n. 120/2004,  etc.).  Il  secondo aspetto di illegittimita' riguarda,
invece,  l'evanescenza  e  l'apoditticita'  di  quanto  affermato  al
riguardo  dall'organo  parlamentare,  poiche', comunque, le ragioni a
sostegno   dell'esistenza   di  una  condizione  di  insindacabilita'
necessitano di precisi riscontri in grado di accertare: a) quale atto
formale  od  attivita' specifica dell'on. Di Luca sia riferibile alla
riunione dell'Ufficio Presidenza del Comitato del 2 febbraio 2005; b)
il  contenuto  di  quella riunione attraverso, ad esempio, la lettura
del  relativo  verbale;  c)  gli  argomenti  su cui si sarebbe svolta
l'audizione del G.u.p. di Milano ed in quale data, se mai essa si sia
svolta; d) le materie attribuite per regolamento a quel Comitato.
    Non  appare  invece  dubbio, in linea meramente teorica, il nesso
funzionale   dell'esternazione   effettuata   dal   parlamentare  con
l'interrogazione  del  26 gennaio  2005,  chiaro  infatti  sarebbe il
collegamento  una  volta  che fosse possibile verificare il contenuto
della  stessa - cosa, allo stato non possibile, in quanto non risulta
essere  stata fornita la relativa copia -, trattandosi di atto tipico
della funzione parlamentare. Appare invece dubbio il collegamento tra
la  predetta  interrogazione  e  l'imputato,  in  quanto quest'ultima
risulta  essere  stata  sottoscritta e proposta dall'on. Paniz, ed il
fatto  che  «alla  sua  stesura  hanno collaborato tutti i membri del
gruppo»  di  Forza  Italia «con incarichi direttivi, tra cui l'on. Di
Luca»  non  risulta  da  alcun  verbale  di una qualche riunione e la
generica affermazione di una tale partecipazione andrebbe supportata,
in   assenza   dell'allegazione   del  relativo  verbale,  almeno  da
dichiarazioni  testimoniali  afferenti  i  tempi  ed i modi di questa
«collaborazione»;  non  sembra  rinvenirsi  pertanto  in  questo caso
quella  identita'  soggettiva che la Corte costituzionale ha indicato
essere un elemento necessario per la sussistenza del nesso funzionale
nel  caso concreto (sent. Corte costituzionale n. 347/2004 ). In ogni
caso  vale  anche per l'interrogazione parlamentare lo stesso appunto
sopra espresso per l'altra attivita' parlamentare, a parere di questo
giudice,  non  correttamente  assunta  come connessa alla funzione di
parlamentare  dell'imputato,  infatti  tale interrogazione non poteva
avere  altro  oggetto  che  la  sentenza di assoluzione, in quanto il
26 gennaio   2005,  data  di  proposizione  dell'interrogazione,  non
risultava  essere stato ancora emesso il provvedimento di rigetto del
nullaosta  all'espulsione,  su  cui  invece  si incentrava la critica
espressa  dall'on. Di  Luca all'ANSA; anche in questo caso, pertanto,
si  riscontra  una  palese  assenza  di identita' di argomento tra le
suindicate  dichiarazioni  e  l'atto  parlamentare  citato, avendo ad
oggetto,   per   necessita'   temporale,   atti   e   fatti   nonche'
argomentazioni diversi.
    Non  sembra, tra l'altro, che questo giudice possa effettuare gli
accertamenti  sopra  specificati  -  potrebbe  semmai appellarsi alla
collaborazione  istituzionale,  che  e'  altra  cosa  anche  sotto il
profilo  dei  risultati  -,  in quanto spetta all'organo parlamentare
tale   valutazione  unitamente  agli  accertamenti  propedeutici,  e,
poiche' non veniva fornito alcunche' al riguardo, si assiste nel caso
in  esame  ad  una  riduzione  dell'attivita'  di  accertamento della
sussistenza  dei presupposti per l'insindacabilita' dell'esternazione
del   parlamentare  ad  una  operazione  meramente  nominale  con  il
conseguente  svuotamento  del dettato costituzionale e della relativa
norma di attuazione.
    In conclusione, appare pertanto necessario sollevare conflitto di
attribuzione   per  non  avere  la  Camera  dei  deputati  deliberato
conformemente  a  legge  con conseguente illegittima interferenza nel
presente procedimento, poiche':
        1)  in  primo  luogo,  l'imputato  non  svolgeva  alcun  atto
parlamentare  «nominato»  o  «innominato», nel quale egli avesse gia'
esternato  quanto  poi riferito dallo stesso all'ANSA, in ragione del
fatto che le dichiarazioni del predetto riguardavano essenzialmente o
comunque in massima parte il provvedimento di negazione del nullaosta
all'espulsione, emesso dal g.u.p. solo in data successiva ai due atti
che  avrebbero  fatto  scattare la garanzia di insindacabilita' delle
sue opinioni a parere dell'organo parlamentare;
        2) in secondo luogo, anche a voler ammettere quanto affermato
dall'Assemblea  sul  nesso funzionale, si rileva un'assoluta mancanza
di   riscontri   ed   una  generica  indicazione  di  elementi  sulla
sussistenza   dei   requisiti  per  l'esistenza  della  pregiudiziale
parlamentare, tali condizioni creano i presupposti per l'esercizio di
una  discrezionalita'  assoluta  dell'organo parlamentare in materia,
consentendo cosi' che l'istituto dell'insindacabilita' dell'attivita'
parlamentare,  i  cui  limiti  sono  bene  descritti  nella  legge di
attuazione  e  meglio  individuati  dalla  Corte costituzionale nella
sentenza   n. 120/2004,  si  trasformi  in  un  privilegio  personale
conseguente  alla  mera  qualita'  di  parlamentare  posseduta  da un
soggetto  con  evidente  violazione  del dettato costituzionale ed in
palese  contrasto  con  le  pronunce  della Corte Europea dei diritti
dell'uomo  in materia, che ripetutamente ha ribadito la necessita' di
una  stretta  interpretazione della proporzionalita' esistente tra il
fine  perseguito  della  tutela del parlamentare ed i mezzi impiegati
nell'esercizio  di  tale  tutela  «specialmente nei casi in cui sulla
base   della   natura   asseritamente  politica  della  dichiarazione
contestata,  venga  negato  il  diritto del soggetto leso di agire in
giudizio»  (sentenze  30 gennaio  2003  sui  ricorsi  n. 40877/1998 e
n. 45649/1999, sentenza 6 dicembre 2005 sul ricorso n. 23053/2002).