Ricorso  del  Presidente  del  Consiglio  dei ministri in carica,
rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura generale dello Stato
presso  i  cui  uffici  domicilia  in  Roma, alla via dei Portoghesi,
n. 12.

    Contro  la  Regione  Sardegna,  in  persona  del presidente della
giunta regionale in carica con sede Cagliari, per la dichiarazione di
illegittimita'  costituzionale  della  legge  regionale della Regione
Sardegna  n. 8 del 1° giugno 2006 (pubblicata nel B.U.R. n. 18 del 1°
giugno  2006)  recante  «Integrazioni alla legge regionale 17 gennaio
2005,  n. 2  (lndizione elezioni comunali e provinciali) e alla legge
regionale  7  ottobre  2005, n. 13 (Scioglimento organi enti locali).
Interventi  per la partecipazione elettorale», con specifico riguardo
all'art. 3, comma 1, lett. b) della predetta legge, per contrasto con
gli  artt. 48,  117  e 118 della Costituzione, e cio' a seguito ed in
forza  della determinazione del Consiglio dei ministri di impugnativa
della  predetta  legge  regionale  assunta nella seduta del 28 luglio
2006.
    1.  -  Nel B.U.R. della Regione Sardegna n. 18 del 1° giugno 2006
e'  stata  pubblicata  la  legge  della  Regione Sardegna n. 8 del 1°
giugno  2006  recante  «lntegrazioni  alla legge regionale 17 gennaio
2005,  n. 2  (Indizione elezioni comunali e provinciali) e alla legge
regionale  7  ottobre  2005, n. 13 (Scioglimento organi enti locali),
interventi per la partecipazione elettorale».
    Tale  legge  modifica  ed integra alcune disposizioni previste da
precedenti   leggi   regionali   sarde   in   materia   di   elezioni
amministrative  comunali  e  provinciali, quali la composizione ed il
funzionamento  dei seggi elettorali (art. 1); interventi per favorire
la partecipazione elettorale (art. 2); modifiche ed integrazioni alla
legge regionale 7 ottobre 2005, n. 13 (art. 3).
    Il  citato art. 3 della legge regionale n. 8/2006, introduce alla
legge   regionale  7  ottobre  2005,  n. 13,  l'art. 5-bis  il  quale
stabilisce  che  «le  funzioni attribuite alle prefetture dal decreto
legislativo 18 agosto 2000, n. 267, sono esercitate dalla Regione, ad
eccezione dei provvedimenti per lo scioglimento dei consigli comunali
e  provinciali per motivi di ordine pubblico o conseguenti a fenomeni
mafiosi.
    Tale formulazione del tutto generica ingenera fondati dubbi sulla
esatta  e concreta delimitazione degli ambiti di competenza tra Stato
e regione.
    1)  La  disposizione  regionale impugnata risulta emanata in modo
unilaterale  con  legge  regionale stabilendo il trasferimento in via
generale  di  intere funzioni amministrative di un organo dello Stato
alla regione e delle competenze del relativo ufficio (Prefetture).
    La procedura di trasferire competenze statali ed uffici con legge
regionale  viola  l'art. 56  dello statuto di autonomia della Regione
Sardegna  che  prevede  uno specifico procedimento per il passaggio e
conferimento  delle competenze statali alla Regione Sardegna che sono
emanate  con  decreto  legislativo,  su  proposta  di una commissione
paritetica  formata  da  rappresentati  del Governo e della Regione e
sottoposte al parere del Consiglio regionale.
    Tale disposizione procedurale non risulta attuata e cio' comporta
l'illegittimita'  costituzionale della norma in esame (v. C.c. nn. 33
del  2003; 180/1980 e 237/1983) che emanata con legge regionale viene
a ledere le competenze dello Stato in materia.
    2)  Inoltre  la  locuzione  «funzioni attribuite alle prefetture»
contenuta   nel  citato  art. 5-bis  risulta  generica  e  di  dubbio
contenuto.  Infatti, non e' chiaro se tale locuzione voglia riferirsi
alle  sole  funzioni  delle prefetture quale l'ufficio periferico del
Ministero  dell'interno,  previste  dal  testo unico sull'ordinamento
degli  enti locali (artt. 145 e 256 del d.lgs. n. 267/2000) oppure si
riferisca  alle  funzioni  del «prefetto» organo preposto all'ufficio
territoriale di governo e rappresentante della Repubblica.
    In ogni caso, quale che sia la portata della norma, essa eccede i
limiti  di competenza costituzionale «in materia di ordinamento degli
enti  locali  e  delle relative circoscrizioni» prevista dall'art. 3,
lett.  b)  dello  statuto  della  Regione  Sardegna in relazione agli
articoli 48, 117 e 118 della Costituzione.
    Come  e'  articolata  la norma impugnata sembra avere una portata
generale  nel senso di stabilire che tutte le competenze previste dal
Testo  unico  sugli  enti locali (d.lgs. n. 267/2000) attribuite alle
prefetture e ai prefetti passano alla Regione Sardegna.
    Se  cio'  e'  esatto, la norma deve ritenersi incostituzionale in
quanto  incide  su  settori  e  materie  che esulano dalla competenza
regionale  e  si  pone  in  contrasto con i principi dell'ordinamento
giuridico  della  Repubblica in materia di competenze e funzionamento
dello Stato.
    Lo  statuto  speciale della Sardegna, (l. cost. 26 febbraio 1948,
n. 3)  all'art. 3,  lett. b),  prevede che la regione disponga di una
potesta'  legislativa  primaria  nella materia dell'ordinamento degli
enti  locali  e delle relative circoscrizioni e stabilisce che questa
competenza  deve  essere  esercitata  in  armonia  con le norme della
Costituzione  e  con  i  principi  dell'ordinamento  giuridico  della
Repubblica.  Questo  principio e' stato ribadito dalla giurisprudenza
della  Corte  costituzionale  ed  in  particolare  dalla  sentenza 13
febbraio  2003,  n. 48,  la  quale, pur riconoscendo ampie competenze
alla  regione  Sardegna  in  materia  elettorale, ha precisato che la
durata  in  carica degli organi elettivi locali, fissata dalla legge,
non  e'  liberamente  disponibile  da parte della regione violando le
garanzie  costituzionali  del mandato degli organi elettivi locali ed
eccedendo  i  limiti della competenza regionale prevista dall'art. 3,
lett.   b)  dello  statuto  deIla  Regione  Sardegna  in  materia  di
ordinamento degli enti locali.
    E'  evidente  che,  data  la  portata  della  norma impugnata, la
competenza  legislativa primaria della Ragione Sardegna in materia di
ordinamento  degli  enti  locali,  non  puo'  estendersi a funzioni e
servizi  di  sicura  competenza statale esercitati dalle prefetture e
dai prefetti e previste nel Testo unico degli enti locali.
    Qualora  la  norma  impugnata  si  riferisca  alle  funzioni  del
prefetto,  sono  di  sicura  competenza  statale quelle in materia di
elezioni  politiche, di stato civile, di anagrafe, di leva militare e
statistica (artt. 14, 54, 145, e 256 del d. lgs n. 267/2000).
    Trattasi  di  funzioni  statali  che  il  sindaco  esercita quale
ufficiale  di  Governo  per  le  quali  il Prefetto ha un consistente
compito  di  intervento,  di  vigilanza,  controllo  e in alcuni casi
poteri  surrogatori  (art. 54,  commi  2,  6,  7,  8,  10  del d. lgs
n. 267/2000).  Tale  funzione,  in  vigore  anche dopo la riforma del
titolo  V  della  Costituzione  (art. 2, comma 4, lett. m) e n) della
legge  5 giugno 2003, n. 131) non rientra nelle materie di competenza
legislativa  regionale  in  via  generale,  ne'  vi  sono norme dello
statuto  della  Regione Sardegna o nelle relative norme di attuazione
che   possano   avvalorare   il   conferimento   di   tali   funzioni
amministrative   alla   regione.   In   particolare,  deve  ritenersi
costituzionalmente  illegittima  la  disposizione citata con riguardo
alle   competenze  statali  in  materia  elettorale  (art. 48  Cost.,
art. 117,  secondo  comma,  lett.  f)  e  p), tra queste: i poteri di
vigilanza  del  prefetto  sul  regolare  funzionamento  degli  uffici
elettorali  comunali  (art. 54,  comma  1, 6, 8 del TUEL n. 267/2000)
principalmente  esercitati  a  mezzo  del  servizio tecnico ispettivo
elettorale;  il  potere  sostitutivo del prefetto nei confronti degli
organi comunali in caso di' ritardo nell'esecuzione degli adempimenti
loro  assegnati  in  materia  di  elettorato attivo e di tenuta delle
liste  elettorali  (art. 53,  comma  1,  T.U.  223/1967); i poteri di
approvazione  del  prefetto  delle  delegazioni e delle revoche delle
funzioni di ufficiale elettorale nei comuni con popolazione inferiore
a quindicimila abitanti (art. 4-bis, T.U. n. 223/1967).
    Ugualmente   rientra  nella  competenza  legislativa  statale  la
disposizione   dell'art. 70   del   testo  unico  sugli  enti  locali
trattandosi  di  disposizione riguardante la giurisdizione e le norme
processuali (art. 117, secondo comma, lett. p) Cost.).
    La normativa in esame appare parimenti costituzionalmente viziata
per  violazione  degli  artt. 117 e 118 della Costituzione qualora si
interpreti  la  locuzione  «funzioni attribuite alle prefetture» come
funzione    attribuite    «all'ufficio   periferico   del   Ministero
dell'interno».
    Al  riguardo  le norme del TUEL n. 267/2000 che recano il termine
«prefettura» sono soltanto due:
        1)  art. 145, comma 1, che si riferisce alla prefettura quale
organo  competente  ad  erogare  le  competenze  dei componenti delle
commissioni  straordinarie  di cui all'art. 144 del testo unico; tale
ultima  norma  si  riferisce  alle  commissioni  straordinarie per la
gestione  degli enti sciolti a seguito di fenomeni di infiltrazione e
di condizionamento di tipo mafioso. E' evidente che tali funzioni non
possono  che  appartenere  allo  Stato  considerato  che  si verte in
materia  di  ordine  pubblico  e  sicurezza,  di esclusiva competenza
statale  (art. 117,  secondo  comma,  lett. h) Cost.) per ammissione,
peraltro,  della stessa regione che nel corpo della norma in esame fa
salve, in capo allo Stato, le funzioni relative allo scioglimento dei
consigli  comunali  provinciali  per  motivi  di  ordine  pubblico  e
infiltrazione mafiosa.
        2) Art. 256, comma 8, che prevede la notifica all'ente locale
da   parte   del   Ministero  dell'interno,  «per  il  tramite  della
prefettura»  del  piano  di estinzione della massa passiva dei comuni
sottoposti a dissesto finanziario.
    L'adempimento  della  notifica viene affidata la prefettura quale
ufficio  periferico  del  Ministero  dell'interno in quanto si tratta
dell'amministrazione competente per tutto il procedimento di dissesto
finanziario e del successivo risanamento.
    Tale  disciplina  del  dissesto  finanziario  degli  enti  locali
risponde   non   soltanto  all'esigenza  di  tutela  degli  equilibri
finanziari  degli  enti  stessi,  ma  anche  ad un interesse pubblico
rinvenibile nella tutela dei terzi debitori degli enti locali.
    Sotto questo profilo le norme del TUEL rispondono sia a finalita'
analoghe  a quelle che il diritto civile prevede per il fallimento e,
pertanto, la loro disciplina non puo' che essere statale sia ai sensi
dell'art. 117,  secondo  comma,  lett.  l) della Costituzione sia per
tutelare  l'interesse a che i livelli delle prestazioni e dei servizi
che  riguardano  i  diritti  civili  e  sociali dei cittadini vengano
garantiti  su tutto il territorio nazionale (art. 117, secondo comma,
lett.  m)  Cost.)  e  condizione  che diventa particolarmente critica
quando  l'ente locale si trova in uno stato deficitario o di dissesto
vero e proprio.