Ricorso   del  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato, presso la quale ha il domicilio
in via dei Portoghesi n. 12;

    Contro  la  Provincia  autonoma  di  Bolzano,  in persona del suo
presidente,  per la dichiarazione della illegittimita' costituzionale
della legge provinciale 26 maggio 2006, n. 4, La gestione dei rifiuti
e  tutela  del  suolo  (B.U.  n. 24/I-II  del  13 giugno  2006) negli
articoli 3, 5, 7, 19, 20 e 24.
    Nella  legge  non  e'  indicata  la  fonte  costituzionale  della
potesta'   legislativa   esercitata  dalla  provincia.  L'indicazione
sarebbe   stata   senz'altro   utile   tenuto   conto  della  materia
disciplinata.
    Codesta  Corte  ha  chiarito  che  la materia dei rifiuti rientra
nella  tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, che l'art. 17, secondo
comma,  lett. s)  della  Costituzione  ha assegnato alla legislazione
esclusiva dello Stato.
    Codesta   Corte   ha   ugualmente   chiarito   che   «la   tutela
dell'ambiente»   non   e'   configurabile   come  competenza  statale
circoscritta    e   delimitata.   Essa   costituisce   un   «valore»,
costituzionalmente  garantito,  a carattere trasversale, che incrocia
materie  diverse,  attribuite  alla  legislazione  regionale  (tra le
altre, sent. n. 407/02).
    La  materia sulla quale incide la legge provinciale, almeno nelle
norme  che vengono impugnate, dovrebbe essere la tutela della salute,
che  lo  Statuto  regionale  (art. 9,  n. 10  d.P.R. n. 670 del 1972)
attribuisce  alla potesta' legislativa delle province, ma «nei limiti
indicati  dall'art. 5»,  vale  a  dire  «nei  limiti  del  precedente
articolo   («in   armonia   con   la   Costituzione   e   i  principi
dell'ordinamento  giuridico  della Repubblica e con il rispetto degli
obblighi  internazionali e degli interessi nazionali») e dei principi
stabiliti dalle leggi dello Stato».
    Articoli 3, lett. w), n. 1) e 5.1, lett. b).
    Nell' art. 3, lett. w), n. 1 sono classificati come materia prima
secondaria i rottami ferrosi e non ferrosi derivanti da operazioni di
recupero   rispondenti   a   determinate   specifiche   nazionali  ed
internazionali.
    Nell'  art. 5.1,  lett. b),  e'  previsto che al materiali e alle
sostanze  che «gia' presentino le caratteristiche delle materie prime
secondarie»  non si applica la normativa sui rifiuti a condizione che
il  detentore  non  se  ne  disfi, non abbia l'intenzione o non abbia
l'obbligo di disfarsene.
    Con  lettera  n. 2005/4051  C(2005)2364  del  5  luglio  2005  la
Commissione  CE  ha  contestato  all'Italia  diverse violazioni della
direttiva 75/442/CEE, come modificata dalla direttiva 91/156/CEE.
    Una prima violazione e' stata vista nell'art. 1, commi 25, 26, 27
e 29 della legge n. 308 del 2004, per i quali i rottami ferrosi e non
ferrosi,  anche  provenienti  dall'estero,  sono  considerati materie
prime  secondarie  e,  in  quanto  tali,  sottoposte  al regime delle
materie prime e non a quello dei rifiuti.
    Ha  ritenuto la Commissione che «queste esclusioni, che hanno per
effetto  la  non applicabilita' delle disposizioni sulla gestione dei
rifiuti  di  cui  alla direttiva, e' contraria alla direttiva stessa,
che  non  puo' essere derogata da una norma di diritto interno, e che
non  prevede  alcuna  esclusione dal suo ambito di applicazione per i
rottami  derivanti  come  scarti  di  lavorazione oppure originati da
cicli   produttivi  o  di  consumo  e  riutilizzabili  nell'industria
siderurgica o metallurgica».
    E'  subentrata  la  direttiva  2006/12/CE  che  definisce rifiuto
qualsiasi  sostanza  od oggetto che rientri nelle categorie riportate
nell'allegato I e di cui il detentore si disfi o abbia l'intenzione o
l'obbligo di disfarsi (art. 1.1 lett. a).
    Art. 7.1, lett. b).
    Esclude  dall'applicazione  della  legge  le  terre e le rocce di
scavo  ed  i  residui della lavorazione della pietra non contaminati,
destinati all'effettivo utilizzo per reinterri, riempimenti, rilevati
e macinati.
    Nell'allegato  I  alla  direttiva  2006/12/CE,  redatto  ai sensi
dell'art. 1.2,  sono  classificati  rifiuti  i  «residui  provenienti
dall'estrazione  e dalla preparazione delle materie prime (ad esempio
residui provenienti da attivita' minerarie)».
    L'  art. 7.1,  lett. b)  che,  come  si e' gia' rilevato, esclude
dall'applicazione della normativa provinciale sui rifiuti «le terre e
le  rocce  da  scavo»,  se  destinati  alle  utilizzazioni  elencate,
contrasta, pertanto, anche esso con la normativa comunitaria.
    Sulla  normativa  comunitaria richiamata la Corte di giustizia si
e' espressa piu' di una volta, dichiarando:
        la   direttiva   75/442   non   suggerisce   alcun   criterio
determinante per individuare la volonta' del detentore di disfarsi di
una sostanza o di un materiale, per cui e' lasciato agli Stati membri
di  scegliere  le  modalita' di prova (sentenza 15 giugno 2000, cause
riunite C-418/1997 e C-419/1997, ARCO Chemie Nederland, n. 41);
        non  puo'  costituire prova della volonta' di disfarsi di una
sostanza   o  di  un  prodotto  l'esecuzione  di  una  operazione  di
smaltimento  o di recupero riportata negli allegati II A e II B della
direttiva,   poiche'   la   definizione   come  rifiuto  deve  essere
preventiva,   in  quanto  solo  sul  suo  presupposto  le  operazioni
successive  possono essere qualificate come smaltimento o recupero di
rifiuto (sentenza 11 novembre 2004, C-457/02, Niselli, n. 36);
        la  nozione di rifiuti va interpretata con criteri estensivi;
un   materiale  derivante  da  un  processo  di  fabbricazione  o  di
estrazione,  che  non  e'  principalmente  destinato a produrlo, puo'
costituire   un   sottoprodotto  e  non  un  residuo  quando  la  sua
utilizzazione   non  sia  solo  eventuale,  ma  certa,  senza  previa
trasformazione,  e  avvenga  nel  corso  del  processo  di produzione
(sentenza  18  aprile  2002,  C-9/00,  Palin Granit, n. 37 e sentenza
Niselli cit.).
    Le  norme  provinciali impugnate sono, pertanto, in contrasto con
la normativa comunitaria richiamata, secondo l'interpretazione che la
Corte  di  giustizia  ne  ha  gia'  dato, e quindi costituzionalmente
illegittime ai sensi dell'art. 117, primo comma, Cost.
    Come  si  e'  rilevato,  l'intervento legislativo della provincia
puo'  avere  come base statutaria solo l'art. 9, n. 10, d.P.R. n. 670
del  1972,  che  impone  la  «armonia con i principi dell'ordinamento
giuridico della Repubblica».
    I principi fondamentali, che limitano la legislazione concorrente
delle  regioni  a  statuto  ordinario  ai  sensi dell'art. 117, terzo
comma,  Cost.,  costituiscono  per  la Provincia di Bolzano il limite
imposto  dalla  Statuto  regionale,  la  cui  violazione  comporta la
illegittimita' costituzionale delle norme.
    E'  da  questo  punto  di  vista normativo che vanno esaminate le
norme seguenti.
    Art. 19. 3, lett. b).
    Ai   sensi   dell'art. 193,   comma   4,  d.lgs.  n. 152/2006  le
disposizioni di cui al comma 1 non sono applicabili «al trasporto dei
rifiuti  urbani  effettuato  da  soggetto  che  gestisce  il servizio
pubblico,  ne'  ai trasporti di rifiuti non pericolosi effettuati dal
produttore dei rifiuti stessi».
    La norma costituisce un principio fondamentale.
    La legge provinciale non si e' attenuta escludendo nella lett. b)
l'applicabilita' delle disposizioni di cui al comma 1 ai trasporti di
rifiuti  speciali  che  non eccedano i 30 chilogrammi o i 30 litri al
giorno,   effettuati   dal   produttori  dei  rifiuti  stessi,  senza
distinguere tra rifiuti pericolosi e non pericolosi.
    In  questo  modo  l'esenzione  e' stata estesa anche ai primi, in
violazione  di  uno  dei principi fondamentali posti in materia dalla
legge statale.
    Da qui la sua illegittimita' costituzionale ai sensi dell'art. 9,
primo  comma,  dello  Statuto,  se  non ai sensi dell'art. 117, terzo
comma, Cost.
    Art. 20.
    Nel  primo  comma  viene  ribadita la necessita' della iscrizione
all'Albo  nazionale gestori ambientali, previsto dall'art. 212 d.lgs.
n. 152/2006, dove sono anche fissate le condizioni richieste.
    Queste  condizioni  non  possono  che essere uniformi su tutto il
territorio nazionale poiche' la diversa dislocazione territoriale non
giustifica   una   riduzione  delle  garanzie,  rivolte  alla  tutela
dell'ambiente e della salute.
    La  norma  statale  richiamata  costituisce, pertanto, anche essa
principio fondamentale.
    Il  secondo  comma  dell'art. 20  consente alla giunta, in deroga
alla  disciplina statale, di prevedere discipline semplificate «ossia
l'esenzione dall'obbligo di iscrizione».
    La  illegittimita'  costituzionale e' di tutta evidenza sempre ai
sensi dell'art. 9, primo comma, dello Statuto.
    Art. 24.
    Nel  primo comma e' previsto che, una volta presentata la domanda
di  collaudo  ed  autorizzazione  dell'impianto, l'impianto stesso si
intende  autorizzato  «a  partire  dalla data di attivazione indicata
nella richiesta stessa».
    Entro   i   90   giorni   successivi   alla  messa  in  esercizio
dell'impianto  va accertata la regolarita' dell'impianto e rilasciata
l'autorizzazione (comma 2).
    In  pratica,  viene prevista una autorizzazione provvisoria della
quale  il richiedente puo' usufruire prima di qualsiasi accertamento,
con  la  conseguenza che per 90 giorni puo' essere messo in esercizio
un impianto che non sara' poi autorizzato perche' non regolare.
    L'art. 208  d.lgs.  n. 152/2006 disciplina l'autorizzazione unica
per  i  nuovi impianti di smaltimento e di recupero rifiuti e ad essa
va  sicuramente  riconosciuto il carattere di principio fondamentale.
Non  e'  prevista  nessuna  autorizzazione provvisoria e, tanto meno,
l'esercizio provvisorio a seguito della semplice domanda.
    La  norma  provinciale impugnata e', pertanto, illegittima sempre
per violazione dell'art. 9, primo comma, dello Statuto.