Ricorso   del  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  difeso
dall'Avvocatura  generale  dello Stato, presso la quale ha il proprio
domicilio in via dei Portoghesi 12, Roma;
    Nei   confronti   della  Regione  Abruzzo,  in  persona  del  suo
presidente  per  la dichiarazione della illegittimita' costituzionale
della  legge  regionale  8  giugno n. 16, Disposizioni di adeguamento
normativo   per   il   funzionamento   delle   strutture   e  per  la
razionalizzazione  della finanza regionale al fine di concorrere alla
realizzazione  degli obiettivi di finanza pubblica, negli articoli 1,
commi 20 e 22, e 2, commi 7, 8 e 9 (B.U.R. n. 35 del 21 giugno 2006).
                             Art. 1.20.
    Il  comma,  nel  sostituire  il  comma  4  dell'art. 8 della l.r.
n. 17/2001, ha disposto che «ai dipendenti con mansioni di autista in
servizio  presso  la  giunta  regionale  e  il consiglio regionale e'
corrisposta  una  indennita'  omnicomprensiva  in  sostituzione degli
istituti   relativi  allo  straordinario,  reperibilita',  rischio  e
turnazione».
    La  norma  va  ricondotta  alla tutela del lavoro, assegnata alla
legislazione concorrente regionale.
    L'art. 45, d.lgs. n. 165/2001, che al primo comma dispone che «il
trattamento  economico  fondamentale  ed  accessorio  e' definito dai
contratti  collettivi»,  costituisce  un  principio  fondamentale  in
quanto  definisce nell'impiego pubblico i rapporti tra rappresentanze
sindacali  ed  enti,  datori  di lavoro. La disciplina, pertanto, non
puo' che essere uniforme su tutto il territorio nazionale.
    L'interpretazione  dell'art. 45 e' nel senso che con il contratto
collettivo,  insieme  all'ammontare  delle  voci che costituiscono il
trattamento economico complessivo, vanno anche determinate le singole
voci componenti.
    In  altri  tenni, non puo' la legge attribuire direttamente certe
indennita',  rimettendo  eventualmente alla contrattazione collettiva
la determinazione dell'ammontare.
    In  questo senso si e' gia' espressa codesta Corte, da ultimo con
sentenza  n. 308  del  2006,  nella  quale si trova chiarito che gia'
dalla   legge   n. 421  del  1992  puo'  trarsi  il  principio  della
regolazione  mediante  contratti collettivi del trattamento economico
dei dipendenti pubblici, principio che ha trovato la sua conferma nel
d.lgs. n. 165/2001.
    La  norma  regionale  ha violato il principio fissato dalla legge
statale.
    La illegittimita' della norma regionale risulta evidente anche da
un diverso punto di vista.
    Dopo aver attribuito l'indennita' non ha previsto il procedimento
per   la   sua  determinazione,  alla  quale,  pertanto,  non  potra'
provvedere che una legge successiva.
    In questo senso depone anche la nuova formulazione della norma.
    Nella  stesura  precedente  dell'art. 8  il comma 4 prevedeva che
l'indennita'  sarebbe  stata  stabilita  «in relazione alla normativa
vigente», dando cosi' per presupposta l'osservanza anche dei principi
fondamentali in materia.
    Se  si  confrontano le due norme, si verifica che questa e' stata
la  modifica  di  maggiore  rilievo.  Le  altre  hanno comportato una
migliore formulazione, senza innovazioni sostanziali.
    «Ad ogni autista» e' stato sostituito «ai dipendenti con mansioni
di  autista  presso  la  giunta  regionale e il consiglio» (gli unici
organi   che   ne   hanno);  e'  stato  poi  eliminato  l'inciso  «da
corrispondere   in  rate  mensili»,  eliminazione  che  non  portera'
innovazioni  sostanziali  perche'  le  indennita'  per straordinario,
reperibilita',  rischio  e turnazione non potranno essere corrisposte
che mensilmente.
    Che  la  determinazione  dell'indennita'  non  sia  rimessa  alla
contrattazione collettiva (o che possa non esservi rimessa, il che e'
lo   stesso   dal  punto  di  vista  costituzionale),  e'  confermato
dall'ultima parte del comma 4, dove e' prevista la rideterminazione a
cadenza   biennale  «previa  concertazione  sindacale».  L'intervento
sindacale  e',  dunque,  previsto solo per le modifiche successive ma
non per la prima determinazione dell'indennita'.
                               Art. 1.22.
    La  norma  ha  soppresso  l'inciso «in possesso dei requisiti per
l'accesso  alla  categoria  D»  nel  comma  3  dell'art. 6 della l.r.
n. 18/2001.
    Codesta   Corte   si   e'  gia'  pronunciata  sulla  legittimita'
costituzionale  della  l.r.  n. 2004, Interpretazione autentica della
l.r.   n. 18/2001,  concernente:  Consiglio  regionale  dell'Abruzzo,
autonomia e organizzazione.
    In  quell'occasione  ha rilevato che «la norma di interpretazione
autentica,  sottoposta  al  vaglio  di  legittimita'  costituzionale,
consente di conferire la responsabilita' delle segreterie non solo al
personale interno di categoria «D», ma anche a chi e' in possesso dei
requisiti  per  l'accesso  a tale categoria....., in conformita', del
resto,   alla   ratio   della  disposizione  interpretata,  che  gia'
contemplava  la  possibilita'  di  ricoprire quell'incarico, prevista
stipulazione  di  un  contratto  a  tempo determinato, per l'estraneo
all'amministrazione  regionale in possesso dei requisiti per accedere
a detta categoria».
    Questo  dato  normativo  e'  stato ritenuto decisivo per ritenere
costituzionalmente  legittima  la  norma  esaminata, come conferma il
«Pertanto» con il quale inizia la parte conclusiva della sentenza.
    Una  volta  che l'inciso e' stato eliminato, e che quei requisiti
non  sono  piu'  richiesti  per  l'assunzione a tempo determinato, la
violazione  dei  principi  di  ragionevolezza,  imparzialita'  e buon
andamento  della  pubblica  amministrazione,  e  quindi la violazione
degli articoli 3 e 97 della Costituzione viene a risultare evidente.
                       Art. 2, commi 7, 8 e 9.
    L'art.   1,   comma  54,  della  legge  n. 266  del  2005  (legge
finanziaria  2006)  «per  esigenze  di  coordinamento  della  finanza
pubblica,  ha previsto la rideterminazione, con una riduzione del 10%
delle  indennita',  gettoni  di  presenza,  e  di  tutte le utilita',
comunque   denominate,  spettanti,  tra  gli  altri,  ai  consiglieri
regionali.
    La  norma, come e' evidente, e' rivolta ad assicurare il rispetto
del  patto  di  stabilita',  la  cui  funzione  non  e'  il  caso  di
richiamare.
    Comunque si voglia formulare la questione, non dovrebbe essere in
dubbio   che   violi   un   principio   fondamentale  in  materia  di
coordinamento  della  finanza  pubblica,  una norma regionale che, di
fronte  ad  una legge nazionale che pone il principio della riduzione
di certe spese correnti, aumenti proprio quelle spese senza prevedere
una entrata o altra forma compensativa.
    Come  noto,  se  la riduzione del deficit di bilancio deve essere
perseguita  anche,  se  non soprattutto, sul versante della spesa, e'
sulle  spese correnti che si deve intervenire per realizzare benefici
strutturali.
    Una  norma  regionale,  che  aumenta proprio quelle voci di spesa
sulle  quali la norma fondamentale dello Stato invita ad intervenire,
e' in palese violazione dell'art. 117, terzo comma, Costituzionale.