IL GIUDICE DI PACE

    Ha  pronunciato la seguente ordinanza nella controversia iscritta
al  Ruolo  generale  civile  n. 3037/2004  tra Napolitano Giuseppina,
rappresentata  e  difesa dall'avv. Alfredo Riccardi con studio in San
Giuseppe  Vesuviano  (NA)  alla  via  Pessone  n. 44, presso il quale
elett. te domicilia, giusta mandato a margine dell'atto di citazione,
attore;
    Contro  la  S.p.A.  Le  Assicurazioni  d'Italia,  rappresentata e
difesa  dall'avv. Francesco Napolitano, con studio in Napoli al viale
Augusto n. 162, e domiciliata ex lege, ai sensi dell'art. 82 deI R.D.
n. 37/1934,  presso  la  cancelleria dell'ufficio del giudice di pace
Ottaviano (NA), convenuto.

                      Svolgimento del processo

    Con  atto  di  citazione  notificato  in data 12 novembre 2004 la
sig.ra  Napolitano  Giuseppina,  a  mezzo  del  suo  procuratore avv.
Alfredo Riccardi, conveniva in giudizio innanzi l'ufficio del Giudice
di  pace  di  Ottaviano  (NA)  per  udienza 12 gennaio 2005 la S.p.A.
Assitalia  -  Le  Assicurazioni  d'Italia  per  sentire  accertare  e
dichiarare   a   responsabilita'  extracontrattuale  della  compagnia
convenuta  per  avere  la  stessa  - a causa di un'intesa orizzontale
anticoncorrenziale  con  altre compagnie - aumentato illegittimamente
il  costo  dei  premi  assicurativi  R.C.  Auto  del  20% nel periodo
1995-2000  e  di  conseguenza.  per ottenere la condanna della stessa
compagnia  al  risarcimento del danno procurato all'attore - titolare
di  un  contratto  di assicurazione R.C. Auto con la S.p.A. Assitalia
nella misura di euro 40,97, gia' L. 79.328 oltre interessi legali dai
singoli  pagamenti  dei  premi  e  vittoria di spese del giudizio con
attribuzione al difensore distrattario.
    A  fondamento  della  propria  domanda,  l'attrice  richiamava il
provvedimento  dell'Autorita' Garante della Concorrenza e del Mercato
n. 8546/2000  con  il quale veniva accertata l'esistenza di un'intesa
orizzontale  tra  la S.p.A. Assitalia e altre compagnie assicurative,
finalizzato,  nel  periodo  1995-2000, all'aumento anticoncorrenziale
deI 20% del costo dei premi assicurativi per la R.C. Auto.
    L'attrice   precisava   che  tale  provvedimento,  a  seguito  di
impugnazione  innanzi al giudice amministrativo, era stato confermato
nei confronti della S.p.A, Assitalia prima con sentenza del Tribunale
amministrativo regionale Lazio-RM n. 6139/2001 e poi con sentenza del
Consiglio di Stato n. 2199/2002.
    L'attrice,  quindi,  chiariva che la competenza per materia sulla
presente   controversia   spettava  al  giudice  di  pace  in  virtu'
dell'interpretazione   restrittiva   fornita   dalla  sentenza  della
Cassazione  civile,  sez. I, n. 17475/2002 dell'art. 33 comma 2 della
legge  10  ottobre 1990 n. 287, secondo cui la competenza per materia
in  prime  cure  della  Corte d'appello sulle azioni di nullita' e di
risarcimento  del  danno,  nonche'  sui  ricorsi  intesi  ad ottenere
provvedimenti di urgenza in relazione alla violazione della normativa
antitrust  si  sarebbe  dovuta applicare soltanto alle imprese, e non
anche  alla  domanda  di  risarcimento del danno proposta del singolo
consumatore  finale,  che  si  fosse  affermato  leso  dall'attivita'
anticoncorrenziale  delle  imprese,  configurandosi,  questa domanda,
come  autonoma  richiesta  di  risarcimento la quale, in quanto tale,
avrebbe  dovuto  soggiacere  ai principi generali della materia della
responsabilita' civile.
    La  causa  veniva  iscritta al Ruolo generale civile dell'Ufficio
del  giudice  di  pace  di  Ottaviano  (NA)  al n. 3037/2004 e veniva
assegnata,  per  la  trattazione  e  a  discussione,  al sottoscritto
Magistrato.
    Si   costituiva   in   giudizio,   a  mezzo  dell'avv.  Francesco
Napolitano,  la  convenuta S.p.A. Le assicurazioni D'Italia la quale,
nella   propria   comparsa   di  costituzione  e  risposta,  eccepiva
preliminarmente a incompetenza per materia del giudice di pace adito,
indicando  quale giudice competente la Corte d'appello ai sensi e per
gli  effetti dell'art. 33 comma 2 della legge 10 ottobre 1990 n. 287;
nel  merito,  la  convenuta societa' sollevava ulteriori eccezioni di
nullita'  dell'atto  di  citazione  e  di  infondatezza della domanda
spiegata.
    Nelle  more  del giudizio, e piu' precisamente in data 4 febbraio
2005,   la   Corte  di  cassazione  a  sezioni  unite,  con  sentenza
n. 2207/2005,    contrariamente   alla   interpretazione   precedente
dell'art. 33 comma 2 della legge 10 ottobre 1990 n. 287, affermava la
competenza  funzionale  esclusiva  della Corte d'appello per tutte le
domande,  proposte sia dagli imprenditori che dai consumatori finali,
di  nullita' e di risarcimento del danno, nonche' di provvedimenti di
urgenza in relazione alla violazione della normativa antitrust.
    Allo  prima  udienza  le  parti  ribadivano  le  proprie domande,
eccezioni  e  deduzioni  ed  in  particolare,  la convenuta Assitalia
S.p.A. riproponeva espressamente eccezione d'incompetenza per materia
del giudice adito.
    La  causa,  su  richiesta  delle  parti  veniva  rinviata  per la
precisazione  delle conclusioni e per la discussione alla udienza del
27 giugno 2005.
    In  data  11 aprile 2005 l'attrice Napolitano Giuseppina, a mezzo
del  suo  procuratore, depositava in cancelleria istanza di parte per
sollevare  questione  di  legittimita'  costituzionale  in  relazione
all'art. 33,   comma  2  della  legge  10  ottobre  1990  n. 287  per
violazione  degli  artt. 3  e  24 della Costituzione italiana nonche'
istanza  volta  ad ottenere l'anticipazione della udienza fissata per
la precisazione delle conclusioni.
    Con  tale  istanza, preliminarmente, l'attrice poneva in evidenza
come  con  lo  sentenza  a  sezioni  unite  n. 2207/2005, la Corte di
cassazione  riformando  il  precedente  orientamento  della I sezione
della  Corte di cassazione aveva affermato che la legge antitrust non
sarebbe la legge dei soli imprenditori ma sarebbe la legge di tutti i
soggetti  del  mercato, ivi compresi i consumatori finali. Secondo la
corte,  quindi,  per  tutte  le  domande,  sia  di  nullita'  che  di
risarcimento  ai  sensi dell'art. 23 comma 2 della legge 287/1990, vi
sarebbe la competenza funzionale della Corte d'appello.
    L'attrice  specificava  come  la pronuncia della Cassazione nella
composizione  a  sezioni  unite comportasse, in relazione al predetto
articolo  33,  comma  2  della legge n. 287/1990, la formazione di un
autorevole  «diritto  vivente»  il  quale  da un lato avrebbe escluso
potenzialmente  ulteriori  «ripensamenti  ovvero  revisioni critiche»
sulla  scelta ermeneutica compiuta dalla giurisprudenza ma dall'altra
avrebbe consentito - proprio perche' chiaramente individuata la norma
di  diritto attraverso un'hnterpretazione conforme ed autorevole - la
possibilita'  di  sollevare  questioni di legittimita' costituzionali
sulla  norma  (Corte cost. n. 19/2003; Corte cost. n. 131/2002: Corte
cost. n. 1/2002).
    Per  tale  motivo, l'attrice ritenendo che l'interpretazione data
all'art. 33,  secondo comma della legge n. 287/1990 nella nella parte
in cui attribuisce, in materia antitrust, la competenza in prime cure
alla  Corte  d'appello  per  qualsiasi  domanda,  tanto  se  spiegata
dall'imprenditore  quanto  se  spiegata  dal  consumatore, sarebbe in
contrasto  con  l'art. 3  e  con  l'art. 24  della  Costituzione,  ha
sollevato  l'eccezione  di  incostituzionalita'  di  tale norma ed ha
chiesto  la sospensione del procedimento, nonche' la remissione degli
atti alla Corte costituzionale per la decisione.
    Secondo   la   Napolitano   Il   fondamento  della  eccezione  di
incostituzionalita',  dovrebbe  ricercarsi  nell'art. 3,  primo comma
della  Costituzione  che  contempla  il  principio di ragionevolezza,
naturale  e  logica espressione del principio di eguaglianza formale,
secondo  cui  il  legislatore,  nel  dettare  norme  differenti, deve
giustificare  logicamente  e  razionalmente l'esistenza di ragioni di
fatto  differenti,  in  mancanza  di  situazioni  di  differenza,  la
disparita' di trattamento determinata dal legislatore, deve ritenersi
irragionevole e dunque viziata per eccesso di potere legislativo.
    L'attrice ha quindi ribadito come l'art. 33, comma 2, della legge
n. 287/1990  deve ritenersi costituzionalmente illegittimo perche' in
contrasto  gli  artt. 3  e  24  della Costituzione italiana in quanto
viola il principio di ragionevolena e il diritto di difesa.
    Piu'  specificamente,  l'attrice ha sottolineato come la norma in
esame,  imponendo  a  chiunque di rivolgersi in prime cure alla Corte
d'appello  per  le  domande  di  nullita',  di  risarcimento  e per i
provvedimenti cautelari in materia antitrust. comporti una disparita'
di  trattamento  rispetto  alle  regole generali sulla competenza per
materia  tale  da determinare un significativo sacrificio del diritto
di  difesa:  da  un  lato, infatti, secondo la Napolitano, si esclude
all'attore la possibilita' di un secondo grado di giudizio di merito;
dall'altro,  si impedisce all'attore, per le controversie fino a Euro
516,46,  di  poter  stare  in giudizio personalmente senza obbligo di
difesa  tecnica, imponendo quindi una limitazione di possibilita' per
le persone meno abbienti a poter esercitare il diritto di difesa.
    Per quanto innanzi, l'attrice ha sostenuto che se il legislatore,
nella   materia   antitrust,  ha  previsto  in  via  eccezionale  una
giurisdizione  meno  garantista - rispetto al sistema generale - (pur
in  considerazione del fatto che la Costituzione italiana non prevede
ne'  garantisce  il  diritto  a  tre  gradi complessivi di giudizio o
altrimenti al doppio grado di giudizio di merito e l'art. 111 comma 7
della  Costituzione,  assicura  soltanto  il  diritto  al ricorso per
Cassazione  per  motivi  di  legittimita'  contro  le  sentenze  e  i
provvedimenti  sulla  liberta' personale) in ogni caso avrebbe dovuto
assicurare il doppio grado di giudizio di merito e la possibilita' di
autodifesa nei limiti di cui all'art. 82 comma 1 c.p.c.
    In  effetti,  tale  scelta del legislatore, avrebbe dovuto essere
sorretta  da  ragioni  di  stringente logica e ragionevolezzo, ovvero
avrebbe  dovuto  giustificarsi  con  l'esistenza di una situazione di
fatto che, secondo il principio di ragionevolezza, avrebbe consentito
una  limitazione  dei  presidi di garanzia assicurati dal legislatore
nella  generalita'  delle  controversie  tanto  piu'  che  la  scelta
discrezionale  del  legislatore  finisce  per  incidere negativamente
sulla garanzia costituzionale al diritto di difesa.
    Secondo  l'attrice, la mancanza di ragioni differenzianti tali da
legittimare  una scelta normativa meno garantista, comportererebbe la
palese irragionevolezza dell'art. 33, comma 2, legge n. 287/1990 e la
conseguente   violazione   degli  artt. 3  e  24  della  Costituzione
italiana,   non   sussistendo,  secondo  la  Napolitano  ragioni  che
potessero  giustificare la disparita' di trattamento e la conseguente
limitazione  dei  principi  di  garanzia  del  diritto  di  difesa in
relazione   alla   materia  antitrust  tanto  da  sorreggere  con  la
ragionevolezza,  la  scelta  operata  dal  legislatore con l'art. 33,
comma 2 della legge n. 287/1990.
    L'attrice   ha   quindi  posto  all'evidenza  del  magistrato  il
contenuto  della motivazione della sentenza della Cassazione a SS.UU.
n. 2207/2005  che  nell'affrontare  il  problema  della  legittimita'
costituzionale  dell'art. 33,  comma  2  della  legge n. 287/1990 con
riferimento  alla riduzione a due gradi di giudizio per le domande di
nullita'  e  di  risarcimento in materia antitrust, si e' riferita ad
una   presunta   corrispondenza   del  rito  da  seguire  per  queste
controversie,  con  la struttura del giudizio amministrativo il quale
e' articolato in due gradi cosi' come previsto dagli artt. 103, 111 e
125 cost.
    A  parere della attrice tale ricostruzione, volta a dimostrare la
ragionevolezza   dell'accorciamento  del  giudizio  di  nullita'  e/o
risarcimento  in  materia antitrust per una presunta simmetria con la
giurisdizione   amministrativa,   non   puo'   essere  condivisa,  in
considerazione  del  fatto che la cognizione dell'azione risarcitoria
assegnata  al  giudice  amministrativo  dal  combinato disposto della
sentenza  della  Cassazione  a SS.UU. n. 500/1999 e dell'art. 7 della
legge  n. 205/2000,  riguarderebbe solo gli interessi legittimi e non
anche i diritti soggettivi;
    Considerato,   invece,   che   il   cittadino   (imprenditore   o
consumatore) leso da una condotta anticoncorrenziale non puo' vantare
verso  l'impresa  in  trust un interesse legittimo, bensi' un diritto
soggettivo,  appare  evidente  che la simmetria delle azioni volte ad
ottenere  la  tutela di chi (consumatore finale) sia stato leso da un
comportamento    illegittimo    tenuto   da   Imprese   assicuratrici
(concretandosi  proprio  in una richiesta di tutela per la lesione di
diritti  soggettivi)  non  puo' ritenersi come sussistente neanche in
potenza.
    In  ogni  caso,  secondo  l'attrice  anche  a  voler ragionare in
termini  di  diritto  soggettivo  ed  anche  volendo  tener  presente
l'istituto  della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo,
non  si potrebbe giungere a conclusioni diverse; In effetti l'attrice
ha  ribadito  che la giurisdizione esclusiva - attraverso la quale il
giudice  amministrativo  conosce  di  interessi  legittimi e anche di
diritti  soggettivi nonche' delle collegate domande di risarcimento -
inizialmente  estesa significativamente dal d.lgs. n. 80/1998 e dalla
legge  n. 205/2000,  sarebbe stata bruscamente ridimensionata proprio
dalle  sentenze  n. 204  e 281 del 2004 della Corte costituzionale, e
cioe'   da   quelle  sentenze  che,  invece,  la  sentenza  a  SS.UU.
n. 2207/2005  ha  erroneamente  ritenuto confermative dell'estensione
della  giurisdizione  esclusiva, sottolineando come, in ogni caso, il
diritto soggettivo vantato dal cittadino (imprenditore o consumatore)
leso  da  condotte  anticoncorrenziali  non potrebbe mai rientrare in
giurisdizione   esclusiva,  perche'  non  riguarderebbe  la  pubblica
amministrazione.
    La  prova  di  cio' sarebbe data dal fatto che l'art. 33, comma 1
della  legge  n. 287/1990  prevede gia' la giurisdizione esclusiva in
materia  antitrust  una  giurisdizione  che  coinvolgerebbe i diritti
soggettivi  delle  imprese in trust nei loro rapporti con la pubblica
amministrazione.
    In  sintesi,  secondo  la  Napolitano,  anche il riferimento alla
giurisdizione   esclusiva  non  consentirebbe  mai  di  sostenere  un
collegamento  tra le domande di nullita' e risarcimento dei cittadini
(imprenditori  o  consumatori)  lesi  dal  trust con la giurisdizione
amministrativa,  tale  da  ritenere ragionevole l'accorciamento a due
gradi di giudizio.
    L'attore  ha  quindi  rappresentato  come,  non  essendoci  alcun
collegamento   tra   giurisdizione   amministrativa  e  giurisdizione
ordinaria  tale  da  giustificare  un  simmetrico  accorciamento,  in
materia  antitrust,  del  giudizio  risarcitorio  innanzi  al giudice
civile  a  due  soli  gradi di giudizio, la privazione dei presidi di
garanzia  del doppio grado di giudizio di merito e della possibilita'
di   autodifesa  in  giudizio  -  presidi  garantiti  invece  per  la
generalita'  delle controversie civili - comporterebbe una disparita'
di   trattamento   e   una   discriminazione   tale   da  determinare
l'illegittimita'  costituzionale dell'art. 33, comma 2 della legge 10
ottobre   1990  n. 287  per  violazione  degli  artt. 3  e  24  della
Costituzione  italiana  per lesione del principio di ragionevolezza e
del diritto di difesa.
    Tenuto conto della istanza presentata dalla parte attrice, questo
giudice anticipava la udienza per la precisazione delle conclusioni e
per la discussione al 9 maggio 2005.
    In  tale  data,  il procuratore della parte convenuta, preso atto
della  eccezione  di  illegittimita'  costituzionale  formulata dalla
controparte chiedeva termine per il deposito di note.
    Il sottoscritto magistrato si riservava concedendo termine di gg.
7 per note.
    In  data  16  maggio  2005 il procuratore della S.p.A. Assitalia,
depositava  note  autorizzate  e si opponeva alle richieste formulate
dal procuratore dell'attrice.
    La  societa'  convenuta,  preliminarmente faceva rilevare come il
giudice  di  pace  non  sarebbe competente a decidere sulle questioni
costituzionali, avendo il magistrato, la sola possibilita' o facolta'
di rimettere gli atti alla competente Corte costituzionale.
    In  ogni  caso,  secondo  la  societa'  convenuta, fino a nuova o
contraria  pronuncia  di  Corti supreme, al magistrato non resterebbe
altro da fare se non di applicare la normativa vigente.
    Tenuto  conto della interpretazione data all'art. 33, della legge
n. 287/1990 dalla Corte di cassazione a sezioni unite n. 2207/2005 la
convenuta  societa', quindi, chiedeva che in applicazione della legge
vigente, il giudice ritenesse la propria incompetenza.
    Rappresentava  la societa' convenuta, infatti, che le motivazioni
dedotte  dalla  parte  attrice,  non  potevano  essere  condivise, in
considerazione  del  fatto  che  per  i  procedimenti quali quello in
esame,  trattandosi di materia contrattuale, non puo' che richiedersi
al  cittadino  una difesa tecnica, per una migliore tutela dei propri
interessi.
    Conseguentemente,   a   parere   della   societa'  convenuta,  il
consumatore  ed  il  cittadino, pur trattandosi di processi di valore
esiguo,  non  potrebbero presiedere alla propria difesa personalmente
in   ragione  dell'oggetto  della  domanda  e  delle  norme  poste  a
fondamento della domanda stessa.
    Secondo la societa' convenuta, quindi, la richiesta di una difesa
tecnica dovrebbe essere intesa come una garanzia per il consumatore e
non  gia  come  una causa di discriminazione, anche in considerazione
del  fatto  che  applicandosi  la  normativa  nei  termini cosi' come
precisati  dalla  Corte  di cassazione, non si verrebbe a determinare
una  disparita'  di trattamento tra i cittadini, i quali, invece, per
la  medesima materia, sarebbero tutti ed allo stesso modo costretti a
rivolgersi al medesimo ufficio giudiziario, nei medesimi termini.
    Nel   merito  la  S.p.A.  Le  Assicurazioni  d'Italia,  reiterava
l'eccezione  di infondatezza della domanda e quindi concludeva per la
declaratoria di incompetenza funzionale dell'adito magistrato; per la
declaratoria  di nullita' dell'atto introduttivo e per l'accoglimento
di tutte le eccezioni e conclusioni gia' rassegnate in udienza.

                       Motivi della decisione

    Considerato  che contrariamente a quanto ritenuto dal procuratore
della    S.p.A.    Assitalia,    ritiene   questo   magistrato   che,
effettivamente,  alla  luce  della interpretazione resa dalle sezioni
unite  della  Corte  di cassazione, l'art. 33 della legge n. 287/1990
non   appare   conforme   alle   ripetute  affermazioni  della  carta
Costituzionale  della  Repubblica  italiana  sulla  liberta' di adire
l'autorita'  giudiziaria  per la tutela dei diritti e degli interessi
legittimi  del cittadino, senza restrizioni di sorta. In particolare,
tenuto  conto  della  interpretazione  fornita dalla Corte suprema di
cassazione  a  sezioni  Unite,  appaiono  violati  sia l'art. 3 della
Costituzione,  il  quale  sancisce  il  principio  di eguaglianza dei
cittadini  davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di lingua,
di   razza,  di  religione,  di  opinioni  politiche,  di  condizioni
personali  e  sociali;  sia  l'art.  24  della  Costituzione il quale
sancisce che tutti possono stare in giudizio per la tutela dei propri
diritti ed interessi legittimi e sancisce il diritto inviolabile alla
difesa  in ogni stato e grado del procedimento; sia infine l'art. 111
della  Costituzione,  che sancisce il diritto al giusto processo, che
dovrebbe  attuarsi  nel  contradditorio tra le parti in condizioni di
parita' davanti ad un giudice terzo ed imparziale.
    Rilevato  che  sulla  scorta  della interpretazione fornita dalla
Corte  di cassazione, la quale ha ritenuta di equiparare la posizione
dell'imprenditore  a  quella  del  consumatore finale, si e' venuta a
creare  una  disparita'  di  trattamento  tra  coloro  che  sono piu'
abbienti  rispetto  a  coloro  che  sono  meno  ricchi e non hanno la
possibilita'  di  rivolgersi  ad  un  avvocato per poter intentare un
giudizio  dinanzi  alla  Corte  di  appello  al  fine  di ottenere il
risarcimento dei danni subiti (come nel caso che ci occupa) a seguito
della illegittima intesa operata dalla Imprese assicuratrici, proprio
in danno dei consumatori.
    Ritenuto  che  la  questione  sollevata non appare manifestamente
infondata, posto che dalla coordinazione delle norme di cui agli art.
3  e  24  della  Costituzione  puo' dedursi che costituisce principio
consolidato  nel  nostro  ordinamento  che  tutti  possono  agire  in
giudizio  per  la  tutela dei propri diritti ed interessi legittimi e
che  la  difesa  -  diritto  inviolabile  in  ogni  stato e grado del
giudizio    -    deve    trovare   attuazione   uguale   per   tutti,
indipendentemente  da  ogni  differenza  di  condizioni  personali  e
sociali, cosi' come innanzi detto.
    Tenuto  conto  del  fatto  che, si ripete, la necessita' di dover
adire  in  prima  cure  la Corte di appello per il riconoscimento del
diritto   al   risarcimento   di  somme  anche  esigue,  ma  comunque
legittimamente  dovute, si pone in stridente contrasto con i principi
sanciti  dagli articoli 3 e 24 della Costituzione: Con l'art. 3 Cost,
perche'  e' evidente la disparita' di trattamento che ne consegue tra
colui   che  in  virtu'  delle  proprie  condizioni  economiche  puo'
immediatamente  adire  l'autorita'  giudiziaria ritenuta competente a
decidere  della  controversia,  rispetto  a  colui  che pur avendo lo
stesso   diritto   non   ha   la   possibilita',   in  forza  di  una
interpretazione  estensiva  dell'art. 33  secondo  comma  della legge
n. 287/1990 che, invece, non puo' essere condivisa.
    Visto che le considerazioni di cui innanzi valgono a giustificare
anche  il richiamo alle norme contenute negli articoli 24 e 111 della
Costituzione  nei  quali l'uso delle parole «tutti» o «giusto» ovvero
«parita»  ha lo scopo di ribadire l'eguaglianza di diritto e di fatto
di   tutti  i  cittadini  per  quanto  concerne  la  possibilita'  di
richiedere  e  di ottenere la tutela giurisdizionale nei confronti di
altri privati oltre che nei confronti dello Stato anche nei confronti
di altri enti pubblici minori (cfr., art. 113 Cost.).
    Considerato  che  l'interpretazione  dell'art. 33  secondo  comma
della  legge  n. 287/1990  si  pone  in contrasto con l'art. 3, primo
comma  della  Costituzione,  anche  con  riferimento  al principio di
ragionevolezza,  sulla  scorta  del quale il legislatore, nel dettare
norme  differenti,  deve  giustificare  logicamente  e  razionalmente
l'esistenza   di   ragioni   di   tatto  differenti,  che  altrimenti
determinano  una  disparita' di trattamento tra i cittadini, la quale
deve  quindi  ritenersi irragionevole e dunque viziata per eccesso di
potere legislativo.
    Ritenuto  quindi  che  deve  condividersi  il rilievo mosso dalla
parte  attrice  di  incostituzionalita'  dell'art. 33,  comma 2 della
legge  10  ottobre 1990 n. 287/1990, nella parte in cui prevedendo la
competenza  per  materia  della  Corte  d'appello  sulle  domande  di
nullita',  di  risarcimento  e  di provvedimenti cautelari in materia
antitrust, comporta una disparita' di trattamento in quanto sacrifica
il  diritto  a  due gradi di giudizio di merito e quindi sacrifica la
possibilita'  dell'autodifesa  che  sono  generalmente  garantiti nel
sistema generale delineato dal legislatore.
    Tenuto  altresi'  conto  del  fatto che la predetta disparita' di
trattamento e la conseguente limitazione delle garanzie al diritto di
difesa  costituzionalmente  garantito  appaiono,  a  parere di questo
giudice,  non  sorrette  da motivi di ragionevolezza; in particolare,
non  appare  convincente  il  presunto  collegamento  con il giudizio
amministrativo  richiamato  dalla  sentenza della Cassazione a SS.UU.
n. 2207/2005  -  che giustificherebbe l'accorciamento di un grado del
giudizio  civile  in  considerazione  del  fatto  che  la  situazione
giuridica   soggettiva   vantata   dal   cittadino   (imprenditore  o
consumatore)  nei  confronti delle imprese in trust e' una situazione
di  diritto  soggettivo  e  non  gia',  di interesse legittimo. (Tale
situazione  soggettiva,  peraltro, non potrebbe rientrare mai neanche
nella  giurisdizione  esclusiva del giudice amministrativo, in quanto
trattasi di diritto soggettivo vantato nei confronti di privati e non
nei confronti della pubblica amministrazione).
      Considerato  infine che, per tutto quanto innanzi in materia di
antitrust,  stante  l'indipendenza  del  giudizio  civile rispetto al
giudizio  amministrativo,  appare  non  manifestamente  infondato  il
rilievo  dell'attore  secondo il quale l'art. 33, comma 2 della legge
n. 287/1990,  sacrificando  i  tre  gradi  di giudizio (di cui due di
merito)  e  la  possibilita'  di  autodifesa  per  le controversie di
modesta  entita'  prevista dall'art. 82 comma 1 c.p.c., garantito per
la   generalita'  delle  controversie,  comporta  una  disparita'  di
trattamento  la  quale  non essendo giustificata da specifici motivi,
determina  la  violazione  degli  artt.  3  e  24  della Costituzione
italiana per lesione del principio di ragionevolezza e del diritto di
difesa.
    Posto che la decisione della questione di legittimita' sollevata,
appare   quindi  rilevante  ai  fini  della  decisione  del  presente
giudizio,  tenuto  conto  del  fatto  che  dalla  decisione  di  tale
questione  dipende  la  decisione  sulla  eccezione  di  incompetenza
funzionale  sollevata  dalla  S.p.A.  Assitalia la quale ha richiesto
l'applicazione  dell'art.  33,  comma  2  della legge 10 ottobre 1990
n. 287.