IL TRIBUNALE Adito in sede di volontaria giurisdizione con apposizione al decreto di rigetto di liquidazione del compenso al difensore, emesso dalla II Sezione Penale in data 28 febbraio 2003, con il quale si dichiarava l'inammissibilita' dell'istanza per nomina di difensore di fiducia, a cura dell'imputato, senza la necessaria richiesta di autorizzazione al giudice, ex art. 4, comma 4 della legge n. 217/1990, all'epoca vigente. Con ricorso depositato il 27 marzo 2003 l'avv. Carlino Carrieri esponeva in premessa che, con provvedimento del g.i.p. del Tribunale di Bari, dott. Rautis, del 14 febbraio 2000, l'imputato Abbondanza Angelo, difeso di fiducia all'avv. Elena Rucci del Foro di Bari, veniva ammesso al patrocinio a spese dello Stato nel procedimento n. 405/99 not. reato. In data 7 febbraio 2001, l'avv. Elena Rucci dichiarava di rinunciare al proprio mandato per giustificati motivi. In pari data, l'imputato, rimasto privo di difensore di fiducia, nominativa il ricorrente, avv. Carlino Carrieri, proprio difensore di fiducia. Con istanza depositata in data 20 febbraio 2003 il ricorrente provvedeva a richiedere la liquidazione dei compensivi per la relativa attivita' professionale espletata. Con provvedimento del 7 marzo 2003 il giudice dichiarava inammissibile l'istanza di liquidazione poiche' «l'imputato procedeva a nominare nuovo difensore di fiducia... senza richiedere la necessaria autorizzazione al Giudice (art. 4, comma 4, legge n. 217/1990 vigente all'epoca)». Alla luce di quanto sopra, il ricorrente chiedeva in via preliminare dichiarare rilevante e non manifestante infondata, con riferimento agli artt. 3, 24 comma secondo e terzo, 35 comma primo, 36 comma primo della Costituzione la questione di legittimita' costituzionale del comma quarto dell'art. 4, legge 30 luglio 1990, n. 217 nella parte in cui prevede la previa autorizzazione del Giudice che procede, per la sostituzione del difensore da parte del soggetto ammesso al patrocino a spese dello Stato e, per l'effetto disporre la trasmissione degli atti della Corte costituzionale; in via subordinata, previa declaratoria di inapplicabilita' del comma 4 dell'art. 4, legge n. 217/1990 ai rapporti in corso alla data di entrata in vigore della legge n. 134/2001, e, per l'effetto annullare il decreto del giudice monocratico della Sezione II, dott. Sergio Di Paola, del 28 febbraio 2003, liquidando le spese e competenze del difensore come da nota specifica depositata in atti. Alla luce delle eccezioni sollevate dal ricorrente, nonche' della continua ed attuale evoluzione normativa in materia, questo tribunale ritiene opportuno non pronunciarsi sic et simpliciter in merito alla causa di cui sopra. Rilevato che, sotto il profilo dell'uguaglianza, il comma quarto dell'art. 4 della legge n. 217/1990, nella parte in cui subordina la sostituzione del difensore ad una preventiva autorizzazione del giudice, pone in essere una disparita' di trattamento tra soggetti non abbienti, potendo i primi scegliere liberamente il proprio difensore di fiducia, mentre i secondi sarebbero costretti ad effettuare la loro scelta sub condicio judici. Ritenuta infondata la questione di illegittimita' costituzionale della citata norma in relazione all'art. 24 della Costituzione, poiche' non pone alcuna concreta limitazione all'esplicazione al diritto alla difesa, in quanto lo stesso non appare vulnerato in tutte le ipotesi in cui risulti comunque assicurata un'ampia possibilita' di scelta del difensore, proprio in quanto «la garanzia costituzionale delle difesa non esclude, quanto alle sue modalita', la competenza del legislatore a darvi attuazione sulla base di scelte discrezionali non irragionevoli» (cfr. ordinanza Corte costituzionale n. 299 del 19-28 giugno 2002). Si ritiene di dubbia legittimita' costituzionale l'art. 4, quarto comma della citata legge n. 217/1990 ultima parte - «La sostituzione non autorizzata comporta la cessazione degli effetti dell'ammissione al beneficio» - in relazione agli artt. 35, primo comma e 36, primo comma della Costituzione, poiche' nonostante entrambe le norme costituzionali tutelino i diritti dei soli lavoratori «subordinati» - in esecuzione del principio di eguaglianza, nonche' il diritto ad una retribuzione proporzionata e sufficiente degli stessi, si rileva, comunque, una ingiustificata disparita' di trattamento economico tra avvocati che esercitano il patrocinio dei non abbienti a spese dello Stato ed avvocati di soggetti abbienti: invero, il diritto alla retribuzione, costituzionalmente garantito, verrebbe violato dalla mancata autorizzazione prevista dalla citata norma della legge n. 217/1990. Non entrando nel merito della sussistenza dei requisiti, previsti dalla legge, in capo al difensore circa l'iserimento dello stesso nell'elenco degli avvocati per il patrocinio a spese dello Stato, si rileva che, il difensore, che non sia stato autorizzato dal giudice, nell'esercizio della propria attivita', subisce un grave pregiudizio, dovuto alla decadenza del beneficio. Infatti, le precarie condizioni economiche dell'imputato, gia' attestate e certificate dal provvedimento di concessione del beneficio del patrocinio a spese dello Stato - come nel caso di specie -, manifestano ex ante una piu' che probabile insolvibilita' dell'imputato, quindi una mancata retribuzione del difensore. Mentre, nell'ipotesi di difensori di soggetti abbienti, l'alea della mancata retribuzione dell'attivita' professionale, svolta in favore degli stessi, oltre a muovere da diverse premesse, e' pressoche' inesistente: il credito puo' sempre e comunque essere recuperato coattivamente ed esecutivamente (anche se le eccezioni, per quanto rare, non mancano). Considerata la complessivita' della fattispecie e ritenendo non manifestamente infondata le questioni di illegittimita' costituzionale dell'art. 4, comma 4 della legge n. 217/1990 (vigente all'epoca dei fatti ed abrogata dall'art. 4 della legge n. 134/20001), in relazione agli articoli 3, 35, primo comma, 36, primo comma della Costituzione; Ritenuta la rilevanza concreta ed attuale della questione ed al fine di una corretta applicazione, alla fattispecie de qua, della su citata norma, della cui legittimita' costituzionale si dubita, si ritiene opportuno sospendere il presente giudizio, e proporre incidente di legittimita' costituzionale.