IL TRIBUNALE Considerato che la difesa di Baldinelli Teresa solleva questione di legittimita' costituzionale dell'art. 10, legge n. 251/2005, nella parte in cui, al comma 3, prevede che l'art. 157 c.p., cosi' come riformulato, qualora per effetto delle nuove disposizioni i termini di prescrizione risultino piu' brevi, non si applichi ai processi gia' pendenti alla data di entrata in vigore della suddetta legge in primo grado ove vi sia stata la dichiarazione di apertura del dibattimento, in contrasto con l'art. 3 Cost.; Sentito il p.m. che nulla osservava; Rilevato che la questione ha senz'altro rilevanza ai fini del presente giudizio poiche' l'art. 6, legge n. 251/2005 modificando l'art. 157 c.p. nei seguenti termini «la prescrizione estingue il reato decorso il tempo corrispondente al massimo della pena edittale stabilita dalla legge e comunque un tempo non inferiore a sei anni se si tratta di delitto», l'art. 160 c.p. nei seguenti termini «in nessun caso i termini stabiliti nell'art. 157 possono essere prolungati oltre i termini di cui all'art. 161» e l'art. 161 nei seguenti termini «... in nessun caso l'interruzione della prescrizione puo' comportare l'aumento di piu' di un quarto del tempo necessario a prescrivere» fa si' che il reato di cui all'art. 372 c.p. si prescriva nel termine massimo di sette anni e sei mesi; Pertanto nel caso dell'imputata Baldinelli il termine prescrizionale cosi' modificato sarebbe decorso in data 5 gennaio 2004; Essendo indubbio che una norma che introduce un termine prescrizionale inferiore, andando a modificare la sopravvenienza o meno di una causa estintiva del reato, possa e debba considerarsi norma penale in concreto piu' favorevole, ai sensi dell'art. 2, comma 3, il reato ascritto verrebbe quindi ad estinguersi (v. ex multis Cass. s.u. 6 ottobre 1979); L'art. 10 della legge citata, pero', introduce una norma transitoria che al comma 2 recita: «ferme restando le disposizione dell'art. 2 del codice penale quanto alle altre norme della presente legge, le disposizioni dell'art. 6 non si applicano ai procedimenti e ai processi in corso se i nuovi termini di prescrizione risultano piu' lunghi di quelli previdenti» mentre al successivo comma 3 recita: «se per effetto delle nuove disposizioni i termini di prescrizione risultano piu' brevi, le stesse si applicano ai procedimenti e ai processi pendenti alla data di entrata in vigore della presente legge ad esclusione dei processi gia' pendenti in primo grado ove vi sia stata la dichiarazione di apertura del dibattimento, nonche' dei processi gia' pendenti in grado di appello o avanti alla Corte di cassazione» che cosi' rende inapplicabile la nuova formulazione degli articoli 157, 160, 161 all'odierna imputata; L'art. 2, comma 4 c.p. statuisce che i principi di cui ai primi tre commi, statuenti il principio della retroattivita' della legge piu' favorevole e della irretroattivita' della legge piu' sfavorevole (elevato poi a principio di rango costituzionale dall'art. 25, comma 2 Cost.) non si applicano in caso di leggi eccezionali o temporanee; Si ritengono leggi eccezionali le leggi emanate per fronteggiare circostanze politiche, economiche o sociali ritenute cosi' gravi da giustificare una normativa derogatoria del regime in atto, presentando quindi il duplice requisito di essere emanate per ragioni eccezionali e di fare eccezione alla normativa precedente; Per leggi temporanee devono intendersi invece quelle che predeterminano esse stesse il momento finale della loro vigenza; La legge n. 251 non appare rientrante in nessuna delle due categorie; Lo stesso legislatore poi fa ben capire la portata differente delle norme introdotte per l'espresso riferimento all'art. 2 c.p. del comma 2 dell'art. 10 sancendo - qualora ce ne fosse bisogno - l'irretroattivita' degli effetti sfavorevoli, e poi al successivo comma 3 stabilendo invece la retroattivita' degli effetti favorevoli ai procedimenti ed ai processi in corso salvi quelli ove il dibattimento di primo grado sia gia' stato aperto o che pendono in appello o Cassazione; Tale disparita' di trattamento appare non giustificata da nessun interesse garantito ed in apparente contrasto con il principio di uguaglianza sancito nella Carta costituzionale all'art. 3, producendo un trattamento soggettivamente diverso tra soggetti «indagati» e soggetti «imputati» ed ancora peggio tra stessi «imputati» nel giudizio di primo grado, ponendo come discrimine la dichiarazione di apertura del dibattimento; La questione appare pertanto oltre che rilevante al caso concreto, non manifestamente infondata e meritevole dell'autorevole vaglio della Corte costituzionale.