IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

    Ha pronunciato la seguente ordinanza ai sensi dell'art. 23, comma
2,  legge  n. 87/1953  sul  ricorso  per  regolamento di competenza e
successiva  istanza  di trasmissione degli atti di causa al Tribunale
amministrativo  regionale  Lazio,  ai sensi dell'art. 3, comma 2-bis,
comma  2-ter  e  comma  2-quater della legge n. 21/2006, nel giudizio
instaurato con ricorso n. 1311/05 R.G.;
    Ricorrente:   Comune   di  Paterno'  (difensore  l'avv.  Giuseppe
Mingiardi, domiciliatario);
    Resistenti:  commissario  delegato per emergenza rifiuti e tutela
acque   Ministero   dell'ambiente  e  della  tutela  del  territorio,
Ministero  dell'ambiente - Commissione valutazione impatto ambientale
(difensore e domiciliataria per legge l'Avvocatura dello Stato);
    Sicil  Power  S.p.a.,  controinteressata,  con sede in Adrano, in
persona  del  legale  rappresentante  in  carica  (difensori gli avv.
Carmelo    Briguglio,   Nicolo'   D'Alessandro,   Andrea   Abbamonte,
domiciliatario  l'avv.  D'Alessandro);  Comune di Catania, in persona
del  legale rappresentante in carica (difensore l'avv. Paolo Patane',
dell'Avvocatura   dell'ente);  Provincia  regionale  di  Catania,  in
persona   del  legale  rappresentante  in  carica  (difensore  l'avv.
Francesco   Mineo  dell'Avvocatura  dell'ente);  Societa'  L'Altecoen
S.r.l.,  in  persona  del  legale rappresentante in carica (difensore
l'avv. Fulvia Fazzi, domiciliataria);
    Interveniente:  Associazione legambiente - Comitato reg. Sicilia,
in  persona  del  legale  rappresentante  in  carica  (difensori  gli
avvocati Salvatore Asero Milazzo, Nicola Giudice, Giuseppe Cicero);
    Parti  intimate,  non  costituite in giudizio: Comune di Messina,
Comune   di  Calatabiano,  Comune  di  Rometta,  Comune  di  Caronia,
Provincia  regionale  di  Messina,  ato Catania 1, ato Catania 2, ato
Catania  3,  ato Messina 1, ato Messina 2, ato Messina 3, ato Messina
4,  Societa'  D.G.I.  Daneco gestione impianti S.p.a., Societa' Waste
Italia  S.p.a.,  Societa'  Siemiens  S.p.a.,  Societa'  Technip Italy
S.p.a., Societa' DB Group S.p.a.;
    Oggetto:  annullamento  dell'ordinanza  del Commissario, delegato
per  l'emergenza  rifiuti  1°  marzo 2005, n. 183, notificata 9 marzo
2005 con nota 2 marzo 2005, prot. n. 5320, del parere 10 giugno 2004,
n. 591,    della    nota    23    dicembre    2004    del   Ministero
ambiente-Commissione VIA prot. n. CVIA/2004/3259;
    Visti  il ricorso, i controricorsi, il ricorso per regolamento di
competenza,  le  memorie  e istanze tutte delle parti, con i relativi
allegati;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Relatore la dott. Rosalia Messina;
    Uditi, alla camera di consiglio del 23 febbraio 2006, i difensori
delle parti, come da verbale;
    Ritenuto e considerato, in fatto ed in diritto, quanto segue:

                     F a t t o  e  d i r i t t o

                        1. Premesse di fatto
    Con il ricorso in epigrafe il comune di Paterno' ha impugnato gli
atti  precisati  in  epigrafe,  deducendo  le censure di violazione e
falsa  applicazione  degli  artt. 27  e  28  d.lgs.  n. 22/1997,  con
riferimento   all'art. 3-bis   d.l.  n. 361/1987  conv.  nella  legge
n. 441/1987,  eccesso  di potere per mancata valutazione di rilevanti
elementi di giudizio e degli interessi coinvolti - violazione e falsa
applicazione   dell'art. 3,   legge   n. 241/1990  (primo  motivo  di
gravame),  violazione e falsa applicazione degli artt. 27 e 28 d.lgs.
n. 22/1997,  con  riferimento  all'art. 3-bis  d.l. n. 361/1987 conv.
nella   legge   n. 441/1987   -   violazione   e  falsa  applicazione
dell'art. 142  d.lgs. n. 42/2004 e della legge n. 431/1985 eccesso di
potere  per  mancata  valutazione di rilevanti elementi di giudizio e
degli   interessi   coinvolti   -  violazione  e  falsa  applicazione
dell'art. 3 legge n. 241/1990 (secondo motivo di gravame), violazione
e  falsa  applicazione  degli  artt. 27  e  28 d.lgs. n. 22/1997, con
riferimento   all'art. 3-bis   d.l.  n. 361/1987  conv.  nella  legge
n. 441/1987  -  violazione  e  falsa  applicazione  degli artt. 4 e 5
d.P.R.  n. 357/1997  -  eccesso  di potere per mancata valutazione di
rilevanti  elementi,  di  giudizio  e  degli  interessi  coinvolti  -
violazione  e falsa applicazione dell'art. 3 legge n. 241/1990 (terzo
motivo  di gravame), violazione e falsa applicazione degli artt. 27 e
28  d.lgs. n. 22/1997 - eccesso di potere per difetto dei presupposti
-   violazione   dell'art. 3  legge  n. 241/1990  (quarto  motivo  di
gravame).
    Questa  sezione,  con ordinanza n. 278/2005 ha ordinato al comune
ricorrente  di integrare il contraddittorio nei confronti di soggetti
trovantisi  in posizione di controinteresse rispetto all'annullamento
degli atti impugnati: con ordinanza n. 1578/2005 ha accolto l'istanza
cautelare  proposta  in una al ricorso, per aver ritenuto sussistente
il  prescritto fumus di fondatezza e rilevato altresi' il danno grave
ed  irreparabile «per il pubblico interesse alla tutela ambientale ed
alla  piu'  razionale allocazione dei termovalorizzatori». Versandosi
in   materia   soggetta  alle  prescrizioni  dell'art. 23-bis,  legge
n. 1034/1971,  era  stata  fissata  per  la trattazione del merito la
pubblica udienza del 8 giugno 2006.
    E'  oggi  all'esame  del  collegio  il ricorso per regolamento di
competenza  proposto  dalla  controinteressata  Sicilpower S.p.a., la
quale  sostiene l'appartenenza della controversia alla competenza del
Tribunale amministrativo regionale del Lazio.
    Nelle  more  della  fissazione  della  camera di consiglio per la
delibazione  della  questione  di competenza e' sopravvenuta la legge
n. 21/2006,  che,  all'art. 3,  per  quel  che  qui  rileva  dispone:
...omissis...
    «2-bis.  In  tutte le situazioni di emergenza dichiarate ai sensi
dell'art.  5,  comma  1,  della  legge  24  febbraio 1992, n. 225, la
competenza  di  primo  grado  a  conoscere  della  legittimita' delle
ordinanze  adottate  e dei consequenziali provvedimenti commissariali
spetta  in via esclusiva, anche per l'emanazione di misure cautelari,
al Tribunale amministrativo regionale del Lazio, con sede in Roma.
    2-ter   Le  questioni  di  cui  al  comma  2-bis,  sono  rilevate
d'ufficio.
    Davanti  al  giudice  amministrativo  il giudizio e' definito con
sentenza  succintamente motivata ai sensi dell'art. 26, della legge 6
dicembre   1971,   n. 1034,   e  successive  modificazioni,  trovando
applicazione  i  commi 2 e seguenti dell'articolo 23-bis della stessa
legge.
    2-quater.  Le  norme  di  cui ai commi 2-bis e 2-ter si applicano
anche  ai  processi  in  corso.  L'efficacia  delle  misure cautelari
adottate  da  un tribunale amministrativo diverso da quello di cui al
comma  2-bis  permane  fino  alla loro modifica o revoca da parte del
Tribunale  amministrativo  regionale del Lazio, con sede in Roma, cui
la parte interessata puo' riproporre il ricorso.».
    Parte  controinteressata ha depositato, in data 21 febbraio 2006,
un'istanza  volta  a  sollecitare  da  parte del collegio (ed anzi da
parte  del  Presidente) l'applicazione del predetto jus superveniens,
con   immediata   trasmissione  degli  atti  di  causa  al  Tribunale
amministrativo regionale del Lazio.
    Il   Consiglio   di   giustizia   amministrativa,  con  ordinanza
depositata  il 6 febbraio 2006, ha dichiarato improcedibile l'appello
proposto  avverso  l'ordinanza  n. 1578/2005  dalla controinteressata
Sicilpower  S.p.a.,  per  ritenuta  incompetenza  funzionale  di esso
Consiglio  conseguente  alla  intervenuta  (ope  legis)  incompetenza
funzionale  del Tribunale amministrativo regionale Catania, che aveva
emanato  l'ordinanza  appellata.  Inoltre,  la  citata  decisione  ha
rimesso  gli  atti  al giudice di primo grado «per la pronuncia sulla
dedotta  questione  di  incompetenza  ex art. 3, comma 2-ter del d.l.
n. 245/2005 come convertito con legge n. 21/2006».
    Alla  odierna  camera  di  consiglio  il  difensore del comune di
Paterno'  ha  depositato  ed illustrato oralmente una memoria, con la
quale:
        ha  sostenuto l'irricevibilita' del regolamento di competenza
oggi  in  esame,  proposto, ai sensi dell'art. 31 legge n. 1034/1971,
dalla controinteressata Sicilpower S.p.a., in quanto presentato oltre
il termine di venti giorni dalla data di costituzione in giudizio (27
maggio  2005, laddove il regolamento e' stato notificato il 30 giugno
2005 e depositato il 12 luglio 2005);
        ha  manifestato  la  propria non adesione alla rimessione del
ricorso   al   Tribunale  amministrativo  regionale  Lazio  ai  sensi
dell'art. 31  su  citato;  ha  chiesto che il collegio rilevasse, con
decisione  semplificata, la manifesta infondatezza del regolamento di
competenza, con vittoria delle spese processuali.
    Parte   ricorrente   inoltre,  pur  sostenendo,  con  riferimento
all'entrata  in  vigore  dell'art. 3  della  legge  n. 21/2006, sopra
riportato, l'inapplicabilita' sopravvenuta della ordinaria disciplina
della   competenza   territoriale   di  cui  all'art. 3  della  legge
n. 1034/1971,  ha tuttavia osservato che, a suo dire, la questione de
qua  non  potrebbe  essere  decisa  in camera di consiglio, posto che
l'art. 3,   legge   n. 21/2006,   prevedendo  la  sentenza  in  forma
semplificata  ai sensi dell'art. 26 legge n. 1034/1971, esigerebbe la
definizione della questione di competenza in pubblica udienza.
    In  tale  situazione,  il collegio, ritenendola rilevante ai fini
della  decisione  da  assumere  in  ordine alla predetta trasmissione
degli  atti  al  Tribunale amministrativo regionale Lazio, ed ai fini
della   decisione   -  sollecitata  dal  comune  di  Paterno'  -  sul
regolamento  di  competenza  e  non manifestamente infondata, solleva
questione  di  legittimita'  costituzionale  del  predetto  art. 3, e
segnatamente  del  comma  2  nelle sottonumerazioni bis, ter, quater,
come sara' esposto nei seguenti paragrafi.
                          II. La rilevanza
    La  rilevanza della questione ai fini della decisione da assumere
e'  di  tutta  evidenza. Il collegio sarebbe tenuto, sulla base della
normativa  sopravvenuta - ove non dubitasse della incostituzionalita'
di  essa e quindi non ritenesse necessario investire il giudice delle
leggi  della relativa questione - a trasmettere gli atti al Tribunale
amministrativo  regionale  Lazio,  e  cio'  per espressa disposizione
della   nuova   disciplina   che   ne   prescrive  l'applicazione  ai
procedimenti  pendenti.  Cio', come si e' detto in premesse, e' stato
rilevato  anche  dal  Consiglio  di  giustizia amministrativa, che ha
ritenuto   di  non  potere  emettere  alcuna  decisione  sull'appello
dell'ordinanza  emanata  in  prime cure da questa sezione, proprio in
applicazione della predetta normativa.
    Della costituzionalita' di tale disciplina il collegio dubita per
diverse  ragioni; e d'altra parte, solo in questo momento al collegio
e' dato sollevare la questione, non potendo ovviamente piu' farlo una
volta che si fosse spogliato, con la trasmissione degli atti di causa
al  Tribunale  amministrativo  regionale Lazio, in applicazione delle
disposizioni   sospettate   di  incostituzionalita'.  della  potestas
decidendi.
    Ne'  ritiene  il  collegio  di  aderire  ai  rilievi  del  comune
ricorrente,  secondo  cui  da  un  lato (in assenza, si ripete, della
potestas   decidendi)  dovrebbe  essere  assunta  una  decisione  sul
regolamento  di  competenza  (che,  secondo  quanto eccepito da parte
ricorrente,   sarebbe   irricevibile,   e   comunque   manifestamente
infondato),  mentre  dall'altro  dovrebbe essere fissata una apposita
udienza  pubblica per affrontare la questione dell'applicazione della
normativa  sopravvenuta  che  attribuisce la materia controversa alla
competenza  funzionale  del  Tribunale  amministrativo  regionale del
Lazio.
    Il  collegio  puo'  e  deve  in  questa sede - e avrebbe potuto e
dovuto  in  qualunque sede la controversia venisse a trovarsi, per la
decisione  di  qualunque incidente o fase processuale, e quindi anche
nella presente fase incidentale del regolamento di competenza - porsi
il   problema   della   applicazione   della  predetta  normativa,  e
soprassedere  rispetto  a  qualunque  altra  questione  e  pronuncia,
definitiva  o  meno del giudizio o della fase cautelare o comunque di
qualsivoglia fase processuale in cui il giudizio si trovi.
    Orbene,   secondo   il   collegio   la  descritta  situazione  di
impossibilita'  di  decidere  le  questioni  sottoposte  si  pone  in
contrasto   con   diverse   norme  costituzionali,  come  sara'  piu'
ampiamente detto nel successivo paragrafo di questa motivazione.
    Il  collegio,  se applicasse la disciplina sopravvenuta, verrebbe
ad essere deprivato della possibilita' di statuire sul regolamento di
competenza.  non  potendone  delibare  (per  decidere positivamente o
negativamente) la manifesta infondatezza; cosi' come esso verrebbe ad
essere  deprivato  della  possibilita'  di decidere sull'eccezione di
irricevibilita'  per  tardivita'  sollevata  da  parte ricorrente. Ed
infine,  viene  ad  essere  impedita  la definizione del giudizio nel
merito, gia' fissata per l'udienza 8 giugno 2006.
    Pertanto,  atteso  che  i  dubbi  di costituzionalita' riguardano
proprio  lo  spostamento  della  competenza  in  subiecta  materia al
Tribunale  amministrativo  regionale,  del Lazio, e la impossibilita'
(ritenuta  da  questo giudicante, per le ragioni che si esporranno in
seguito,  incostituzionale) di rendere una pronuncia sulla competenza
(di  qualsivoglia  natura  essa  poi in concreto possa essere) ed una
pronuncia,  successivamente.  ove  la  competenza  restasse  radicata
presso  il  Tribunale amministrativo regionale locale, nel merito, il
collegio  ritiene  di sollevare la relativa questione. Cio' non senza
precisare  che  ai  fini  della  rilevanza  di  tale questione nessun
ostacolo ravvisa il collegio, contrariamente a quanto adombrato dalla
difesa  del comune di Paterno'. nella formulazione dell'art. 3, comma
2-ter,  in  cui  si  dice che il giudizio va definito con sentenza in
forma  semplificata  ai  sensi  dell'art. 26  legge  n. 1034/1971. Il
collegio   ritiene  che,  nonostante  il  mancato  riferimento  anche
all'art. 21  della  legge  n. 1034/1971. la norma non deponga affatto
per   la   necessaria  fissazione  di  un  udienza  pubblica  per  la
definizione  del  giudizio:  oltretutto,  proprio  il  fatto che tale
definizione  sia  ormai  predeterminata  ex  lege  nel  senso che, in
qualunque  stato  si  trovi  la  controversia, la norma sospettata di
incostituzionalita'  stabilisce  che  deve  chiudersi  il processo in
corso  con sentenza semplificata, depone in senso contrario alla tesi
sostenuta  dal  comune  di  Paterno'.  Sarebbe  invero  irrazionale e
contrastante  con  la  chiara  ratio  acceleratoria  della  norma  la
fissazione  di un udienza ad hoc, diversa, ulteriore e quindi in ogni
caso  piu'  lontana  nel  tempo  di  quella in cui ci si trova, e che
avrebbe il solo scopo di consentire al collegio di dichiarare che gli
atti  devono  essere  trasmessi al Tribunale amministrativo regionale
del Lazio.
    In   definitiva,   e   per   concludere   sulla   condizione   di
proponibilita'  della questione costituita dalla rilevanza di essa ai
fini  del  procedimento  in corso, di cui all'art. 23, comma secondo,
della.  legge  n. 87/1953,  si  osserva  che soltanto a seguito della
declaratoria  di illegittimita' costituzionale delle norme introdotte
dalla  legge  n. 21/2006  in  ordine  alla  competenza funzionale del
Tribunale   amministrativo  regionale  del  Lazio  sui  provvedimenti
adottati  ai  sensi  dell'art. 5,  comma  1, della legge n. 225/1992,
questo Tar potra' pronunciarsi sul regolamento di competenza proposto
dalla   controinteressata  e  sulle  eccezioni  opposte  al  predetto
regolamento dal comune di Paterno'.
    E'  appena  il  caso  di precisare che in generale deve ritenersi
rilevante,  ai  sensi  e per gli effetti del citato art. 23. comma 2,
legge  n. 87/1953, non soltanto la questione che involge la normativa
applicabile  per  la  definizione  del giudizio nel merito (che cioe'
regola  il  merito  dei  rapporti  dedotti in giudizio), bensi' anche
quella  che  riguarda  le  regole che disciplinano il processo, ed in
primo luogo che delimitano i poteri del giudice.
    A  tale concetto ampio di rilevanza si ispirano diverse decisioni
della  Corte  costituzionale,  fra  le  quali  si ricorda la sentenza
n. 137  del  1983,  secondo  la quale «la pregiudizialita' necessaria
della   questione   di   legittimita'  costituzionale  rispetto  alla
decisione  del  giudizio  a quo va intesa considerando tale decisione
come  conclusione  di  un itinerario logico ciascuno dei cui passaggi
necessari  puo'  dar luogo ad un incidente di costituzionalita', ogni
qual  volta il giudice dubiti della legittimita' costituzionale delle
disposizioni normative che, in quel momento, e' chiamato ad applicare
per la prosecuzione e/o la definizione giudizio».
    A  fronte della rilevata compressione della potestas iudicandi di
questo collegio, a processo instaurato, e della «soluzione obbligata»
della  fase  di  giudizio  in  cui  ci  si  trova, per effetto di una
normativa  che  il  collegio stesso sospetta essere incostituzionale,
appare  rilevante,  hic  et  nunc  la  questione di costituzionalita'
dell'art. 3, comma 2 da bis a quater della legge n. 21/2006.
    Pertanto   il   collegio  ne  investe  la  Corte  costituzionale,
ritenendo  altresi'  la  questione.  come sara' esposto al successivo
paragrafo,   non   manifestamente  infondata.  Deve  conseguentemente
sospendersi il presente giudizio, sia con riguardo al merito, sia con
riguardo  a  tutte  le  questioni  di  competenza  agitate, sino alla
restituzione degli atti da parte della Corte costituzionale.
III.  I  dubbi  di  costituzionalita' e la non manifesta infondatezza
                            degli stessi
    Ad  avviso  del collegio, la normativa introdotta dal legislatore
con  l'art. 3,  comma  2,  da  bis  a  quater della legge n. 21/2006,
contrasta   innanzitutto   con   l'art. 125   della  Costituzione,  e
segnatamente  con  il principio della articolazione su base regionale
degli  organi  statali di giustizia amministrativa di primo grado ivi
espressa   («Nella   regione   sono  istituiti  organi  di  giustizia
amministrativa  di  primo  grado,  secondo l'ordinamento stabilito da
legge  della  Repubblica»).  Tale  previsione implica il rilievo e la
garanzia  costituzionale della sfera di competenza dei singoli organi
predetti.  Tale  sfera di competenze costituzionalmente garantita non
ha ragione di subire deroghe nella materia di cui trattasi, in cui le
singole  situazioni  di emergenza hanno rilievo spiccatamente locale,
con  conseguente efficacia locale dei relativi provvedimenti adottati
dai soggetti delegati alla cura delle varie situazioni emergenziali.
    In   secondo  luogo,  l'aggravio  della  tutela  giurisdizionale,
soprattutto  ove, come nella specie. esso non sia giustificato da una
effettiva  natura  accentrata  (o  dall'efficacia  estesa  a tutto il
territorio)   dei   provvedimenti   sui  quali  deve  esercitarsi  la
cognizione  del  Tribunale  amministrativo  regionale Lazio, comporta
indubbia  violazione  dell'art. 24 della Costituzione, in particolare
della   possibilita'  di  tutela  dei  propri  diritti  ed  interessi
enunciata  al  primo  comma: detta tutela ne risulta minorata. per la
evidente maggiore difficolta' di esercitare le relative azioni presso
il  Tribunale amministrativo regionale del Lazio piuttosto che presso
gli organi giurisdizionali localmente istituiti. Cio' vale sia per la
fase  transitoria  in cui i giudizi pendenti trasmigrano al Tribunale
amministrativo   regionale   del  Lazio,  sia  per  le  future  nuove
controversie  che  secondo  la  nuova  normativa dovrebbero essere ab
initio instaurate presso detto Tribunale amministrativo regionale
    La  Corte  ha  ritenuto,  in  un caso in cui il legislatore aveva
disposto  l'estinzione  ope legis di giudizi pendenti (art. 10, comma
primo,  legge  n. 425/1984),  che  siffatta  disposizione,  in quanto
«preclude   al   giudice  la  decisione  di  merito  imponendogli  di
dichiarare  d'ufficio l'estinzione dei giudizi pendenti, in qualsiasi
stato  e  grado si trovino alla data di entrata in vigore della legge
sopravvenuta»,  percio'  stesso  «viola  il valore costituzionale del
diritto  di  agire,  in quanto implicante il diritto del cittadino ad
ottenere  una  decisione di merito senza onerose reiterazioni» (Corte
costituzionale, sentenza n. 123 del 1987).
    Sebbene  la  fattispecie  in  esame sia diversa da quella oggetto
della   citata  pronuncia,  il  principio  tuttavia,  ad  avviso  del
collegio,  e' nello stesso modo applicabile. Accade infatti, nel caso
presente,  che  chi  abbia  gia'  un  giudizio  pendente  davanti  al
Tribunale  amministrativo  regionale  locale,  ed  addirittura  abbia
ottenuto  una  decisione  cautelare  debba  proseguire  altrove nella
propria  iniziativa  giudiziaria,  addirittura  (se  ne parlera' piu'
diffusamente  infra)  rimanendo  esposto  ad  una  seconda  pronuncia
cautelare  sollecitata  dalla  parte  soccombente  davanti al giudice
adito prima dell'entrata in vigore della legge in questione.
    Altro profilo di incostituzionalita' va ravvisato, inoltre, nella
violazione  del  principio  del  giudice  naturale  precostituito per
legge, di cui all'art. 25 della Costituzione. La norma costituzionale
ora  citata, stabilendo che «nessuno puo' essere distosto dal giudice
naturale  precostituito  per  legge»,  esclude,  come la stessa Corte
costituzionale  afferma,  «che vi possa essere una designazione tanto
da  parte del legislatore con norme singolari, che deroghino a regole
generali,  quanto  da  altri  soggetti, dopo che la controversia, sia
insorta (sentenze n. 419 del 1998; n. 460 del 1994 e n. 56 del 1967»;
il   principio   e'  in  tali  termini,  e  con  tali  citazioni  dei
precesienti, richiamato nella sentenza della Corte n. 393 del 2002.
    Come   la  Corte  ha  insegnato,  perche'  tale  principio  possa
considerarsi  rispettato occorre che «... la regola di competenza sia
prefissata   rispetto  all'insorgere  della  controversia»  (sentenza
n. 193  del 2003); e basta scorrere le numerose decisioni della Corte
costituzionale  in  materia  di  principio  del  giudice naturale per
rilevare che e' proprio la preesistenza della regola che individua la
competenza  rispetto  al giudizio il criterio fondamentale in base al
quale sono state valutate le questioni sollevate.
    Tale  profilo di incostituzionalita' si apprezza particolarmente.
ad  avviso  del  collegio,  nella parte della disciplina in questione
(comma  2-quater), che non solo ne dispone l'applicazione ai processi
pendenti,  ma  addirittura  consente  una  riforma  dei provvedimenti
assunti, in sede cautelare. in tali giudizi pendenti, e cio' ad opera
di  un  organo  giurisdizionale  pariordinato a quelli di provenienza
(trattasi   di   giudici   tutti   di   primo   grado,  il  Tribunale
amministrativo  regionale  del  Lazio non essendo un «super-Tribunale
amministrativo   regionale»).   Cosi'   facendo,   in   sostanza,  il
legislatore  ha  introdotto un rimedio inedito, che non e' di secondo
grado  e  che  finisce  per costituire un doppione del gia' espletato
giudizio  (cautelare)  di  primo  grado, senza alcuna possibilita' di
inquadramento  tra  i  rimedi noti e tipizzati (appello, revocazione,
reclamo).
    Pertanto,  anche  l'art. 25  della  Carta  costituzionale risulta
vulnerato  dalla  normativa  denunciata  dal  collegio;  e se ne trae
conferma  da  una  recente decisione della Corte costituzionale, che,
sebbene  in  relazione a disciplina totalmente diversa, ha avuto modo
di  affermare un principio generale, che e' quello della appartenenza
della  competenza  territoriale  alla  nozione  del  giudice naturale
precostituito  per  legge.  Precisamente,  la sentenza n. 41 del 2006
afferma,  anzi, ribadisce (come testualmente essa si esprime, citando
sentenze  precedenti  in  termini),  che  "alla  nozione  del giudice
naturale   precostituito  per  legge  non  e'  affatto  estranea  «la
ripartizione  della  competenza  territoriale tra giudici, dettata da
normativa   nel   tempo  anteriore  alla  istituzione  del  giudizio»
(sentenze n. 251 del 1986 e n. 410 del 2005)".
    Per  altro,  atteso che il principio del doppio grado di giudizio
nella  giustizia amministrativa, sia in sede cautelare sia in sede di
merito,  riceve  garanzia  costituzionale  dall'art. 125  della Carta
(cfr.  Corte cost.. sentenza n. 8 del l982. si configura un ulteriore
profilo  di  violazione  di  detta  norma.  Viene  infatti  ad essere
introdotto, per le controversie pendenti, un anomalo percorso (su cui
gia'   il   collegio  ha  poco  prima  espresso  i  propri  dubbi  di
incostituzionalita)  che  stravolge  l'ordinario iter giudiziario. La
regola  e'  che  ad  un  giudizio  di primo grado segua, ove la parte
soccombente  appelli, un giudizio di secondo grado, sia che si tratti
di  giudizio  cautelare,  sia  che  si  tratti di giudizio di merito;
giammai  e'  prevista  una  doppia  pronuncia sulla stessa materia da
parte  di due diversi giudici di primo grado, uno dei quali abilitato
a  riformare  la  decisione  del primo giudice. Orbene, ad avviso del
collegio,   siffatta   disciplina  integra  altresi'  violazione  del
principio  del  «giusto  processo», di cui all'art. 111, comma primo,
della  medesima  Carta («La giurisdizione si attua mediante il giusto
processo  regolato  dalla legge»). Sempre con riferimento ai processi
pendenti,  infatti,  la  parte  soccombente  nei  giudizio  cautelare
verrebbe ad essere fornita di uno strumento giurisdizionale anomalo e
atipico  a  tutela della propria (legittima, ma da esercitare in modi
conformi  ai  principi  costituzionali)  aspirazione  ad ottenere una
pronuncia  favorevole  in  secondo grado (che deve tuttavia essere un
vero  giudizio  di  secondo  grado,  e  non, si ribadisce, un inedito
duplicato del giudizio di primo grado).
    Cio' comporterebbe altresi' una evidente violazione del principio
del  ne  bis in idem, che se pure non espressamente contemplato dalla
Carta costituzionale, deve ritenersi corollario del medesimo generale
principio del «giusto processo» teste' richiamato.
                           IV. Conclusioni
    Per tutte le esposte considerazioni, deve sollevarsi la questione
di legittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 2-bis, comma 2-ter,
comma 2-quater, legge n. 21/2006, per contrasto con gli artt. 125, 24
e 25 della Costituzione.
    Deve  pertanto  essere  disposta  la trasmissione degli atti alla
Corte  costituzionale  per  la  decisione della predetta questione di
legittimita' costituzionale, sospendendosi il giudizio instaurato con
il  ricorso  in  epigrafe,  sia  nel  merito sia per la decisione del
regolamento di competenza, fino alla restituzione degli atti da parte
della medesima Corte.