IL TRIBUNALE Ha pronunciato la seguente ordinanza ai sensi dell'art. 23 legge 11 marzo 1953 n. 87. In data 6 febbraio 2006 Serra Giuseppe Piras Roberto sono stati arrestati dai Carabinieri di Quartu S. Elena nella flagranza del reato previsto dall'art. 73 d.P.R. n. 309/1990 e condotti davanti al giudice del dibattimento ex art. 558 c.p.p. per la convalida ed il giudizio direttissimo. All'esito dell'udienza, il tribunale ha convalidato l'arresto. Serra Giuseppe e Piras Roberto, quindi, hanno richiesto il giudizio abbreviato, il Serra consentendo di essere giudicato anche per il reato di cui all'art. 697 c.p. Conseguentemente e' stata emessa ordinanza, ai sensi dell'art. 438 comma quarto del codice di rito. Agli imputati viene contestata la detenzione, senza autorizzazione non finalizzata all'uso personale e la messa in vendita di grammi 75 di hashish, gia' suddiviso in 100 dosi. Al Serra inoltre la detenzione di ulteriori grammi 95 di hashish suddiviso in 190 dosi e la vendita a persone non identificate di un quantitativo di hashish del valore di 55 euro. Ritiene il giudicante che, alla luce delle modalita' della detenzione dello stupefacente - gia' suddiviso in numerose dosi - della accertata messa in vendita di una parte, delle condizioni soggettive degli imputati e del quantitativo non esiguo della sostanza detenuta, il pubblico ministero abbia pienamente dimostrato l'insussistenza della detenzione per esclusivo uso personale, elemento negativo della condotta. Tuttavia, al giudicante pare chiara la configurabilita nel caso di specie della circostanza attenuante ad effetto speciale prevista dal quinto comma dell'art. 73 d.P.R. n. 309/1990 (fatto di lieve entita), avuto particolare riguardo alla quantita' - comunque modesta - dello stupefacente, pur suddiviso in dosi, l'episodio delittuoso, nel suo insieme, in riferimento alla consistenza qualitativa e quantitativa della droga in oggetto dell'addebito ed alle modalita' artigianali della messa in vendita - all'angolo di una strada - presenta connotati tali da poter essere definito di minore, minima offensivita' per la collettivita' (in proposito cfr., fra le ultime, Cass. 19 ottobre 2004, Bassi e altri; Cass. 3 novembre 2004, Nwbodo e altri Cass. 2 dicembre 2004, Grado e altri; Cass. 3 febbraio 2005, Pronesti; Cass. 21 giugno 2005, Lantani e altro). Inoltre la giovane eta' degli imputati, e le modeste condizioni di vita dei due, entrambe disoccupati con un bassissimo livello di scolarita' (quinta elementare), devono, a parere di questo giudice, essere presi in considerazione al fine di riconoscere una diminuzione di pena ai sensi dell'art. 62-bis c.p. In diritto, va ricordato l'orientamento della giurisprudenza di legittimita', cosi' costante da costituire «diritto vivente», secondo il quale, con la previsione dell'art. 73 comma quinto d.P.R. n. 309/1990, non si e' introdotta una fattispecie autonoma di reato bensi' una circostanza attenuante ad effetto speciale (cosi', anche da ultimo, Cass. 24/2O05, Cianchetta e Cass. 21 dicembre 2004, D'Aquilio), soggetta ovviamente, nel caso di concorso con una o piu' circostanze aggravanti, al giudizio di comparazione previsto dall'art. 69 comma quarto c.p., (in questo senso, espressamente, cfr. Cass. 15 dicembre 2002 Mazzei Cass. 17 aprile 1998, Piccardi Cass. 12 dicembre 1997, Vassalli Cass. 16 aprile Bettoschi; Cass. 8 luglio 1993, Cappelli; Cass. 4 novembre 1992, Pezzolet) con l'ulteriore conseguenza che, in caso di ritenuta equivaleza, la pena e' determinata senza tener conto di alcuna delle circostanze, ai sensi dell'art. 69 comma terzo c.p. Il 4° comma dello stesso art. 69 prescrive che il suddetto giudizio di comparazione (o di bilanciamento) delle circostanze sia esteso anche alle circostanze inerenti alla persona del colpevole. Tuttavia, detto comma e' stato modificato dall'art. 3 della legge 5 dicembre 2005 n. 251, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 7 dicembre 2005 ed entrata in vigore il giorno successivo: a seguito della «novella» (consistita nell'aggiunta della locuzione: «esclusi i casi previsti dall'art. 99, quarto comma. nonche' dagli artt. 111 e 112, primo comma, numero 4). per cui vi e' divieto di prevalenza delle circostanze attenuanti sulle ritenute circostanze aggravanti»), nel caso di recidiva reiterata, eventuali circostanze attenuanti potranno tutt'al piu' essere valutate equivalenti rispetto alla recidiva medesima. Nella fattispecie entrambe gli imputati sono recidivi reiterati e specifici, atteso che il Serra ha riportato cinque precedenti condanne, di cui una specifica il 9 luglio 2005, per delitti dolosi; mentre il Piras vanta otto precedenti per delitti dolosi di cui uno specifico risalente al 27 marzo 2000. La finalita' del giudizio di comparazione previsto dall'art. 69 c.p., che attribuisce al giudice la valutazione della prevalenza o equivalenza in caso di concorrenza fra circostanze aggravanti ed attenuanti, e' quella risultante dallo schema dell'art. 133 c.p., dovendosi cosi' valutare il fatto delittuoso, nell'esercizio del potere discrezionale riconosciuto da tale norma, nella sua complessita', avuto anche riguardo alle circostanze inerenti la persona del colpevole, dando poi rilievo a quello od a quegli elementi positivi o negativi qualificanti il reato ed il suo autore, ritenuti maggiormente significativi o di valore decisivo; in altri termini, si tratta di apprezzare la personalita' del colpevole e l'entita' del fatto, onde conseguire il perfetto adattamento della pena al caso concreto (in questo senso cfr., da ultimo, Cass. 28 giugno 2005, Matti). Nel caso di specie, va evidenziato che la gravita' del fatto e la conseguente pericolosita' della condotta risultano di modesta entita' (avuto riguardo alla detenzione di un piccolo quantitativo di droga leggera) e che i precedenti penali degli imputati, anche se numerosi, si riferiscono a fatti di non rilevante allarme sociale, attese le modeste pene inflitte in particolare al Piras. In considerazione di questi elementi, prima della ricordata «novella», la circostanza attenuante ad effetto speciale e le riconosciute circostanze attenuanti generiche sarebbero state ritenute senz'altro prevalenti sulla contestata recidiva, valutazione ora preclusa dalla formulazione dell'art. 69 ult. comma codice penale. Nel caso di specie, dunque, concesse dette attenuanti in equivalenza con la contestata recidiva, la pena minima da infliggere agli imputati per il piu' grave delitto contestato sub a) - prima della applicazione della diminuente per il rito - sarebbe quella di due anni di reclusione e 5.164 euro di multa, prevista dall'art. 73 comma quarto d.P.R. n. 309/1990, pena che appare manifestamente sproporzionata e non adeguata rispetto alla condotta posta in essere dall'imputato. L'attuale formulazione dell'art. 69 quarto comma c.p., come modificato dall'art. 3 della legge 5 dicembre 2005 n. 251, appare al giudicante in contrasto, innanzitutto, con l'art. 3, primo comma della Costituzione e, quindi, con il principio di ragionevolezza quale accezione particolare del principio di uguaglianza. E' noto che la Corte costituzionale ha piu' volte affermato che rientra nella discrezionalita' del legislatore la determinazione della quantita' e della qualita' della sanzione penale; nel contempo, pero', il giudice delle leggi ha evidenziato in numerose pronunzie (cfr., ad es., le ordinanze n. 438 del 2001, n. 207 del 1999, n. 368 del 1995, n. 435 del 1998, n. 456 del 1997) che l'esercizio di tale discrezionalita' puo' essere sindacato quando esso non rispetti il limite della ragionevolezza e dia luogo, quindi, a una disparita' di trattamento palesemente irragionevole. Anche da ultimo, il giudice delle leggi ha opportunamente ribadito che «a prescindere dal rispetto di altri parametri, la normativa deve essere anzitutto conforme a criteri di intrinseca ragionevolezza» (cosi' la sentenza n. 78 del 10-18 febbraio 2005). La sproporzione e l'irragionevolezza del trattamento sanzionatorio per casi quali quello in esame, avente una modesta offensivita', confliggono anche con il principio della funzione rieducativa della pena (art. 277, terzo comma della Costituzione), non apparendo soddisfacente, per motivare eventualmente la compatibilita' della norma in esame con detta funzione, la mera possibilita' di avvalersi, solo in sede esecutiva, delle misure alternative alla detenzione previste dall'ordinamento. La preclusione imposta al giudice di formulare eventualmente un giudizio di prevalenza di una o piu' circostanze attenuanti rispetto alla recidiva reiterata, senza eccezione alcuna, comporta un appiattimento del trattamento sanzionatorio per situazioni che potrebbero essere assai diverse e potrebbe imporre - come nel caso di specie - l'applicazione di una pena manifestamente sproporzionata ed irragionevole, l'espiazione della quale non consentirebbe una rieducazione dei condannati (tanto piu' imprescindibile ove, come nel caso de quo, si tratti di individui giovanissimi). Certamente sono ipotizzabili altri casi ove l'irragionevolezza della norma contestata sarebbe ancora piu' evidente. Volendo fare un solo esempio (ma ve ne potrebbero essere tanti analoghi), si pensi all'imputato, in precedenza condannato per un'ingiuria e per una minaccia (fatti commessi in due diverse occasioni, non avvinti dal vincolo della continuazione, giudicati con separati processi), il quale ceda una singola dose di eroina ad una terza persona: configurata l'ipotesi attenuata di cui all'art. 73, comma 5 d.P.R. n. 309/1996 (necessariamente) equivalente alla recidiva reiterata, l'imputato dovrebbe essere condannato alla pena minima di otto anni di reclusione e 25.822 euro di multa! La questione proposta, dunque appare rilevante nel giudizio de quo (dovendo il giudicante emettere una sentenza di condanna ad una pena non inferiore a quella prevista dall'art. 73, comma 4 d.P.R. n. 309/1990) e manifestamente non infondata (alla luce delle valutazioni sommarriamente espresse).