IL TRIBUNALE

    A scioglimento della riserva pronunciata all'udienza del 10 marzo
2006;
    Esaminati gli atti;
    Rilevato,  innanzitutto,  che  la  presente controversia riguarda
un'azione di disconoscimento di paternita', motivata con il fatto che
la  madre  della minore C.M. sig.ra P.M.T., avrebbe «intrattenuto una
relazione  sentimentale  generalmente  riconosciuta» con il sig. B.A.
(v. premessa in fatto dell'atto di citazione);
    Considerato,  pertanto,  che  la  causa  petendi della domanda di
disconoscimento e' il dedotto adulterio della moglie (art. 235, primo
comma,   n. 3),  c.c.),  nel  mentre  nulla  si  dice,  nell'atto  di
citazione, con riferimento ad una presunta impotenza di C.L.;
    Ritenuta  l'inammissibilita'  della  prova testimoniale richiesta
dall'attrice  nella  memoria di replica ex art. 184 c.p.c. depositata
in  data  18 febbraio  2006,  trattandosi di prova diretta (in quanto
volta a dimostrare il dedotto adulterio della moglie di C.L. e quindi
il  fatto costitutivo della domanda), che doveva essere richiesta, al
piu',  con  la  prima  memoria  istruttoria  (da depositarsi entro il
31 gennaio  2006), e non gia' con la memoria di replica, con la quale
poteva essere soltanto indicata la prova contraria;
    Ritenuto che detta prova testimoniale sia inoltre inammissibile -
con  specifico riferimento al quesito attinente lo stato di impotenza
di  C.L.  -  in  quanto  la  domanda  di disconoscimento non e' stata
fondata su tale stato, ma soltanto sul dedotto adulterio della madre;
    Ritenuta,  ancora, per gli stessi motivi, inammissibile la C.T.U.
volta  ad  accertare  la  sussistenza  della capacita' di generare di
C.L., richiesta dalla difesa dell'attrice;
    Ritenuta  ancora  inammissibilita'  del  quesito  attinente  alla
identificazione  di  B.C.A.,  in  quanto nella specie non si verte in
tema di dichiarazione giudiziale di paternita';
    Ritenuta l'inammissibilita' di tutti i mezzi istruttori richiesti
dalla  difesa di B.A.C., in quanto questi, pur essendo intervenuto in
giudizio  ad  adiuvandum  rispetto  alla  domanda dell'attrice, ha un
interesse  di  mero  fatto in ordine all'esito del presente giudizio,
mentre  non  ha  un  interesse  giuridicamente  rilevante ex art. 100
c.p.c.,  non essendo il B., quale preteso padre naturale, legittimato
a  proporre azione di disconoscimento di paternita' (cfr. App. Milano
18  marzo  1997,  in  Dir.  fam.,  1998,  1451):  dal che discende la
superfluita'  dei  mezzi  istruttori richiesti dal B., che tendono ad
accertare  delle  circostanze (preteso adulterio della madre di C.M.,
al  fine del disconoscimento della paternita), rispetto alle quali il
B.  non  ha  alcun  interesse  giuridicamente rilevante (peraltro, va
osservato  che  l'interrogatorio  formale  e  la  prova  testimoniale
richiesti   dalla   difesa   del   B.   sono   da  ritenere  comunque
inammissibili,  posto  che  non  sono  stati  articolati per capitoli
specifici  e separati, ma con un mero richiamo alle premesse in fatto
della comparsa d'intervento, che non contiene capitolazione alcuna);
    Considerata  inammissibile  la  richiesta  di  acquisizione della
videocassetta  dimostrativa  dell'adulterio,  avanzata (sub specie di
associazione  alla  richiesta  della  difesa  di B.C.A.) dalla difesa
dell'attrice,   trattandosi   di  richiesta  tardiva,  essendo  stata
avanzata con la memoria di replica, mentre doveva essere avanzata con
la  memoria  istruttoria  ex  art. 184 c.p.c. da depositarsi entro il
31 gennaio 2006;
    Considerato  inammissibile  l'interrogatorio formale della minore
C.M.,  deferito  dalla difesa di C.L., in quanto il presente giudizio
verte  su  diritti indisponibili, e peraltro la C., in quanto minore,
non  ha  la capacita' di agire e di disporre dei propri diritti; ne',
nella  specie, puo' prospettarsi un interrogatorio ed una confessione
resi  dall'avv. M. Fanuli quale curatore speciale della C., posto che
l'incarico  del curatore speciale e' limitato al promovimento ed alla
prosecuzione  dell'azione  di  disconoscimento, senza possibilita' di
disporre del diritto sostanziale controverso;
    Ritenuta  l'inammissibilita'  della  C.T.U. psicologica richiesta
dalla  difesa  di  C.L.  e P.M.T., finalizzata ad accertare il legame
affettivo  esistente  tra  C.M. ed il padre legittimo e gli eventuali
turbamenti  all'equilibrio  affettivo  e  psicologico  che potrebbero
derivare  da un eventuale disconoscimento della paternita', in quanto
e' indubbio che l'attrice abbia un interesse giuridicamente rilevante
a  vedere  accertata  la  propria  paternita'  naturale,  che  si  e'
manifestato con il promovimento dell'azione;
    Considerato,   peraltro,   che,   per   giurisprudenza  costante,
l'indagine  sull'adulterio  della  moglie  (unica  causa  petendi nel
presente  giudizio,  come  si  e'  visto  in precedenza) ha carattere
preliminare  rispetto  a quella sulla sussistenza o meno del rapporto
procreativo,   di  talche',  l'adulterio,  come  il  celamento  della
gravidanza   e   della  nascita,  devono  essere  preliminarmente  ed
autonomamente  provati  quali condizioni per dare ingresso alle prove
genetiche  o  del  gruppo  sanguigno,  le  quali,  pertanto, anche se
espletate  contemporaneamente  alla  prova  delle circostanze citate,
possono  essere  esaminate solo subordinatamente al raggiungimento di
questa,  ed  al  diverso  fine  di stabilire il fondamento nel merito
della  domanda (cfr. Cass. 22 ottobre 2002, n. 14887; Cass. 17 agosto
1998, n. 8087; Cass. 20 febbraio 1992, n. 2113);
    Rilevato  che,  nel  caso  di specie, per i motivi suindicati non
sono   state   ammesse   prove  volte  a  dimostrare  la  sussistenza
dell'adulterio della moglie di C.L. il che, re melius perpensa, rende
inammissibile  anche  la C.T.U. genetico-ematologica gia' ammessa con
ordinanza in data 23 dicembre 2005, posto che, come si e' visto, tale
consulenza  non  puo',  di  per  se'  solo  ed  in  assenza  di prova
dell'adulterio, avere rilevanza;
    Considerato,  pertanto,  che,  allo  stato, la suddetta ordinanza
deve in parte qua essere revocata;
    Ritenuto, tuttavia, che l'art. 235, primo comma, n. 3), c.c., ove
interpretato  nel senso che, in assenza di prova dell'adulterio della
moglie,    non    possa    farsi   luogo   all'accertamento   tecnico
genetico-ematologico  al  fine di dimostrare l'incompatibilita' delle
caratteristiche  genetiche  e  del  gruppo  sanguigno  del figlio con
quelle  del  padre  legittimo,  sia in contrasto con gli artt. 3 e 24
Cost., in quanto: a) in considerazione dei profondi cambiamenti della
societa'  italiana  avvenuti  nella  seconda  meta' del XX secolo, il
lavoro  femminile  ha  avuto  amplissima  diffusione;  b) sono quindi
aumentate  le  occasioni,  per le donne, di uscire dai confini di una
vista prevalentemente svolta nella casa coniugale e di luoghi ad essa
prossimi;  c)  l'adulterio  della  moglie puo' anche consistere in un
unico  atto  di  infedelta'  sessuale,  conseguenza  di  un  rapporto
occasionale;  d) nell'attuale realta' sociale la prova dell'adulterio
della  moglie  nel  periodo del concepimento puo' pertanto costituire
una  circostanza  la  cui  dimostrazione  e'  di  fatto impossibile o
estremamente  difficile;  e)  d'altra  parte,  e'  dubbio  che  possa
considerarsi  ancora  ragionevole  una previsione legislativa che, al
fini  del  disconoscimento della paternita', richieda necessariamente
la  prova  dell'adulterio  della  moglie, in presenza di un progresso
scientifico  che  consente  di  ottenere direttamente (e quindi senza
passare   attraverso  la  dimostrazione  dell'adulterio)  una  sicura
esclusione  della  paternita'  -  che  rappresenta l'obiettivo finale
dell'azione  in questione - attraverso accertamenti tecnici capaci di
fornire   risultati   la   cui   a   attendibilita'  e'  unanimemente
riconosciuta  (in questo senso, v. Cass. 5 giugno 2004, n. 10742); la
disposizione    in   esame,   pertanto,   come   interpretata   dalla
giurisprudenza   assolutamente  costante,  appare  in  contrasto  con
l'art. 24 Cost., in quanto rappresenta una limitazione del diritto di
difesa  della  parte  attrice  (che  per  accedere  agli accertamenti
genetico-ematologici  deve  necessariamente  provare  con altri mezzi
l'adulterio),  nonche' con l'art. 3 Cost., in quanto tale limitazione
appare del tutto irragionevole;
    Ritenuto  che  la  questione  di  legittimita'  costituzionale in
questione,  oltre a non essere manifestamente infondata, appare anche
rilevante  nel  caso  di  specie, in quanto non sono state ammesse le
prove  richieste  da  parte  attrice,  ragion per cui, allo stato, la
C.T.U.  genetico-ematologica  richiesta  sarebbe  inammissibile,  nel
mentre,   ove  la  questione  di  legittimita'  costituzionale  fosse
fondata,   potrebbe  procedersi  comunque  all'espletamento  di  tale
accertamento tecnico;
    Considerato,  pertanto,  che  il  presente  giudizio  deve essere
sospeso,  con  rimessione degli atti alla Corte costituzionale per la
decisione sulla questione di legittimita' costituzionale suindicata;