IL GIUDICE DI PACE A norma dell'art. 133, comma 1 del d.lgs. 15 febbraio 1998, n. 51, ha pronunziato la seguente ordinanza prevista dall'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, nella causa civile recante il n. 1175/C/05, vertente tra Poste Italiane S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore rappresentato e difeso, giusta procura generale alle liti conferita per atto notar Pierluigi Ambrosone di Roma rep. n. 26120, racc. 5391 del 13 febbraio 2001, dall'avv. Maria Rosaria Librera, entrambi elettivamente domiciliati presso l'Ufficio postale di Teano, opponente e il sig. Mancino Mario, rappresentato e difeso per procura in calce alla comparsa di costituzione e risposta dall'avv. Bruno Ruggiero, presso lo studio del quale elettivamente domicilia in Teano al viale Italia Cond. Vittoria, opposto. Svolgimento del processo Con atto di citazione per opposizione a decreto ingiuntivo notificato in data 12 luglio 2005 la S.p.A. Poste Italiane proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 100/2005 emesso il 13 maggio 2005 dal Giudice di pace di Teano, con il quale veniva ingiunto all'opponente di pagare all'opposto la somma di Euro 1.000,00 oltre interessi dalla maturazione del credito al saldo, nonche' le spese legali di procedura, liquidate in complessive Euro 421,00 oltre IVA e CPA. Riferiva l'opponente che l'opposto era cointestatario del buono postale fruttifero serie «N» n. 003.339 emesso presso l'Ufficio postale di Sparanise il 6 luglio 1981 e che lo stesso, in data 12 marzo 2005, per il tramite dell'avv. Bruno Ruggiero, richiese al Direttore dell'Ufficio postale emittente la riscossione della somma di Euro 2.525,45 quale credito maturato alla data della richiesta. In data 21 marzo 2005 il Direttore del predetto Ufficio comunicava al richiedente che il montante realmente maturato non era quello riportato sul retro del buono cosi' come richiesto, bensi' ad Euro 2.377,83. L'opposto con nota del 4 aprile 2005 sempre diretta al Direttore dell'Ufficio postale di Sparanise, chiedeva di conoscere le motivazioni della difformita' tra l'importo riportato sul retro del buono e la somma effettivamente rimborsabile ed anticipava la volonta' di adire le vie giudiziali onde ottenere il pagamento dell'intero importo ritenuto spettante. Effettivamente il sig. Mancino, con ricorso per concessione di decreto ingiuntivo, chiedeva al giudice di pace adito di ingiungere alla S.p.A. Poste Italiane di corrispondergli l'importo di Euro 1.000,00 a parziale soddisfacimento dell'intero credito risultante alla data della riscossione calcolato sulla base della tabella riportata a tergo del buono postale fruttifero, con riserva di agire per l'intero pagamento del residuo ritenuto spettantegli. Il Giudice di pace di Teano, in accoglimento del ricorso, con decreto ingiuntivo n. 100/2005 emesso il 13 maggio 2005, ingiungeva alla S.p.A. Poste Italiane di pagare al sig. Mancino Mario la somma di Euro 1.000,00 oltre interessi e spese di procedimento. Tutto cio' premesso, la S.p.A. Poste Italiane proponeva opposizione avverso il predetto decreto ingiuntivo notificato in data 3 giugno 2005, eccependo, in via principale, l'inammissibilita' dell'azione, nonche' l'inammissibilita' ed infondatezza della domanda di adempimento parziale. In via gradata e nel merito, eccepiva l'infondatezza della domanda, in quanto il Ministero del tesoro, con d.m. del 13 giugno 1986, nell'istituire una nuova serie ordinaria di buoni postali fruttiferi contraddistinti con la lettera «Q» all'art. 6 prevedeva che l'aliquota degli interessi fissati per detti buoni serie «Q» fosse applicata anche a quelli della serie «N» emessi precedentemente. Tale disposizione venne applicata, sia pure in difformita' del principio della irregolarita' delle leggi, in base all'art. 173 del d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156 (c.d. Codice postale), cosi' come modificato con d.l. n. 460/1974, convertito in legge n. 558/1974, che, al primo comma, recita testualmente: «le variazioni del saggio di interesse dei buoni postali fruttiferi sono disposte con decreto del Ministro del tesoro, di concerto con il Ministro delle poste e delle telecomunicazioni, da pubblicarsi nella Gazzetta Ufficiale; esse hanno effetto per i buoni di nuova serie, emessi dalla data di entrata in vigore del decreto stesso e possono essere estese ad una o piu' delle predette serie. Ai soli fini del calcolo degli interessi, i buoni delle precedenti serie, alle quali sia stata estesa la variazione del saggio, si considerano come rimborsati e convertiti in titoli della nuova serie e il relativo computo degli interessi e' effettuato sul montante maturato, in base alle norme di cui al primo comma del precedente art. 172 alla data di entrata in vigore del decreto previsto dal presente articolo. Per i buoni che siano stati emessi da meno di un anno, il nuovo saggio di interesse decorre dalla data del compimento dell'anno ed il calcolato degli interessi e' eseguito sul montante alla scadenza di questo periodo. Gli interessi vengono corrisposti sulla base della tabella riportata a tergo dei buoni; tale tabella, per i titoli i cui tassi siano stati modificati la loro emissione e' integrata con quella a disposizione dei titolari dei buoni stessi presso gli uffici postali». Affermava ancora che e' pur vero che la norma di cui all'art. 173 del d.P.R. n. 156/1973 e' stata successivamente abrogata con d.lgs. n. 284/1999, ma l'art. 7, comma 3 di detto decreto legislativo ha previsto che continuano ad essere regolati dalle precedenti norme i rapporti posti in essere alla data di entrata in vigore dei decreti con i quali i Ministri del tesoro, del bilancio e della programmazione economica determinano le caratteristiche e le condizioni dei buoni fruttiferi. In definitiva l'opponente affermava che il rapporto dedotto in giudizio, essendo stato posto in essere antecedentemente alla data di entrata in vigore dei predetti decreti (27 dicembre 2000) continuava ad essere regolato dall'art. 173 del d.P.R. n. 156/1973. Si costituiva tempestivamente l'opposto a mezzo del proprio procuratore, il quale contestava le eccezioni preliminari sollevate dall'opponente e chiedeva in via principale di rigettarsi l'opposizione e di confermare il decreto ingiuntivo opposto ed in via subordinata chiedeva al giudice di ritenere non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 173 d.P.R. n. 156/1973 cosi' come modificato dal d.l. n. 464/1974, convertito in legge n. 588/1974 e dell'art. 7, comma 3 del d.l. n. 284/1999 nella parte in cui, pur abrogando l'art. 173 d.P.R. n. 156/1973, ne consente ancora l'efficacia per i rapporti gia' posti in essere al momento dell'abrogazione. Il procuratore dell'opponente contestava le eccezioni dell'opposto ed affermava che la Corte costituzionale si era gia' espressa sull'argomento, dichiarando inammissibile il ricorso con il quale il giudice monocratico del Tribunale di Napoli aveva sollevato la questione di legittimita' costituzionale del d.lgs. n. 284/1999. All'udienza del 19 dicembre 2005 sulle conclusioni delle parti, il procuratore dell'opposto ribadiva la questione dell'illegittimita' costituzionale delle norme sopra riportate e questo Giudice si riserva di decidere su tale eccezione. Motivi della decisione A parere di questo giudicante, l'eccezione di incostituzionalita' del testo riformato dell'art. 173 del d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, soprattutto alla luce di quanto disposto dall'art. 7, comma 3, del d.lgs. 30 luglio 1999, n. 284 (Riordino della Cassa depositi e prestiti, a norma dell'art. 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59) circa l'abrogazione del citato art. 173 del d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, ed alla luce del decreto del Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica del 19 dicembre 2000, recante «Condizioni generali di emissione di buoni postali fruttiferi ed emissione di nuove serie di buoni», entrato in vigore dal 27 dicembre 2000, il quale dispone che i rapporti gia' in essere alla data di entrata in vigore dei medesimi decreti continuano ad essere regolati dalle norme anteriori, non appare manifestamente infondata e va disposta, pertanto, l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale con sospensione del giudizio in corso, a norma dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, ritenendo piu' che opportuno che la Corte valuti se il riformulato art. 173 del d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, abrogato per i rapporti anteriori al 26 dicembre 2000, ma comunque ancora applicabile ai rapporti pregressi pendenti, sia o meno in contrasto con le norme della Carta costituzionale. E' noto che il citato d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156 (codice postale), e' stato piu' volte oggetto di pronunzie di incostituzionalita', in particolar modo relativamente agli artt. 6, 28, 48 e 93 per la violazione degli artt. 3 e 43 della Costituzione, a causa dell'evidente ingiustificata disparita' di trattamento tra i servizi di bancoposta in relazione agli analoghi servizi resi dalle banche (Sentenza Corte costituzionale n. 463 del 16 dicembre 1997). Il menzionato orientamento della Corte conferma la natura contrattuale dei rapporti relativi ai servizi di bancoposta (emissione e pagamento di titoli di credito, riscossione di crediti, conti correnti e buoni postali fruttiferi), i quali, in virtu' di quanto argomentato, non si discostano sostanzialmente, per struttura e funzione, dagli analoghi servizi propri dell'attivita' bancaria. Avendo la Corte, pertanto, ravvisato con la gia' menzionata sentenza n. 463/1997, l'ingiustificata disparita' di trattamento tra il servizio reso dall'ente Poste e quello reso dalle banche, e che, per l'effetto le norme facenti riferimento a detta disparita', oggetto della citata sentenza della Corte, non possono piu' trovare applicazione perche' eliminate dall'ordinamento giuridico (tam quam non esset), si ritiene, a ragione, che per l'identica questione (disparita' di trattamento con gli analoghi servizi bancari) si debba ritenere costituzionalmente illegittimo il riformulato art. 7, comma 3, del d.lgs. 30 luglio 1999, n. 284. Invero la questione e' gia' stata posta all'attenzione della Corte con ordinanza emessa il 16 luglio 1999 dal Tribunale di Napoli, nel procedimento civile vertente tra Aliperti Rosa e il Ministero del tesoro ed altri, iscritta al n. 647 del registro ordinanze 1999; la Corte, con ordinanza n. 47/2001, restituiva gli atti al giudice a quo per una nuova valutazione, alla luce di jus superveniens rappresentato dall'emanazione del citato d.lgs. 30 luglio 1999, n. 284 e del decreto del Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica del 19 dicembre 2000, recante «Condizioni generali di emissione di buoni postali fruttiferi, ed emissione di nuove serie di buoni», entrato in vigore dal 27 dicembre 2000, della rilevanza della questione di costituzionalita' sollevata. Il Tribunale di Napoli con ordinanza del 5 settembre 2002, iscritta al n. 568 del registro ordinanze 2002, rimetteva la questione di costituzionalita' davanti alla suprema Corte, ma, anziche' confermare la contestazione della legittimita' costituzionale dell'art. 173 del d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, applicabile ratione temporis alla fattispecie sottoposta al suo esame (come fa rilevare la stessa Corte con la sentenza n. 333/2003), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 43, 47 e 97 della Costituzione, questione incidentale di legittimita' costituzionale dell'art. 7, comma 3, del d.lgs. 30 luglio 1999, n. 284, per cui la Corte dichiarava inammissibile la suddetta questione di legittimita' costituzionale sollevata, in quanto, il rapporto dedotto nel giudizio a quo, essendo sorto ed esauritosi in epoca anteriore all'abrogazione dell'art. 173 del d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, restava disciplinato da quest'ultimo, e che, pertanto, quest'ultimo doveva essere espressamente sottoposto allo scrutinio di legittimita' costituzionale attraverso l'ordinanza di rimessione. Con la citata sentenza n. 333/2003, la Corte, quindi, non si e' mai espressa sulla questione, perche', in definitiva, l'art. 173 del d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, non e' stato praticamente sottoposto al vaglio di legittimita' costituzionale. Ritornando, alla luce di quanto sopra argomentato, alla nostra questione in merito alla denunciata illegittimita' costituzionale del testo riformato dell'art. 173 del d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, soprattutto in riferimento a quanto disposto dall'art. 7, comma 3, del d.lgs. 30 luglio 1999, n. 284, vi e' da dire che una disparita' di trattamento, in violazione dell'art. 3 della Costituzione, puo' riconoscersi dal raffronto tra il citato art. 173 del codice postale e il T.U. approvato con d.lgs. 1° settembre 1993, n. 385, in materia bancaria e creditizia, attraverso l'applicazione di criteri di ragionevolezza, razionalita' o congruita'. Secondo il costante orientamento della Corte, puo' riconoscersi disparita' di trattamento in violazione dell'art. 3 della Costituzione, dal raffronto tra due normative dettate per situazioni che si assumono uguali, di cui una sia posta a termine di paragone di quella denunziata (tertium comparationis); il presupposto per la corretta proposizione di un giudizio di comparazione va ricercato, quindi, nella corrispondenza del tertium comparationis ad una disciplina che il legislatore abbia effettivamente dettato e che quest'ultima non costituisca violazione di altra normativa. Ebbene, il gia' citato T.U. approvato con d.lgs. 1° settembre 1993, n. 385, in materia bancaria e creditizia, nel Titolo VI (Trasparenza delle condizioni contrattuali), Capo I, art. 117 (Contratti), al comma 1, prevede «I contratti sono redatti per iscritto e un esemplare e' consegnato ai clienti», al comma 4, «I contratti indicano il tasso d'interesse e ogni altro prezzo e condizioni praticati, inclusi, per i contratti di credito, gli eventuali maggiori oneri in caso di mora»; al comma 5 «La possibilita' di variare in senso sfavorevole al cliente il tasso d'interesse o ogni altro prezzo e condizione deve essere espressamente indicato nel contratto con clausola approvata specificamente dal cliente»; al comma 6 «Sono nulle e si considerano non apposte le clausole contrattuali di rinvio agli usi per la determinazione dei tassi d'interesse e di ogni altro prezzo e condizione praticati nonche' quelle che prevedono tassi, prezzi e condizioni piu' sfavorevoli per i clienti di quelli pubblicizzati». Ma vi e' di piu'. L'art. 118 (Modifica unilaterale delle condizioni contrattuali), prevede, al comma 1, «Se nei contratti di durata e' convenuta la facolta' di modificare unilateralmente i tassi, i prezzi e le altre condizioni, le variazioni sfavorevoli sono comunicate al cliente nei modi e nei termini stabiliti dal contratto», al comma 2, «Le variazioni contrattuali per le quali non siano state osservate le prescrizioni del presente articolo sono inefficaci», al comma 3, «Entro quindici giorni dal ricevimento della comunicazione scritta, ovvero dell'effettuazione di altre forme di comunicazione attuate ai sensi del comma 1, il cliente ha diritto di recedere dal contratto senza penalita' e di ottenere, in sede di liquidazione del rapporto, l'applicazione delle condizioni precedentemente praticate». Per tutto quanto fedelmente riportato, visto che nei servizi finanziari offerti al pubblico ed analoghi a quelli offerti dall'ente Poste, con particolare riguardo ai servizi bancoposta (emissione e pagamento di titoli di credito, riscossione di crediti, conti correnti e buoni postali fruttiferi), non e' assolutamente prevista e giustificata una variazione dei tassi d'interesse in senso sfavorevole al cliente, se non espressamente indicata nel contratto con clausola approvata specificamente dal cliente stesso, l'illegittimita' costituzionale del testo riformato dall'art. 173 del codice postale, anche alla luce di quanto disposto dall'art. 7, comma 3, del d.lgs. 30 luglio 1999, n. 284, deriva da una ingiustificata ed irragionevole disparita' di trattamento in capo ai cittadini utenti di analoghi servizi resi dalle banche. Visto che la Corte si e' gia' pronunciata (tra le tante ricordiamo la gia' citata sentenza n. 436/1997) sull'ingiustificata disparita' di trattamento tra il servizio reso dall'ente Poste e quello reso dalle banche, l'art. 173 del codice postale rappresenta una chiara espressione della disparita' suddetta, anche alla luce di quanto disposto dall'art. 7, comma 3, del d.lgs. 30 luglio 1999, n. 284, in quanto, quest'ultimo, pur abrogando a decorrere dal 9 dicembre 2000 - cioe' dalla data di entrata in vigore del primo dei dd.mm. che stabilisce nuove caratteristiche dei buoni postali fruttiferi - tutte le norme di cui ai capi V e VI del libro III del d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, tra le quali anche l'art. 173 in questione, disponendo «... che i rapporti gia' in essere alla data di entrata in vigore dei medesimi decreti continuano ad essere regolati dalle norme anteriori», lasciava, di fatto applicabile, con l'emanazione del d.m. 19 dicembre 2000 (art. 9). per i buoni fruttiferi postali delle precedenti serie esistenti al momento dell'entrata in vigore del decreto, le disposizioni previste dall'art. 173 abrogato, non solo non eliminando con cio' la disparita' di trattamento denunciata tra il servizio reso dell'ente Poste e quello reso dalle banche, anzi, consentendo con decreto ministeriale, che e' fonte normativa secondaria, di mantenere questa disparita', gia' considerata ingiustificata dalla Corte, il tutto a danno della tutela del risparmio e dei diritti fondamentali dell'individuo di cui risponde e deve rispondere solo chi ha proposto al contraente piu' debole la sottoscrizione di siffatti titoli, ma, addirittura, penalizzando il risparmiatore di ieri rispetto a quello di oggi, anche se fruitore dei medesimi servizi di risparmio postali. Pertanto ed in conclusione, gli atti vanno rimessi alla Corte costituzionale ed il giudizio in corso deve essere necessariamente sospeso.