IL GIUDICE DI PACE

    Sciogliendo  la  riserva  formulata  all'udienza  del 22 dicembre
2005,  ha  pronunciato  la seguente ordinanza sul ricorso iscritto al
n. 972/05  R.G.A.C.,  avente  per  oggetto:  «Opposizione ex art. 22,
legge   n. 689/1981»,   interposto   da   Bugia   Michele  contro  la
Prefettura-Ufficio  territoriale  del  Governo  di  Caltanissetta, in
persona del Prefetto pro tempore.

                              In fatto

    Con  ricorso  del 12 ottobre 2005, in pari data presentato presso
la   cancelleria  dell'intestato  ufficio,  il  sig.  Bugia  Michele,
obbligato  in  solido  quale  proprietario del mezzo infra descritto,
ricorreva  avverso il verbale di contestazione n. 700000661510 del 18
settembre  2005  ed  il  verbale di sequestro amministrativo, di pari
data,  con  il  quale  agenti  della  Polizia  stradale  - Sezione di
Caltanissetta   -   durante  un  normale  controllo  sul  territorio,
accertavano  che  Bugia  Luca,  conducente  del  ciclomotore, targato
6011E,  di  proprieta'  del padre Bugia Michele, circolava senza fare
uso  del  casco  protettivo, trasportando altro passeggero, anch'esso
privo di casco.
    Veniva  contestata  con  il  predetto verbale la violazione degli
artt. 170/2-6  e  171/1-2  del  codice della strada e si procedeva da
parte  degli  agenti al sequestro amministrativo del ciclomotore, con
affidamento  in  custodia  a  terzi,  in  attesa del provvedimento di
confisca, ai sensi dell'art. 213, comma 2-quinquies, del codice della
strada,  come  modificato  dalla  legge  17  agosto  2005, n. 168, di
conversione del d.l. 27 giugno 2003, n. 115.

                          I n d i r i t t o

    Con  unico  motivo  di  doglianza,  parte  ricorrente ha eccepito
l'incostituzionalita'  dell'art. 213, comma 2-sexies del codice della
strada,  nella  parte  in  cui  stabilisce la sanzione amministrativa
della confisca obbligatoria del ciclomotore o motoveicolo condotto da
persona  sprovvista  del  casco protettivo, senza, tuttavia, svolgere
alcuna specifica argomentazione sul punto.
    La   questione   cosi'   posta,  pur  mancando  della  necessaria
motivazione, appare a questo decidente rilevante e non manifestamente
infondata,  per cui ritiene di dover sollevare d'ufficio il dubbio di
legittimita' costituzione della su richiamata norma per contrasto con
gli artt. 3, comma 1 e 42, secondo comma, della Costituzione.
    Dispone  l'art. 213,  comma  2-sexies,  del  decreto  legislativo
30 aprile  1992,  n. 285  del  codice della strada, come recentemente
modificato dal d.l. 30 giugno 2005, n. 115, convertito nella legge 17
agosto  2005,  n. 168 che: «E' sempre disposta la confisca in tutti i
casi  in  cui un ciclomotore o un motoveicolo sia stato adoperato per
una delle violazioni amministrative di cui agli articoli 169, commi 2
e  7,  170  e  171  o  per commettere un reato, sia che la violazione
amministrativa  o  il  reato  sia  stato  commesso  da  un  detentore
maggiorenne,   sia   che   sia   stato   commesso   da  un  detentore
minorenne.....».
    La   confisca,  ossia  la  sottrazione  definitiva  del  bene  al
legittimo  proprietario,  a seguito ed in conseguenza della succitata
infrazione  al  c.d.s.,  non  e'  giustificata e si pone in contrasto
rispettivamente   con   i  parametri,  di  rango  costituzionale,  di
ragionevolezza, della responsabilita' personale e di riconoscimento e
difesa della proprieta' privata.
    Come  puntualizzato in una lontana sentenza della Corte cost. (n.
29/l961),  la  confisca,  pur  consistendo sempre nella privazione di
beni  economici,  non  ha  eguale  natura  giuridica, stante che puo'
essere  disposta per diversi motivi ed indirizzata a varie finalita',
si'  da  assumere natura e funzione di pena o di misura di sicurezza,
ovvero  di  misura  giuridica  civile  o  amministrativa. L'istituto,
quindi,  assume  concreta  configurazione, a seconda della previsione
normativa, che lo introduce.
    Nel  caso  in esame, si e' certamente in presenza di una confisca
avente natura di sanzione amministrativa accessoria.
    Se  cosi' e' ed e' lo stesso legislatore a qualificarla tale, una
prima,  grave  discrasia  rileva,  nel senso che, pur accompagnandosi
essa ad una sanzione principale, non possiede, in forza del suo reale
contenuto,  i  tratti della secondarieta', della marginalita' e della
complementarieta', ergendosi ad elemento primario di regolamentazione
e  per cio' stesso confliggendo con le direttrici dell'intero sistema
sanzionatorio  degli illeciti amministrativi in tema di violazioni al
codice della strada.
    La  tutela  di  specifiche esigenze, facilmente individuabili nel
caso  in  esame  nella  salvaguardia  dell'incolumita'  degli  stessi
contravvenzionati  e  secondariamente  nell'interesse della sicurezza
stradale   in   genere,   appare  contrastare  con  il  principio  di
adeguatezza  e  di  ragionevolezza,  solennemente  posto dall'art. 3,
primo comma della Carta costituzionale.
    Non  v'e' dubbio che, pur nell'ampia discrezionalita' di cui gode
il  legislatore  nel punire gli illeciti amministrativi, sussiste pur
sempre  un  limite,  oltrepassato  il quale la scelta della sanzione,
travalicando  la  giusta e debita misura, interferisce con l'impianto
complessivo  reggente  l'intero  sistema,  venendo meno il necessario
criterio  di proporzionalita', in entrambi i casi in cui esso e' dato
esprimersi:  proporzione  a minori ad maius e proporzione a maiori ad
minus.
    Sotto  quest'ultimo profilo, se, ad esempio, nessun provvedimento
di confisca obbligatoria e' previsto dal codice della strada nei casi
di  danno  alle  persone, provocati con veicolo a 4 ruote, neanche se
dal fatto colposo o doloso dell'agente sia derivata la morte di una o
piu' persone, disporre la confisca in casi meno gravi, a fronte, come
nella  presente  fattispecie, di meri comportamenti irregolari di chi
trovasi  alla  guida  di  un  veicolo a due ruote, la severita' della
sanzione  diventa  abnorme,  iniqua  ed  in quanto tale non riesce ad
essere metabolizzata dal corpo sociale.
    Ed  ancora,  con  la  recentissima  legge n. del 9 febbraio 2006,
recante  tra  l'altro  modifiche  al  c.d.s.  in  tema  di  incidenti
stradali, si e' dato un giro di vite ai delitti colposi, mentre per i
pirati  della strada sono stati previsti lavori di pubblica utilita';
tra le sanzioni amministrative accessorie l'art. 222 c.d.s., che gia'
prevedeva che il giudice penale nell'emettere la sentenza di condanna
applicasse  la  sospensione  della  patente  di  guida,  ha  soltanto
ritoccato   in   su  i  periodi  di  sospensione,  escludendosi  ogni
previsione di confisca del mezzo.
    Sul  punto,  codesta  Corte,  gia'  con  sentenze  n. 229/1974  e
259/1976 ha delibato nel senso qui invocato, riconoscendo ingiusta ed
irrazionale  la  previsione  della  confisca  obbligatoria  del bene,
allorche'  sia  evidente  la  violazione del canone di ragionevolezza
desumibile   dall'art. 3,   primo   comma,  della  Costituzione,  non
sussistendo  il  rischio che sia leso l'ambito della discrezionalita'
riservato al legislatore.
    Tali  convincimenti  la  Corte  ha,  altresi',  espresso in altre
significative  pronunce,  quali  l'art. 371  del 27 ottobre 1994 e la
n. 110  del  12  aprile  1996,  rese  proprio in tema di circolazione
stradale.
    Aggiungasi  che  con  l'entrata  in  vigore  dell'art. 213, comma
2-sexies,   e'   riconoscibile   un   ulteriore  vulnus  all'impianto
costituzionale  quale  discendente  dal richiamato art. 3, allorche',
pur  essendo  l'antigiuridicita' della condotta ascrivibile ad altri,
la  confisca  del  ciclomotore  e'  applicata  in  via  immediata  ed
automatica,  non consentendosi al proprietario del bene di provare la
propria,  assoluta  estraneita'  all'illecito amministrativo da altri
commesso, venendo meno, in pari modo, il principio della personalita'
della  responsabilita'  amministrativa, di cui all'art. 3 della legge
24  novembre  1981, n. 689, secondo il quale «nelle violazioni cui e'
applicabile  una  sanzione  amministrativa  ciascuno  e' responsabile
della  propria  azione od omissione, cosciente e volontaria, sia essa
dolosa o colposa.
    Sotto  altro profilo la norma di cui all'art. 213, comma 2-sexies
c.d.s.,  qui contestata, disponendo la confisca obbligatoria in tutti
i casi in cui il conducente del ciclomotore si trovi alla guida senza
casco,  senza  eccezione  alcuna  e  senza  valutazione delle diverse
situazioni   di   fatto   prospettabili   alla  competente  autorita'
amministrativa,  quali  l'appartenenza  del  veicolo a terzo estraneo
all'illecito     amministrativo    sanzionato,    si    traduce    in
un'ingiustificata   violazione   del  diritto  sul  bene  confiscato,
collidendo   con   il   richiamato   canone  costituzionale,  sancito
dall'art. 42, secondo comma, della Costituzione.
    E'  vero  che la Corte costituzionale ha piu' volte affermato che
la  responsabilita' del proprietario di un veicolo, per le violazioni
commesse  da  chi  si  trovi  alla guida, costituisce un principio di
ordine  generale,  come nel caso di fermo amministrativo del veicolo,
dichiarato   costituzionalmente   legittimo   anche   quando  sia  di
proprieta'  di  terzi.  Ma  qui  la  norma  censurata non si limita a
sottrarre all'incolpevole proprietario la disponibilita' per un tempo
limitato  di  un  bene  patrimoniale  e, quindi, a comprimere le sole
facolta'  di godimento della res, bensi', con una statuizione di tipo
demolitorio,   a   sottrargli   il  bene  in  via  definitiva,  senza
possibilita' alcuna di rientrare in suo possesso.
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87.