IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

    Ha  pronunciato  la  seguente ordinanza sul ricorso n. 3515/2004,
proposto  da  Semenzato  Silvestro  e De Zorzi Nerina rappresentati e
difesi  dagli  avv. Domenico Carponi Schittar, Antonio Prade e Monica
Fant,  con  elezione  di  domicilio  presso  lo  studio  del primo in
Mestre-Venezia, via Aleardi n. 41/2;
    Contro     il     Commissario     delegato     per    l'emergenza
socio-economico-ambientale  determinatasi  nel settore del traffico e
della  mobilita'  nella localita' di Mestre del Comune di Venezia, la
Presidenza  del Consiglio dei ministri, il Comitato interministeriale
per  la  programmazione economica, il Ministero dell'ambiente e della
tutela  del  territorio,  la  Commissione  speciale di valutazione di
impatto  ambientale  del  Ministero  dell'ambiente e della tutela del
territorio,  il  Ministro  delle  infrastrutture  e dei trasporti, il
Ministro  dell'economia  e  delle  finanze,  in  persona  dei  legali
rappresentati  pro  tempore,  rappresentanti e difesi dall'Avvocatura
distrettuale  dello  Stato, domiciliataria ex lege; la regione Veneto
in  persona  del  presidente  pro  tempore  della  giunta  regionale,
rappresentato  e  difeso  dagli  avv.  Fulvio  Lorigiola  ed  Alfredo
Biagini,  con  elezione  di domicilio presso lo studio del secondo in
Venezia,  S.  Croce  466/g;  l'ANAS  S.p.a.  in  persona  del  legale
rappresentante pro tempore, non costituito in giudizio;
    Nei  confronti  di  Autostrade per l'Italia S.p.a. in persona del
legale  rappresentante  pro  tempore,  non costituito in giudizio; di
Societa'  delle  Autostrade di Venezia e Padova S.p.a. in persona del
legale  rappresentante  pro tempore, non costituito in giudizio; e di
Autovie  Venete  S.p.a.  in  persona  del  legale  rappresentante pro
tempore  non  costituito  in giudizio; per l'annullamento del decreto
del commissario delegato in data 20 settembre 2004, n. 12/2004; della
nota  del  responsabile unico del procedimento ing. G. Fasiol in data
4 novembre  2004, prot. n. 1404; nonche' di ogni altro atto connesso,
presupposto  o  conseguente, e, quanto al ricorso di motivi aggiunti:
del decreto del commissario delegato in data 25 novembre 2005, n. 90,
e  del  progetto  di  cui  all'allegato 1  che  ne  costituisce parte
integrante  ad  ogni effetto; dei verbali di validazione del progetto
esecutivo, quali elencati nelle premesse del citato decreto.
    Visto  il  ricorso depositato presso la segreteria il 14 dicembre
2004 e successivamente notificato il 20 dicembre 2004;
    Visti gli atti di costituzione in giudizio;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Uditi  alla  pubblica  udienza  del  16 marzo  2006  (relatore il
consigliere  Angelo  De  Zotti)  gli avvocati: Fant per i ricorrenti,
Cerillo per le PP.AA: e Lorigiola e Biagini per la regione Veneto;
    Ritenuto in fatto e considerato in diritto.

                              F a t t o

    I  ricorrenti sono proprietari di un terreno nel comune di Spinea
sul  quale  insiste  la  casa  di  abitazione con le relative aree di
pertinenza,  interessato  dal  progetto  di  costruzione del passante
autostradale di Mestre.
    Avendo  appreso di tale progetto dalla comunicazione di avvio del
procedimento  di espropriazione dei suddetti terreni, i ricorrenti ne
hanno  chiesto  la modifcia, nella parte che interessa la proprieta',
prospettando  diverse  soluzioni  che  non hanno ottenuto il consenso
delle autorita' competenti.
    Cio'  stante  essi  impugnano  il  decreto con cui il commissario
delegato  per l'emergenza socio-economico-ambientale della viabilita'
di   Mestre   ha   approvato  il  progetto  definitivo  del  passante
autostradale.
    Nel merito deducono una serie di censure di violazione di legge e
di  eccesso  di  potere, sotto vari profili e chiedono l'annullamento
dei provvedimenti impugnati con vittoria di spese.
    Si  sono  costituiti  in giudizio, per resistenza, il commissario
delegato, le Amministrazioni statali intimate e la regione Veneto che
hanno  contestato  i  motivi del ricorso chiedendone la reiezione con
vittoria di spese.
    Nella  memoria  conclusiva  la  regione  Veneto  ha  eccepito  la
sopravvenuta   incompetenza   di   questo   Tribunale  amministrativo
regionale,  deducendo  che  la competenza sulla presente controversia
spetta,  in  via  esclusiva, ex art. 3, commi 2-bis, 2-ter e 2-quater
della  legge  n. 21/2006  al  Tribunale  amministrativo regionale del
Lazio  e  comunque  hanno  chiesto  che  l'incompetenza del Tribunale
amministrativo  regionale  adito venga rilevata d'ufficio, atteso che
le norme anzidette «si applicano anche ai processi in corso».

                            D i r i t t o

    Costituiscono   oggetto   del  giudizio  gli  atti  adottati  dal
commissario delegato per l'emergenza socio-economico-ambientale della
viabilita'  di  Mestre  di  approvazione  del progetto definitivo del
passante  autostradale,  nonche'  gli atti di occupazione dei beni di
proprieta' della ditta ricorrente interessati dal progetto.
    Si  tratta  quindi di provvedimenti direttamente riconducibili ai
poteri   straordinari   conferiti   al   commissario   delegato   per
fronteggiare  lo  stato di emergenza nel settore del traffico e della
mobilita'   nella   localita'  di  Mestre,  dichiarato  con  d.P.C.m.
28 febbraio  2003,  emesso  ai  sensi  dell'art. 5,  comma  1,  legge
n. 225/1992.
    Atti,  dunque,  che  rientrano  nella categoria dei provvedimenti
commissariali  «consequenziali» a tale ordinanza e che ricadono nella
previsione  dell'art. 3,  comma  2-bis,  della legge 27 gennaio 2006,
n. 21  (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 28 gennaio 2006, n. 23 ed
entrata  in  vigore  dopo  la  proposizione del presente ricorso), di
conversione  con modificazioni del d.l. 30 novembre 2005, n. 245, che
recita:  «In  tutte  le  situazioni  di emergenza dichiarate ai sensi
dell'art.  5,  comma  1,  della  legge  24 febbraio  1992, n. 225, la
competenza  di  primo  grado  a  conoscere  della  legittimita' delle
ordinanze  adottate  e dei consequenziali provvedimenti commissariali
spetta   in  via  esclusiva,  anche  per  l'emanazione  delle  misure
cautelari,  al Tribunale amministrativo regionale del Lazio, con sede
in Roma».
    Il  comma  2-ter, a sua volta, prescrive che «Le questioni di cui
al  comma  2-bis  sono rilevate di ufficio», diversamente dalla norma
processuale   vigente   in  tema  di  incompetenza  territoriale  dei
tribunali  amministrativi,  che  esclude  la  rilevabilita' d'ufficio
(art. 31,  legge n. 1034/1971: la parte che l'eccepisce deve proporre
apposito  regolamento  preventivo  davanti  al  Consiglio  di Stato).
Secondo  le  nuove disposizioni, il tribunale adito, territorialmente
incompetente,   non  puo'  in  ogni  caso  pronunciarsi  sull'istanza
cautelare,  diversamente  dal  normale  regime  processuale  che  non
preclude   tale  pronuncia,  se  non  ia  stato  ancora  proposto  il
regolamento preventivo di competenza.
    I citati tre commi dell'art. 3, legge n. 21/2006 si configurano -
ad  avviso  lel  Collegio  -  come  norme  processuali «intruse» (che
sarebbero  vietate  econdo  la  circolare di «drafting» 2 maggio 2001
della  Presidenza  del Consiglio dei ministri) in una legge che ha un
oggetto  (apparentemente)  limitato  all'emergenza  nel  settore  dei
rifiuti  nella  Regione Campania (cosi' il titolo della legge). Anche
la  rubrica dell'articolo nel quale tali norme sono state inserite ha
un  oggetto  diverso  e  piu'  limitato  («Destinazione delle risorse
finanziarie e procedure esecutorie»).
    Tuttavia,  il  testuale  tenore delle disposizioni legislative in
commento  non  depone  affatto  a favore di un'interpretazione che ne
limiti  gli  effetti  ai  soli  provvedimenti  relativi all'emergenza
rifiuti nella Regione Campania.
    Infatti,  il  comma  2-bis  e' riferito a «tutte le situazioni di
emergenza  dichiarate  ai  sensi dell'art. 5, comma 1, della legge 24
febbraio 1992, n. 225».
    Inoltre,  la  formulazione  del  comma  2-ter,  secondo  periodo,
laddove prevede che «Davanti al giudice amministrativo il giudizio e'
definito  con  sentenza succintamente motivata ai sensi dell'art. 26,
della  legge  6  dicembre 1971, n. 1034, e quella del comma 2-quater,
secondo  periodo,  laddove  prevede  che  «L'efficacia  delle  misure
cautelari  adottate  da un tribunale amministrativo diverso da quello
di  cui  al  comma  2-bis permane fino alla loro modifica o revoca da
parte  del  Tribunale amministrativo regionale del Lazio, con sede in
Roma,   cui   la   parte  interessata  puo'  riproporre  il  ricorso»
suggeriscono  una  valenza  generale dello spostamento di competenza,
perche'  altrimenti  non  si sarebbero usate le locuzioni «Davanti al
giudice  amministrativo»  e «un tribunale amministrativo diverso», ma
le  ocuzioni  «Davanti  al tribunale amministrativo della Campania» e
«il tribunale amministrativo della Campania».
    Anche se dai lavori parlamentari si evince che il Governo, autore
dell'emendamento  inserito  nella  legge  di  controversia, intendeva
limitare  lo  spostamento  di  competenza  giurisdizionale  alle sole
situazioni emergenziali dei rifiuti in Campania, tuttavia cio' non e'
sufficiente  ad  orientare il Collegio verso una tale interpretazione
delle  disposizioni  processuali,  perche'  si'  dovrebbe  altrimenti
forzare il significato letterale delle parole.
    Com'e'  noto,  infatti,  ai  lavori preparatori puo' riconoscersi
valore  unicamente  sussidiario nell'interpretazione di una legge. Se
da essi possono trarsi elementi utili ai fini dell'individuazione del
significato  di  singole  disposizioni normative e della ratio che le
giustifica,  tale  operazione trova tuttavia un limite in cio' che la
volonta'  da  essi  risultante  non  puo'  sovrapporsi  alla volonta'
obiettiva  della  legge,  quale  emerge dal significato proprio delle
parole   secondo  la  connessione  di  esse,  e  dall'intenzione  del
legislatore  intesa  come  volonta'  oggettiva  della norma (voluntas
legis),  da  tenersi distinta dalla volonta' dei singoli partecipanti
al processo formativo di essa (voluntas legislatoris).
    Le   nuove   disposizioni,   dunque,   si   applicano  -  secondo
l'interpretazione del Collegio - anche alla presente controversia.
    Circa  la  rilevanza  della  questione ai fini della decisione da
assumere, essa appare evidente.
    Invero,  il  Collegio  sarebbe tenuto, sulla base della normativa
sopravvenuta - ove non dubitasse della legittimita' costituzionale di
essa - a dichiarare tout court inammissibile il ricorso, con sentenza
in forma semplificata ex art. 26, legge n. 1034/1971, come prescritto
dal  comma  2-ter  dell'art. 3  del  d.l.  n. 245/2005 conv. in legge
n. 21/2006.
    Della  costituzionalita' dei citati commi 2-bis, 2-ter e 2-quater
del  d.l.  n. 245/2005  conv.  in  legge  n. 21/2006,  in ordine alla
competenza  funzionale  del  Tribunale  amministrativo  regionale del
Lazio, il Collegio dubita per diverse ragioni.
    Anzitutto,   si  evidenzia  il  contrasto  con  l'art. 125  della
Costituzione,  e  segnatamente  con  il principio del decentramento e
dell'articolazione   su   base  regionale  degli  organi  statali  di
giustizia amministrativa di primo grado, ivi espressa («Nella regione
sono  istituiti  organi  di  giustizia amministrativa di primo grado,
secondo  l'ordinamento stabilito da legge della Repubblica»), nonche'
col principio di ragionevolezza desumibile dall'art. 3 Cost.
    La  previsione costituzionale dell'art. 125, attuata con la legge
n. 1034   del  1971  che  ha  istituito  i  tribunali  amministrativi
regionali,  implica che la sfera di competenza di questi ultimi abbia
rilievo  e  garanzia  costituzionali,  ne' si vede perche' essa debba
subire  una deroga generalizzata (pure in controtendenza alla riforma
del   titolo   quinto   della  Costituzione)  con  attribuzione  alla
competenza funzionale inderogabile al T.a.r del Lazio, allorquando le
singole   situazioni  di  emergenza  abbiano  rilievo  esclusivamente
locale.
    Una  deroga  generale  al principio derivante dall'art. 125 della
Costituzione,   secondo   cui   i  singoli  Tribunale  amministrativo
regionale  sono  posti  su  un piano paritario, con lo spostamento di
competenza   ad  un  tribunale  diverso  da  quello  territorialmente
competente,   non   si   giustificherebbe   nemmeno  facendo  ricorso
all'argomento  che  il  tribunale  locale sarebbe troppo sensibile ed
esposto  alle  tensioni  che  possono  sorgere  presso la popolazione
locale,  derivanti dagli eventi emergenziali e dai mezzi straordinari
impiegati per affrontarli.
    Anzitutto,  tale  ipotetica  finalita'  non  sarebbe  in assoluto
garantita  nemmeno  dalla concentrazione delle controversie di cui si
tratta presso il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, e cio'
relativamente a quelle situazioni di emergenza riguardanti la Regione
Lazio.
    Cio' che vale per i giudici operanti nei Tribunale amministrativo
regionale  regionali,  invero non puo' non valere, se l'idea di fondo
e'  quella  della sovraesposizione del giudice locale, per il giudice
che  ha  sede  nella  capitale  e  che decide cause che riguardano il
proprio territorio.
    E  comunque,  al perseguimento di tale esigenza, altri dovrebbero
essere  i  rimedi,  di  carattere  non  generale  ed  assoluto  ma da
applicarsi caso per caso ed in relazione a situazioni contingenti: ad
esempio,   lo  spostamento  di  competenza  potrebbe  avere  una  sua
ragionevolezza  se  fosse  concepito  e  disciplinato similmente alle
fattispecie di rimessione del processo ex artt. 45 e ss. c.p.p. (c.d.
«legittima suspicione») e non in via generale.
    D'altronde,   se   questa   fosse   la   ratio  inespressa  delle
disposizioni  in  esame,  che  peraltro  rivelerebbe  una  ben scarsa
considerazione  per  la professionalita' e la dignita' dei magistrati
amministrativi   in   servizio   presso  i  Tribunale  amministrativo
regionale   periferici,   la   loro   introduzione   resta  di  fatto
inspiegabile,   anche   se   considerata   essa   stessa  una  scelta
emergenziale,  perche'  situazioni di questo tipo (tensione presso le
popolazioni   coinvolte   che   si   sia   riverberata   sui  giudici
amministrativi  locali,  minandone  la  serenita' di giudizio) non si
sono  finora registrate e comunque anche in questa prospettiva esiste
la  immediata devoluzione della questione al giudice d'appello che e'
certamente  in  grado  di correggere questa possibile distorsione del
giudizio sin qui del tutto virtuale.
    Se   invece,   com'e'   ancbe   possibile  ipotizzare,  la  ratio
sottostante  delle  disposizioni  legislative  in  questione fosse da
ricercarsi   nell'esigenza   di   assicurare   un   sistema  vieppiu'
«rafforzato»  di  protezione  civile,  si  dovrebbe concludere che la
finalita'  surrettizia  delle disposizioni in esame sarebbe quella di
evitare  che,  di  fronte all'imminenza ed alla gravita' del pericolo
per   l'integrita'   di   beni  fondamentali  dell'uomo,  il  giudice
amministrativo   periferico   possa   utilizzare  con  leggerezza  lo
strumento   cautelare,   paralizzando   l'efficacia   di  urgenti  ed
indilazionabili interventi di protezione civile.
    Senonche',  tale  esigenza sembra gia' garantita dalla previsione
che   ai   processi   si  applicano  le  norme  di  accelerazione  ex
art. 23-bis,  comma  2  e  ss., legge n. 1034/1971 (come previsto dal
comma  2-ter, secondo periodo, dell'art. 3, d.l. n. 245/2005 conv. in
legge n. 21/2006).
    Ma  soprattutto, se questa e' l'esigenza sottesa alle norme sullo
spostamento   di   competenza,   anch'essa   rivela  una  ben  scarsa
considerazione  per  la professionalita' e la dignita' dei magistrati
amministrativi   in   servizio   presso  i  Tribunale  amministrativo
regionale  periferici,  del  tutto  ingiustificata  perche'  la  loro
qualificazione,  la  loro  esperienza  e  lo  svolgimento  della loro
carriera  sono  perfettamente  identici  a  quelli  dei magistrati in
servizio presso il Tribunale amministrativo regionale del Lazio.
    Tale  ratio rivela, poi, un disegno, irrazionale ed incompatibile
col  dettato  costituzionale dell'art. 125 Cost., inteso a modificare
l'assetto  ordinamentale  della giustizia amministrativa, sia creando
un'asimmetria  tra  il  Tribunale amministrativo regionale centrale e
quelli  periferici  che  va  ben  oltre l'attuale criterio di riparto
delle  competenze  basato sull'efficacia (regionale o ultraregionale)
dei   provvedimenti   delle   autorita'  centrali  dello  Stato,  sia
diversificando le funzioni dei magistrati amministrativi, secondo che
prestino   servizio  presso  il  Tribunale  amministrativo  regionale
centrale o presso un Tribunale amministrativo regionale periferico.
    Peraltro,  lo  spostamento  della competenza su questa materia e'
irrazionalmente  solo  parziale,  poiche' il regime derogatorio sulla
competenza esclusiva del Tribunale amministrativo regionale del Lazio
riguarda    le    ordinanze   ed   i   consequenziali   provvedimenti
commissariali,  ma  non i decreti governativi che dichiarano lo stato
di  emergenza.  Questi  ultimi,  infatti,  non essendo nominati dalle
norme   in   questione,   continuano  a  rientrare,  paradossalmente,
nell'ordinaria  competenza  dei  Tribunale  amministrativo  regionale
presso  la  regione  in  cui  i provvedimenti sono destinati ad avere
efficacia.
    A  cio'  si  aggiunga che il comma 2-quater dispone: «Le norme di
cui  ai  commi 2-bis e 2-ter si applicano anche ai processi in corso.
L'efficacia   delle   misure   cautelari  adottate  da  un  tribunale
amministrativo  diverso  da quello di cui al comma 2-bis permane fino
alla  loro  modifica  o  revoca da parte del Tribunale amministrativo
regionale  del Lazio, con sede in Roma, cui la parte interessata puo'
riproporre il ricorso».
    In  tal modo, il Tribunale amministrativo regionale del Lazio non
assume  soltanto  una  nuova competenza funzionale esclusiva di primo
grado,  ma  sembra  configurarsi anche come vero e proprio giudice di
appello sulle decisioni cautelari di un tribunale periferico, potendo
«modificare»  o «revocare» le misure cautelari da questo concesse, in
contrasto  con la sua natura di organo di giustizia amministrativa di
primo grado.
    Altri profili di irragionevolezza emergono, poi: a) dal fatto che
viene  imposta ai tribunali periferici (dal comma 2-ter) la pronuncia
declinatoria  di  competenza  con  sentenza succintamente motivata ai
sensi  dell'art. 26  della  legge  n. 1034/1971  (cio'  che  rientra,
invece,  nella  discrezionalita' del giudicante) e contemporaneamente
viene    prescritta   l'applicazione   dei   commi   2   e   seguenti
dell'art. 23-bis  della  stessa legge n. 1034/1971, che riguardano un
diverso  e piu' complesso modo di procedere in giudizio (dimezzamento
dei  termini,  fissazione  accelerata  dell'udienza;  possibilita' di
emanazione  di  ordinanze  cautelari  in  caso di estrema gravita' ed
urgenza);  b)  dal fatto che la mancata riproposizione - per la quale
non  e'  previsto  un  dies  a quo - del ricorso davanti al Tribunale
amministrativo regionale del Lazio (come previsto dal comma 2-quater)
quando  siano  state  emanate  pronunce  cautelari  da  un  Tribunale
amministrativo   regionale  periferico,  comporta  la  permanenza  di
efficacia  di  tali  pronunce  nonostante  la  norma  preveda la loro
modifica o revoca da parte del Tribunale amministrativo regionale del
Lazio.
    Sotto  i  profili appena esposti emerge, quindi, un contrasto con
l'art. 125  Cost.  nonche' un'intrinseca irragionevolezza delle norme
in   questione,   in  contrasto  col  postulato  fondamentale  recato
dall'art. 3 della Costituzione.
    In  secondo  luogo,  le  nuove  norme  recano un grave disagio ai
ricorrenti,  non  giustificato dalla natura accentrata della pubblica
amministrazione   o  dall'efficacia  estesa  a  tutto  il  territorio
nazionale  dei provvedimenti sui quali deve esercitarsi la cognizione
del  Tribunale amministrativo regionale del Lazio, secondo il normale
criterio  di  riparto  della  competenza tra Tribunale amministrativo
regionale del Lazio e tribunali periferici.
    Cio'   comporta   una  violazione  degli  artt. 24  e  113  della
Costituzione,  in quanto riduce le possibilita' di tutela dei diritti
e  degli  interessi  legittimi,  per  la  maggiore  difficolta'  ed i
maggiori  costi  che  devono  essere sopportati dagli interessati per
esercitare  l'azione presso il Tribunale amministrativo regionale del
Lazio,  piuttosto  che  presso gli organi giurisdizionali periferici,
nonche' in via derivata una disparita' di trattamento con conseguente
violazione dell'art. 3 Cost.
    Infine,  la  concentrazione  presso  il  Tribunale amministrativo
regionale   del   Lazio  di  queste  controversie  potrebbe  influire
negativamente  sui  tempi  dei  processi  e, sotto questo profilo, la
scelta  del  legislatore  e' illogicamente antitetica al principio di
ragionevole   durata  dei  processi  (art. 111,  primo  comma,  della
Costituzione)  la  cui  corretta  applicazione vorrebbe invece che le
controversie fossero normalmente distribuite presso ciascun Tribunale
amministrativo regionale periferico.
    Sotto  gli  anzidetti  profili,  il Collegio ravvisa un contrasto
dell'art. 3,  commi  2-bis,  2-ter  e  2-quater, del d.l. n. 245/2005
conv.  in legge n. 21/2006, con gli artt. 3, 24, 111, 113 e 125 della
Costituzione.
    Il  giudizio  va pertanto sospeso e gli atti vanno trasmessi alla
Corte costituzionale.