IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 491/2005, proposto da Clothing Company S.p.A. in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. Enrico Gaz ed Aurelio Bianchini d'Alberigo, con elezione di domicilio presso lo studio del secondo in Venezia, Santa Croce n. 469; Contro il Commissario delegato per l'emergenza socio economico ambientale determinatasi nel settore del traffico e della mobilita' nella localita' di Mestre del Comune di Venezia, la Presidenza del Consiglio dei ministri, il Comitato interministeriale per la programmazione economica, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, ed il Ministero per i beni e le attivita' culturali, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege; la Passante di Mestre Societa' consortile tra le imprese in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. Vittorio Domenichelli, Guido Zago e Pier Vettor Grimani, con elezione di domicilio presso lo studio dell'ultimo in Venezia, S. Croce, 466/g; la Regione Veneto in persona del presidente pro tempore della giunta regionale, rappresentato e difeso dagli avv. Fulvio Lorigiola ed Alfredo Biagini, con elezione di domicilio presso lo studio del secondo in Venezia, S. Croce, 466/g; e nei confronti di Impregilo S.p.A. - Capogruppo mandataria A.T.I. in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio; la Provincia di Treviso in persona del presidente pro tempore della giunta provinciale, non costituita in giudizio; ed il Comune di Mogliano in persona del sindaco pro tempore, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituito in giudizio; per l'annullamento del decreto del commissario delegato in data 20 settembre 2004, n. 12/2004; del decreto del commissario delegato in data 19 novembre 2004, n. 21; della comunicazione del Comitato delegato in data 4 novembre 2004; della delibera del C.I.P.E. in data 7 novembre 2003, n. 80; dello studio di impatto ambientale (SIA), dei pareri resi nell'ambito della procedura di valutazione di impatto ambientale e di approvazione del suddetto progetto preliminare dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio in data 9 ottobre 2003 e dal Ministro per i beni e le attivita' culturali in data 21 luglio 2003; del parere della Regione Veneto reso con la delibera in data 3 ottobre 2003, n. 2912; della nota del presidente della g.r. in data 14 ottobre 2003; per il risarcimento del danno; ed in via incidentale subordinata sollevarsi, ritenendole rilevanti e non manifestamente infondate, le questioni di legittimita' costituzionale, in parte qua, degli artt. 1, commi 1 e 2 della legge n. 443/2001, degli artt. 13 e 14 della legge n. 166/2002, degli artt. 1, comma 2, art. 3, commi 3, 5 e 7, del decreto legislativo n. 190/2002, in riferimento agli artt. 3, 5, 97, 117, 18 e 120 della Costituzione. Visto il ricorso depositato presso la segreteria il 22 febbraio 2005 e successivamente notificato il 2 marzo 2005; Visti gli atti di costituzione in giudizio; Visti gli atti tutti della causa; Uditi alla pubblica udienza del 16 marzo 2006 (relatore il Consigliere Angelo De Zotti) gli avvocati: Bianchini per la parte ricorrente, Cerillo per le PP.AA., Lorigiola e Biagini per la Regione Veneto e Grimani per la societa' Passante di Mestre; Ritenuto in fatto e considerato in diritto. F a t t o La societa' ricorrente e' proprietaria, nel comune di Mogliano Veneto, di un compendio immobiliare - costituito da terreni con sovrastanti fabbricati - nel quale hanno sede, tra l'altro, gli uffici amministrativi e la direzione dell'azienda. Tale compendio e' interessato dal progetto di costruzione del Passante Autostradale di Mestre. Avendo appreso di tale progetto contestualmente alla notifica del decreto di occupazione d'urgenza dei terreni di sua proprieta', la societa' ricorrente ha impugnato tutti gli atti del procedimento di approvazione, preliminare e definitivo, del Passante autostradale di Mestre e ne ha chiesto l'annullamento con vittoria di spese oltre alla condanna delle amministrazioni intimate al pagamento del risarcimento del danno conseguente alla procedura ablatoria illegittimamente intrapresa. Nel merito la ricorrente deduce una serie di censure di violazione di legge e di eccesso di potere, sotto vari profili, ivi compresa la incostituzionalita' degli artt. 1, commi 1 e 2 della legge n. 443/2001 e dell'art. 1, commi 2 e 3 del d.lgs. n. 190/2002 in relazione agli artt. 3, 5, 97, 117 e 118 e 120 Cost., che supportano i provvedimenti impugnati. Si sono costituiti in giudizio, per resistere, il commissario delegato, le amministrazioni statali intimate, la Regione Veneto e la Societa' di progetto «Passante di Mestre» che hanno contestato i motivi del ricorso chiedendone la reiezione con vittoria di spese. Nella discussione conclusiva la Regione Veneto e la Societa' di progetto Passante di Mestre hanno eccepito la sopravvenuta incompetenza di questo Tribunale amministrativo regionale, deducendo che la competenza sulla presente controversia spetta, in via esclusiva, ex art. 3, commi 2-bis, 2-ter e 2-quater della legge n. 21/2006 al Tribunale amministrativo regionale del Lazio e comunque hanno chiesto che l'incompetenza del Tribunale amministrativo regionale adito venga rilevata d'ufficio, atteso che le norme anzidette «si applicano anche ai processi in corso». D i r i t t o Costituiscono oggetto del giudizio il decreto del commissario delegato per l'emergenza socio economico ambientale della viabilita' di Mestre con cui e' stato approvato il progetto definitivo del Passante Autostradale di Mestre, unitamente agli atti presupposti, approvativi del progetto preliminare, e gli atti conseguenti, tra cui il decreto di occupazione d'urgenza dei beni interessati dal procedimento ablatorio. Si tratta di provvedimenti riconducibili ai poteri conferiti al commissario delegato per fronteggiare lo stato di emergenza nel settore del traffico e della mobilita' nella localita' di Mestre, dichiarato con il d.P.C.m. 28 febbraio 2003 emesso ai sensi dell'art. 5, comma 1, legge n. 225/1992. Detti atti rientrano, quindi, nella categoria dei provvedimenti commissariali «consequenziali» alla suddetta ordinanza emergenziale e sono tali da ricadere, come rilevato in sede di eccezione, nella previsione dell'art. 3, comma 2-bis, della legge 27 gennaio 2006, n. 21 (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 28 gennaio 2006, n. 23 ed entrata in vigore dopo la proposizione del presente ricorso), di conversione con modificazioni del d.l. 30 novembre 2005, n. 245, la quale recita: «In tutte le situazioni di emergenza dichiarate ai sensi dell'art. 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225, la competenza di primo grado a conoscere della legittimita' delle ordinanze adottate e dei consequenziali provvedimenti commissariali spetta in via esclusiva, anche per l'emanazione delle misure cautelari, al tribunale amministrativo regionale del Lazio, con sede in Roma». Il comma 2-ter, a sua volta, prescrive che «Le questioni di cui al comma 2-bis sono rilevate di ufficio», diversamente dalla norma processuale vigente in tema di incompetenza territoriale dei tribunali amministrativi, che esclude la rilevabilita' d'ufficio (art. 31, legge n. 1034/1971: la parte che l'eccepisce deve proporre apposito regolamento preventivo davanti al Consiglio di Stato). Secondo le nuove disposizioni, il tribunale adito, territorialmente incompetente, non puo' in ogni caso pronunciarsi sull'istanza cautelare, diversamente dal normale regime processuale che non preclude tale pronuncia, se non sia stato ancora proposto il regolamento preventivo di competenza. I citati tre commi dell'art. 3, legge n. 21/2006 si configurano - ad avviso del Collegio come norme processuali «intruse» (che sarebbero vietate secondo la circolare di «drafting» 2 maggio 2001 della Presidenza del Consiglio dei ministri) in una legge che ha un oggetto (apparentemente) limitato all'emergenza nel settore dei rifiuti nella regione Campania (cosi' il titolo della legge). Anche la rubrica dell'articolo nel quale tali norme sono state inserite ha un oggetto diverso e piu' limitato («Destinazione delle risorse finanziarie e procedure esecutorie»). Tuttavia, il testuale tenore delle disposizioni legislative in commento non depone affatto a favore di un'interpretazione che ne limiti gli effetti ai soli provvedimenti relativi all'emergenza rifiuti nella Regione Campania. Infatti, il comma 2-bis e' riferito a «tutte le situazioni di emergenza dichiarate ai sensi dell'art. 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225». Inoltre, la formulazione del comma 2-ter, secondo periodo, laddove prevede che «Davanti al giudice amministrativo il giudizio e' definito con sentenza succintamente motivata ai sensi dell'art. 26, della legge 6 dicembre 1971, n. 1034», e quella del comma 2-quater, secondo periodo, laddove prevede che «L'efficacia delle misure cautelari adottate da un tribunale amministrativo diverso da quello di cui al comma 2-bis permane fino alla loro modifica o revoca da parte del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, con sede in Roma, cui la parte interessata puo' riproporre il ricorso» suggeriscono una valenza generale dello spostamento di competenza, perche' altrimenti non si sarebbero usate le locuzioni «Davanti al giudice amministrativo» e «un tribunale amministrativo diverso», ma le locuzioni «Davanti al tribunale amministrativo della Campania» e «il tribunale amministrativo della Campania». Anche se dai lavori parlamentari si evince che il Governo, autore dell'emendamento inserito nella legge di controversia, intendeva limitare lo spostamento di competenza giurisdizionale alle sole situazioni emergenziali dei rifiuti in Campania, tuttavia cio' non e' sufficiente ad orientare il Collegio verso una tale interpretazione delle disposizioni processuali, perche' si dovrebbe altrimenti forzare il significato letterale delle parole. Com'e' noto, infatti, ai lavori preparatori puo' riconoscersi valore unicamente sussidiario nell'interpretazione di una legge. Se da essi possono trarsi elementi utili ai fini dell'individuazione del significato di singole disposizioni normative e della ratio che le giustifica, tale operazione trova tuttavia un limite in cio' che la volonta' da essi risultante non puo' sovrapporsi alla volonta' obiettiva della legge, quale emerge dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse, e dall'intenzione del legislatore intesa come volonta' oggettiva della norma (voluntas legis), da tenersi distinta dalla volonta' dei singoli partecipanti al processo formativo di essa (voluntas legislatoris). Le nuove disposizioni, dunque, si applicano - secondo l'interpretazione del Collegio - anche alla presente controversia. Circa la rilevanza della questione ai fini della decisione da assumere, essa appare evidente. Invero, il Collegio sarebbe tenuto, sulla base della normativa sopravvenuta - ove non dubitasse della legittimita' costituzionale di essa - a dichiarare tout court inammissibile il ricorso, con sentenza in forma semplificata ex art. 26, legge n. 1034/1971, come prescritto dal comma 2-ter dell'art. 3 del d.l. n. 245/2005 conv. in legge n. 21/2006. Della costituzionalita' dei citati commi 2-bis, 2-ter e 2-quater del d.l. n. 245/2005 conv. in legge n. 21/2006, in ordine alla competenza funzionale del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, il Collegio dubita, tuttavia, per diverse ragioni. Anzitutto, si evidenzia il contrasto con l'art. 125 della Costituzione, e segnatamente con il principio del decentramento e dell'articolazione su base regionale degli organi statali di giustizia amministrativa di primo grado, ivi espressa («Nella regione sono istituiti organi di giustizia amministrativa di primo grado, secondo l'ordinamento stabilito da legge della Repubblica»), nonche' col principio di ragionevolezza desumibile dall'art. 3 Cost. La previsione costituzionale dell'art. 125, attuata con la legge n. 1034 del 1971 che ha istituito i tribunali amministrativi regionali, implica che la sfera di competenza di questi ultimi abbia rilievo e garanzia costituzionali, ne' si vede perche' essa debba subire una deroga generalizzata (pure in controtendenza alla riforma del titolo quinto della Costituzione) con attribuzione alla competenza funzionale inderogabile al T.a.r del Lazio, allorquando le singole situazioni di emergenza abbiano rilievo esclusivamente locale. Una deroga generale al principio derivante dall'art. 125 della Costituzione, secondo cui i singoli Tribunale amministrativo regionale sono posti su un piano paritario, con lo spostamento di competenza ad un tribunale diverso da quello territorialmente competente, non si giustificherebbe nemmeno facendo ricorso all'argomento che il tribunale locale sarebbe troppo sensibile ed esposto alle tensioni che possono sorgere presso la popolazione locale, derivanti dagli eventi emergenziali e dai mezzi straordinari impiegati per affrontarli. Anzitutto, tale ipotetica finalita' non sarebbe in assoluto garantita nemmeno dalla concentrazione delle controversie di cui si tratta presso il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, e cio' relativamente a quelle situazioni di emergenza riguardanti la Regione Lazio. Cio' che vale per i giudici operanti nei Tribunale amministrativo regionale regionali, invero non puo' non valere, se l'idea di fondo e' quella della sovraesposizione del giudice locale, per il giudice che ha sede nella capitale e che decide cause che riguardano il proprio territorio. E comunque, al perseguimento di tale esigenza, altri dovrebbero essere i rimedi, di carattere non generale ed assoluto ma da applicarsi caso per caso ed in relazione a situazioni contingenti: ad esempio, lo spostamento di competenza potrebbe avere una sua ragionevolezza se fosse concepito e disciplinato similmente alle fattispecie di rimessione del processo ex artt. 45 e ss. c.p.p. (c.d. «legittima suspicione») e non in via generale. D'altronde, se questa fosse la ratio inespressa delle disposizioni in esame, che peraltro rivelerebbe una ben scarsa considerazione per la professionalita' e la dignita' dei magistrati amministrativi in servizio presso i Tribunale amministrativo regionale periferici, la loro introduzione resta di fatto inspiegabile, anche se considerata essa stessa una scelta emergenziale, perche' situazioni di questo tipo (tensione presso le popolazioni coinvolte che si sia riverberata sui giudici amministrativi locali, minandone la serenita' di giudizio) non si sono finora registrate e comunque anche in questa prospettiva esiste la immediata devoluzione della questione al giudice d'appello che e' certamente in grado di correggere questa possibile distorsione del giudizio sin qui del tutto virtuale. Se invece, com'e' anche possibile ipotizzare, la ratio sottostante delle disposizioni legislative in questione fosse da ricercarsi nell'esigenza di assicurare un sistema vieppiu' «rafforzato» di protezione civile, si dovrebbe concludere che la finalita' surrettizia delle disposizioni in esame sarebbe quella di evitare che, di fronte all'imminenza ed alla gravita' del pericolo per l'integrita' di beni fondamentali dell'uomo, il giudice amministrativo periferico possa utilizzare con leggerezza lo strumento cautelare, paralizzando l'efficacia di urgenti ed indilazionabili interventi di protezione civile. Senonche', tale esigenza sembra gia' garantita dalla previsione che ai processi si applicano le norme di accelerazione ex art. 23-bis, comma 2 e ss., legge n. 1034/1971 (come previsto dal comma 2-ter, secondo periodo, dell'art. 3, d.l. n. 245/2005 conv. in legge n. 21/2006). Ma soprattutto, se questa e' l'esigenza sottesa alle norme sullo spostamento di competenza, anch'essa rivela una ben scarsa considerazione per la professionalita' e la dignita' dei magistrati amministrativi in servizio presso i Tribunale amministrativo regionale periferici, del tutto ingiustificata perche' la loro qualificazione, la loro esperienza e lo svolgimento della loro carriera sono perfettamente identici a quelli dei magistrati in servizio presso il Tribunale amministrativo regionale del Lazio. Tale ratio rivela, poi, un disegno, irrazionale ed incompatibile col dettato costituzionale dell'art. 125 Cost., inteso a modificare l'assetto ordinamentale della giustizia amministrativa, sia creando un'asimmetria tra il Tribunale amministrativo regionale centrale e quelli periferici che va ben oltre l'attuale criterio di riparto delle competenze basato sull'efficacia (regionale o ultraregionale) dei provvedimenti delle autorita' centrali dello Stato, sia diversificando le funzioni dei magistrati amministrativi, secondo che prestino servizio presso il t.a.r centrale o presso un Tribunale amministrativo regionale periferico. Peraltro, lo spostamento della competenza su questa materia e' irrazionalmente solo parziale, poiche' il regime derogatorio sulla competenza esclusiva del Tribunale amministrativo regionale del Lazio riguarda le ordinanze ed i consequenziali provvedimenti commissariali, ma non i decreti governativi che dichiarano lo stato di emergenza. Questi ultimi, infatti, non essendo nominati dalle norme in questione, continuano a rientrare, paradossalmente, nell'ordinaria competenza dei Tribunale amministrativo regionale presso la regione in cui i provvedimenti sono destinati ad avere efficacia. A cio' si aggiunga che il comma 2-quater dispone: «Le norme di cui ai commi 2-bis e 2-ter si applicano anche ai processi in corso. L'efficacia delle misure cautelari adottate da un tribunale amministrativo diverso da quello di cui al comma 2-bis permane fino alla loro modifica o revoca da parte del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, con sede in Roma, cui la parte interessata puo' riproporre il ricorso». In tal modo, il Tribunale amministrativo regionale del Lazio non assume soltanto una nuova competenza funzionale esclusiva di primo grado, ma sembra configurarsi anche come vero e proprio giudice di appello sulle decisioni cautelari di un tribunale periferico, potendo «modificare» o «revocare» le misure cautelari da questo concesse, in contrasto con la sua natura di organo di giustizia amministrativa di primo grado. Altri profili di irragionevolezza emergono, poi: a) dal fatto che viene imposta ai tribunali periferici (dal comma 2-ter) la pronuncia declinatoria di competenza con sentenza succintamente motivata ai sensi dell'art. 26 della legge n. 1034/1971 (cio' che rientra, invece, nella discrezionalita' del giudicante) e contemporaneamente viene prescritta l'applicazione dei commi 2 e seguenti dell'art. 23-bis della stessa legge n. 1034/1971, che riguardano un diverso e piu' complesso modo di procedere in giudizio (dimezzamento dei termini, fissazione accelerata dell'udienza; possibilita' di emanazione di ordinanze cautelari in caso di estrema gravita' ed urgenza); b) dal fatto che la mancata riproposizione - per la quale non e' previsto un dies a quo - del ricorso davanti al Tribunale amministrativo regionale del Lazio (come previsto dal comma 2-quater) quando siano state emanate pronunce cautelari da un Tribunale amministrativo regionale periferico, comporta la permanenza di efficacia di tali pronunce nonostante la norma preveda la loro modifica o revoca da parte del Tribunale amministrativo regionale del Lazio. Sotto i profili appena esposti emerge, quindi, un contrasto con l'art. 125 Cost. nonche' un'intrinseca irragionevolezza delle norme in questione, in contrasto col postulato fondamentale recato dall'art. 3 della Costituzione. In secondo luogo, le nuove norme recano un grave disagio ai ricorrenti, non giustificato dalla natura accentrata della pubblica amministrazione o dall'efficacia estesa a tutto il territorio nazionale dei provvedimenti sui quali deve esercitarsi la cognizione del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, secondo il normale criterio di riparto della competenza tra Tribunale amministrativo regionale del Lazio e tribunali periferici. Cio' comporta una violazione degli artt. 24 e 113 della Costituzione, in quanto riduce le possibilita' di tutela dei diritti e degli interessi legittimi, per la maggiore difficolta' ed i maggiori costi che devono essere sopportati dagli interessati per esercitare l'azione presso il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, piuttosto che presso gli organi giurisdizionali periferici, nonche' in via derivata una disparita' di trattamento con conseguente violazione dell'art. 3 Cost. Infine, la concentrazione presso il Tribunale amministrativo regionale del Lazio di queste controversie potrebbe influire negativamente sui tempi dei processi e, sotto questo profilo, la scelta del legislatore e' illogicamente antitetica al principio di ragionevole durata dei processi (art. 111, comma 1, Costituzione) la cui corretta applicazione vorrebbe invece che le controversie fossero normalmente distribuite presso ciascun Tribunale amministrativo regionale periferico. Sotto gli anzidetti profili, il Collegio ravvisa un contrasto dell'art. 3, commi 2-bis, 2-ter e 2-quater, del d.l. n. 245/2005 conv. in legge n. 21/2006, con gli artt. 3, 24, 111, 113 e 125 della Costituzione. Il giudizio va pertanto sospeso e gli atti vanno trasmessi alla Corte costituzionale.