Ricorso della Regione Toscana, in persona del presidente pro tempore, autorizzato con deliberazione della giunta regionale n. 596 del 28 agosto 2006, rappresentato e difeso, per mandato in calce al presente atto, dagli avvocati Lucia Bora e Fabio Lorenzoni e presso lo studio di quest'ultimo elettivamente domiciliato in Roma, via del Viminale n. 43; Contro, il Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale degli articoli 22, 26 e 30 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito in legge 4 agosto 2006, n. 248, recante «Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonche' interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale». Nella Gazzetta Ufficiale 11 agosto 2006, n. 186, S.O., e' stata pubblicata la legge n. 248/2006; il primo titolo contiene norme volte ad incentivare la crescita, lo sviluppo e la promozione della concorrenza e della competitivita', la tutela dei consumatori e la liberalizzazione di settori produttivi; il secondo titolo detta norme per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica; il terzo titolo contiene disposizioni volte a contrastare l'evasione e l'elusione fiscale, al recupero della base imponibile, al potenziamento dei poteri di controllo dell'amministrazione finanziaria, alla semplificazione degli adempimenti tributari e in materia di giochi; il titolo quarto contiene disposizioni finali. Gli articoli dei titoli primo, terzo e quarto non sono censurati da questa amministrazione che, invece, impugna con il presente ricorso tre norme del titolo secondo relativo al contenimento della spesa pubblica, in quanto idonee a ledere l'autonomia organizzativa e finanziaria costituzionalmente garantita alle regioni. Si tratta, precisamente, degli articoli 22, 26 e 30 che appaiono illegittimi per i seguenti motivi di D i r i t t o 1. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 22 per violazione degli articoli 117 e 119 Cost. L'articolo detta disposizioni per la riduzione delle spese di funzionamento di enti ed organismi pubblici non territoriali; in tale contesto il primo comma prevede che gli stanziamenti per l'anno 2006 relativi a spese per consumi intermedi dei bilanci di enti ed organismi pubblici non territoriali che adottano contabilita' anche finanziaria sono ridotti del 10%, comunque nei limiti delle disponibilita' non impegnate alla data di entrata in vigore del decreto. Per gli enti ed organismi che adottano una contabilita' esclusivamente civilistica i costi di produzione concernenti i beni di consumo e servizi ed il godimento di beni di terzi sono ridotti del 10%. Le somme provenienti dalle suddette riduzioni sono versate da ciascun ente entro il mese di ottobre 2006, all'entrata del bilancio dello Stato. Il secondo comma prevede, per le stesse voci di spesa di cui al primo comma e per il triennio 2007-2009, l'obbligo di riduzione del 20% delle previsioni di bilancio, rispetto alla spesa stanziata per l'anno 2006; e' altresi' stabilito che le Amministrazioni vigilanti non possono approvare i bilanci degli enti ed organismi soggetti al suddetto obbligo, se i relativi amministratori non abbiano dichiarato nella relazione sulla gestione di aver ottemperato alle disposizioni del presente articolo. Anche in tale ipotesi le somme corrispondenti alla riduzione dei costi e delle spese sono accantonate da ciascun ente e poi versate, entro il 30 giugno di ogni anno, all'entrata del bilancio dello Stato. L'individuazione degli enti soggetti agli obblighi previsti dai due commi suddetti e' effettuata con il rinvio all'art. 1, commi 5 e 6 della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria 2005); la norma esclude espressamente le aziende sanitarie ed ospedaliere, gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, l'istituto superiore di sanita', l'istituto superiore per la prevenzione e sicurezza del lavoro, l'agenzia italiana del farmaco, gli istituti zooprofilattici sperimentali, le istituzioni scolastiche, gli enti e gli organismi gestori delle aree naturali protette. L'elenco di cui al citato art. 1, comma 5 della legge n. 311/2004 ricomprende anche gli enti e le agenzie regionali (ad es.: enti regionali per la ricerca e per l'ambiente, enti regionali di sviluppo, Agenzie regionali del lavoro); pertanto, poiche' il campo di applicazione della norma e definito mediante il rinvio agli enti ed organismi non territoriali di cui al suddetto elenco, si deduce che le disposizioni dell'art. 22 in esame trovano applicazione anche per gli enti e le agenzie regionali, vale a dire per quegli enti che sono costituiti dalla Regione, ai sensi dell'art. 50 dello Statuto, per lo svolgimento di propri compiti e funzioni; questi enti infatti, a differenza della regione e degli enti locali, non sono enti territoriali - esclusi dall'ambito di operativita' della norma - perche' il territorio non e' elemento costitutivo dei medesimi. Il citato art. 22 - se si applica, come la sua letterale formulazione lascia capire, anche agli enti e alle agenzie regionali - appare particolarmente lesivo delle attribuzioni regionali. Si pone infatti un vincolo puntuale e specifico sull'autonomia di spesa degli enti regionali, per i quali sono le Regioni competenti ad intervenire in via legislativa. Come gia' accennato, infatti, in base alla citata previsione statutaria, detti enti ed agenzie regionali sono strumenti per lo svolgimento di compiti della regione e quindi rientra nella potesta' organizzativa della regione stessa disciplinare l'assetto e l'autonomia di spesa di tali organismi. Incidere con vincoli puntuali di spesa sull'azione di tali enti significa limitare l'attivita' della regione stessa, della quale gli enti in questione costituiscono un braccio operativo. Le impugnate disposizioni, dunque, interferiscono in primo luogo con l'autonomia organizzativa regionale costituzionalmente garantita ai sensi dell'art. 117 Cost. il quale, al secondo comma, riserva alla potesta' legislativa esclusiva statale la materia dell'ordinamento ed organizzazione amministrativa unicamente con riferimento allo Stato e agli enti pubblici nazionali; conseguentemente compete alle regioni disciplinare, nell'esercizio della potesta' legislativa residuale ex art. 117, quarto comma, l'ordinamento e l'organizzazione amministrativa della Regione e degli enti regionali. In tale materia, dunque, la competenza legislativa delle regioni e' piena e deve svolgersi nel rispetto della Costituzione e dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali. Per gli esposti motivi l'impugnata disposizione e' lesiva delle competenze regionali sancite dall'art. 117 Cost. L'art. 22, inoltre, lede anche l'autonomia finanziaria delle regioni e degli enti regionali. La disposizione e' analoga a quella che prevedeva simile riduzione nel 2004 (comma 11 dell'art. 1 legge n. 191/2004), giudicata incostituzionale dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 417/2005. In particolare in tale pronuncia e' rilevata l'illegittimita' delle norme che stabiliscono limiti specifici alle spese perche' pongono vincoli che «non costituiscono principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica, ma comportano una inammissibile ingerenza nell'autonomia degli enti quanto alla gestione della spesa». Tale pronuncia conferma quanto la Corte costituzionale aveva gia' affermato nelle precedenti sentenze n.390 del 2004 e n. 36 del 2004, ove si legge che la legge statale puo' stabilire solo un «limite complessivo, che lascia agli enti stessi ampia liberta' di allocazione delle risorse fra i diversi ambiti e obiettivi di spesa». Nello stesso senso nella recente sentenza n. 449/2005 e' affermato: «Secondo quanto costantemente affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, la previsione, da parte della legge statale, di limiti all'entita' di una singola voce di spesa della Regione non puo' essere considerata un principio fondamentale in materia di armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica (ai sensi dell'art. 117, terzo comma, Cost.), perche' pone un precetto specifico e puntuale sull'entita' della spesa e si risolve percio' in una indebita in vasione dell'area riservata dall'art. 119 Cost. alle autonomie regionali e degli enti locali, alle quali la legge statale puo' prescrivere criteri ed obiettivi (ad esempio, contenimento della spesa pubblica), ma non imporre nel dettaglio gli strumenti concreti da utilizzare per raggiungere quegli obiettivi (v., ex multis, sentenze n. 417 del 2005 e nn. 390 e 36 del 2004). Premesso che questa Corte e' chiamata a scrutinare la norma censurata esclusivamente sotto il profilo del riparto di competenze legislative, va rilevato che detta norma stabilisce un vincolo puntuale di spesa alle regioni, e, pertanto, alla stregua della sopra richiamata giurisprudenza costituzionale, contrasta con gli articoli 117, terzo comma, e 119 Cost. e deve essere dichiarata costituzionalmente illegittima, nella parte in cui si applica al personale delle regioni.» I suddetti principi non sono rispettati nel caso in esame, perche' le impugnate disposizioni limitano in modo puntuale (con riduzioni del 10% e del 20%) le spese per consumi intermedi anche degli enti ed aziende regionali, con cio' violando gli articoli 117 e 119 Cost. Tale violazione e' ulteriormente confermata ed aggravata dalla previsione contenuta sia nel primo che nel secondo comma per cui i risparmi derivanti dalle imposte riduzioni di spesa devono essere versati al bilancio dello Stato. Quindi gli enti e le agenzie regionali devono ridurre le spese, ma non sono autonomi neppure nel decidere come utilizzare le somme accantonate, dovendo obbligatoriamente versarle al bilancio dello Stato. La violazione del predetto obbligo determina che l'ente vigilante (cioe' la regione, in rapporto agli enti regionali) non possa approvare i bilanci degli enti dipendenti. E' evidente che si estende una norma che puo' valere per gli enti nazionali anche agli enti regionali, con conseguente violazione dell'autonomia finanziaria riconosciuta dall'art. 119 Cost. 2. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 26 per violazione degli articoli 117 e 119 Cost. L'art. 26 disciplina i controlli e le sanzioni per il mancato rispetto della regola sul contenimento delle spese da parte degli enti inseriti nel conto economico consolidato delle pubbliche amministrazioni. In particolare la norma prevede che il mancato rispetto del limite annuale di spesa fissato per l'anno 2005 dall'art. 1, comma 57 della legge n. 311/2004 (spesa dell'anno 2003 incrementata del 4,5 per cento) determina la riduzione dei trasferimenti erariali in misura pari alle eccedenze di spesa risultanti dai conti consuntivi; per gli enti che non sono destinatari di benefici statali, e' stabilito che i medesimi debbano versare al bilancio dello Stato entro il 30 settembre degli anni 2006, 2007, 2008 un importo pari alle eccedenze risultanti dai predetti conti consuntivi. Le Amministrazioni vigilanti (quindi le regioni per gli enti regionali) sono tenute a comunicare entro il 31 luglio 2006, 2007 e 2008 le predette eccedenze di spesa al Ministro dell'economia e finanze. In sostanza gli enti che non hanno rispettato il limite di spesa di cui all'art. 1, comma 57 della legge n. 311/2004 devono riversare al bilancio dello Stato l'eccedenza risultante dai conti consuntivi. Anche tale norma, come il precedente art. 22, per il suo tenore letterale viene ad applicarsi anche agli enti regionali. Infatti gli enti destinatari dell'obbligo sono individuati con il richiano agli enti di cui ai commi 5 e 6 dell'art. 1 della legge n. 311/2004; il comma 5 indica anche gli enti e le agenzie regionali regionali. Percio' la norma, per gli stessi motivi gia' esposti in relazione all'art. 22, si presenta lesiva dell'autonomia organizzativa e finanziaria del sistema regionale, perche' pone obblighi e vincoli specifici sulla spesa degli enti ed aziende regionali e perche' impone di versare al bilancio statale i risparmi di tali organismi, in violazione degli articoli 117 e 119 Cost. 3. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 30 per violazione degli articoli 117 e 119 Cost. L'art. 30 sostituisce il comma 204 dell'art. 1 della legge n. 266/2005 (legge finanziaria per il 2006), confermando il limite alla spesa del personale previsto dall'art. 1, comma 198 della legge finanziaria medesima. A cio' si aggiunge che il mancato rispetto del suddetto limite determina il divieto di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo e si prevede un sistema di monitoraggio nell'ambito di un tavolo tecnico con i rappresentanti del sistema delle autonomie. La Regione Toscana, insieme a molteplici altre regioni, ha impugnato il suddetto comma 198 dell'art. 1 della legge finanziaria n. 266/2005 che ha introdotto un vincolo di spesa puntuale, specifico e molto pesante perche' e' stato stabilito che e spese di personale non devono superare per ciascuno degli anni 2006, 2007 e 2008 il corrispondente ammontare dell'anno 2004 diminuito dell'1%, considerando a tale fine anche le spese per il personale a tempo determinato, con contratto di collaborazione coordinata e continuativa o che presta servizio con altre forme di rapporto di lavoro flessibile o con convenzioni. Ora la norma in esame, non solo ribadisce la sussistenza di detto vincolo, ma anzi lo aggrava, con la previsione dell'impossibilita' di procedere ad assunzioni per gli enti che non abbiano potuto rispettare il medesimo. Tali previsioni sono lesive dell'autonomia regionale. Come gia' rilevato, l'art. 117, secondo comma della Costituzione riserva alla potesta' legislativa esclusiva statale la materia dell'ordinamento ed organizzazione amministrativa unicamente con riferimento allo Stato e agli enti pubblici nazionali; conseguentemente compete alle Regioni disciplinare, nell'esercizio della potesta' legislativa residuale ex art. 117, quarto comma, l'organizzazione amministrativa e l'ordinamento del personale della regione e degli enti regionali. La Corte costituzionale ha riconosciuto sussistere un'ampia autonomia regionale in materia di ordinamento degli uffici e di stato giuridico dei dipendenti - in cui rientra evidentemente anche la disciplina delle assunzioni - gia' sotto il regime del previgente art. 117 Cost. (sent. n. 278/1983; n. 772/1988; n. 277/1983; n. 10/1980; ordinanza n. 515/2002) e percio' tale potesta' sussiste con maggior ampiezza oggi, nella vigenza del nuovo titolo V, come affermato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 274/2003 e nella pronuncia n. 17/2004, ove e' rilevato che «nell'assetto delle competenze costituzionali configurato dal nuovo titolo V, parte II, della Costituzione, l'auto finanziamento delle funzioni attribuite a regioni ed enti locali non costituisce altro che un corollario della potesta' legislativa regionale esclusiva in materia di ordinamento e organizzazione amministrativa....» Impedire alle regioni di assumere personale significa incidere sull'ordinamento e sull'organizzazione della regione stessa. Oltre tutto, come gia' evidenziato, si assommano vincoli a vincoli: ogni anno la legge finanziaria pone vincoli ulteriori alla possibilita' per le regioni e gli enti locali di programmare l'uso delle risorse umane in base agli obiettivi da raggiungere e alle funzioni da svolgere. Applicare tutti i vincoli che si assommano significherebbe procedere al licenziamento di personale a tempo indeterminato e non poter ricoprire i posti vacanti nemmeno nei limiti del turn over e, quindi, delle avvenute cessazioni dei rapporti di lavoro. Ne' la norma puo' ritenersi legittima per l'invocato concorso delle autonomie regionali e locali al rispetto degli obiettivi di finanza pubblica. Infatti il legislatore statale legittimamente impone anche alle amministrazioni regionali e locali di rispettare i suddetti obiettivi, ma poi - posto tale principio - deve lasciarsi spazio all'autonomia degli enti di decidere come attuarlo. Non si contesta la previsione del contenimento della spesa, ma l'individuazione specifica della voce di spesa da contenere. L'invasione dell'autonomia delle regioni e degli enti locali da parte di norme come quella in esame e' confermata dalla giurisprudenza costituzionale gia' richiamata al precedente punto 1 (sentenze n. 417/2005; 449/2005; 390/2004; 36/2004). Pertanto limiti e vincoli puntuali a specifiche voci di spesa delle regioni e degli enti regionali, aggravati con la previsione, posta dall'impugnata disposizione, del divieto di future assunzioni in caso di inosservanza dei vincoli stessi, sono incostituzionali per violazione degli articoli 117 e 119 Cost.