Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici e' legalmente domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12; Contro la Regione Marche, in persona del presidente della giunta regionale pro tempore per la declaratoria della illegittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 1, lettera d) della legge della Regione Marche n. 9 dell'11 luglio 2006, pubblicata nel BUR della Regione Marche del 20 luglio 2006, n. 117, come da delibera del Consiglio dei ministri in data 8 settembre 2006. In data 20 luglio 2006 e' stata pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione Marche la legge regionale n. 9 dell'11 luglio 2006, recante il testo unico delle norme regionali in materia di turismo. La finalita' e l'oggetto di detta normazione - che raccoglie in maniera coordinata e unificata le varie leggi regionali emanate sulla materia - sono illustrati nella norma introduttiva posta nell'articolo 1 e riguardano il perseguimento dello sviluppo del turismo quale fondamentale risorsa della comunita' regionale (comma 1), l'identificazione delle risorse turistiche della Regione Marche (comma 2), e la disciplina, in particolare, dell'organizzazione turistica regionale, delle strutture ricettive, delle professioni turistiche, delle attivita' di organizzazione e intermediazione di viaggi e turismo e degli interventi regionali a favore del turismo (comma 3). L'art. 2, contenuto nel titolo I dedicato all'organizzazione turistica regionale, elenca le funzioni attribuite alla regione dalla presente legge (lettera a-m). In particolare, la funzione indicata nella lettera d) concerne l'organizzazione e il coordinamento delle attivita' delle imprese che partecipano in Italia e all'estero a manifestazioni fieristiche, incontri operativi di commercializzazione, sondaggi di mercato, anche in collaborazione con l'Istituto per il Commercio con l'estero (ICE), l'Agenzia nazionale del turismo, altri enti pubblici, i sistemi turistici locali, agenzie, aziende e le associazioni di categoria rappresentative del settore turistico. Ad avviso della Presidenza del Consiglio dei ministri la norma ora riportata e' censurabile per i seguenti due motivi di diritto: 1) La norma in esame, nel perseguire gli intenti di organizzazione e coordinamento in essa indicati, prevede unilateralmente il coinvolgimento di organismi nazionali, quali l'Istituto del commercio con l'estero e l'Agenzia nazionale del turismo, nonche' altri enti pubblici operanti nel settore, eccedendo in tal modo i limiti della competenza regionale in violazione dell'art. 117, comma 2, lettera g) della Costituzione, che riserva alla legislazione statale l'ordinamento e l'organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali. Infatti, e' evidente che, demandando alla regione funzioni di organizzazione e coordinamento in collaborazione con detti soggetti, la disposizione impone la loro partecipazione al procedimento regolandone indirettamente le competenze. Sotto questo primo profilo, dunque, la norma impugnata appare in contrasto con il precetto costituzionale sopra citato. 2) La norma in esame appare, altresi', censurabile laddove e' diretta a perseguire compiti di organizzazione e di coordinamento dell'attivita' internazionale di imprese impegnate all'estero nella partecipazione a manifestazioni fieristiche e ad incontri operativi di commercializzazione, incorrendo cosi' nella violazione dell'art. 6 della legge 5 giugno 2003, n. 131 (recante disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla legge cost. 18 ottobre 2001, n. 3), che detta uno specifico procedimento per lo svolgimento della condotta internazionale delle imprese, in attuazione dei compiti demandati allo Stato dall'articolo 117, commi 5 e 9, della Costituzione. In particolare, al primo comma, l'art. 6 della legge n. 131/2003 ora citata prevede, a carico delle Regioni e delle Province autonome di Trento e di Bolzano, un obbligo di preventiva informazione nei riguardi dei competenti organi dello Stato (Ministero degli affari esteri e Presidenza del Consiglio dei ministri) circa i provvedimenti rivolti all'attuazione e all'esecuzione degli accordi internazionali ratificati. E' opportuno, in proposito, ricordare che l'intero articolo ha costituito oggetto di esame da parte della Corte costituzionale che, con sentenza 8-19 luglio 2004, n. 238, ha ritenuto infondate le questioni di legittimita' costituzionale sollevate nel ricorso proposto dalla Provincia autonoma di Bolzano (mentre ha dichiarato inammissibile le analoghe questioni sollevate dalla Regione Sardegna) avverso l'articolo 6, commi 1, 2, 3 e 5 della citata legge n. 131 del 2003, alla stregua dei principi enunciati con generale riferimento alla nuova stesura dell'art. 117 della Costituzione come modificato dall'art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001. Preliminarmente osservava la Corte, in motivazione, che «quanto al merito del problema, le nuove disposizioni costituzionali non si discostano dalle linee fondamentali gia' enunciate in passato da questa Corte: riserva allo Stato della competenza sulla politica estera; ammissione di un'attivita' internazionale delle regioni; subordinazione di questa alla possibilita' effettiva di un controllo statale sulle iniziative regionali, al fine di evitare contrasti con le linee della politica estera nazionale. La novita' che discende dal mutato quadro normativo e' essenzialmente il riconoscimento a livello costituzionale di un «potere estero» delle regioni, cioe' della potesta', nell'ambito delle proprie competenze, di stipulare oltre ad intese con enti omologhi di altri Stati, anche veri e propri accordi con altri Stati, sia pure nei casi e nelle forme determinati da leggi statali (art. 117, nono comma). Tale potere estero deve peraltro essere coordinato con l'esclusiva competenza statale in tema di politica estera, donde la competenza statale a determinare i «casi» e a disciplinare «le forme» di questa attivita' regionale cosi' da salvaguardare gli interessi unitari che trovano espressione nella politica estera nazionale. Le regioni, nell'esercizio della potesta' loro riconosciuta, non operano dunque come «delegate» dello Stato, bensi' come soggetti autonomi che interloquiscono direttamente con gli Stati esteri, ma sempre nel quadro di garanzia e di coordinamento apprestato dai poteri dello Stato». In particolare puntualizzava la Corte che «... il nuovo art. 117 demanda allo Stato il compito di stabilire le "norme di procedura" che le regioni debbono rispettare nel provvedere all'attuazione e all'esecuzione degli accordi internazionali, e di disciplinare le modalita' di esercizio del potere sostitutivo in caso di inadempienza (quinto comma); nonche' il compito di disciplinare "i casi" e le "forme" della conclusione di accordi delle regioni con altri Stati e di intese con enti territoriali di altri Stati (nono comma). Le disposizioni dell'art. 6, commi 1, 2 e 3, della legge n. 131 del 2003 sono dettate in attuazione di questi compiti». Alla luce delle osservazioni espresse nella sentenza n. 238/2004 di codesta ecc.ma Corte i principi e le procedure previsti dalla legge 5 giugno 2003, n. 131, in ordine alla stipulazione di intese e accordi internazionali in materia di turismo, non appaiono rispettati dalla norma della legge regionale che si impugna. L'art. 2, comma 1, lettera d) della legge regionale in esame, infatti, prevede una generale attivita' della regione in contrasto con la lettera della legge n. 131 del 2003 citata e soprattutto con la ratio dalla stessa desumibile, secondo la quale la regione, anche nell'ambito delle proprie competenze, interagisce a livello internazionale in stretto collegamento con l'Autorita' statale. La norma impugnata invece elude completamente tale esigenza di collegamento, omettendo di rispettare le procedure previste dalle disposizioni costituzionali. La disposizione impugnata risulta quindi in contrasto con l'art. 117, commi 5 e 9 della Costituzione.