ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio  di legittimita' costituzionale degli articoli 1, 2, 4,
20,  23  e 24 della legge della Regione Emilia-Romagna del 7 febbraio
2005,  n. 1  (Norme  in  materia di protezione civile e volontariato.
Istituzione  dell'Agenzia  Regionale  di protezione civile), promosso
con  ricorso  del  Presidente  del Consiglio dei ministri, notificato
l'8 aprile  2005,  depositato  in  cancelleria  il  13 aprile 2005 ed
iscritto al n. 43 del registro ricorsi 2005.
    Visto l'atto di costituzione della Regione Emilia-Romagna;
    Udito   nell'udienza  pubblica  del  20  giugno 2006  il  giudice
relatore Franco Bile;
    Uditi  gli  avvocati  Giandomenico  Falcon  e Andrea Manzi per la
Regione Emilia-Romagna e l'avvocato dello Stato Giuseppe Albenzio per
il Presidente del Consiglio dei ministri.

                          Ritenuto in fatto

    1.  -  Con  ricorso  notificato  l'8 aprile  2005 e depositato il
successivo  13  aprile,  il  Presidente del Consiglio dei ministri ha
impugnato,  in via principale gli articoli 1, 2, 4, 20, 23 e 24 della
legge  della  Regione  Emilia-Romagna 7 febbraio 2005, n. 1 (Norme in
materia di protezione civile e volontariato. Istituzione dell'Agenzia
Regionale di protezione civile).
    L'art. 1,  commi 1,  2  e 3, e' censurato in quanto - ridefinendo
principi,  funzioni,  compiti  e  finalita'  di  protezione  civile -
invaderebbe la competenza dello Stato cui e' demandata, nella materia
concorrente   in   argomento   (ex   art. 117,   terzo  comma,  della
Costituzione),   la   determinazione  dei  principi  fondamentali  da
definirsi in maniera unitaria a livello nazionale.
    Il  comma 2  del  medesimo art. 1 - secondo cui «all'espletamento
delle  attivita'  di  protezione  civile  provvedono  la  Regione, le
Province,  i  comuni,  le comunita' montane, le Unioni di comuni e le
altre  forme  associative»  -  e'  impugnato  anche per contrasto con
l'art. 118,  primo  e  secondo  comma,  Cost.,  che,  sulla  base dei
principi   di   sussidiarieta',   differenziazione   ed  adeguatezza,
legittima  l'attribuzione  di  funzioni  amministrative  in capo allo
Stato ove occorra assicurarne l'esercizio unitario.
    Inoltre  l'art. 1  e'  impugnato  in  quanto:  (a)  riformula  il
principio  fondamentale  gia' codificato dalla normativa di principio
statale  ed  esclude dal concorso alle attivita' di protezione civile
alcune   categorie   di   soggetti   (cittadini,   ordini  e  collegi
professionali), cosi' violando l'art. 6 della legge 24 febbraio 1992,
n. 225,   e,   conseguentemente,  l'art. 117,  terzo  comma,  nonche'
l'art. 118,  ultimo comma, Cost; (b) impone che il concorso operativo
e  la  collaborazione  nelle  attivita'  di  protezione  civile delle
Amministrazioni  dello  Stato  e  degli  Enti pubblici avvenga previa
intesa,  in  contrasto  con quanto dispone l'art. 5, commi 4 e 4-bis,
del   decreto-legge   7 settembre   2001,   n. 343,  convertito,  con
modificazioni,  nella  legge  9 novembre  2001,  n. 401,  secondo cui
l'attivita'  tecnico-operativa  dello  Stato  diretta ad assicurare i
primi interventi e' effettuata in raccordo con le Regioni; (c) limita
la   salvaguardia   dell'incolumita'   esclusivamente  ai  cittadini,
escludendo  dal  novero  dei soggetti tutelabili coloro che cittadini
non  sono,  cosi'  violando  non  solo  i principi fondamentali della
materia,    ma    anche    quelli    previsti   dalla   Costituzione,
dall'ordinamento  comunitario  e  dagli  obblighi  internazionali (ex
art. 117, primo comma, Cost.) in tema di tutela dell'integrita' della
vita.
    L'art. 2   e'  censurato  alla  luce  del  richiamato  «principio
unitario»,   sotto  il  profilo  che  esso  -  definendo  gli  eventi
calamitosi sulla base dell'organo competente ad intervenire piuttosto
che  in  relazione ai parametri dell'intensita' e dell'estensione del
fenomeno  (come  previsto  dall'art. 2  della citata legge n. 225 del
1992)  -  configura  sistemi  differenziati  di  intervento regionale
suscettibili  di  inficiare  sia  il  principio  di  uguaglianza, sia
l'azione  statale per i casi calamitosi che travalicano i confini del
territorio della singola Regione.
    Anche  l'art. 4,  comma 1,  e'  censurato  sotto il profilo della
«garanzia  di  unitarieta'  del sistema», in quanto - rimettendo alla
Regione  «l'esercizio  delle funzioni in materia di protezione civile
non conferite ad altri Enti dalla legislazione regionale e statale» -
viola  l'art. 7,  comma 1, della legge 5 giugno 2003, n. 131, secondo
cui  lo  Stato, in attuazione dell'art. 118, primo comma, Cost., puo'
attribuire  a  se  stesso  quelle funzioni amministrative delle quali
occorra garantire l'unitarieta' di esercizio.
    A  sua  volta  l'art. 20,  che  istituisce l'Agenzia regionale di
protezione  civile, e' impugnato «per contrasto con i gia' richiamati
principi  costituzionali»,  poiche' attribuisce rilevanti funzioni di
protezione  civile  - quali la gestione del volontariato, l'emissione
di  avvisi  di  attenzione, preallarme ed allarme, la predisposizione
del  programma  di  previsione  e  prevenzione,  la pianificazione di
emergenza,   la  presidenza  del  Comitato  operativo  regionale,  la
partecipazione  alla Commissione regionale per la previsione e per la
prevenzione  dei  grandi  rischi  -  ad  un  Ente  pubblico dotato di
autonomia tecnica, operativa, amministrativa e contabile.
    In  particolare,  secondo  il ricorrente, il comma 2, lettera f),
dello   stesso  art. 20  -  che  consente  all'Agenzia  regionale  di
protezione  civile  di  emettere avvisi di attenzione, pre-allarme ed
allarme - contrasta con la direttiva del Presidente del Consiglio dei
ministri del 27 febbraio 2004.
    L'art. 23  -  che  istituisce il Comitato operativo regionale per
l'emergenza,  operativo  anche per i casi di cui all'art. 2, comma 1,
lettera c),   della  stessa  legge  regionale  -  e'  denunciato  per
violazione  dell'art. 2,  comma 1, lettera c), della legge n. 225 del
1992,  che  invece  rimette  allo  Stato  l'intervento  nei  casi  di
calamita' piu' gravi.
    Inoltre  il ricorrente ritiene che lo stesso articolo, istituendo
la  Commissione  regionale  per  la  previsione  e la prevenzione dei
grandi  rischi:  (a)  determina  inutili duplicazioni di funzioni con
quelle  che  la  Commissione  statale  per  la  previsione  e  per la
prevenzione dei grandi rischi svolge sull'intero territorio nazionale
(ai  sensi  dell'art. 5,  commi 3, 3-bis e 3-quater del decreto-legge
n. 343  del 2001 e degli articoli 7 e 9 della legge n. 225 del 1992),
nell'ambito   del   potere   di   coordinamento,  anche  scientifico,
attribuito in via esclusiva allo Stato nella materia della protezione
civile (art. 5 del citato decreto-legge n. 343 del 2001, art. 107 del
decreto   legislativo   31 marzo   1998,   n. 112);   b)   viola  gli
articoli 107,  lettera f), punto 1), e 108, lettera a), punto 1), del
medesimo    d.lgs.   n. 112   del   1998,   i   quali   stabiliscono,
rispettivamente,  che  lo  Stato  mantenga la funzione di definizione
degli  «indirizzi per la predisposizione e l'attuazione dei programmi
di  previsione  e  prevenzione  in  relazione  alle  varie ipotesi di
rischio»   e  che  la  Regione  provveda  «alla  predisposizione  dei
programmi  di  previsione  e prevenzione dei rischi, sulla base degli
indirizzi nazionali».
    La  stessa  norma,  poi  -  affidando  al suddetto Comitato (e in
particolare  al suo Presidente il direttore dell'Agenzia regionale) e
alla Commissione il coordinamento tecnico degli interventi nella fase
emergenziale  - violerebbe l'art. 5 del decreto-legge n. 343 del 2001
e   l'art. 107   del   d.lgs.   n. 112  del  1998  che  attribuiscono
specificamente   allo   Stato   il  potere  di  coordinamento,  anche
scientifico, al fine di assicurare interventi di piu' ampio orizzonte
e non parcellizzati.
    Infine,  l'art. 24,  comma 1  -  che  prevede il trasferimento di
risorse nazionali all'Agenzia regionale -, e' censurato per contrasto
con  gli  articoli 118  e  119  Cost.,  secondo  cui  l'erogazione di
finanziamenti  pubblici  e' disposta dallo Stato e avviene in base ai
principi  di  sussidiarieta', differenziazione ed adeguatezza; per il
ricorrente,  le  Regioni dispongono infatti di risorse proprie per lo
svolgimento  delle  funzioni pubbliche ad esse attribuite e di quelle
aggiuntive  che  lo  Stato eroga in via eventuale e comunque soltanto
per gli specifici ambiti costituzionalmente individuati.
    1.1.  -  Nella  memoria  illustrativa  d'udienza,  la  difesa del
ricorrente  sottolinea  come  la  necessita'  dell'intervento statale
(attraverso  gli organi a cio' deputati), eventualmente anche tramite
un'organizzata  collaborazione  con le Regioni, e' imprescindibile in
quei settori dell'ordinamento (come appunto la protezione civile) nei
quali  sono coinvolti interessi ed esigenze dell'intera collettivita'
nazionale,  connessi  a valori costituzionali di rilievo primario, in
quanto   strettamente   inerenti  alla  difesa  dell'ordine  e  della
sicurezza pubblica.
    2.  -  La  Regione  Emilia-Romagna  si e' costituita chiedendo il
rigetto  del  ricorso proposto perche' inammissibile e infondato, con
riserva di esporne i motivi.
    2.1.  -  Nell'imminenza  dell'udienza,  la  Regione ha depositato
memoria illustrativa, deducendo, in primo luogo, l'infondatezza delle
censure  mosse all'art. 1, commi 1--3, della legge in esame, giacche'
le norme impugnate sono prive di contenuto precettivo, limitandosi ad
individuare  l'oggetto  della legge, ossia la «finalita' prioritaria»
dell'azione regionale. Inoltre, anche le singole disposizioni dei tre
commi  impugnati  si  pongono  nel  solco  dei  principi fondamentali
dettati  dallo Stato in ordine sia ai soggetti chiamati a partecipare
all'attivita'  di  protezione  civile  in  ambito regionale, sia alle
modalita'   di  svolgimento  di  detta  attivita',  sia  ai  soggetti
destinatari degli interventi.
    Riguardo  all'art. 2,  che  ribadisce  in  sostanza  il contenuto
dell'art. 2  della  legge  n. 225 del 1992, la Regione afferma che la
norma  si limita a coordinare il tipo e la dimensione dell'evento con
norme  piu'  precise  sulla  competenza  degli  enti locali e di essa
stessa, con cio' rispettando la competenza statale per gli eventi che
ne  richiedano  l'intervento,  quale  manifestazione  dei principi di
unita'  e  di  solidarieta'  nazionale.  Alle  stesse  conclusioni la
Regione  perviene  quanto  all'art. 4,  che  pone  una  mera norma di
chiusura  per  tutto quanto non sia affidato ad altre amministrazioni
dalla legislazione regionale e statale.
    La   Regione   deduce  poi  l'inammissibilita'  dell'impugnazione
dell'art. 20,  nella  parte  in cui istituisce l'Agenzia regionale di
protezione civile, per genericita' ed indeterminatezza dei parametri;
e   dell'ulteriore   censura   mossa  alla  previsione  del  comma 2,
lettera f),   dello   stesso   art. 20,   per   omessa  illustrazione
dell'oggetto  del  contrasto,  che  si  verificherebbe  tra  la norma
regionale  e «quanto stabilito» dall'evocata direttiva del Presidente
del  Consiglio  dei ministri del 27 febbraio 2004. La censura sarebbe
comunque  infondata,  non  essendo ravvisabile alcun contrasto tra la
norma regionale e la citata direttiva statale.
    Con  riferimento  all'art. 23,  la Regione rileva che la norma in
realta'  conferisce  all'istituito  Comitato  operativo regionale per
l'emergenza,  da  un  lato,  il coordinamento tecnico-operativo delle
attivita'  necessarie  a  fronteggiare  gli eventi di cui all'art. 2,
comma 1, lettera b), della legge n. 225 del 1992, e, dall'altro lato,
il   concorso   tecnico   regionale   ad   interventi  di  ausilio  e
collaborazione con l'azione statale in caso di grandi eventi.
    Inoltre,  riguardo  al  comma 4  del  medesimo art. 23, la difesa
regionale   osserva   che  la  Commissione  regionale  grandi  rischi
costituisce  una  struttura  necessaria  proprio  per l'attuazione, a
livello regionale, dei criteri stabiliti dalla Commissione nazionale,
senza  duplicarne  in  alcun  modo  le  funzioni,  ma  attuandone  la
trasposizione   in   sede   locale.  Infine,  quanto  alla  censurata
attribuzione  al  Comitato  ed  alla  Commissione  del  coordinamento
tecnico  degli  interventi nella fase emergenziale, essa si riferisce
specificamente  all'attivita'  propria  delle Regioni e non contrasta
con alcuna attivita' statale.
    Riguardo,  da  ultimo,  all'impugnato art. 24, comma 1, la difesa
regionale  deduce  che  tale  norma si limita a descrivere le entrate
dell'Agenzia  regionale  di  protezione  civile e, pertanto, non pone
alcun  vincolo  per la finanza statale, trattandosi di risorse che lo
Stato,  in  base  a  proprie  leggi  e a proprie decisioni attuative,
assegna alla Regione per le finalita' della protezione civile, che la
Regione a sua volta assegna in gestione all'Agenzia regionale.

                       Considerato in diritto

    1.  -  Il  Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato, in
via  principale,  gli articoli 1, 2, 4, 20, 23 e 24 della legge della
Regione  Emilia--Romagna 7 febbraio  2005,  n. 1 (Norme in materia di
protezione  civile e volontariato. Istituzione dell'Agenzia Regionale
di protezione civile).
    1.1.  -  Un  primo  gruppo di questioni riguarda i commi 1, 2 e 3
dell'art. 1.
    Il comma 1 sancisce che la Regione Emilia-Romagna con la legge in
esame  provvede,  nell'esercizio delle attribuzioni ad essa spettanti
ai  sensi  dell'art. 117  della  Costituzione,  alla  disciplina e al
riordino  delle  funzioni  in  materia di protezione civile ed assume
quale   finalita'  prioritaria  della  propria  azione  la  sicurezza
territoriale. Il comma 2 precisa che all'espletamento delle attivita'
di protezione civile provvedono la Regione, le Province, i comuni, le
comunita'  montane,  le Unioni di comuni e le altre forme associative
di cui alla legge regionale 26 aprile 2001, n. 11, e vi concorre ogni
altra  istituzione ed organizzazione pubblica o privata, ivi comprese
le  organizzazioni  di  volontariato,  che  svolgono  nel  territorio
regionale  compiti,  anche  operativi,  di interesse della protezione
civile. E soggiunge che, per quanto riguarda le Amministrazioni dello
Stato  e  gli  enti  pubblici  nazionali,  il concorso operativo e la
collaborazione   nelle   attivita'   previste  dalla  presente  legge
avvengono previa intesa. Il comma 3 infine prevede che i soggetti ora
indicati  compongono  il  sistema  regionale di protezione civile che
persegue  l'obiettivo  di  garantire la salvaguardia dell'incolumita'
dei  cittadini,  la tutela dell'ambiente, del patrimonio culturale ed
artistico  e  degli  insediamenti civili e produttivi dai danni o dal
pericolo di danni derivanti da eventi calamitosi.
    1.2.  -  Tali  disposizioni  sono impugnate innanzitutto sotto il
profilo  che  esse  -  nel  ridefinire  principi, funzioni, compiti e
finalita'  di  protezione  civile  - contrasterebbero con l'art. 117,
terzo  comma,  della Costituzione, in base al quale spetta allo Stato
determinare,  in  maniera  unitaria  a  livello nazionale, i principi
fondamentali nella materia concorrente della «protezione civile».
    La questione non e' fondata.
    In  ordine all'assetto delle competenze nella materia concorrente
della  «protezione  civile» ed al rispetto da parte della Regione dei
principi  fondamentali  posti  dallo  Stato,  la  Corte ha piu' volte
affermato  (sentenze  n. 327  del  2003 e n. 32 del 2006) che - ancor
prima della riforma costituzionale del 2001 - il legislatore statale,
istituendo  il  Servizio  nazionale  della  protezione civile (con la
legge  24 febbraio 1992, n. 225), aveva gia' rinunciato ad un modello
centralizzato  optando  per  un'organizzazione  diffusa  a  carattere
policentrico; e che in tale logica, nell'art. 2, comma 1, della legge
citata, lo stesso legislatore aveva previsto tre diverse tipologie di
«eventi», correlativamente definendo competenze e responsabilita': a)
eventi   fronteggiabili   mediante  interventi  degli  enti  e  delle
amministrazioni competenti in via ordinaria; b) eventi che comportano
l'intervento  coordinato di piu' enti o amministrazioni competenti in
via  ordinaria; c) calamita' naturali, catastrofi o altri eventi che,
per intensita' ed estensione, richiedono mezzi e poteri straordinari.
    In  questa  prospettiva,  nel mutato quadro del nuovo assetto del
Titolo  V  della Parte seconda della Costituzione, la legge regionale
in  esame, con gli impugnati commi dell'art. 1, persegue la finalita'
prioritaria  di salvaguardare la sicurezza territoriale della Regione
(comma  1)  e  -  in  coerenza  con  tale  finalita'  - disciplina il
coordinamento  della propria attivita' con quella degli enti locali e
degli   altri   soggetti  pubblici  o  privati  coinvolti  (comma  2)
nell'ambito  degli  interventi  del  «sistema regionale di protezione
civile» (comma 3; v. pure art. 3).
    Il  rispetto  della  sfera  di  competenza  dello  Stato  risulta
esplicitato  da  diverse norme della legge stessa: l'art. 2, comma 1,
lettera c),   prevede,  in  conformita'  alla  legislazione  statale,
l'intervento  e  il coordinamento dello Stato per fronteggiare eventi
calamitosi   di  rilievo  nazionale,  che  colpiscono  il  territorio
regionale;  l'art. 4,  comma 3,  prevede  che la partecipazione della
Regione ad iniziative di protezione civile al di fuori del territorio
regionale e nazionale avvenga in armonia con gli indirizzi ed i piani
nazionali;  gli  articoli 5  e  6, disciplinano l'esercizio, da parte
delle  Province e dei comuni, di funzioni e compiti amministrativi ad
essi  attribuiti  dalla  citata  legge  n. 225 del 1992 e dal decreto
legislativo 31 marzo 1998, n. 112; gli articoli 11, 12 e 20, comma 2,
lettere b)  e c), sanciscono che il programma regionale di previsione
e  prevenzione  dei rischi e il piano regionale per la preparazione e
gestione  delle emergenze sono predisposti rispettivamente in armonia
con  gli  indirizzi  nazionali  ed  in  conformita'  con i criteri di
massima  formulati a livello nazionale; l'art. 13 prevede, in materia
di incendi boschivi, il rispetto dei principi della legge 21 novembre
2000,  n. 353;  l'art. 17  stabilisce,  in materia di volontariato di
protezione  civile,  il  rispetto  dei principi della legge 11 agosto
1991, n. 266.
    Si  deve quindi ritenere che la norma impugnata, cosi' come tutta
la  legge  regionale, ha quale oggetto soltanto gli eventi calamitosi
(incidenti comunque sul solo territorio regionale) fronteggiabili con
gli  interventi  di  cui  alle  lettere a) e b) dell'art. 2, comma 1,
della  legge  n. 225  del  1992,  e  non anche le calamita' naturali,
catastrofi o altri eventi destinati, per intensita' ed estensione, ad
essere  fronteggiati  con mezzi e poteri straordinari dello Stato (ex
art. 2,  comma 1,  lettera c, della stessa legge), nel rispetto della
sfera  di  competenza  ad  esso  attribuita dai principi fondamentali
della materia concorrente in esame.
    1.3.  -  Il  comma 2  dell'art. 1  (secondo cui «all'espletamento
delle  attivita'  di  protezione  civile  provvedono  la  Regione, le
Province,  i  comuni,  le comunita' montane, le Unioni di comuni e le
altre  forme  associative»)  e', altresi', ritenuto dal ricorrente in
contrasto  con l'art. 118, primo e secondo comma, Cost., che, in base
ai  principi  di  sussidiarieta',  differenziazione  ed  adeguatezza,
legittima  l'attribuzione  di  funzioni  amministrative  in capo allo
Stato ove occorra assicurarne l'esercizio unitario.
    La questione non e' fondata.
    Poiche'  sulla base delle considerazioni appena esposte, la norma
impugnata  si riferisce solo alle attivita' del «sistema regionale di
protezione civile», essa non incide su calamita' naturali, catastrofi
o  altri  eventi  che,  per  intensita' ed estensione, debbano essere
fronteggiati  con  mezzi  e  poteri di competenza statale. E comunque
essa  non  preclude  l'eventuale  allocazione  in  capo allo Stato di
quelle  funzioni amministrative di cui occorra assicurare l'esercizio
unitario,  ai  sensi  dell'art. 118  Cost., che peraltro - secondo la
giurisprudenza di questa Corte - puo' avvenire soltanto sulla base di
una legge statale, in ossequio al principio di legalita'.
    1.4.  -  Il comma 2 dell'art. 1 e' anche censurato nella parte in
cui  esclude  dal concorso alle attivita' di protezione civile alcune
categorie  di  soggetti  (cittadini, ordini e collegi professionali):
secondo  il  ricorrente,  la norma - in quanto riformula il principio
fondamentale   posto  dall'art. 6  della  legge  n. 225  del  1992  -
violerebbe gli articoli 117, terzo comma, e 118, ultimo comma, Cost.
    La  questione  non  e'  fondata,  poiche'  basata  su una lettura
incompleta della norma impugnata.
    Infatti,  il  comma 2 - dopo aver affermato che «all'espletamento
delle  attivita'  di  protezione  civile  provvedono  la  Regione, le
Province,  i  comuni,  le comunita' Montane, le Unioni di comuni e le
altre  forme  associative di cui alla legge regionale 26 aprile 2001,
n. 11»   -   aggiunge   testualmente  che  «vi  concorre  ogni  altra
istituzione  ed  organizzazione  pubblica  o privata, ivi comprese le
organizzazioni di volontariato, che svolgono nel territorio regionale
compiti,  anche  operativi, di interesse della protezione civile». Il
tenore  generale  della  disposizione  consente,  dunque, di ritenere
comprese  nel  concorso  alle attivita' di protezione civile anche le
categorie di soggetti indicate dal ricorrente.
    1.5.  -  Il comma 2 dell'art. 1 e' ancora impugnato - nella parte
in  cui  prevede  che il concorso operativo e la collaborazione nelle
attivita'  di  protezione  civile delle Amministrazioni dello Stato e
degli  Enti pubblici avvenga «previa intesa» - sotto il profilo della
violazione   dell'art. 5,   commi 4   e   4-bis,   del  decreto-legge
7 settembre  2001,  n. 343,  convertito  nella legge 9 novembre 2001,
n. 401, secondo cui l'attivita' dello Stato per i primi interventi e'
effettuata  «in concorso con le regioni e da queste in raccordo con i
prefetti e con i Comitati provinciali di protezione civile».
    Neanche tale questione e' fondata.
    L'art. 2,  comma 1,  della legge regionale in esame si risolve in
una  parafrasi dei principi fissati dall'art. 2, comma 1, lettere a),
b)  e  c),  della  legge n. 225 del 1992, prima ricordati (al n. 12),
integrati dagli articoli 107 e 108 del d.lgs. n. 112 del 1998.
    A  sua  volta,  il comma 1 dell'art. 23 attribuisce all'istituito
Comitato   regionale  per  l'emergenza  -  oltre  alla  «funzione  di
coordinamento  tecnico-operativo regionale delle attivita' necessarie
a fronteggiare gli eventi di cui all'art. 2, comma 1, lettera b)», la
cui  disciplina  spetta  alla  legge  regionale  - anche il «concorso
tecnico  regionale»  agli  interventi  di  cui  all'art. 2,  comma 1,
lettera c),  della  legge  n. 225,  in evidente funzione ausiliaria e
collaborativa con gli organi statali.
    In  un  quadro  siffatto,  la  previsione dell'«intesa» non viene
impiegata  in  senso  contrapposto  al  «concorso»  e  al  «raccordo»
previsti  dal citato art. 5 del decreto-legge n. 343 del 2001; ma per
significare  che - nei casi in cui l'attivita' degli organi regionali
puo'  concorrere  con quella di organi statali, ossia nei casi di cui
alla  menzionata lettera c) - gli organi regionali devono agire sulla
base  di  intese  con  gli organi statali, proprio a maggior garanzia
dell'autonomia dell'amministrazione statale.
    1.6.  -  A sua volta, il comma 3 dell'art. 1 e' censurato - nella
parte  in cui limita ai «cittadini» la salvaguardia dell'incolumita',
escludendo  dal  novero dei soggetti tutelati chi cittadino non sia -
per  violazione  dei  principi fondamentali della materia e di quelli
previsti  dalla  Costituzione,  dall'ordinamento  comunitario e dagli
obblighi internazionali (art. 117, primo comma, Cost.).
    La questione non e' fondata.
    L'espressione  «cittadini» non e' evidentemente usata dalla norma
in senso tecnico, riferito all'appartenenza delle persone allo Stato,
con  esclusione  degli  stranieri  o  degli  apolidi;  e  puo' dunque
agevolmente  essere  intesa,  in  senso costituzionalmente orientato,
come riferita in generale a tutte le persone fisiche.
    2.  -  L'art. 2,  sul presupposto dell'esistenza di un «principio
unitario»  che informerebbe la materia, e' censurato sotto il profilo
che  -  definendo  gli  eventi  calamitosi  in  funzione  dell'organo
competente ad intervenire piuttosto che dell'intensita' ed estensione
del  fenomeno (come previsto dall'art. 2 della legge n. 225 del 1992)
-  configurerebbe  sistemi  di  intervento  regionale  differenziati,
capaci  di  inficiare,  da  un  lato,  il principio di uguaglianza e,
dall'altro,  l'azione  statale  per  i casi calamitosi travalicanti i
confini del territorio della singola Regione.
    La questione non e' fondata.
    A  prescindere  dalla  gia'  rilevata  erroneita'  della premessa
dell'esistenza  di  un «principio unitario» del sistema di protezione
civile,  si  e'  notato  (retro,  n. 1.5.) come la norma regionale si
ponga  invece  nel  solco  dei principi fissati dall'art. 2, comma 1,
lettere a),  b)  e  c),  della legge n. 225 del 1992, integrati dagli
articoli 107  e  108 del d.lgs. n. 112 del 1998, il cui contenuto del
resto sostanzialmente riproduce.
    3.  -  L'art. 4,  comma 1,  e'  a sua volta censurato (ancora sul
presupposto «dell'unitarieta' del sistema») sotto il profilo che esso
-  attribuendo alla Regione «l'esercizio delle funzioni in materia di
protezione  civile  non  conferite  ad  altri Enti dalla legislazione
regionale  e  statale»  - violerebbe l'art. 7, comma 1, della legge 5
giugno 2003,  n. 131,  secondo il quale, in attuazione dell'art. 118,
primo  comma, Cost., lo Stato puo' attribuire a se stesso le funzioni
amministrative di cui occorra garantire l'unitarieta' di esercizio.
    Nei termini in cui e' proposta, la questione non e' fondata.
    Valgono,   infatti,   le  medesime  considerazioni  svolte  circa
l'erroneita'   della   premessa  dell'«unitarieta'  del  sistema»  di
protezione   civile  e  circa  l'inidoneita'  di  norme  come  quella
impugnata  ad  impedire  un'eventuale allocazione in capo allo Stato,
mediante  apposita  legge statale, di funzioni amministrative assunte
in sussidiarieta', ai sensi dell'art. 118 Cost.
    4.  - L'art. 20, che istituisce l'Agenzia regionale di protezione
civile,  e'  impugnato  «per contrasto con i gia' richiamati principi
costituzionali», poiche' attribuisce rilevanti funzioni di protezione
civile - quali la gestione del volontariato, l'emissione di avvisi di
attenzione,  preallarme  ed allarme, la predisposizione del programma
di  previsione  e  prevenzione,  la  pianificazione  di emergenza, la
presidenza  del  Comitato operativo regionale, la partecipazione alla
Commissione  regionale  per  la  previsione  e per la prevenzione dei
grandi  rischi  -  ad  un  Ente pubblico dotato di autonomia tecnica,
operativa, amministrativa e contabile.
    Nei   termini   prospettati   -  ed  anche  a  prescindere  dalla
genericita'     dell'argomentazione    a    sostegno    dell'asserita
incostituzionalita'  -  la questione e' inammissibile in quanto nella
proposta  del  Ministro  per  gli  affari regionali, richiamata dalla
delibera  del  Consiglio  dei ministri di impugnazione della legge in
esame, non v'e' traccia di tale motivo di impugnazione.
    4.1.  - L'art. 20, comma 2, lettera f) - che consente all'Agenzia
regionale  di  protezione  civile  di  emettere avvisi di attenzione,
preallarme  ed allarme -, e' censurato per contrasto con la direttiva
del  Presidente  del  Consiglio  dei ministri del 27 febbraio 2004; a
sostegno  dell'impugnazione  il  ricorrente  richiama  la sentenza di
questa  Corte  n. 238 del 2004, deducendo che in essa «si prevede che
le  Regioni non possano porre in essere attivita' o atti lesivi delle
direttive statali».
    La questione non e' fondata.
    In  primo luogo, l'affermazione di cui alla richiamata sentenza -
peraltro  non espressa nei termini evocati nel ricorso - si muove nel
diverso  ambito dell'esercizio del c.d. «potere estero» delle Regioni
(di  cui ai commi quinto e nono dell'art. 117 Cost.) e del necessario
coordinamento  di  esso con l'esclusiva competenza statale in tema di
politica estera (secondo le procedure dettate dall'art. 6 della legge
n. 131  del 2003). La decisione non puo' quindi di per se' comportare
l'incostituzionalita' della norma impugnata, in un contesto nel quale
- trattandosi di materia rimessa alla competenza concorrente di Stato
e  Regione  -  al  primo  spetta  solo  di  determinare, con legge, i
principi  fondamentali  (ex  art. 117,  terzo  comma, ultimo periodo,
Cost. ed art. 1 della legge n. 131 del 2003).
    D'altro  canto, la formulazione della norma impugnata consente di
interpretarla  nel  senso  che  lo  specifico compito di emissione di
avvisi  di  attenzione,  preallarme  ed  allarme,  da  essa  affidato
all'Agenzia  regionale  di  protezione  civile,  mira  ad  attuare il
disposto  dell'art. 108  del  d.lgs.  n. 112  del  1998,  il quale al
comma 1,  lettera  a),  n. 1),  attribuisce  alle Regioni le funzioni
relative   alla   predisposizione   dei  programmi  di  previsione  e
prevenzione dei rischi, sulla base degli indirizzi nazionali.
    5. - L'art. 23 e' censurato sotto diversi profili.
    La  norma  -  nella parte in cui istituisce il Comitato operativo
regionale  per l'emergenza (COREM), con funzioni estese anche ai casi
di  cui all'art. 2, comma 1, lettera c) - violerebbe, in primo luogo,
l'art. 2,  comma 1,  lettera c),  della  legge  n. 225  del 1992, che
invece  rimette  allo  Stato  l'intervento nei casi di calamita' piu'
gravi.
    La questione non e' fondata.
    Infatti,  il  comma 1  dell'art. 23  attribuisce al COREM - da un
lato  -  la  «funzione  di  coordinamento tecnico-operativo regionale
delle   attivita'   necessarie  a  fronteggiare  gli  eventi  di  cui
all'art. 2,  comma 1,  lettera b)», la cui disciplina (per le ragioni
esaminate:  retro,  n. 1.2.)  spetta alla competenza della Regione ai
sensi  dell'art. 2, comma 1, lettera b), della legge n. 225 del 1992;
e  -  dall'altro - il «concorso tecnico regionale» agli interventi di
cui  all'art. 2,  comma 1,  lett.  c),  della stessa legge n. 225, in
funzione meramente ausiliaria e collaborativa con i competenti organi
statali.
    5.1.  - Inoltre, secondo il ricorrente, la norma - nella parte in
cui  istituisce  la  Commissione  regionale  per  la  previsione e la
prevenzione  dei  grandi  rischi  - violerebbe: a) l'art. 5, commi 3,
3-bis e 3-quater del decreto-legge n. 343 del 2001 e gli articoli 7 e
9  della  legge n. 225 del 1992, determinando inutili duplicazioni di
funzioni  con  quelle  svolte  sull'intero territorio nazionale dalla
Commissione statale per la previsione e per la prevenzione dei grandi
rischi;   b)   gli   articoli 107,  lettera f),  numero  1),  e  108,
lettera a),  numero  1), del d.lgs. n. 112 del 1998, sulle competenze
di  Stato  e  Regioni  in  tema  di  predisposizione e attuazione dei
programmi di previsione e prevenzione dei rischi.
    Entrambi i profili di censura sono infondati.
    Anche le funzioni della Commissione regionale per la previsione e
la  prevenzione  dei grandi rischi - in coerenza con l'intero assetto
della  legge  regionale  in esame - devono ritenersi limitate ai soli
eventi calamitosi (incidenti sul territorio regionale) fronteggiabili
con  gli interventi di cui alle lettere a) e b) dell'art. 2, comma 1,
della  legge  n. 225  del  1992,  con  esclusione quindi degli eventi
destinati,  per  intensita' ed estensione, ad essere fronteggiati con
mezzi   straordinari,   di   competenza   statale  (art. 2,  comma 1,
lettera c).
    D'altro  canto,  la  Commissione  regionale ha il solo compito di
fornire,   su   richiesta   della   Regione,   consulenza,   supporto
tecnico-scientifico e proposte in materia di previsione e prevenzione
dei   rischi   specifici   del   territorio  regionale;  essa  quindi
(nell'intenzione   del  legislatore  regionale,  peraltro  libero  di
legiferare  nella  materia concorrente col solo rispetto dei principi
fondamentali)  e'  anche deputata ad attuare, trasponendoli a livello
regionale, i criteri stabiliti dalla Commissione nazionale, senza con
cio' duplicarne le funzioni.
    5.2.  -  Infine  la norma - nella parte in cui affida al Comitato
operativo  regionale per l'emergenza e alla Commissione regionale per
la  previsione  e  la  prevenzione dei grandi rischi il coordinamento
tecnico   degli  interventi  nella  fase  emergenziale  -  violerebbe
l'art. 5  del  decreto-legge  n. 343 del 2001 e l'art. 107 del d.lgs.
n. 112   del   1998,  che  attribuiscono  allo  Stato  il  potere  di
coordinamento,  anche  scientifico, per assicurare interventi di piu'
ampio orizzonte, non parcellizzati.
    Nel  senso  dell'infondatezza  della  censura  valgono  i criteri
interpretativi  piu'  volte  citati:  la norma impugnata, riguardando
attivita'  della  Regione per eventi rientranti nell'ambito della sua
competenza,   non   comporta  di  per  se'  violazione  dei  principi
fondamentali desumibili dalle evocate norme interposte, pur se non le
richiama  esplicitamente  (ma  nemmeno  contiene  previsioni  ad esse
contrarie) (sentenze n. 327 del 2003 e n. 129 del 2006).
    6.  -  Infine l'art. 24, comma 1, e' censurato nella parte in cui
prevede  il  trasferimento  di risorse statali all'Agenzia regionale,
per  contrasto  con  gli  articoli 118  e  119 Cost., secondo i quali
l'erogazione  di  finanziamenti  pubblici  e'  disposta dallo Stato e
avviene  in  base  ai principi di sussidiarieta', differenziazione ed
adeguatezza.
    La questione non e' fondata.
    La   norma  impugnata  classifica  fra  le  entrate  dell'Agenzia
regionale  -  oltre alle risorse ordinarie e straordinarie trasferite
annualmente   dalla  Regione  -  le  risorse  ordinarie  statali  per
l'esercizio  delle  funzioni  conferite  alla  Regione  in materia di
protezione  civile;  le  risorse straordinarie statali per interventi
connessi ad eventi da cui derivi lo stato di emergenza nel territorio
regionale; le risorse del Fondo regionale di protezione civile di cui
all'art. 138,  comma 16,  della  legge 23 dicembre 2000, n. 388; e le
risorse  comunitarie,  statali  e regionali per il finanziamento o il
cofinanziamento   di   progetti   ed  attivita'  di  interesse  della
protezione civile in ambito europeo.
    Il  suo  contenuto, pertanto, e' meramente descrittivo di entrate
che  possono  pervenire  alla  Agenzia  regionale  secondo i generali
criteri   di   conferimento,   e   non  costituisce  certo  fonte  di
obbligazioni  di  trasferimento di risorse finanziarie a carico dello
Stato;  sicche'  il solo effetto dell'elenco e' quello di legittimare
l'Agenzia  a  ricevere  gli  indicati  tipi di entrate, se e quando i
relativi  trasferimenti  vengano  disposti  dalla  fonte  competente,
regionale, statale o comunitaria.