Conflitto tra enti depositato l'11 ottobre 2006 della Regione autonoma della Sardegna, in persona del suo Presidente dott. Renato Soru, giusta deliberazione della Giunta regionale del 30 settembre 2006 n. 41/3 rappresentata e difesa, in virtu' di procura a margine del presente atto, dal prof. avv. Massimo Luciani del Foro di Roma, elettivamente domiciliata presso lo studio di quest'ultimo in Roma, via Bocca di Leone, n. 78; Contro il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato e presso la stessa domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12, per regolamento di competenza sul conflitto di attribuzione avverso la sentenza della Corte di cassazione, Sezione I civile, n. 16889 dell' 11-24 luglio 2006, notificata in data 7 agosto 2006, mediante la quale veniva dichiarata la decadenza di Andrea Mario Biancareddu dalla carica di consigliere della Regione Sardegna. 1. - Il presente conflitto trae origine da una controversia relativa alla pretesa ineleggibilita' e/o incompatibilita' alla carica di consigliere regionale della Regione Sardegna dell'on. Andrea Mario Biancareddu, in quanto presidente e legale rappresentante di un ente in ipotesi qualificabile come vigilato dalla regione (un consorzio per area di sviluppo industriale). Su tale controversia si sono pronunciati, nell'ordine, il Tribunale di Cagliari, Sez. civ., con sent. 8 marzo-17 marzo 2005, n. 621/05; la Corte di appello di Cagliari, Sez. 2ª civ., con sent. 17 giugno-10 luglio 2005, n. 230/2005; la Corte di cassazione, con la sentenza di cui in epigrafe (Sez. I civ., 11- 24 luglio 2006, n. 16889). I fatti di causa relativi al giudizio di primo grado sono stati puntualmente descritti dalla riferita pronuncia di appello, che pertanto e' qui opportuno, in tale parte, riportare: L'elettrice Prima Bernardi propose ricorso al Tribunale di Cagliari ai sensi dell'art. 82 d.P.R. n. 570/1960 e succ. mod. avverso la deliberazione in data 14 luglio 2004 con la quale il Consiglio regionale della Sardegna aveva provveduto ad insediare nella carica di consigliere regionale il dott. Andrea Mario Biancareddu, in relazione alle elezioni del XIII consiglio regionale. Dedusse che quest'ultimo era ineleggibile e incompatibile alla carica di consigliere regionale ai sensi degli artt. 2 n. 11 e 3 n. 1 della legge n. 154/1981 in guanto alla data del giorno fissato per il deposito delle candidature rivestiva la carica di presidente e legale rappresentante del Consorzio per la zona industriale di interesse regionale di Tempio Pausania, ente dipendente della Regione o quanto meno sottoposto alla sua vigilanza. Fissata con decreto presidenziale l'udienza per la discussione del ricorso, nelle more Prima Bernardi dichiaro' di rinunciare alla domanda relativa alla sostenuta incompatibilita' del Biancareddu con la carica di consigliere regionale, tenendo ferma la domanda relativa alla dedotta ineleggibilita' del medesimo. Il Biancareddu resistette al ricorso chiedendone il rigetto. Prima che avesse inizio la discussione, in udienze successive a quella indicata nel decreto presidenziale, intervennero nel giudizio Renato Lai, primo dei non eletti nella lista cui apparteneva il Biancaraddu, il consiglio regionale della Sardegna e l'elettore Luca Spano chiedendo che venisse dichiarata l'ineleggibilita' o la incompatibilita' del Biancareddu alla carica di consigliere regionale per i motivi indicati nel ricorso della sig.ra Bernardi. Il Procuratore della Repubblica di Cagliari concluse per il rigetto dei ricorso. Con sentenza n. 621/05, letta in udienza l'8 marzo 2005, il tribunale dichiaro' inammissibile perche' tardivamente proposto l'intervento del Lai, del Consiglio regionale della Sardegna e dello Spano, nel merito rigetto' il ricorso relativo alla dedotta causa di ineleggibilita' del Biancareddu, compenso' infine le spese tra le parti. Ritenne il tribunale che l'intervento, ai sensidell'art. 268 c.p.c., sarebbe dovuto avvenire alla udienza fissata nel decreto presidenziale per la discussione del ricorso, identificandosi tale udienza con quella in cui dovevano precisarsi le conclusioni. Ritenne nel merito che la causa di ineleggibilita' non ricorresse perche' non applicabile alle elezioni del Consiglio regionale della Regione Sardegna la legge n. 154/1981. Compenso' le spese per la novita' delle questioni trattate e per la natura pubblicista degli interessi coinvolti nel giudizio». Il Tribunale di Cagliari, con la sentenza sopramenzionata, definiva il giudizio emettendo il seguente dispositivo: «dichiara inammissibili gli interventi di Vittorio Renato Lai, Luca Spano e del Consiglio regionale della Regione Sardegna, rigetta il ricorso proposto da Prima Bernardi e dichiarainteramente compensate tra le parti le spese pocessuali». 2. - Avverso la sentenza resa dal Tribunale di Cagliari proponeva appello il Lai, chiedendo l'accoglimento dell'appello e, conseguentemente, la declaratoria della decadenza dalla carica di consigliere regionale del Biancareddu e la sua sostituzione con il primo dei non eletti nell'ambito della lista Libertas-UDC per la circoscrizione elettorale di Olbia-Tempio. Resistevano il Biancareddu e il Consiglio regionale della Sardegna. La Corte di appello di Cagliari definiva il giudizio emettendo il seguente dispositivo: «1) dichiara ammissibile l'intervento in primo grado di Vittorio Renato Lai; 2) dichiara inammissibile per carenza di interesse, l'intervento in primo grado del Consiglio regionale della Sardegna; 3) dichiara inammissibili le conclusioni assunte dal Procuratore Generale presso la Corte d'Appello di Cagliari; 4) rigetta la domanda proposta ai sensi dell'art. 96 primo comma c.p.c. da Vittorio Renato Lai nei confronti del Consiglio Regionale della Sardegna; 5) rigetta la domanda di accertamento della incompatibilita' di Andrea Mario Biancareddu alla carica di consigliere regionale e di pronuncia di decadenza dalla stessa; 6) conferma nel resto la sentenza del Tribunale di Cagliari n. 621/2005; 7) dichiara compensate le spese tra le parti del giudizio». 3. - Avverso la pronuncia della Corte di Appello di Cagliari proponeva ricorso per cassazione il Lai. Il Biancareddu e il Consiglio regionale della Sardegna - proponevano due distinti controricorsi e ricorsi incidentali, ai quali il Lai resisteva con separati controricorsi. Le questioni poste alla Corte di cassazione erano, secondo la ricostruzione fattane nella stessa pronuncia qui censurata, che occorre in tale parte riportare, le seguenti: «I) se abbia errato la Corte territoriale nel ritenere ammissibile l'intervento del Lai, pur effettuato solo successivamente all'udienza fissata nel decreto presidenziale in calce al ricorso introduttivo Bernardi (1° mezzo del ricorso incidentale Biancareddu); II) se abbiano, altresi', errato quei giudici nel ritenere, per converso, inammissibile l'intervento (ancorche' a loro avviso tempestivo) del Consiglio regionale, per il diverso profilo di insussistenza di un suo interesse a ricorrere (motivo unico del ricorso incidentale della Regione Sardegna); II-bis) se la questione sub-II non debba ritenersi preclusa per effetto del giudicato formatosi, nei confronti della Regione, sul punto della tardivita' del suo intervento, quale dichiarata dal tribunale e da essa non appellata (controricorso Lai); III) se potesse il Lai, nel suo intervento, reintrodurre la domanda, per declaratoria di incompatibilita', abbandonata dalla originaria ricorrente (2° mezzo del ricorso incidentale Biancareddu); IV) se, nell'escludere l'applicabilita' nel territorio della Regione Sardegna, della legge statale n. 154/1981, la Corte cagliaritana non abbia, erroneamente interpretato e falsamente applicato sia l'art. 3 della legge cost. n. 2 del 2001, sia l'art. 57 dello Statuto di autonomia, e se l'esegesi di dette norme, da essa presupposta, non si ponga in contrasto con il precetto dell'art. 51 della Costituzione (motivi da 1 a 3 del ricorso principale Lai); V) se non abbia errato la Corte territoriale nel ritenere che, in virtu' del meccanismo di cui all'art. 57 dello Statuto, sia applicabile, in materia di disciplina dei casi di ineleggibilita' ed incompatibilita' per la elezione a consigliere regionale, la legge statale speciale, di cui al d.P.R. n. 1462/1948 contenente, a differenza della legge n. 154/1981, specifici riferimenti alla Sardegna [ancorche' abbia poi escluso che detta legge contenga previsioni corrispondenti alle cause di ineleggibilita' c/o incompatibilita' dedotte dal Lai], (motivi terzo e quarto del ricorso incidentale, Biancareddu); VI) se, in ipotesi di ritenuta applicabilita' nella fattispecie della legge statale n. 154/1981, nel merito, le cause di ineleggibilita' e di incompatibilita', ivi previste, non siano comunque irriferibili al Presidente di un Consorzio per area industriale (come quello, appunto, presieduto dal Biancareddu), in ragione dell'inesitenza di un rapporto di dipendenza di detti consorzi rispetto alla Regione (controricorso Biancareddu), ovvero se non sia all'uopo sufficiente, quanto meno ai fini della incompatibilita', un rapporto di vigilanza in senso lato che si traduca, come nella specie, in un controllo della Regione idoneo ad incidere sulprocesso formativo della volonta' del consorzio, ad esempio concorrendo alla nomina dei suoi rappresentanti (4° motivo del ricorso Lai); VII) se, ai fini della tempestivita' delle dimissioni idonee ad evitare la decadenza per incompatibilita', il termine di dieci giorni dalla ricevuta notifica del ricorso, all'uopo stabilito dall'art. 7 della legge n. 154/1981 cit., non si «cristallizzi», comunque, una volta decorso, per cui sia irrilevante la successiva rinunzia, anche prima del decimo giorno, da parte della ricorrente, alla domanda di declaratoria di incompatibilita' (4° motivo del ricorso Lai); ovvero se la riferita norma non debba ritenersi abrogata o, in subordine, debba interpretarsi nel senso che la rinuncia al ricorso nel termine suddetto lasci, lo spatium deliberandi (contricorso Biancareddu), ne' questo possa essere interrotto (con riapertura del termine sub art. 7. legge n. 154/1981) dall'atto di intervento (ivi)». La Corte definiva il giudizio accogliendo il ricorso principale e dichiarando la decadenza del Biancareddu dalla carica di consigliere regionale della Regione Sardegna, poiche' presidente di un ente vigilato dalla Regione, e in quanto tale in situazione di incompatibilita' giusta la legge n. 154 del 1981. 4. - Non tutto l'itinerario argomentativo seguito dalla Corte di cassazione per giungere alla riferita statuizione interessa - ovviamente - in questa sede di giudizio per conflitto di attribuzione. Rilevano pero' (e sono particolarmente e gravemente lesive), in una con le statuizioni di cui in dispositivo, le seguenti affermazioni: a) la normativa vigente prevedrebbe la «attuale applicabilita', in via sussidiaria, della disciplina delle ineleggibilita' e incompatibilita' di cui alla legge 154 del 1981 nel territorio della Sardegna»; b) dovrebbe escludersi «che l'unico caso di inelleggibilita' [...] e di tre (ora quattro) casi di incompatibilita'...] previsti nel primo comma dell'art. 17 dello Statuto di autonomia esauriscano [...] la disciplina della materia»; c) cio', anche «alla luce dello stesso art. 17 che, al suo comma terzo, espressamente demandava alla legge dello Stato di stabilire gli altri casi di ineleggibilita' e di incompatibilita»; d) non varrebbe, in contrario, l'intervenuta abrogazione di tale disposizione da parte della legge cost. n. 2 del 2001, atteso che detta abrogazione sarebbe stata stabilita «non per rendere esaustiva la previsione del primo comma dell'articolo in esame, ma solo per sostituire la legge regionale a quella statale, quale fonte di integrazione dei casi di ineleggibilita' e di incompatibilita' con le cariche di consigliere regionale [...]»; e) ne consequirebbe che «sussisteva [...] e sussiste tuttora, il dovere per il legislatore di rango subordinato (prima lo Stato ed ora la regione) di - legiferare in guisa da creare un completo assetto del regime di incompatibilita' ed ineleggibilita' per le cariche elettive nella regione Sardegna», poiche' «nel difetto di un tale regime si determinerebbe [...] una situazione di vuoto legislativo per non essere all'evidenza l'unico caso di ineleggibilita' ed i pochi casi di incompatibilita' statutariamente previsti suscettibili di soddisfare le primarie esigenze di imparzialita' e buon andamento dell'amministrazione (art. 97 Cost.), di eguaglianza dei cittadini (art. 3 Cost.) e del possesso di determinati requisiti per l'accesso alle cariche elettive». f) appunto «in coerenza e in funzione di tale esigenza costituzionale di completezza del regime di disciplina dell'accesso alle cariche elettive» andrebbe «letto l'art. 57 dello Statuto della Sardegna»; g) ne' la legislazione statale applicabile sarebbe solo quella che facesse esplicito riferimento alla regione Sardegna, atteso che tale requisito sarebbe «del tutto estraneo alla lettera e allo spirito della suddetta norma statutaria e cioe' dello stesso art. 57] . La quale, nel prevedere l'applicazione delle leggi dello Stato, la subordina alla sola condizione temporale della non ancora intervenuta approvazione di legge regionale regolatrice della materia»; h) anche la «logica storica» deporrebbe in questo senso, atteso che lo Statuto speciale della regione Sardegna, risalendo al 1948, non avrebbe potuto rinviare a leggi statali precedenti che gia' si riferissero alla regione Sardegna; i) al contrario «lo specifico "riferimento alla Sardegna" appartiene alla logica e alla struttura della legge statale cui era espressamente riservata, dall'ora abrogato terzo comma dell'art. 17 dello Statuto, l'indicazione degli altri casi di ineleggibilita' ed incompatibilita' alla carica di consigliere della regione stessa. Ed e' invece estraneo, quel riferimento, al meccanismo di cui al successivo art. 57, che - come gia' puntualizzato dalla sentenza n. 12806/2004 di questa corte - "fa tuttora rinvio alla legge statale". E la cui applicazione - alla stregua del "rapporto di gerarchia", e di specialita', che esiste tra la fonte (di rango costituzionale) richiamante e la fonte (ordinaria) richiamata - resta esclusa non in assenza di specifico riferimento alla Sardegna ma in presenza di una disciplina statuale che converga su medesimo oggetto o profilo gia' regolato dallo Statuto»; l) non varrebbe opporre la sentenza di codesta ecc.ma Corte costituzionale n. 85 del 1988, la quale non avrebbe presupposto «la inapplicabilita' in radice della citata legge n. 154 alle elezioni dei consiglieri reginali sardi - ma (come ben chiarito al punto 2 del «considerato in diritto») - e' solo limitatamente alla «parte che interessa[va]» in quel giudizio, e cioe' con riguardo (anche in qual caso alla specifica incompatibilita' della carica di consigliere regionale con quella di sindaco, che essa ha escluso l'applicabilita', nella Sardegna, della specifica disposizione statuale [id est dell'art. 4 della legge n. 154] disciplinante (sia pur con diversa ampiezza ostativa) il «medesimo caso» di incompatibilita' gia' statutariamente regolato»; m) nemmeno varrebbe invocare la legge cost. n. 2 del 2001, atteso che l'art. 3, comma 3, di tale legge non rinvierebbe alla legge statale solo per quanto concerne il procedimento elettorale, bensi' per l'intera disciplina della elezione dei consigli regionali, nella quale sarebbero compresi «anche gli aspetti dell'ineleggibilita' alla carica e della compatibilita' di questa con altri uffici». 5.- Seguendo le riferite argomentazioni e adottando la conseguente statuizione di decadenza del Biancareddu dalla carica di consigliere regionale della regione Sardegna, la Corte di cassazione ha gravemente leso le attribuzioni costituzionali della ricorrente Regione autonoma della Sardegna, per i seguenti motivi di D i r i t t o 1. - Violazione degli artt. 15, 17 e 57 della legge cost. 26 febbraio 1948, n. 3, recante «Statuto speciale per la Sardegna», e 3, commi 2 e 3, della legge cost. 31 gennaio 2001, n. 2, recante «Disposizioni concernenti l'elezione diretta dei presidenti delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano», anche in riferimento agli artt. 101, 102, 111 e 113 della Costituzione. La sentenza impugnata viola le disposizioni-parametro in epigrafe richiamate per una pluralita' di profili. 1.1. - Si deve preliminarmente osservare che la sentenza impugnata prende le mosse da un'evidente e grave distorsione del canone dell'interpretazione conforme a Costituzione. Come e' noto, la giurisprudenza costituzionale e' costante nell'affermare che «le leggi non si dichiarano costituzionalmente illegittime perche' e' possibile darne interpretazioni incostituzionali (e qualche giudice ritenga di darne), ma perche' e' impossibile darne interpretazioni costituzionali» (sent. n. 356 del 1996; cui adde, almeno, sentt. nn. 354 del 1997; 65 e 200 del 1999; 319 del 2000; 301 del 2003; ordd. nn. 147 del 1998; 174 del 1999; 130 del 2002; 299 del 2006 e moltissime altre) . La sentenza che ha originato il presente conflitto afferma di aver fatto uso di tale criterio interpretativo, laddove rivendica di aver seguito un'interpretazione «costituzionalmente orientata» della normativa vigente (p. 18), ma va ben oltre i limiti logici di tale criterio. Come si e' riferito, dovrebbe escludersi «che l'unico caso di ineleggibilita' [...] ed i tre (ora quattro) casi di incompatibilita' [...] previsti nel primo comma dell'art. 17 dello Statuto di autonomia esauriscano [...] la disciplina della materia» in quanto, se tale soltanto fosse la disciplina, «si determinerebbe [...] una situazione di vuoto legislativo per non essere all'evidenza l'unico caso di ineleggibilita' ed i pochi casi di incompatibilita' statutariamente previsti suscettibili di soddisfare le primarie esigenze di imparzialita' e buon andamento dell'amministrazione (art. 97 Cost.), di eguaglianza dei cittadini (art. 3 Cost.) e del possesso di determinati requisiti per l'accesso alle cariche elettive». Ora, non e' chi non veda come, cosi' ragionando, la Corte di cassazione abbia operato una valutazione che ha a che fare con l'opportunita' e non con la legittimita', sotto la quale non giace affatto l'asserita «evidenza». E', invero, giurisprudenza costituzionale costante che «le cause di ineleggibilita', per essere conformi al principio dell'art. 51 Cost., devono considerarsi di stretta interpretazione e comunque contenute entro i limiti rigorosamente necessari per il soddisfacimento delle esigenze di pubblico interesse» (cosi', tra le pronunce degli ultimi anni sent. n. 306 del 2003, ma v., tra le molte, gia' sentt. nn. 166 del 1972; 5 del 1978; 388 del 1991; 344 del 1993, 141 e 364 del 1996; 132 del 2001). Ne viene che quella di introdurre una clausola di ineleggibilita' o di incompatibilita' e' una delicatissima scelta legislativa, che incide, limitandolo, in un diritto costituzionale certamente fondamentale come quello di elettorato passivo. Essa, inoltre, deve essere oggetto di un sindacato particolarmente scrupoloso di costituzionalita'. Conseguentemente, e specularmente, non compete certo, all'autorita' giudiziaria (se non in via meramente, delibativa e al fine di promuovere il sindacato di legittimita' da parte dei Giudice costituzionale) la, valutazione di illegittimita' costituzionale di una previsione legis1ativa in quanto non preveda una qualche ineleggibilita' o incompatibilita'. La Corte di cassazione, invece, da' per scontato («evidente») quel che scontato non e' affatto, invertendo l'impostazione logica prospettata dalla giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte costituzionale (trascurando, cioe', che l'eleggibilita' e' la regola e l'ineleggibilita' - o l'incompatibilita' - l'eccezione: cfr. sentt. Corte cost. nn. 46 del 1965, 376 del 2004 - ove si precisa che «non e' dato vedere come la eliminazione di talune cause di ineleggibilita' possa limitare il diritto di accedere alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza» - e numerose altre). Non basta. La pronuncia impugnata, a conferma dell'indebito e (per la regione Sardegna) lesivo esercizio di un'attribuzione non spettante all'autorita' giudiziaria, omette ogni pur minima motivazione sul punto relativo all'effettiva indispensabilita' della specifica e concreta causa di incompatibilita' della quale era causa, asserendo, apoditticamente, che esisterebbe una generica e astratta insufficienza della normativa statutaria sarda, con cio' solo arrecando un evidente pregiudizio all'autonomia della regione, per la quale le cause di incompatibilita' sono regolate direttamente dallo Statuto, fonte costituzionale, e dalla legge regionale. Non varrebbe, in avverso, richiamare la sent. n. 217 del 2006, con la quale codesta ecc.ma Corte costituzionale ha ritenuto ragionevole la previsione dell'incompatibilita' tra la carica di consigliere provinciale, comunale e circoscrizionale, e la qualita' di legale rappresentante o dirigente di societa' vigilate o sovvenzionate dall'ente locale di riferimento. Una cosa, infatti, e' che si possa considerare ragionevole la legge che preveda una tale incompatibilita'; cosa del tutto diversa e' che quella causa di incompatibilita', non prevista dalle fonti costituzionali che definiscono le prerogative regionali, sia pretoriamente introdotta dall'autorita' giudiziaria, esercitando una prerogativa inesistente (eppercio' in difetto assoluto di potere). In definitiva, la Corte di cassazione: a) ha ritenuto di poter ravvisare una causa di incompatibilita' la' dove lo Statuto della regione Sardegna (in una - come poi vedremo - con la legge cost. n. 2 del 2001) non la prevedeva (ne' consentiva che fosse prevista da fonte statale); b) ha travalicato i limiti della funzione giurisprudenziale, per come definiti dagli artt. 101, 102, 111 e 113 della Costituzione, che impongono all'autorita' giudiziaria di applicare la legge e non le consentono certo di colmare pretese inadeguatezze della legge sulla base di considerazioni di opportunita' e in assoluta mancanza di dati normativi legittimanti. 1.2. - Il richiamo che la sentenza impugnata opera al vecchio art. 17, comma 3, dello Statuto, in questa prospettiva, non solo non e' conferente, ma e' addirittura controproducente. La sentenza, infatti, come riferito, afferma che proprio su tale disposizione si dovrebbe far leva, in quanto essa «espressamente demandava alla legge dello Stato di stabilire gli altri casi di ineleggibilita' e di incompatibilita», mentre l'unica novita' introdotta dalla legge cost. n. 2 del 2001 starebbe in cio' che, abrogando quel terzo comma, si sarebbe voluto soltanto «sostituire la legge regionale a quella statale, quale fonte di integrazione dei casi di ineleggibilita' e di incompatibilita' con le cariche di consigliere regionale [...]». Proprio il fatto che il riferimento alla legge statale sia scomparso, pero', e' di rilievo dirimente. Lo Statuto, ora, non consente che le cause di ineleggibilita e di incompatibilita siano stabilite dalle previsioni statutarie) della legge dello Stato ma vuole che esse siano previste dal medesimo Statuto ed eventualmente dalla legge regionale. La stessa sentenza impugnata si avvede di questa incontrovertibile novita', tanto vero che afferma che il legislatore regionale avrebbe il dovere di intervenire in materia, cosi' come lo avrebbe avuto prima, il legislatore statale («prima lo Stato ed ora la regione» scrive espressamente la sentenza). Cosi' facendo, pero': a) riconosce, implicitamente che ora vi e' una riserva di legge regionale (tra l'altro, a procedimento speciale); b) rende logicamente insostenibili le conclusioni poi raggiunte, poiche' la ritenuta carenza della legislazione regionale non potrebbe mai essere surrogata dall'applicazione della legge statale, ma - se quella ritenuta carenza non ingenerasse solo dubbi di opportunita', ma anche di legittimita' - potrebbe in ipotesi essere sanzionata in sede di controllo di costituzionalita' sulla pretesa omissione legislativa commessa dal legislatore regionale (pretesa omissione che la stessa Corte di cassazione avrebbe potuto lamentare, sollevando in corso di giudizio una questione di legittimita' costituzionale). In ogni caso, dunque, di applicazione della normativa statale non si potrebbe parlare. Anche da questa prospettiva, emerge come la Corte di cassazione, piu' che errare nell'interpretazione della normativa vigente, abbia arbitrariamente e in carenza assoluta di potere applicato una normativa del tutto inconferente, che le fonti costituzionali non vogliono sia estesa alla regione Sardegna. 1.3. - Ancor piu' grave e' l'inosservanza delle statuizioni della sentenza di codesta ecc.ma Corte costituzionale n. 85 del 1988. Come e' noto, in quella occasione si affermo' che «il rapporto tra lo statuto regionale sardo e la [...] legge n. 154 del 1981 si configura nella parte che interessa, non soltanto in termini di sovraordinazione della norma costituzionale rispetto a quella ordinaria, ma anche quale rapporto fra legge speciale e legge ordinaria: la disciplina dei casi suddetti trova cioe' la sua speciale regolamentazione nello statuto regionale e nelle relative norme di attuazione, con la conseguenza che la disciplina dei medesimi casi, dettata in via generale con legge dello Stato, non puo' configurarsi, per tale ragione, come automaticamente derogatoria o integrativa di quella speciale». La sentenza gravata ritiene che tale statuizione sia oggi superabile in quanto - come gia' sopra riportato - detta pronuncia non avrebbe presupposto «la inapplicabilita' in radice della citata legge n. 154 alle elezioni dei consiglieri regionali sardi - ma (come ben chiarito al punto 2 del «considerato in diritto») - e' solo limitatamente alla «parte che interessa[va]» in quel giudizio, e cioe' con riguardo (anche) in quel caso alla specifica incompatibilita' della carica di consigliere regionale con quella di sindaco, che essa ha escluso l'applicabilita', nella Sardegna, della specifica disposizione statuale [id est dell'art. 4 della legge 154] disciplinante (sia pur con diversa ampiezza ostativa) il «medesimo caso» di incompatibilita' gia' statutariamente regolato». Tale ricostruzione e' del tutto errata. La menzionata sentenza n. 85 del 1988, infatti, prosegue affermando molto chiaramente quanto segue: «Cio' dicasi non solo con riferimento ai casi di ineleggibilita' di cui all'art. 1 della legge n. 154 del 1981, ma altresi' con particolare riguardo a quelli di incompatibilita' sanciti dal successivo art. 4, dovendosi, relativamente ad essi e per le teste' esposte ragioni, osservare che se tale norma avesse inteso riferirsi alla regione ricorrente, muovendosi nello spazio proprio della riserva di cui all'art. 17 dello Statuto di tale regione, avrebbe dovuto in tal senso contenere una espressa previsione». Ora, poiche' i casi di incompatibilita' stabiliti dall'art. 4 della legge n. 154 del 1981 non erano affatto coincidenti con quelli previsti dall'art. 17 dello Statuto (nel testo allora vigente), se ne evince che codesta ecc.ma Corte costituzionale aveva inteso escludere proprio quello che ora la Corte di cassazione afferma, e cioe' che (a prescindere dalla coincidenza o meno con le previsioni statutarie) la legge statale potesse e possa applicarsi alla Regione Sardegna in mancanza di un esplicito riferimento alla Regione medesima. Quel che piu' conta, tuttavia, e' che al punto 1 del Considerato in diritto la sent. n. 85 del 1988, chiarisce in modo inequivoco la portata del proprio, dictum, poiche' afferma che la questione di, legittimita' costituzionale allora sollevata dalla regione Sardegna e' inammissibile «stante l'erroneita', del presupposto da cui essa muove, consistente nella, ritenuta applicabilita' anche alle elezioni dei consiglieri regionali sardi dei casi di ineleggibilita' ed incompatibilita disciplinati dalla legge statale 23 aprile 1981, n. 154». E si aggiunga che il ricorso della regione (pubblicao in Giur. cost., 1988, II, 632) dichiarava esplicitamente di essere proposto «per cautela», nel convincimento che la legge n. 154 del 1981 non potesse applicarsi alla regione Sardegna, sicche' sembra evidente che la pronuncia in commento abbia inteso, con la declaratoria di inammissibilita', asseverare che quella cautela era stata eccessiva, in quanto la legge statale impugnata non poteva applicarsi nei confronti della ricorrente. Contrariamente a quanto opinato dalla sentenza impugnata, pertanto, il precedente costituito dalla sentenza di codesta ecc.ma Corte costituzionale n. 85 del 1988 era in termini. E avrebbe dovuto indurre a ben diverse conclusioni, rispettose dell'autonomia regionale, definita dalla fonte (costituzionale) statutaria. Ne' si puo' sostenere che il precedente del 1988 sia ormai eccessivamente «risalente». A parte il fatto che quel precedente si lega ad una situazione normativa assai meno favorevole all'autonomia regionale di quella conseguente la legge cost. n. 2 del del 2001 (sicche' dovrebbe essere a fortiori confermato), nella sent. n. 29 del 2003 codesta ecc.ma Corte costituzionale ha avuto modo di affermare che «Non e' in discussione [...] la competenza della legge regionale a disciplinare - in armonia con la Costituzione e i principi dell'ordinamento giuridico della Repubblica -, insieme alle modalita' di elezione del Consiglio regionale, i casi di ineleggibilita' e di incompatibilita' relativi alle cariche elettive regionali (art. 15, secondo comma, primo periodo, dello statuto sardo, come modificato e integrato dall'art. 3 della legge costituzionale 31 gennaio 2001, n. 2; e cfr. anche l'art. 122, primo comma, della Costituzione, come modificato dall'art. 2 della legge costituzionale 22 novembre 1999, n. 1)». Di bel nuovo, anche da questa ulteriore prospettiva, la sentenza impugnata non risulta affetta da un mero error in iudicando, bensi' dal vizio di esercizio di un potere del tutto estraneo alla funzione giurisdizionale. 1.4. - Quanto al richiamo all'art. 57 dello Statuto («Nelle materie attribuite alla competenza della regione, fino a quando non sia diversamente disposto con leggi regionali, si applicano le leggi dello Stato»), basta osservare che tale disposizione non ha certo impedito a codesta ecc.ma Corte costituzionale di pervenire alle conclusioni raggiunte con la sent. n. 85 del 1988. Essa, in ogni caso, altro non e' che la traduzione testuale del principio di continuita' (cfr. Corte cost., sent. n. 13 del 1974) . Ma per quanto riguarda la materia delle ineleggibilita' e delle incompatibilita' tale principio e' stato posto da canto dallo stesso Statuto, che ha direttamente disciplinato la questione con le previsioni di cui all'art. 17, riservando l'integrazione delle disposizioni statutarie alla sola legge regionale (art. 15). 1.5. - Resta, infine, il richiamo all'art. 3, comma 3, della legge cost. n. 2 del 2001. Ivi si prevede che «Qualora si debba procedere ai sensi del comma 2 e alla data di convocazione dei comizi elettorali per il rinnovo del Consiglio regionale non siano state approvate le conseguenti modificazioni alla legge elettorale regionale, ai sensi del citato art. 15 dello Statuto speciale per la Sardegna, per l'elezione del Consiglio regionale e per l'elezione del presidente della regione si osservano, in quanto compatibili, le disposizioni delle leggi della Repubblica che disciplinano l'elezione dei consigli delle regioni a statuto ordinario». Nemmeno tale previsione puo' confortare le asserzioni della sentenza gravata, e anzi le smentisce (tanto che la ricorrente regione Sardegna la invoca, qui, quale parametro). La Corte di cassazione, invero, sembra trascurare che la legge costituzionale e' chiarissima nello stabilire che la legge statale si applica «Qualora si debba procedere ai sensi del comma 2» (l'incipit del quale e' assolutamente inequivoco: «Fino alla data di entrata in vigore della legge prevista dall'articolo 15 dello Statuto speciale per la Sardegna, come modificato dal comma 1 del presente articolo, il Presidente della Regione e' eletto a suffragio universale e diretto») e quando la Regione non abbia ancora adottato le «conseguenti modificazioni alla legge elettorale regionale». Come la dottrina ha osservato ormai da tempo, il richiamo alla legislazione (statale) vigente per le elezioni delle Regioni ordinarie e' da imputare alla nota intenzione del legislatore costituzionale di generalizzare (almeno in una prima fase transitoria), anche per le Regioni speciali, la scelta in favore dell'elezione diretta del Presidente della regione, dalla quale si attendevano effetti di stabilizzazione delle maggioranze consiliari. Le modifiche «conseguenti» alle quali si fa riferimento, pertanto, sono proprio e solo quelle che risultano necessarie per rendere operativo lo specifico meccanismo dell'elezione diretta, tra le quali non possono essere ricomprese quelle in materia di ineleggibilita' e di incompatibilita'. Non vi e', pertanto, alcun richiamo alle norme statali vigenti in materia. Che richiamando le modificazioni «conseguenti» il legislatore costituzionale del 2001 abbia inteso ottenere esattamente il risultato che ora si e' descritto e' reso evidente (oltre che dalle, previsioni relative alle altre regioni) soprattutto, dall'art. 1 della stessa legge cost. n. 2 del 2001, relativo alla Regione siciliana, di particolare, interesse in quanto in tale Regione lo Statuto, prevede la possibilita' di due distinte leggi per, l'elezione del Presidente della regione e, dell'Assemblea. In tale articolo si stabilisce, infatti, che «Fino alla data di entrata in vigore, delia legge prevista dall'articolo 9 dello Statuto, della Regione siciliana, come sostituito dai comma 1, del presente articolo, il presidente della regione e', eletto a suffragio universale e diretto. L'elezione e' contestuale al rinnovo dell'Assemblea regionale» (comma 2) e che «Qualora alla data di convocazione dei comizi elettorali per il primo rinnovo dell'Assemblea regionale successivo alla data di entrata in vigore della presente legge costituzionale non sia stata approvata la legge prevista dal citato articolo 9, terzo comma, dello Statuto della Regione siciliana, o non siano state approvate le conseguenti modificazioni alla legge elettorale regionale prevista dal citato articolo 3 dello Statuto, per l'elezione dell'Assemblea regionale e per l'elezione del presidente della regione si osservano, in quanto compatibili, le disposizioni delle leggi della Repubblica che disciplinano l'elezione dei Consigli delle Regioni a statuto ordinario» (comma 3). Ora, la legge di cui all'art. 9, comma 3, dello Statuto siciliano e' quella che (approvata a maggioranza assoluta dei componenti dell'ARS) «stabilisce le modalita' di elezione del Presidente della Regione, di nomina e di revoca degli assessori, le eventuali incompatibilita' con l'ufficio di deputato regionale e con la titolarita' di altre cariche o uffici, nonche' i rapporti tra l'Assemblea regionale il Governo regionale e il presidente della regione», mentre la legge di cui all'art. 3, e' quella che regola l'elezione dell'assemblea regionale. Come si vede, le modificazioni «conseguenti» di tale seconda legge (relativa all'Assemblea rappresentativa) sono proprio quelle che si rendono necessarie in seguito alla ridefinizione delle modalita' di elezione dell'Esecutivo regionale, in particolare del suo Presidente. La nozione di «modificazioni conseguenti», pertanto, e' scolpita con chiarezza e senza approssimazione dalla legge costituzionale. Tornando al caso specifico della Sardegna, se la ricostruzione ora prospettata non fosse esatta, ne avremmo che una riduzione radicale degli spazi di autonomia della Regione Sardegna, per come limpidamente identificati da codesta ecc.ma Corte costituzionale nella sent. n. 85 del 1988, sarebbe stata introdotta da una legge costituzionale (che oltretutto intendeva, al contrario, valorizzare le autonomie speciali, prendendo atto dei paralleli e contemporanei progressi di quelle ordinarie) in forma a dir poco oscura e indiretta. Il che e' palesemente illogico. Addirittura paradossale, poi, e' che la Corte di cassazione abbia rovesciato almeno due suoi chiari e vicini precedenti. Nel primo, riferendosi all'art. 1, comma 3, della legge cost. n. 2, del 2001, relativo alla Regione siciliana (in questo perfettamente equivalente all'art. 3, comma 3, relativo alla Regione Sardegna), ha espressamente escluso che il riferimento alla legislazione statale da applicarsi nelle more dell'adozione della nuova legge elettorale regionale fosse anche a quella in materia di ineleggibilita' e di incompatibilita' (Cass., Sez. I, 6 luglio 2002, n. 9831). Nel secondo, toccando invece la specifica questione della Regione Sardegna, con particolare riferimento all'incompatibilita' tra la carica di sindaco e quella di consigliere regionale (in ragione della popolazione del comune), ha puntualmente ricostruito la problematica, affermando che: a) «Il rapporto intercorrente tra la norma statutaria e quella statale ordinaria, benche' a questa il medesimo statuto facesse originariamente riferimento (art. 17, terzo comma), e faccia tuttora rinvio, ai sensi dei citato art. 57 del medesimo statuto, e' un rapporto improntato al criterio della gerarchia, rivestendo lo statuto la forma della legge costituzionale. Il rinvio in esso contenuto alle leggi statali, pertanto, in tanto puo' consentire l'applicazione di tali leggi in ambito regionale, in quanto la materia al quale si riferistono le leggi statali non sia gia' disciplinata dalla fonte di rango sovraordinato. E, in tema di cause di incompatibilita' tra la carica di consigliere regionale e quella di sindaco sussiste una disciplina di rango costituzionale, in base alla quale la carica di consigliere regionale e' incompatibile solo con quella di sindaco di comune con popolazione superiore a 10.000 abitanti»; b) «La mancata previsione di una relazione di incompatibilita' tra la carica di consigliere regionale con quella di sindaco di comune con popolazione inferiore a 10.000 abitanti, comporta inevitabilmente che quest'ultima carica non puo' essere incompatibile con quella di consigliere regionale. Con cio' non si intende escludere che altra, e de iure condendo, potrebbe essere la soluzione della questione; si rileva invece che fonti di rango diverso disciplinano la medesima situazione in modo differenziato. Per la risoluzione di tale antinomia occorre dunque fare riferimento ai noti criteri, primo fra i quali quello di gerarchia. E poiche' la previsione di compatibilita' tra la, carica di consigliere regionale quella di sindaco di comune con popolazione inferiore a 10.000 abitanti e' contenuta nella fonte di rango superiore, non e' consentito applicare, nell'ordinamento della Regione Sardegna, la legge statale che disciplina la medesima situazione in termini diversi, prevedendo una generale incompatibilita' tra la carica di sindaco e quella di consigliere regionale». c) «Una simile soluzione trova conforto anche nella giurisprudenza della Corte costituzionale» (il richiamo e', ovviamente, alla sent. n. 85 del 1988, le cui argomentazioni, si dice espressamente, «mantengono tuttora la loro validita»); d) «le cause di incompatibilita' e di ineleggibilita' costituiscono limitazioni di diritti soggettivi fondamentali, come tali soggette a stretta interpretazione, non potendo in questa materia trovare applicazione i criteri della interpretazione analogica, e di quella estensiva». Come si vede, in questa pronuncia si riconosce espressamente che l'integrazione delle cause di ineleggibilita' e di incompatibilita' previste dallo Statuto, pur se ritenuta opportuna de iure condendo, sarebbe certo preclusa all'autorita' giudiziaria poiche' questa deve restare entro i limiti delle sue attribuzioni fissati dalla Costituzione. Per contrastare le conclusioni sin qui raggiunte non varrebbe invocare, in contrario, la sent. n. 232 del 2006, con la quale codesta ecc.ma Corte costituzionale ha avuto modo di pronunciarsi sull'interpretazione dell'art. 4, comma 4, della legge cost. n. 2 del 2001, a tenor del quale «Nella Provincia autonoma di Bolzano, fino alla data di entrata in vigore delle legge provinciale prevista dal citato articolo 47 dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, come modificato dal comma 1 del presente articolo, continuano ad applicarsi, in quanto compatibili, le leggi elettorali vigenti». Ebbene: la Corte ha affermato che questa previsione «non vale certamente a ripristinare in capo alla Regione la competenza legislativa sottrattale con il primo comma». Nondimeno, «e' la stessa legge costituzionale [...] a fare salva, in via transitoria, non gia' la competenza legislativa regionale, ma le leggi elettorali «vigenti» emanate da chi, fino a quel momento, aveva la relativa competenza». Solo un esame disattento di questa pronuncia potrebbe far credere che anche le revisioni relative alla Regione Sardegna debbano essere oggetto di analofa interpertazione, con conseguente «salvezza» delle vigenti previsioni, di ineleggibilita' e di incompatibilita'. Non e', invece, cosi'. Le disposizioni relative alla Sardegna quelle relative al Trentino-Alto Adige, infatti, non coincidono. Come si e' gia' detto, l'art. 3, comma 3, della legge cost. n. 2 del 2001 stabilisce, per la Sardegna, che «qualora si debba procedere ai sensi dei comma 2 e alla data di convocazione dei comizi elettorali per il rinnovo dei Consiglio regionale non siano state approvate le conseguenti modificazioni alla legge elettorale regionale, ai sensi del citato articolo 15 dello Statuto speciale per la Sardegna, per l'elezione dei consiglio regionale e per l'elezione del presidente della regione si osservano, in guanto compatibili, le disposizioni delle leggi della Repubblica che disciplinano l'elezione dei consigli delle regioni a statuto ordinario». L'art. 4, comma 4, invece stabilisce, per il Trentino-Alto Adige, che «Nella Provincia autonoma di Bolzano, fino alla data di entrata in vigore della legge provinciale prevista dal citato articolo 47 dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, come modificato dal comma 1 del presente articolo continuano ad appplicarsi in quanto compatibili, le leggi elettorali vigenti» Come si vede mentre la norma relativa alla Regione Sardegna fa riferimento specifico alle sole modificazioni dello Statuto regionale «conseguenti» l'introduzione dell'elezione diretta del presidente della regione, quella relativa al Trentino-Alto Adige fa riferimento all'intera legge generale prevista dall'art. 47 dello Statuto di quella regione, e cioe' alla legge che, ai sensi dello stesso art. 47, comma 2, «determina la forma di governo della provincia e, specificatamente, le modalita' di elezione del consiglio provinciale, del presidente della provincia e degli assessori, i rapporti tra gli organi della provincia, la presentazione e l'approvazione della mozione motivata di sfiducia nei confronti del presidente della provincia, i casi di ineleggibilita' e di incompatibilita' con le predette cariche, nonche' l'esercizio del diritto di iniziativa popolare delle leggi provinciali e del referendum provinciale abrogativo, propositivo e consultivo». La differenza tra le due discipline e' evidente (quella relativa al Trentino-Alto Adige e' addirittura esplicita nel conservare le leggi vigenti fino a che non intervenga la legge regolatrice delle ineleggibilita' e delle incompatibilita), ne' puo' ritenersi casuale io ingiustificata. Non casuale, in qualto il legislatore costituzionale era ben consapevole del regime dei rapporti tra legge statale e legge regionale identificato per la Sardegna dalla sent. n. 85 del 1988. Non ingiustificata, in quanto l'art. 17 dello Statuto della Sardegna contiene una disciplina (pur apoditticamente ritenuta inadeguata dalla Corte di cassazione) delle ineleggibilita' e delle incompatibilita' ben piu' ampia di quella di cui all'art. 28 dello Statuto del Trentino-Alto Adige (l'art. 17 dello Statuto sardo dispone, al comma 1, che «E' elettore ed eleggibile al Consiglio regionale chi e' iscritto nelle liste elettorali della Regione», e al comma 2 che «L'ufficio di consigliere regionale e' incompatibile con quello di membro di una delle Camere o di un altro Consiglio regionale o di un sindaco di un comune con popolazione superiore a diecimila abitanti, ovvero di membro del Parlamento europeo», mentre l'art. 28 dello Statuto del Trentino-Alto Adige dispone che «L'ufficio di consigliere provinciale e regionale e' incompatibile con quello di membro di una delle Camere, di un altro consiglio regionale, ovvero del Parlamento europeo»), sicche' e' ben comprensibile che il legislatore costituzionale abbia voluto differenziare il trattamento delle due regioni. Da quanto ora considerato si evince come la sentenza impugnata violi palesemente anche l'art. 3, commi 2 e 3, della legge cost. n. 2 del 2001. Tale legge, come si e' visto, si limita, in via transitoria, ad imporre la generalizzazione del sistema dell'elezione diretta del presidente della regione e l'applicazione della legge statale relativa alle Regioni ordinarie in assenza di una diversa (conseguente!) legislazione elettorale regionale. Essa, tuttavia, lascia intatta (e anzi ulteriormente rafforza, con la novellazione dell'art. 17) la scelta statutaria di sottrarre la Regione Sardegna all'applicazione della normativa statale in materia di ineleggibilita' e incompatibilita' dettata per le Regioni a statuto ordinario. 1.6. - In conclusione, quanto al merito della presente controversia, va detto che la disciplina delle ineleggibilita' e delle incompatibilita' dei consiglieri regionali della Regione Sardegna dettata dalla normativa di rango costituzionale, e' la seguente: a) l'art. 17 dello Statuto definisce direttamente alcune cause di ineleggibilita' e di incompatibilita', stabilendo che «E' elettore ed eleggibile al consiglio regionale chi e' iscrrito nelle liste elettorali della Regione» (comma 1) e che «L'ufficio di consigliere regionale e' incompatibile con quello di membro di una delle Camere o di un altro Consiglio regionale o di un sindaco di un comune con popolazione superiore a diecimila abitanti, ovvero di membro del Parlamento europeo» (comma 2); b) lo stesso Statuto, all'art. 15, stabilisce che la Regione e solo la Regione, nell'esercizio di una potesta' legislativa esclusiva, prevede, con legge approvata a maggioranza dei componenti del Consiglio regionale, ulteriori cause di ineleggibilita' e di incompatibilita'; c) la legge cost. n. 2 del 2001, all'art. 3, commi 2 e 3, stabilisce che alle elezioni del Consiglio Regionale della Sardegna si applicano le norme statali solo limitatamente a quelle previsioni che sono consequenziali alla scelta dell'elezione diretta del presidente della regione; d) il combinato disposto delle disposizioni sin qui ricordate impedisce che nella materia che ne occupa trovi applicazione l'art. 57 dello Statuto; e) a tutto concedere, quand'anche l'art. 57 potesse trovare applicazione, la sola normativa statale in materia di ineleggibilita' e di incompatibilita' che potrebbe estendersi alla Regione Sardegna sarebbe quella che a detta Regione espressamente si riferisse, giusta quanto rilevato da codesta ecc.ma Corte costituzionale con la sent. n. 85 del 1988. Ne viene che la Corte di cassazione ha indebitamente e illegittimamente invaso una materia che non solo e' riservata alla Regione Sardegna, ma e' affidata alla sua competenza esclusiva (la stessa Corte di cassazione aveva, in altra occasione, stabilito che non v'e' spazio per l'ingresso di leggi statali nelle materie di competenza regionale esclusiva, qualora, «non siano richiamate da altra norma di fonte regionale»: Sez. I, 28 gennaio 2004, n. 1481), da esercitare - per soprammercato - con una legge c.d., «statutaria» (che potremmo anche definire «organica») da approvare a maggioranza speciale (assoluta dei componenti). Il tutto la Corte di cassazione ha fatto avvalendosi di un potere (di rimediare, con una scelta di pura opportunita', a ritenute inadeguatezze della normativa vigente) che gli artt. 101, 102, 111 e 113 della Costituzione non conferiscono all'autorita' giudiziaria. 2. - Quanto all'ammissibilita' del presente ricorso. Come e' ben noto, anche conflitti di attribuzione (tra poteri dello Stato e tra Stato e Regioni) nei confronti di atti giurisdizionali sono, in astratto, ammissibili. Nondimeno, occorre che, in concreto, essi non si risolvano nella contestazione di semplici errores in iudicando, ma facciano valere autentici pregiudizi alla sfera di autonomia costituzionalmente riservata all'Ente o potere ricorrente. Ora, nella gia' sopra ricordata sent. n. 29 del 2003, e' stato dichiarato inammissibile un ricorso della Regione Sardegna avverso taluni provvedimenti giurisdizionali in materia di ineleggibilita' e incompatibilita', in quanto i motivi del ricorso «attengono non gia' ai confini - che si assumano violati - dell'esercizio della funzione giurisdizionale, ma a supposti errori nella individuazione o nella interpretazione delle norme applicabili alla fattispecie. Come tali, essi si traducono in denunce di semplici errores in judicando, e non di lesioni delle attribuzioni costituzionalmente spettanti alla Regione». Nella specie, pero', non ricorrono le condizioni che indussero la Corte, allora, a pervenire a simile conclusione. Si deve considerare, infatti, che nel presente ricorso la regione Sardegna, non lamenta certo la mera erroneita' delle statuizioni giurisdizionali, bensi' proprio il fatto che la Corte di cassazione, adottandole, abbia travalicato i limiti assegnati alla funzione giudiziaria, invadendo lo spazio di autonomia riservato alla Regione. Non si censura dunque, l'erroneita' dell'applicazione della legge statale in luogo della legge regionale (questa fu invece la fattispecie scrutinata dalla cit. sent. n. 29 del 2003), ma si contesta che la Corte di cassazione abbia violato le norme costituzionali regolatrici delle attribuzioni, da un lato, del potere giudiziario e, dall'altro, della Regione Sardegna. In definitiva: e' principio consolidato che «Perche' sia [...] ammissibile un conflitto di attribuzione quando a base della vindicatio sia posto un atto giurisdizionale, e' necessario che da parte del potere o dell'ente - che da quell'atto pretende di aver subito una lesione nelle propria sfera di attribuzioni costituzionali - «sia contestata radicalmente la riconducibilita' dell'atto che determina il conflitto alla funzione giurisdizionale ... ovvero sia messa in questione l'esistenza stessa del potere giurisdizionale nei confronti del soggetto ricorrente» (v. la sentenza citata [si tratta della sent. n. 27 del 1999] ed altre ivi richiamate)». Come sopra si e' precisato, e' proprio la radicale carenza di potere (per rapporto, alle attribuzioni costituzionali dell'autorita' gudiziaria) che viene qui contestata. Carenza che si risolve in pregiudizio immediato per la regione ricorrente, a causa della evidente lesione della sua sfera di autonomia, costituzionalmente garantita. 3. - Domanda di sospensione. A norma dell'art. 40 della legge n. 87 del 1953 (e giusta le regole, stabilite dall'art. 28 N.I.), codesta ecc.ma Corte costituzionale dispone la sospensione interinale della «esecuzione degli atti che hanno dato luogo al conflitto di attribuzione fra Stato e Regione», qualora ricorrano «gravi ragioni». Nella specie, tali gravi ragioni sono senz'altro presenti, poiche' la Regione e' costretta a subire, in forza dell'illegittima statuizione impugnata, un'alterazione della composizione del consiglio regionale, che incide sul corretto funzionamento dell'Assemblea rappresentativa. Serie e urgenti esigenze di certezza e di legittimita', pertanto, sorreggono il presente ricorso e la domanda di sospensione. Il caso, nel profilo che qui interessa, e' identico a quello gia' esaminato con l'ord. n. 94 del 1980, con la quale codesta ecc.ma Corte costituzionale sospese (limitatamente alla parte relativa alle funzioni di deputato regionale) una sentenza del pretore di Augusta, che aveva ordinato al Governo e all'Assemblea della Regione Sicilia di sospendere l'on. Salvatore Placenti, assessore regionale alla sanita' e deputato dell'Assemblea regionale siciliana, dalle funzioni governative e assembleari. Detta sospensione venne disposta in quanto «sussistono gravi ragioni, inerenti al funzionamento dell'Assemblea regionale siciliana, per sospendere l'esecuzione dell'atto impugnato, in quanto esso preclude provvisoriamente a Salvatore Placenti l'esercizio delle funzioni di deputato regionale». Esattamente cio' che accade nella fattispecie che ne occupa.