Conflitto  tra  enti  depositato  l'11 ottobre 2006 della Regione
autonoma  della  Sardegna, in persona del suo Presidente dott. Renato
Soru,  giusta  deliberazione  della Giunta regionale del 30 settembre
2006  n. 41/3  rappresentata e difesa, in virtu' di procura a margine
del  presente  atto, dal prof. avv. Massimo Luciani del Foro di Roma,
elettivamente  domiciliata  presso lo studio di quest'ultimo in Roma,
via Bocca di Leone, n. 78;
    Contro  il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato  e  presso  la stessa
domiciliato  in  Roma,  via  dei Portoghesi n. 12, per regolamento di
competenza  sul  conflitto  di attribuzione avverso la sentenza della
Corte  di  cassazione,  Sezione I civile, n. 16889 dell' 11-24 luglio
2006,  notificata  in  data  7  agosto 2006, mediante la quale veniva
dichiarata  la  decadenza di Andrea Mario Biancareddu dalla carica di
consigliere della Regione Sardegna.
    1.  -  Il  presente  conflitto  trae  origine da una controversia
relativa  alla  pretesa  ineleggibilita'  e/o  incompatibilita'  alla
carica    di    consigliere    regionale   della   Regione   Sardegna
dell'on. Andrea  Mario  Biancareddu,  in  quanto  presidente e legale
rappresentante  di  un  ente  in  ipotesi qualificabile come vigilato
dalla  regione  (un  consorzio  per area di sviluppo industriale). Su
tale  controversia  si sono pronunciati, nell'ordine, il Tribunale di
Cagliari,  Sez.  civ., con sent. 8 marzo-17 marzo 2005, n. 621/05; la
Corte  di  appello  di Cagliari, Sez. 2ª civ., con sent. 17 giugno-10
luglio  2005, n. 230/2005; la Corte di cassazione, con la sentenza di
cui in epigrafe (Sez. I civ., 11- 24 luglio 2006, n. 16889).
    I  fatti  di causa relativi al giudizio di primo grado sono stati
puntualmente  descritti  dalla  riferita  pronuncia  di  appello, che
pertanto e' qui opportuno, in tale parte, riportare:
        L'elettrice  Prima  Bernardi  propose ricorso al Tribunale di
Cagliari  ai  sensi  dell'art. 82  d.P.R.  n. 570/1960  e  succ. mod.
avverso  la  deliberazione  in  data  14  luglio 2004 con la quale il
Consiglio  regionale  della  Sardegna  aveva  provveduto ad insediare
nella   carica   di  consigliere  regionale  il  dott.  Andrea  Mario
Biancareddu, in relazione alle elezioni del XIII consiglio regionale.
        Dedusse  che  quest'ultimo  era  ineleggibile e incompatibile
alla carica di consigliere regionale ai sensi degli artt. 2 n. 11 e 3
n. 1  della  legge n. 154/1981 in guanto alla data del giorno fissato
per il deposito delle candidature rivestiva la carica di presidente e
legale  rappresentante  del  Consorzio  per  la  zona  industriale di
interesse regionale di Tempio Pausania, ente dipendente della Regione
o quanto meno sottoposto alla sua vigilanza.
        Fissata   con   decreto   presidenziale   l'udienza   per  la
discussione  del  ricorso,  nelle  more  Prima  Bernardi dichiaro' di
rinunciare  alla domanda relativa alla sostenuta incompatibilita' del
Biancareddu  con la carica di consigliere regionale, tenendo ferma la
domanda relativa alla dedotta ineleggibilita' del medesimo.
        Il Biancareddu resistette al ricorso chiedendone il rigetto.
        Prima che avesse inizio la discussione, in udienze successive
a   quella  indicata  nel  decreto  presidenziale,  intervennero  nel
giudizio Renato Lai, primo dei non eletti nella lista cui apparteneva
il  Biancaraddu,  il  consiglio regionale della Sardegna e l'elettore
Luca  Spano  chiedendo  che venisse dichiarata l'ineleggibilita' o la
incompatibilita' del Biancareddu alla carica di consigliere regionale
per i motivi indicati nel ricorso della sig.ra Bernardi.
        Il  Procuratore  della Repubblica di Cagliari concluse per il
rigetto dei ricorso.
        Con  sentenza  n. 621/05, letta in udienza l'8 marzo 2005, il
tribunale   dichiaro'  inammissibile  perche'  tardivamente  proposto
l'intervento  del Lai, del Consiglio regionale della Sardegna e dello
Spano,  nel merito rigetto' il ricorso relativo alla dedotta causa di
ineleggibilita'  del  Biancareddu,  compenso'  infine le spese tra le
parti.
        Ritenne  il tribunale che l'intervento, ai sensidell'art. 268
c.p.c.,  sarebbe  dovuto  avvenire  alla  udienza fissata nel decreto
presidenziale  per  la  discussione del ricorso, identificandosi tale
udienza con quella in cui dovevano precisarsi le conclusioni.
        Ritenne  nel  merito  che  la  causa  di  ineleggibilita' non
ricorresse  perche'  non  applicabile  alle  elezioni  del  Consiglio
regionale della Regione Sardegna la legge n. 154/1981.
        Compenso'  le spese per la novita' delle questioni trattate e
per la natura pubblicista degli interessi coinvolti nel giudizio».
    Il  Tribunale  di  Cagliari,  con  la  sentenza  sopramenzionata,
definiva  il  giudizio  emettendo  il seguente dispositivo: «dichiara
inammissibili gli interventi di Vittorio Renato Lai, Luca Spano e del
Consiglio  regionale  della  Regione  Sardegna,  rigetta  il  ricorso
proposto  da  Prima  Bernardi e dichiarainteramente compensate tra le
parti le spese pocessuali».
    2. - Avverso la sentenza resa dal Tribunale di Cagliari proponeva
appello    il   Lai,   chiedendo   l'accoglimento   dell'appello   e,
conseguentemente,  la  declaratoria  della  decadenza dalla carica di
consigliere  regionale  del  Biancareddu e la sua sostituzione con il
primo  dei  non  eletti  nell'ambito  della lista Libertas-UDC per la
circoscrizione elettorale di Olbia-Tempio. Resistevano il Biancareddu
e il Consiglio regionale della Sardegna.
    La Corte di appello di Cagliari definiva il giudizio emettendo il
seguente dispositivo:
        «1)  dichiara  ammissibile  l'intervento  in  primo  grado di
Vittorio Renato Lai;
        2)   dichiara   inammissibile   per   carenza  di  interesse,
l'intervento in primo grado del Consiglio regionale della Sardegna;
        3)   dichiara   inammissibili   le  conclusioni  assunte  dal
Procuratore Generale presso la Corte d'Appello di Cagliari;
        4)  rigetta  la  domanda proposta ai sensi dell'art. 96 primo
comma  c.p.c.  da  Vittorio  Renato  Lai  nei confronti del Consiglio
Regionale della Sardegna;
        5)  rigetta la domanda di accertamento della incompatibilita'
di Andrea Mario Biancareddu alla carica di consigliere regionale e di
pronuncia di decadenza dalla stessa;
        6)  conferma  nel resto la sentenza del Tribunale di Cagliari
n. 621/2005;
        7) dichiara compensate le spese tra le parti del giudizio».
    3.  -  Avverso  la  pronuncia  della Corte di Appello di Cagliari
proponeva  ricorso  per  cassazione  il  Lai.  Il  Biancareddu  e  il
Consiglio   regionale  della  Sardegna  -  proponevano  due  distinti
controricorsi  e  ricorsi  incidentali, ai quali il Lai resisteva con
separati controricorsi.
    Le  questioni  poste  alla  Corte di cassazione erano, secondo la
ricostruzione  fattane  nella  stessa  pronuncia  qui  censurata, che
occorre in tale parte riportare, le seguenti:
        «I)  se  abbia  errato  la  Corte  territoriale  nel ritenere
ammissibile l'intervento del Lai, pur effettuato solo successivamente
all'udienza  fissata  nel  decreto  presidenziale in calce al ricorso
introduttivo Bernardi (1° mezzo del ricorso incidentale Biancareddu);
        II)  se  abbiano, altresi', errato quei giudici nel ritenere,
per  converso,  inammissibile  l'intervento  (ancorche' a loro avviso
tempestivo)  del  Consiglio  regionale,  per  il  diverso  profilo di
insussistenza  di  un  suo  interesse  a  ricorrere (motivo unico del
ricorso incidentale della Regione Sardegna);
        II-bis)  se  la questione sub-II non debba ritenersi preclusa
per effetto del giudicato formatosi, nei confronti della Regione, sul
punto  della  tardivita'  del  suo  intervento,  quale dichiarata dal
tribunale e da essa non appellata (controricorso Lai);
        III)  se  potesse il Lai, nel suo intervento, reintrodurre la
domanda,  per  declaratoria  di  incompatibilita',  abbandonata dalla
originaria ricorrente (2° mezzo del ricorso incidentale Biancareddu);
        IV)  se, nell'escludere l'applicabilita' nel territorio della
Regione   Sardegna,   della   legge  statale  n. 154/1981,  la  Corte
cagliaritana   non  abbia,  erroneamente  interpretato  e  falsamente
applicato sia l'art. 3 della legge cost. n. 2 del 2001, sia l'art. 57
dello  Statuto  di  autonomia, e se l'esegesi di dette norme, da essa
presupposta,  non  si ponga in contrasto con il precetto dell'art. 51
della Costituzione (motivi da 1 a 3 del ricorso principale Lai);
        V)  se  non  abbia  errato la Corte territoriale nel ritenere
che,  in  virtu' del meccanismo di cui all'art. 57 dello Statuto, sia
applicabile,  in materia di disciplina dei casi di ineleggibilita' ed
incompatibilita'  per  la  elezione a consigliere regionale, la legge
statale  speciale,  di  cui  al  d.P.R.  n. 1462/1948  contenente,  a
differenza   della  legge  n. 154/1981,  specifici  riferimenti  alla
Sardegna  [ancorche'  abbia  poi  escluso  che  detta  legge contenga
previsioni   corrispondenti   alle   cause   di  ineleggibilita'  c/o
incompatibilita' dedotte dal Lai], (motivi terzo e quarto del ricorso
incidentale, Biancareddu);
        VI)   se,   in   ipotesi  di  ritenuta  applicabilita'  nella
fattispecie  della legge statale n. 154/1981, nel merito, le cause di
ineleggibilita'  e  di  incompatibilita',  ivi  previste,  non  siano
comunque   irriferibili  al  Presidente  di  un  Consorzio  per  area
industriale  (come  quello,  appunto, presieduto dal Biancareddu), in
ragione  dell'inesitenza  di  un  rapporto  di  dipendenza  di  detti
consorzi rispetto alla Regione (controricorso Biancareddu), ovvero se
non   sia   all'uopo   sufficiente,   quanto   meno   ai  fini  della
incompatibilita',  un  rapporto  di  vigilanza  in  senso lato che si
traduca,  come  nella specie, in un controllo della Regione idoneo ad
incidere  sulprocesso  formativo  della  volonta'  del  consorzio, ad
esempio  concorrendo  alla  nomina dei suoi rappresentanti (4° motivo
del ricorso Lai);
        VII)  se, ai fini della tempestivita' delle dimissioni idonee
ad  evitare  la  decadenza  per incompatibilita', il termine di dieci
giorni  dalla  ricevuta  notifica  del  ricorso,  all'uopo  stabilito
dall'art. 7  della  legge  n. 154/1981  cit.,  non si «cristallizzi»,
comunque,  una  volta  decorso, per cui sia irrilevante la successiva
rinunzia,  anche  prima del decimo giorno, da parte della ricorrente,
alla  domanda  di  declaratoria  di  incompatibilita'  (4° motivo del
ricorso  Lai);  ovvero  se  la  riferita  norma  non  debba ritenersi
abrogata  o,  in  subordine,  debba  interpretarsi  nel  senso che la
rinuncia   al   ricorso   nel  termine  suddetto  lasci,  lo  spatium
deliberandi   (contricorso  Biancareddu),  ne'  questo  possa  essere
interrotto (con riapertura del termine sub art. 7. legge n. 154/1981)
dall'atto di intervento (ivi)».
    La Corte definiva il giudizio accogliendo il ricorso principale e
dichiarando  la decadenza del Biancareddu dalla carica di consigliere
regionale  della  Regione  Sardegna,  poiche'  presidente  di un ente
vigilato   dalla   Regione,   e  in  quanto  tale  in  situazione  di
incompatibilita' giusta la legge n. 154 del 1981.
    4.  - Non tutto l'itinerario argomentativo seguito dalla Corte di
cassazione   per  giungere  alla  riferita  statuizione  interessa  -
ovviamente   -   in   questa   sede  di  giudizio  per  conflitto  di
attribuzione.  Rilevano  pero'  (e  sono particolarmente e gravemente
lesive), in una con le statuizioni di cui in dispositivo, le seguenti
affermazioni:
        a)    la    normativa   vigente   prevedrebbe   la   «attuale
applicabilita',   in   via   sussidiaria,   della   disciplina  delle
ineleggibilita' e incompatibilita' di cui alla legge 154 del 1981 nel
territorio della Sardegna»;
        b)  dovrebbe escludersi «che l'unico caso di inelleggibilita'
[...]  e  di  tre (ora quattro) casi di incompatibilita'...] previsti
nel  primo  comma dell'art. 17 dello Statuto di autonomia esauriscano
[...] la disciplina della materia»;
        c)  cio',  anche  «alla luce dello stesso art. 17 che, al suo
comma  terzo,  espressamente  demandava  alla  legge  dello  Stato di
stabilire gli altri casi di ineleggibilita' e di incompatibilita»;
        d)  non  varrebbe, in contrario, l'intervenuta abrogazione di
tale  disposizione  da  parte della legge cost. n. 2 del 2001, atteso
che  detta  abrogazione  sarebbe  stata  stabilita  «non  per rendere
esaustiva  la  previsione  del primo comma dell'articolo in esame, ma
solo  per sostituire la legge regionale a quella statale, quale fonte
di integrazione dei casi di ineleggibilita' e di incompatibilita' con
le cariche di consigliere regionale [...]»;
        e) ne consequirebbe che «sussisteva [...] e sussiste tuttora,
il  dovere per il legislatore di rango subordinato (prima lo Stato ed
ora  la  regione)  di  -  legiferare  in  guisa da creare un completo
assetto  del  regime  di  incompatibilita'  ed ineleggibilita' per le
cariche  elettive nella regione Sardegna», poiche' «nel difetto di un
tale   regime   si  determinerebbe  [...]  una  situazione  di  vuoto
legislativo   per   non   essere   all'evidenza   l'unico   caso   di
ineleggibilita'  ed  i pochi casi di incompatibilita' statutariamente
previsti   suscettibili   di   soddisfare  le  primarie  esigenze  di
imparzialita'  e buon andamento dell'amministrazione (art. 97 Cost.),
di  eguaglianza  dei  cittadini  (art. 3  Cost.)  e  del  possesso di
determinati requisiti per l'accesso alle cariche elettive».
        f)  appunto  «in  coerenza  e  in  funzione  di tale esigenza
costituzionale  di  completezza del regime di disciplina dell'accesso
alle  cariche elettive» andrebbe «letto l'art. 57 dello Statuto della
Sardegna»;
        g)  ne'  la  legislazione  statale  applicabile  sarebbe solo
quella  che  facesse  esplicito  riferimento  alla  regione Sardegna,
atteso  che tale requisito sarebbe «del tutto estraneo alla lettera e
allo  spirito  della  suddetta  norma statutaria e cioe' dello stesso
art. 57]  .  La quale, nel prevedere l'applicazione delle leggi dello
Stato,  la  subordina alla sola condizione temporale della non ancora
intervenuta   approvazione   di  legge  regionale  regolatrice  della
materia»;
        h)  anche  la  «logica  storica»  deporrebbe in questo senso,
atteso  che  lo Statuto speciale della regione Sardegna, risalendo al
1948, non avrebbe potuto rinviare a leggi statali precedenti che gia'
si riferissero alla regione Sardegna;
        i)  al  contrario  «lo  specifico "riferimento alla Sardegna"
appartiene  alla  logica e alla struttura della legge statale cui era
espressamente  riservata,  dall'ora abrogato terzo comma dell'art. 17
dello  Statuto,  l'indicazione degli altri casi di ineleggibilita' ed
incompatibilita'  alla carica di consigliere della regione stessa. Ed
e'  invece  estraneo,  quel  riferimento,  al  meccanismo  di  cui al
successivo  art. 57,  che  -  come  gia' puntualizzato dalla sentenza
n. 12806/2004  di  questa  corte  -  "fa  tuttora  rinvio  alla legge
statale".  E  la  cui  applicazione  -  alla stregua del "rapporto di
gerarchia",  e  di  specialita',  che  esiste  tra la fonte (di rango
costituzionale) richiamante e la fonte (ordinaria) richiamata - resta
esclusa  non  in assenza di specifico riferimento alla Sardegna ma in
presenza  di una disciplina statuale che converga su medesimo oggetto
o profilo gia' regolato dallo Statuto»;
        l)  non  varrebbe opporre la sentenza di codesta ecc.ma Corte
costituzionale  n. 85  del 1988, la quale non avrebbe presupposto «la
inapplicabilita'  in  radice  della citata legge n. 154 alle elezioni
dei consiglieri reginali sardi - ma (come ben chiarito al punto 2 del
«considerato  in  diritto»)  -  e' solo limitatamente alla «parte che
interessa[va]»  in quel giudizio, e cioe' con riguardo (anche in qual
caso  alla  specifica  incompatibilita'  della  carica di consigliere
regionale    con   quella   di   sindaco,   che   essa   ha   escluso
l'applicabilita',   nella   Sardegna,  della  specifica  disposizione
statuale  [id  est dell'art. 4 della legge n. 154] disciplinante (sia
pur   con   diversa   ampiezza   ostativa)   il  «medesimo  caso»  di
incompatibilita' gia' statutariamente regolato»;
        m)  nemmeno  varrebbe  invocare la legge cost. n. 2 del 2001,
atteso  che  l'art. 3,  comma  3,  di tale legge non rinvierebbe alla
legge  statale  solo  per quanto concerne il procedimento elettorale,
bensi' per l'intera disciplina della elezione dei consigli regionali,
nella     quale     sarebbero    compresi    «anche    gli    aspetti
dell'ineleggibilita' alla carica e della compatibilita' di questa con
altri uffici».
    5.-   Seguendo   le   riferite   argomentazioni  e  adottando  la
conseguente  statuizione di decadenza del Biancareddu dalla carica di
consigliere  regionale della regione Sardegna, la Corte di cassazione
ha  gravemente  leso  le attribuzioni costituzionali della ricorrente
Regione autonoma della Sardegna, per i seguenti motivi di
                            D i r i t t o
    1.  -  Violazione  degli  artt. 15,  17 e 57 della legge cost. 26
febbraio 1948, n. 3, recante «Statuto speciale per la Sardegna», e 3,
commi  2  e  3,  della  legge  cost.  31  gennaio 2001, n. 2, recante
«Disposizioni  concernenti  l'elezione  diretta  dei presidenti delle
regioni  a  statuto speciale e delle province autonome di Trento e di
Bolzano»,  anche  in riferimento agli artt. 101, 102, 111 e 113 della
Costituzione.  La  sentenza impugnata viola le disposizioni-parametro
in epigrafe richiamate per una pluralita' di profili.
    1.1.   -  Si  deve  preliminarmente  osservare  che  la  sentenza
impugnata  prende  le  mosse  da  un'evidente e grave distorsione del
canone dell'interpretazione conforme a Costituzione. Come e' noto, la
giurisprudenza  costituzionale  e'  costante  nell'affermare  che «le
leggi  non  si  dichiarano  costituzionalmente illegittime perche' e'
possibile  darne  interpretazioni incostituzionali (e qualche giudice
ritenga  di  darne),  ma perche' e' impossibile darne interpretazioni
costituzionali»  (sent. n. 356 del 1996; cui adde, almeno, sentt. nn.
354  del  1997;  65 e 200 del 1999; 319 del 2000; 301 del 2003; ordd.
nn.  147  del  1998;  174  del  1999;  130  del  2002; 299 del 2006 e
moltissime  altre)  .  La  sentenza  che  ha  originato  il  presente
conflitto  afferma di aver fatto uso di tale criterio interpretativo,
laddove     rivendica     di    aver    seguito    un'interpretazione
«costituzionalmente orientata» della normativa vigente (p. 18), ma va
ben oltre i limiti logici di tale criterio.
    Come  si  e'  riferito,  dovrebbe escludersi «che l'unico caso di
ineleggibilita' [...] ed i tre (ora quattro) casi di incompatibilita'
[...]   previsti  nel  primo  comma  dell'art. 17  dello  Statuto  di
autonomia  esauriscano  [...] la disciplina della materia» in quanto,
se  tale  soltanto  fosse la disciplina, «si determinerebbe [...] una
situazione  di  vuoto legislativo per non essere all'evidenza l'unico
caso   di   ineleggibilita'  ed  i  pochi  casi  di  incompatibilita'
statutariamente  previsti  suscettibili  di  soddisfare  le  primarie
esigenze  di  imparzialita'  e  buon  andamento  dell'amministrazione
(art. 97  Cost.),  di  eguaglianza dei cittadini (art. 3 Cost.) e del
possesso   di   determinati  requisiti  per  l'accesso  alle  cariche
elettive».
    Ora,  non  e'  chi  non  veda come, cosi' ragionando, la Corte di
cassazione  abbia  operato  una  valutazione  che  ha  a che fare con
l'opportunita'  e  non  con la legittimita', sotto la quale non giace
affatto l'asserita «evidenza».
    E',  invero, giurisprudenza costituzionale costante che «le cause
di  ineleggibilita',  per  essere  conformi al principio dell'art. 51
Cost.,  devono  considerarsi  di  stretta  interpretazione e comunque
contenute   entro   i   limiti   rigorosamente   necessari   per   il
soddisfacimento  delle esigenze di pubblico interesse» (cosi', tra le
pronunce  degli  ultimi  anni  sent.  n. 306  del 2003, ma v., tra le
molte,  gia'  sentt.  nn. 166 del 1972; 5 del 1978; 388 del 1991; 344
del  1993,  141 e 364 del 1996; 132 del 2001). Ne viene che quella di
introdurre  una  clausola di ineleggibilita' o di incompatibilita' e'
una  delicatissima scelta legislativa, che incide, limitandolo, in un
diritto   costituzionale   certamente  fondamentale  come  quello  di
elettorato   passivo.  Essa,  inoltre,  deve  essere  oggetto  di  un
sindacato particolarmente scrupoloso di costituzionalita'.
    Conseguentemente,    e    specularmente,   non   compete   certo,
all'autorita'  giudiziaria  (se non in via meramente, delibativa e al
fine  di promuovere il sindacato di legittimita' da parte dei Giudice
costituzionale)  la,  valutazione di illegittimita' costituzionale di
una   previsione  legis1ativa  in  quanto  non  preveda  una  qualche
ineleggibilita'  o  incompatibilita'. La Corte di cassazione, invece,
da'  per  scontato  («evidente»)  quel  che  scontato non e' affatto,
invertendo  l'impostazione logica prospettata dalla giurisprudenza di
codesta   ecc.ma   Corte   costituzionale  (trascurando,  cioe',  che
l'eleggibilita'    e'    la    regola   e   l'ineleggibilita'   -   o
l'incompatibilita'  - l'eccezione: cfr. sentt. Corte cost. nn. 46 del
1965,  376  del 2004 - ove si precisa che «non e' dato vedere come la
eliminazione  di  talune  cause  di ineleggibilita' possa limitare il
diritto   di   accedere   alle  cariche  elettive  in  condizioni  di
eguaglianza» - e numerose altre).
    Non  basta.  La  pronuncia  impugnata, a conferma dell'indebito e
(per  la  regione  Sardegna)  lesivo esercizio di un'attribuzione non
spettante   all'autorita'   giudiziaria,   omette   ogni  pur  minima
motivazione  sul punto relativo all'effettiva indispensabilita' della
specifica e concreta causa di incompatibilita' della quale era causa,
asserendo,  apoditticamente,  che esisterebbe una generica e astratta
insufficienza   della  normativa  statutaria  sarda,  con  cio'  solo
arrecando un evidente pregiudizio all'autonomia della regione, per la
quale  le  cause di incompatibilita' sono regolate direttamente dallo
Statuto, fonte costituzionale, e dalla legge regionale.
    Non  varrebbe,  in  avverso, richiamare la sent. n. 217 del 2006,
con   la  quale  codesta  ecc.ma  Corte  costituzionale  ha  ritenuto
ragionevole  la  previsione  dell'incompatibilita'  tra  la carica di
consigliere  provinciale,  comunale e circoscrizionale, e la qualita'
di   legale   rappresentante  o  dirigente  di  societa'  vigilate  o
sovvenzionate  dall'ente locale di riferimento. Una cosa, infatti, e'
che  si  possa  considerare ragionevole la legge che preveda una tale
incompatibilita';  cosa  del  tutto  diversa  e'  che quella causa di
incompatibilita',   non   prevista  dalle  fonti  costituzionali  che
definiscono  le  prerogative  regionali, sia pretoriamente introdotta
dall'autorita'  giudiziaria,  esercitando una prerogativa inesistente
(eppercio' in difetto assoluto di potere).
    In definitiva, la Corte di cassazione:
        a)   ha   ritenuto   di   poter   ravvisare   una   causa  di
incompatibilita' la' dove lo Statuto della regione Sardegna (in una -
come poi vedremo - con la legge cost. n. 2 del 2001) non la prevedeva
(ne' consentiva che fosse prevista da fonte statale);
        b)  ha travalicato i limiti della funzione giurisprudenziale,
per come definiti dagli artt. 101, 102, 111 e 113 della Costituzione,
che  impongono  all'autorita' giudiziaria di applicare la legge e non
le  consentono  certo  di  colmare  pretese inadeguatezze della legge
sulla  base  di considerazioni di opportunita' e in assoluta mancanza
di dati normativi legittimanti.
    1.2.  -  Il  richiamo  che la sentenza impugnata opera al vecchio
art. 17,  comma 3, dello Statuto, in questa prospettiva, non solo non
e'  conferente,  ma  e'  addirittura  controproducente.  La sentenza,
infatti,  come  riferito, afferma che proprio su tale disposizione si
dovrebbe far leva, in quanto essa «espressamente demandava alla legge
dello  Stato  di  stabilire  gli  altri  casi di ineleggibilita' e di
incompatibilita», mentre l'unica novita' introdotta dalla legge cost.
n. 2  del  2001  starebbe in cio' che, abrogando quel terzo comma, si
sarebbe  voluto  soltanto  «sostituire  la  legge  regionale a quella
statale, quale fonte di integrazione dei casi di ineleggibilita' e di
incompatibilita' con le cariche di consigliere regionale [...]».
    Proprio  il  fatto  che  il  riferimento  alla  legge statale sia
scomparso,  pero',  e'  di  rilievo  dirimente.  Lo Statuto, ora, non
consente  che  le  cause di ineleggibilita e di incompatibilita siano
stabilite  dalle  previsioni  statutarie)  della legge dello Stato ma
vuole  che  esse siano previste dal medesimo Statuto ed eventualmente
dalla  legge  regionale.  La  stessa  sentenza impugnata si avvede di
questa  incontrovertibile  novita',  tanto  vero  che  afferma che il
legislatore  regionale  avrebbe  il dovere di intervenire in materia,
cosi'  come lo avrebbe avuto prima, il legislatore statale («prima lo
Stato ed ora la regione» scrive espressamente la sentenza).
    Cosi'  facendo, pero': a) riconosce, implicitamente che ora vi e'
una   riserva   di  legge  regionale  (tra  l'altro,  a  procedimento
speciale);  b)  rende  logicamente  insostenibili  le conclusioni poi
raggiunte,  poiche'  la ritenuta carenza della legislazione regionale
non  potrebbe  mai  essere  surrogata  dall'applicazione  della legge
statale,  ma  - se quella ritenuta carenza non ingenerasse solo dubbi
di  opportunita',  ma  anche  di  legittimita'  - potrebbe in ipotesi
essere  sanzionata  in  sede  di controllo di costituzionalita' sulla
pretesa  omissione  legislativa  commessa  dal  legislatore regionale
(pretesa  omissione  che la stessa Corte di cassazione avrebbe potuto
lamentare,   sollevando   in  corso  di  giudizio  una  questione  di
legittimita'  costituzionale).  In ogni caso, dunque, di applicazione
della normativa statale non si potrebbe parlare.
    Anche  da questa prospettiva, emerge come la Corte di cassazione,
piu'  che  errare nell'interpretazione della normativa vigente, abbia
arbitrariamente  e  in  carenza  assoluta  di  potere  applicato  una
normativa  del  tutto  inconferente,  che le fonti costituzionali non
vogliono sia estesa alla regione Sardegna.
    1.3. - Ancor piu' grave e' l'inosservanza delle statuizioni della
sentenza di codesta ecc.ma Corte costituzionale n. 85 del 1988.
    Come  e'  noto,  in quella occasione si affermo' che «il rapporto
tra  lo  statuto  regionale sardo e la [...] legge n. 154 del 1981 si
configura  nella  parte  che  interessa,  non  soltanto in termini di
sovraordinazione   della   norma  costituzionale  rispetto  a  quella
ordinaria,  ma  anche  quale  rapporto  fra  legge  speciale  e legge
ordinaria:  la  disciplina  dei  casi  suddetti  trova  cioe'  la sua
speciale  regolamentazione  nello  statuto regionale e nelle relative
norme  di  attuazione,  con  la  conseguenza  che  la  disciplina dei
medesimi  casi,  dettata  in  via generale con legge dello Stato, non
puo' configurarsi, per tale ragione, come automaticamente derogatoria
o  integrativa  di  quella speciale». La sentenza gravata ritiene che
tale  statuizione  sia  oggi  superabile  in quanto - come gia' sopra
riportato   -   detta   pronuncia   non   avrebbe   presupposto   «la
inapplicabilita'  in  radice  della citata legge n. 154 alle elezioni
dei  consiglieri  regionali  sardi - ma (come ben chiarito al punto 2
del «considerato in diritto») - e' solo limitatamente alla «parte che
interessa[va]» in quel giudizio, e cioe' con riguardo (anche) in quel
caso  alla  specifica  incompatibilita'  della  carica di consigliere
regionale    con   quella   di   sindaco,   che   essa   ha   escluso
l'applicabilita',   nella   Sardegna,  della  specifica  disposizione
statuale  [id est dell'art. 4 della legge 154] disciplinante (sia pur
con diversa ampiezza ostativa) il «medesimo caso» di incompatibilita'
gia'  statutariamente  regolato».  Tale  ricostruzione  e'  del tutto
errata.
    La   menzionata   sentenza  n. 85  del  1988,  infatti,  prosegue
affermando molto chiaramente quanto segue:
        «Cio'   dicasi   non   solo   con   riferimento  ai  casi  di
ineleggibilita'  di  cui  all'art. 1  della legge n. 154 del 1981, ma
altresi'  con  particolare  riguardo  a  quelli  di  incompatibilita'
sanciti dal successivo art. 4, dovendosi, relativamente ad essi e per
le  teste' esposte ragioni, osservare che se tale norma avesse inteso
riferirsi  alla  regione  ricorrente, muovendosi nello spazio proprio
della  riserva  di  cui  all'art. 17  dello  Statuto di tale regione,
avrebbe  dovuto in tal senso contenere una espressa previsione». Ora,
poiche'  i casi di incompatibilita' stabiliti dall'art. 4 della legge
n. 154  del  1981  non  erano affatto coincidenti con quelli previsti
dall'art. 17  dello  Statuto (nel testo allora vigente), se ne evince
che  codesta  ecc.ma  Corte  costituzionale  aveva  inteso  escludere
proprio quello che ora la Corte di cassazione afferma, e cioe' che (a
prescindere dalla coincidenza o meno con le previsioni statutarie) la
legge  statale  potesse  e  possa applicarsi alla Regione Sardegna in
mancanza di un esplicito riferimento alla Regione medesima.
    Quel  che piu' conta, tuttavia, e' che al punto 1 del Considerato
in  diritto  la sent. n. 85 del 1988, chiarisce in modo inequivoco la
portata  del  proprio,  dictum,  poiche' afferma che la questione di,
legittimita'  costituzionale  allora sollevata dalla regione Sardegna
e'  inammissibile  «stante  l'erroneita', del presupposto da cui essa
muove, consistente nella, ritenuta applicabilita' anche alle elezioni
dei  consiglieri  regionali  sardi  dei  casi  di  ineleggibilita' ed
incompatibilita  disciplinati  dalla  legge  statale  23 aprile 1981,
n. 154».  E  si  aggiunga  che il ricorso della regione (pubblicao in
Giur.  cost.,  1988,  II,  632)  dichiarava  esplicitamente di essere
proposto  «per  cautela»,  nel  convincimento che la legge n. 154 del
1981  non  potesse  applicarsi  alla regione Sardegna, sicche' sembra
evidente   che   la  pronuncia  in  commento  abbia  inteso,  con  la
declaratoria  di  inammissibilita', asseverare che quella cautela era
stata  eccessiva,  in  quanto  la  legge statale impugnata non poteva
applicarsi nei confronti della ricorrente.
    Contrariamente   a   quanto  opinato  dalla  sentenza  impugnata,
pertanto,  il  precedente costituito dalla sentenza di codesta ecc.ma
Corte  costituzionale n. 85 del 1988 era in termini. E avrebbe dovuto
indurre   a   ben   diverse  conclusioni,  rispettose  dell'autonomia
regionale, definita dalla fonte (costituzionale) statutaria.
    Ne'  si  puo'  sostenere  che  il  precedente  del 1988 sia ormai
eccessivamente  «risalente».  A parte il fatto che quel precedente si
lega  ad una situazione normativa assai meno favorevole all'autonomia
regionale  di  quella  conseguente  la  legge cost. n. 2 del del 2001
(sicche'  dovrebbe  essere  a fortiori confermato), nella sent. n. 29
del  2003  codesta  ecc.ma  Corte  costituzionale  ha  avuto  modo di
affermare  che «Non e' in discussione [...] la competenza della legge
regionale  a  disciplinare  -  in  armonia  con  la  Costituzione e i
principi  dell'ordinamento giuridico della Repubblica -, insieme alle
modalita'   di   elezione   del   Consiglio   regionale,  i  casi  di
ineleggibilita'  e di incompatibilita' relativi alle cariche elettive
regionali  (art.  15,  secondo  comma,  primo  periodo, dello statuto
sardo,   come   modificato   e   integrato  dall'art. 3  della  legge
costituzionale  31 gennaio 2001, n. 2; e cfr. anche l'art. 122, primo
comma,  della  Costituzione,  come modificato dall'art. 2 della legge
costituzionale 22 novembre 1999, n. 1)».
    Di  bel nuovo, anche da questa ulteriore prospettiva, la sentenza
impugnata  non  risulta affetta da un mero error in iudicando, bensi'
dal  vizio di esercizio di un potere del tutto estraneo alla funzione
giurisdizionale.
    1.4.  -  Quanto  al  richiamo  all'art. 57  dello Statuto («Nelle
materie  attribuite  alla competenza della regione, fino a quando non
sia  diversamente disposto con leggi regionali, si applicano le leggi
dello  Stato»),  basta  osservare  che tale disposizione non ha certo
impedito  a  codesta  ecc.ma  Corte  costituzionale di pervenire alle
conclusioni  raggiunte  con  la  sent.  n. 85 del 1988. Essa, in ogni
caso,  altro  non  e'  che  la  traduzione  testuale del principio di
continuita'  (cfr. Corte cost., sent. n. 13 del 1974) . Ma per quanto
riguarda  la  materia  delle ineleggibilita' e delle incompatibilita'
tale  principio  e' stato posto da canto dallo stesso Statuto, che ha
direttamente  disciplinato  la  questione  con  le  previsioni di cui
all'art. 17,  riservando l'integrazione delle disposizioni statutarie
alla sola legge regionale (art. 15).
    1.5.  -  Resta,  infine,  il  richiamo all'art. 3, comma 3, della
legge  cost.  n. 2  del  2001.  Ivi  si prevede che «Qualora si debba
procedere ai sensi del comma 2 e alla data di convocazione dei comizi
elettorali  per  il  rinnovo  del Consiglio regionale non siano state
approvate   le   conseguenti   modificazioni  alla  legge  elettorale
regionale,  ai sensi del citato art. 15 dello Statuto speciale per la
Sardegna, per l'elezione del Consiglio regionale e per l'elezione del
presidente  della  regione  si  osservano,  in quanto compatibili, le
disposizioni delle leggi della Repubblica che disciplinano l'elezione
dei  consigli  delle  regioni  a  statuto  ordinario».  Nemmeno  tale
previsione  puo'  confortare  le asserzioni della sentenza gravata, e
anzi  le  smentisce  (tanto  che  la  ricorrente  regione Sardegna la
invoca, qui, quale parametro).
    La  Corte  di  cassazione, invero, sembra trascurare che la legge
costituzionale e' chiarissima nello stabilire che la legge statale si
applica  «Qualora si debba procedere ai sensi del comma 2» (l'incipit
del  quale e' assolutamente inequivoco: «Fino alla data di entrata in
vigore  della  legge prevista dall'articolo 15 dello Statuto speciale
per  la  Sardegna, come modificato dal comma 1 del presente articolo,
il  Presidente  della  Regione  e'  eletto  a  suffragio universale e
diretto»)   e   quando  la  Regione  non  abbia  ancora  adottato  le
«conseguenti  modificazioni alla legge elettorale regionale». Come la
dottrina  ha  osservato ormai da tempo, il richiamo alla legislazione
(statale)  vigente  per  le  elezioni  delle  Regioni ordinarie e' da
imputare  alla  nota  intenzione  del  legislatore  costituzionale di
generalizzare  (almeno  in  una prima fase transitoria), anche per le
Regioni  speciali,  la  scelta  in  favore  dell'elezione diretta del
Presidente  della  regione,  dalla  quale  si  attendevano effetti di
stabilizzazione    delle   maggioranze   consiliari.   Le   modifiche
«conseguenti»  alle quali si fa riferimento, pertanto, sono proprio e
solo  quelle  che  risultano  necessarie  per  rendere  operativo  lo
specifico  meccanismo dell'elezione diretta, tra le quali non possono
essere   ricomprese   quelle  in  materia  di  ineleggibilita'  e  di
incompatibilita'.  Non  vi  e',  pertanto,  alcun richiamo alle norme
statali vigenti in materia.
    Che  richiamando  le  modificazioni  «conseguenti» il legislatore
costituzionale   del   2001  abbia  inteso  ottenere  esattamente  il
risultato  che ora si e' descritto e' reso evidente (oltre che dalle,
previsioni  relative  alle  altre  regioni)  soprattutto, dall'art. 1
della  stessa  legge  cost.  n. 2  del  2001,  relativo  alla Regione
siciliana,  di  particolare,  interesse  in quanto in tale Regione lo
Statuto,   prevede   la  possibilita'  di  due  distinte  leggi  per,
l'elezione  del  Presidente  della regione e, dell'Assemblea. In tale
articolo  si  stabilisce,  infatti, che «Fino alla data di entrata in
vigore,  delia  legge  prevista  dall'articolo 9 dello Statuto, della
Regione   siciliana,  come  sostituito  dai  comma  1,  del  presente
articolo,   il  presidente  della  regione  e',  eletto  a  suffragio
universale   e   diretto.   L'elezione   e'  contestuale  al  rinnovo
dell'Assemblea  regionale»  (comma  2)  e  che  «Qualora alla data di
convocazione   dei   comizi   elettorali   per   il   primo   rinnovo
dell'Assemblea  regionale  successivo  alla data di entrata in vigore
della  presente legge costituzionale non sia stata approvata la legge
prevista  dal  citato  articolo  9,  terzo comma, dello Statuto della
Regione  siciliana,  o  non  siano  state  approvate  le  conseguenti
modificazioni  alla  legge  elettorale  regionale prevista dal citato
articolo  3  dello Statuto, per l'elezione dell'Assemblea regionale e
per  l'elezione  del presidente della regione si osservano, in quanto
compatibili,   le  disposizioni  delle  leggi  della  Repubblica  che
disciplinano   l'elezione   dei  Consigli  delle  Regioni  a  statuto
ordinario» (comma 3). Ora, la legge di cui all'art. 9, comma 3, dello
Statuto siciliano e' quella che (approvata a maggioranza assoluta dei
componenti   dell'ARS)  «stabilisce  le  modalita'  di  elezione  del
Presidente  della  Regione, di nomina e di revoca degli assessori, le
eventuali  incompatibilita' con l'ufficio di deputato regionale e con
la  titolarita'  di  altre  cariche  o uffici, nonche' i rapporti tra
l'Assemblea  regionale  il  Governo  regionale  e il presidente della
regione»,  mentre  la  legge  di cui all'art. 3, e' quella che regola
l'elezione  dell'assemblea  regionale. Come si vede, le modificazioni
«conseguenti»   di   tale   seconda   legge  (relativa  all'Assemblea
rappresentativa)  sono  proprio  quelle  che si rendono necessarie in
seguito alla ridefinizione delle modalita' di elezione dell'Esecutivo
regionale,   in   particolare  del  suo  Presidente.  La  nozione  di
«modificazioni  conseguenti»,  pertanto,  e' scolpita con chiarezza e
senza approssimazione dalla legge costituzionale.
    Tornando  al  caso  specifico della Sardegna, se la ricostruzione
ora  prospettata  non  fosse  esatta,  ne  avremmo  che una riduzione
radicale  degli  spazi  di autonomia della Regione Sardegna, per come
limpidamente  identificati  da  codesta  ecc.ma  Corte costituzionale
nella  sent.  n. 85  del  1988, sarebbe stata introdotta da una legge
costituzionale  (che  oltretutto intendeva, al contrario, valorizzare
le  autonomie  speciali, prendendo atto dei paralleli e contemporanei
progressi  di  quelle  ordinarie)  in  forma  a  dir  poco  oscura  e
indiretta. Il che e' palesemente illogico.
    Addirittura paradossale, poi, e' che la Corte di cassazione abbia
rovesciato almeno due suoi chiari e vicini precedenti.
    Nel  primo,  riferendosi  all'art.  1, comma 3, della legge cost.
n. 2,   del   2001,   relativo  alla  Regione  siciliana  (in  questo
perfettamente  equivalente all'art. 3, comma 3, relativo alla Regione
Sardegna),   ha   espressamente   escluso  che  il  riferimento  alla
legislazione  statale  da  applicarsi  nelle more dell'adozione della
nuova  legge  elettorale regionale fosse anche a quella in materia di
ineleggibilita'  e di incompatibilita' (Cass., Sez. I, 6 luglio 2002,
n. 9831).
    Nel secondo, toccando invece la specifica questione della Regione
Sardegna,  con  particolare  riferimento  all'incompatibilita' tra la
carica di sindaco e quella di consigliere regionale (in ragione della
popolazione del comune), ha puntualmente ricostruito la problematica,
affermando che:
        a)  «Il  rapporto  intercorrente  tra  la  norma statutaria e
quella  statale  ordinaria,  benche'  a  questa  il  medesimo statuto
facesse  originariamente riferimento (art. 17, terzo comma), e faccia
tuttora  rinvio, ai sensi dei citato art. 57 del medesimo statuto, e'
un  rapporto  improntato  al  criterio della gerarchia, rivestendo lo
statuto  la  forma  della  legge  costituzionale.  Il  rinvio in esso
contenuto  alle  leggi  statali,  pertanto,  in tanto puo' consentire
l'applicazione  di  tali  leggi  in  ambito  regionale,  in quanto la
materia  al  quale  si  riferistono  le  leggi  statali  non sia gia'
disciplinata  dalla fonte di rango sovraordinato. E, in tema di cause
di  incompatibilita'  tra la carica di consigliere regionale e quella
di  sindaco  sussiste una disciplina di rango costituzionale, in base
alla  quale  la carica di consigliere regionale e' incompatibile solo
con  quella  di  sindaco di comune con popolazione superiore a 10.000
abitanti»;
        b)    «La    mancata   previsione   di   una   relazione   di
incompatibilita' tra la carica di consigliere regionale con quella di
sindaco  di  comune  con  popolazione  inferiore  a  10.000 abitanti,
comporta  inevitabilmente  che  quest'ultima  carica  non puo' essere
incompatibile  con  quella  di consigliere regionale. Con cio' non si
intende  escludere  che altra, e de iure condendo, potrebbe essere la
soluzione  della  questione;  si  rileva  invece  che  fonti di rango
diverso  disciplinano  la  medesima situazione in modo differenziato.
Per  la risoluzione di tale antinomia occorre dunque fare riferimento
ai noti criteri, primo fra i quali quello di gerarchia.
    E  poiche'  la  previsione  di  compatibilita'  tra la, carica di
consigliere  regionale  quella  di  sindaco di comune con popolazione
inferiore  a  10.000  abitanti  e'  contenuta  nella  fonte  di rango
superiore,   non  e'  consentito  applicare,  nell'ordinamento  della
Regione  Sardegna,  la  legge  statale  che  disciplina  la  medesima
situazione    in    termini    diversi,   prevedendo   una   generale
incompatibilita'  tra  la  carica  di sindaco e quella di consigliere
regionale».
        c)   «Una   simile   soluzione  trova  conforto  anche  nella
giurisprudenza   della   Corte   costituzionale»   (il  richiamo  e',
ovviamente, alla sent. n. 85 del 1988, le cui argomentazioni, si dice
espressamente, «mantengono tuttora la loro validita»);
        d)   «le  cause  di  incompatibilita'  e  di  ineleggibilita'
costituiscono  limitazioni  di  diritti soggettivi fondamentali, come
tali  soggette  a  stretta  interpretazione,  non  potendo  in questa
materia   trovare   applicazione   i  criteri  della  interpretazione
analogica, e di quella estensiva».
    Come  si vede, in questa pronuncia si riconosce espressamente che
l'integrazione  delle  cause di ineleggibilita' e di incompatibilita'
previste  dallo  Statuto, pur se ritenuta opportuna de iure condendo,
sarebbe  certo preclusa all'autorita' giudiziaria poiche' questa deve
restare   entro   i  limiti  delle  sue  attribuzioni  fissati  dalla
Costituzione.
    Per  contrastare  le  conclusioni  sin qui raggiunte non varrebbe
invocare,  in  contrario,  la  sent.  n. 232  del  2006, con la quale
codesta  ecc.ma  Corte  costituzionale  ha avuto modo di pronunciarsi
sull'interpretazione dell'art. 4, comma 4, della legge cost. n. 2 del
2001,  a  tenor  del quale «Nella Provincia autonoma di Bolzano, fino
alla  data  di entrata in vigore delle legge provinciale prevista dal
citato articolo 47 dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige,
come  modificato  dal  comma  1  del presente articolo, continuano ad
applicarsi,  in  quanto  compatibili,  le  leggi elettorali vigenti».
Ebbene:  la  Corte  ha  affermato  che  questa  previsione  «non vale
certamente   a  ripristinare  in  capo  alla  Regione  la  competenza
legislativa sottrattale con il primo comma». Nondimeno, «e' la stessa
legge costituzionale [...] a fare salva, in via transitoria, non gia'
la competenza legislativa regionale, ma le leggi elettorali «vigenti»
emanate  da  chi, fino a quel momento, aveva la relativa competenza».
Solo un esame disattento di questa pronuncia potrebbe far credere che
anche  le  revisioni  relative  alla  Regione Sardegna debbano essere
oggetto  di analofa interpertazione, con conseguente «salvezza» delle
vigenti previsioni, di ineleggibilita' e di incompatibilita'. Non e',
invece, cosi'.
    Le   disposizioni  relative  alla  Sardegna  quelle  relative  al
Trentino-Alto  Adige, infatti, non coincidono. Come si e' gia' detto,
l'art. 3, comma 3, della legge cost. n. 2 del 2001 stabilisce, per la
Sardegna, che «qualora si debba procedere ai sensi dei comma 2 e alla
data  di  convocazione  dei  comizi  elettorali  per  il  rinnovo dei
Consiglio   regionale   non  siano  state  approvate  le  conseguenti
modificazioni  alla  legge  elettorale regionale, ai sensi del citato
articolo  15  dello  Statuto speciale per la Sardegna, per l'elezione
dei consiglio regionale e per l'elezione del presidente della regione
si  osservano,  in  guanto  compatibili,  le disposizioni delle leggi
della  Repubblica  che  disciplinano  l'elezione  dei  consigli delle
regioni  a  statuto ordinario». L'art. 4, comma 4, invece stabilisce,
per il Trentino-Alto Adige, che «Nella Provincia autonoma di Bolzano,
fino  alla data di entrata in vigore della legge provinciale prevista
dal  citato  articolo  47 dello Statuto speciale per il Trentino-Alto
Adige,  come  modificato dal comma 1 del presente articolo continuano
ad appplicarsi in quanto compatibili, le leggi elettorali vigenti»
    Come  si  vede  mentre la norma relativa alla Regione Sardegna fa
riferimento specifico alle sole modificazioni dello Statuto regionale
«conseguenti»  l'introduzione  dell'elezione  diretta  del presidente
della  regione, quella relativa al Trentino-Alto Adige fa riferimento
all'intera  legge  generale  prevista  dall'art. 47  dello Statuto di
quella  regione,  e  cioe'  alla  legge  che,  ai  sensi dello stesso
art. 47,  comma  2, «determina la forma di governo della provincia e,
specificatamente, le modalita' di elezione del consiglio provinciale,
del  presidente della provincia e degli assessori, i rapporti tra gli
organi  della  provincia,  la  presentazione  e  l'approvazione della
mozione  motivata  di  sfiducia  nei  confronti  del presidente della
provincia,  i  casi  di  ineleggibilita' e di incompatibilita' con le
predette  cariche,  nonche'  l'esercizio  del  diritto  di iniziativa
popolare   delle  leggi  provinciali  e  del  referendum  provinciale
abrogativo, propositivo e consultivo».
    La  differenza tra le due discipline e' evidente (quella relativa
al  Trentino-Alto  Adige  e'  addirittura esplicita nel conservare le
leggi  vigenti  fino  a che non intervenga la legge regolatrice delle
ineleggibilita'  e delle incompatibilita), ne' puo' ritenersi casuale
io   ingiustificata.   Non   casuale,   in   qualto   il  legislatore
costituzionale  era ben consapevole del regime dei rapporti tra legge
statale  e  legge  regionale identificato per la Sardegna dalla sent.
n. 85 del 1988. Non ingiustificata, in quanto l'art. 17 dello Statuto
della  Sardegna contiene una disciplina (pur apoditticamente ritenuta
inadeguata  dalla  Corte di cassazione) delle ineleggibilita' e delle
incompatibilita'  ben  piu'  ampia di quella di cui all'art. 28 dello
Statuto  del  Trentino-Alto  Adige  (l'art. 17  dello  Statuto  sardo
dispone,  al  comma  1,  che  «E' elettore ed eleggibile al Consiglio
regionale chi e' iscritto nelle liste elettorali della Regione», e al
comma  2 che «L'ufficio di consigliere regionale e' incompatibile con
quello  di  membro  di  una  delle  Camere  o  di  un altro Consiglio
regionale  o  di  un sindaco di un comune con popolazione superiore a
diecimila  abitanti, ovvero di membro del Parlamento europeo», mentre
l'art. 28   dello   Statuto   del  Trentino-Alto  Adige  dispone  che
«L'ufficio  di  consigliere  provinciale e regionale e' incompatibile
con  quello  di  membro  di  una  delle Camere, di un altro consiglio
regionale,   ovvero   del   Parlamento   europeo»),  sicche'  e'  ben
comprensibile   che   il   legislatore  costituzionale  abbia  voluto
differenziare il trattamento delle due regioni.
    Da  quanto  ora  considerato si evince come la sentenza impugnata
violi palesemente anche l'art. 3, commi 2 e 3, della legge cost. n. 2
del   2001.  Tale  legge,  come  si  e'  visto,  si  limita,  in  via
transitoria, ad imporre la generalizzazione del sistema dell'elezione
diretta  del  presidente  della  regione e l'applicazione della legge
statale  relativa  alle  Regioni  ordinarie in assenza di una diversa
(conseguente!)  legislazione  elettorale  regionale.  Essa, tuttavia,
lascia  intatta  (e  anzi ulteriormente rafforza, con la novellazione
dell'art.  17)  la scelta statutaria di sottrarre la Regione Sardegna
all'applicazione    della    normativa    statale   in   materia   di
ineleggibilita'  e  incompatibilita' dettata per le Regioni a statuto
ordinario.
    1.6.   -   In   conclusione,  quanto  al  merito  della  presente
controversia,  va  detto  che  la  disciplina delle ineleggibilita' e
delle   incompatibilita'  dei  consiglieri  regionali  della  Regione
Sardegna  dettata  dalla  normativa  di  rango  costituzionale, e' la
seguente:
        a)  l'art. 17  dello  Statuto  definisce  direttamente alcune
cause  di  ineleggibilita'  e di incompatibilita', stabilendo che «E'
elettore  ed  eleggibile al consiglio regionale chi e' iscrrito nelle
liste  elettorali  della  Regione»  (comma  1)  e  che  «L'ufficio di
consigliere  regionale  e'  incompatibile con quello di membro di una
delle  Camere o di un altro Consiglio regionale o di un sindaco di un
comune  con  popolazione  superiore  a  diecimila abitanti, ovvero di
membro del Parlamento europeo» (comma 2);
        b)  lo stesso Statuto, all'art. 15, stabilisce che la Regione
e  solo  la  Regione,  nell'esercizio  di  una  potesta'  legislativa
esclusiva,  prevede, con legge approvata a maggioranza dei componenti
del  Consiglio  regionale,  ulteriori  cause  di ineleggibilita' e di
incompatibilita';
        c)  la  legge  cost.  n. 2 del 2001, all'art. 3, commi 2 e 3,
stabilisce  che  alle elezioni del Consiglio Regionale della Sardegna
si  applicano le norme statali solo limitatamente a quelle previsioni
che   sono  consequenziali  alla  scelta  dell'elezione  diretta  del
presidente della regione;
        d) il combinato disposto delle disposizioni sin qui ricordate
impedisce   che  nella  materia  che  ne  occupa  trovi  applicazione
l'art. 57 dello Statuto;
        e)  a  tutto concedere, quand'anche l'art. 57 potesse trovare
applicazione, la sola normativa statale in materia di ineleggibilita'
e  di  incompatibilita' che potrebbe estendersi alla Regione Sardegna
sarebbe quella che a detta Regione espressamente si riferisse, giusta
quanto  rilevato  da codesta ecc.ma Corte costituzionale con la sent.
n. 85 del 1988.
    Ne   viene   che  la  Corte  di  cassazione  ha  indebitamente  e
illegittimamente  invaso  una  materia che non solo e' riservata alla
Regione  Sardegna,  ma  e' affidata alla sua competenza esclusiva (la
stessa  Corte  di cassazione aveva, in altra occasione, stabilito che
non  v'e'  spazio  per  l'ingresso  di leggi statali nelle materie di
competenza  regionale  esclusiva,  qualora,  «non siano richiamate da
altra  norma  di fonte regionale»: Sez. I, 28 gennaio 2004, n. 1481),
da  esercitare - per soprammercato - con una legge c.d., «statutaria»
(che  potremmo  anche definire «organica») da approvare a maggioranza
speciale  (assoluta  dei componenti). Il tutto la Corte di cassazione
ha  fatto  avvalendosi  di un potere (di rimediare, con una scelta di
pura  opportunita', a ritenute inadeguatezze della normativa vigente)
che gli artt. 101, 102, 111 e 113 della Costituzione non conferiscono
all'autorita' giudiziaria.
    2. - Quanto all'ammissibilita' del presente ricorso.
    Come  e'  ben  noto,  anche conflitti di attribuzione (tra poteri
dello   Stato   e   tra  Stato  e  Regioni)  nei  confronti  di  atti
giurisdizionali  sono,  in  astratto, ammissibili. Nondimeno, occorre
che,  in  concreto,  essi  non  si  risolvano  nella contestazione di
semplici   errores   in   iudicando,  ma  facciano  valere  autentici
pregiudizi  alla  sfera  di  autonomia  costituzionalmente  riservata
all'Ente o potere ricorrente.
    Ora,  nella  gia'  sopra ricordata sent. n. 29 del 2003, e' stato
dichiarato  inammissibile  un  ricorso della Regione Sardegna avverso
taluni  provvedimenti giurisdizionali in materia di ineleggibilita' e
incompatibilita',  in quanto i motivi del ricorso «attengono non gia'
ai  confini - che si assumano violati - dell'esercizio della funzione
giurisdizionale,  ma  a  supposti errori nella individuazione o nella
interpretazione  delle norme applicabili alla fattispecie. Come tali,
essi  si traducono in denunce di semplici errores in judicando, e non
di  lesioni  delle  attribuzioni  costituzionalmente  spettanti  alla
Regione».  Nella  specie,  pero',  non  ricorrono  le  condizioni che
indussero la Corte, allora, a pervenire a simile conclusione.
    Si deve considerare, infatti, che nel presente ricorso la regione
Sardegna,  non  lamenta  certo  la  mera erroneita' delle statuizioni
giurisdizionali,  bensi' proprio il fatto che la Corte di cassazione,
adottandole,  abbia  travalicato  i  limiti  assegnati  alla funzione
giudiziaria, invadendo lo spazio di autonomia riservato alla Regione.
Non  si  censura  dunque,  l'erroneita' dell'applicazione della legge
statale   in  luogo  della  legge  regionale  (questa  fu  invece  la
fattispecie  scrutinata  dalla  cit.  sent.  n. 29  del  2003), ma si
contesta   che   la  Corte  di  cassazione  abbia  violato  le  norme
costituzionali regolatrici delle attribuzioni, da un lato, del potere
giudiziario e, dall'altro, della Regione Sardegna.
    In  definitiva:  e'  principio consolidato che «Perche' sia [...]
ammissibile   un  conflitto  di  attribuzione  quando  a  base  della
vindicatio  sia  posto  un atto giurisdizionale, e' necessario che da
parte  del  potere  o  dell'ente - che da quell'atto pretende di aver
subito una lesione nelle propria sfera di attribuzioni costituzionali
-  «sia  contestata  radicalmente  la  riconducibilita' dell'atto che
determina  il  conflitto alla funzione giurisdizionale ... ovvero sia
messa  in questione l'esistenza stessa del potere giurisdizionale nei
confronti  del soggetto ricorrente» (v. la sentenza citata [si tratta
della  sent. n. 27 del 1999] ed altre ivi richiamate)». Come sopra si
e' precisato, e' proprio la radicale carenza di potere (per rapporto,
alle attribuzioni costituzionali dell'autorita' gudiziaria) che viene
qui  contestata.  Carenza che si risolve in pregiudizio immediato per
la regione ricorrente, a causa della evidente lesione della sua sfera
di autonomia, costituzionalmente garantita.
    3.  -  Domanda  di  sospensione. A norma dell'art. 40 della legge
n. 87  del  1953  (e  giusta le regole, stabilite dall'art. 28 N.I.),
codesta ecc.ma Corte costituzionale dispone la sospensione interinale
della  «esecuzione  degli  atti  che hanno dato luogo al conflitto di
attribuzione fra Stato e Regione», qualora ricorrano «gravi ragioni».
    Nella  specie,  tali  gravi  ragioni  sono  senz'altro  presenti,
poiche'  la  Regione e' costretta a subire, in forza dell'illegittima
statuizione   impugnata,   un'alterazione   della   composizione  del
consiglio   regionale,   che   incide   sul   corretto  funzionamento
dell'Assemblea  rappresentativa. Serie e urgenti esigenze di certezza
e  di  legittimita',  pertanto,  sorreggono  il presente ricorso e la
domanda di sospensione.
    Il caso, nel profilo che qui interessa, e' identico a quello gia'
esaminato  con  l'ord.  n. 94  del  1980, con la quale codesta ecc.ma
Corte  costituzionale sospese (limitatamente alla parte relativa alle
funzioni  di deputato regionale) una sentenza del pretore di Augusta,
che  aveva  ordinato al Governo e all'Assemblea della Regione Sicilia
di  sospendere  l'on. Salvatore  Placenti,  assessore  regionale alla
sanita' e deputato dell'Assemblea regionale siciliana, dalle funzioni
governative e assembleari. Detta sospensione venne disposta in quanto
«sussistono  gravi  ragioni, inerenti al funzionamento dell'Assemblea
regionale siciliana, per sospendere l'esecuzione dell'atto impugnato,
in   quanto  esso  preclude  provvisoriamente  a  Salvatore  Placenti
l'esercizio  delle  funzioni di deputato regionale». Esattamente cio'
che accade nella fattispecie che ne occupa.