ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 1, comma 5,
dell'art. 3,  commi 1,  lettera d),  2  e  3,  dell'art. 4,  commi 2,
lettera c),  4  e  5,  dell'art. 6,  comma 4, e dell'art. 9, comma 5,
della legge della Regione Emilia-Romagna 12 luglio 2002, n. 14 (Norme
per  la definizione del calendario venatorio regionale), promosso con
ordinanza  del  30 luglio 2004 dal Tribunale amministrativo regionale
dell'Emilia-Romagna,  sul  ricorso  proposto  dalla Lega italiana per
l'abolizione  della  caccia  (L.A.C.)  ed  altra  contro  la  Regione
Emilia-Romagna  ed  altri, iscritta al n. 1018 del registro ordinanze
2004  e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 2, 1ª
serie speciale, dell'anno 2005.
    Visto l'atto di costituzione della Regione Emilia-Romagna;
    Udito nell'udienza pubblica del 4 luglio 2006 il giudice relatore
Maria Rita Saulle;
    Udito    l'avvocato   Maria   Chiara   Lista   per   la   Regione
Emilia-Romagna.

                          Ritenuto in fatto

    1.  -  Il Tribunale amministrativo regionale dell'Emilia-Romagna,
con  ordinanza  del 30 luglio 2004, ha sollevato, in riferimento agli
artt. 97,  primo  comma,  e  117,  secondo  comma,  lettera s), della
Costituzione,  questione  di legittimita' costituzionale dell'art. 1,
comma 5,  dell'art. 3,  commi 1,  lettera d),  2  e  3,  dell'art. 4,
commi 2,  lettera c),  4  e  5,  dell'art. 6, comma 4, e dell'art. 9,
comma 5,  della  legge  della  Regione Emilia-Romagna 12 luglio 2002,
n. 14 (Norme per la definizione del calendario venatorio regionale).
    Premette  il  rimettente  che  il  giudizio  a  quo ha ad oggetto
l'impugnazione  di  tre  delibere  emesse dalla Giunta provinciale di
Bologna  e  dalla  Giunta regionale dell'Emilia-Romagna in esecuzione
della  legge  impugnata,  di  talche'  l'eventuale  dichiarazione  di
incostituzionalita'  di quest'ultima determinerebbe la illegittimita'
derivata delle cennate delibere.
    In   punto   di   non   manifesta   infondatezza,   il  Tribunale
amministrativo   regionale   rimettente,   dopo  aver  richiamato  la
giurisprudenza  di  questa  Corte,  secondo  la  quale  in materia di
«tutela  dell'ambiente»  lo  Stato  nel  dettare  standard  di tutela
uniformi  sull'intero  territorio nazionale puo' anche incidere sulle
competenze  legislative  regionali,  rileva  che  tali standard - nei
quali   si   devono  ricomprendere  sia  l'elencazione  delle  specie
cacciabili,  sia  la disciplina delle modalita' della caccia - devono
essere  individuati, per quanto attiene alla salvaguardia della fauna
selvatica, nel complesso delle disposizioni di cui alla legge statale
11 febbraio  1992,  n. 157  (Norme  per  la  protezione  della  fauna
selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio).
    Alla  luce di tali premesse, a parere del giudice a quo, la legge
regionale  impugnata  contrasterebbe  con  i parametri costituzionali
evocati,   in   quanto  introdurrebbe  per  la  fauna  selvatica  una
disciplina   dell'esercizio   dell'attivita'   venatoria  difforme  e
peggiorativa rispetto a quella prevista dalla legge n. 157 del 1992.
    In  particolare, l'art. 1, comma 5, nella parte in cui autorizza,
sulla   base   di   specifiche   direttive   regionali,   le  aziende
faunistico-venatorie alla caccia alla volpe, violerebbe il divieto di
immissione  e  di abbattimento di fauna selvatica non di allevamento,
comprendente quello della caccia alla volpe, previsto per le suddette
aziende  dall'art. 16,  comma 1,  lettera b),  della legge n. 157 del
1992.
    A   parere   del   rimettente   il  successivo  art. 3,  commi 1,
lettera d),  2  e  3, nella parte in cui disciplinano il periodo e le
modalita'  in  cui e' consentita la caccia di ungulati violerebbe gli
artt. 18  e  21, comma 1, lettera m), della legge n. 157 del 1992. In
particolare,  la  disposizione  impugnata consentirebbe, diversamente
dalle  norme statali indicate, la caccia agli ungulati per un periodo
superiore e su terreni coperti in tutto o in parte di neve.
    Oggetto di apposita impugnazione e', altresi', l'art. 4, comma 2,
lettera c),  che,  nel  prevedere,  dal  1 ottobre al 30 novembre, la
fruizione  di  ulteriori  due  giornate  a settimana per la caccia da
appostamento  alla fauna selvatica migratoria, secondo il rimettente,
violerebbe  l'art. 18,  comma 6,  della  legge  n. 157  del  1992 che
consente  alle  regioni  di  derogare al numero di giornate di caccia
settimanali   ma  solo  a  seguito  di  una  preventiva  «valutazione
necessariamente   congrua»   dell'Istituto  Nazionale  per  la  Fauna
Selvatica (INFS) che, nel caso in esame, risulta carente.
    A  parere  del  giudice  a  quo  anche  l'art. 4,  commi 4 e 5, e
l'art. 6,  comma 4,  nella  parte  in cui fissano per la tortora e la
beccaccia  un  limite  di  capi  abbattibili giornalmente e nell'arco
della  stagione  venatoria superiore a quello suggerito dall'INFS, si
porrebbero  in  contrasto con l'esigenza di conservazione della fauna
selvatica indicata all'art. 1, comma 2, della legge nazionale citata.
    Infine,  l'art. 9, comma 5, nella parte in cui, con riguardo alla
fauna  selvatica  migratoria, prevede che l'annotazione sul tesserino
venatorio  sia  fatta  al  termine della giornata di caccia, anziche'
dopo   ogni   singolo   abbattimento,  introdurrebbe,  a  parere  del
rimettente,  un  sistema  di  annotazione  inidoneo  a  consentire il
perseguimento   delle   finalita'  proprie  del  tesserino  medesimo,
vanificando  di  fatto  il  controllo sugli abbattimenti compiuti, in
violazione degli artt. 7 e 10 della legge n. 157 del 1992.
    2.  - Si e' costituita la Regione Emilia-Romagna chiedendo che la
questione   sollevata   sia  dichiarata  inammissibile  e,  comunque,
infondata.
    In  via  preliminare,  la  Regione  rileva,  quanto  alle censure
concernenti  «i  tempi e le modalita' dei prelievi in selezione degli
ungulati»,  la  sopravvenuta  modifica  del  quadro normativo operata
dall'art. 11-quaterdecies del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203
(Misure  di  contrasto all'evasione fiscale e disposizioni urgenti in
materia   tributaria   e   finanziaria),  convertito  in  legge,  con
modificazioni,  dall'art. 1  della legge 2 dicembre 2005, n. 248, che
espressamente  consente alle regioni, sulla base di adeguati piani di
abbattimento  selettivi,  «di  regolamentare il prelievo di selezione
degli  ungulati appartenenti alle specie cacciabili anche al di fuori
dei  periodi  e  degli  orari  di  cui  alla  legge 11 febbraio 1992,
n. 157».
    Nel  merito, la Regione osserva che le norme impugnate, aventi ad
oggetto  il  prelievo degli ungulati, non violano alcuno dei principi
fissati  dalla legge n. 157 del 1992 e, in particolare, il calendario
venatorio da essa disciplinato.
    La  Regione  rileva,  infatti, che l'art. 3 impugnato prevede per
gli  ungulati  una  «caccia  di  selezione»,  diversa  dalla  «caccia
programmata»  posta a fondamento del calendario venatorio di cui alla
legge n. 157 del 1992. Tale diversa disciplina trova giustificazione,
sempre  a  parere  della  Regione,  nel  fatto  che  la  specie degli
ungulati,  stante  anche  il  suo  costante  aumento, non rientra tra
quelle  protette indicate nella suddetta legge statale. A sostegno di
cio',  la  Regione  osserva  che  il decreto-legge n. 203 del 2005 ha
previsto  la possibilita' di abbattimento di tali animali anche al di
fuori dei periodi e degli orari fissati dalla legge n. 157 del 1992.
    Quanto  alla  pretesa  illegittimita' costituzionale dell'art. 1,
comma 5, dell'art. 4, comma 2, lettera c), e dell'art. 9, comma 5, la
Regione   evidenzia   che   tali   disposizioni   rappresenterebbero,
diversamente   da   quanto  sostenuto  dal  rimettente,  applicazione
equilibrata dei principi del calendario venatorio regionale da sempre
praticati  sulla  base  della  tradizione  venatoria  locale, nonche'
esplicazione  della  potesta'  legislativa  regionale  in  materia di
organizzazione dell'esercizio venatorio.
    Infine,   anche   l'ultima   censura,   concernente   i  carnieri
giornalieri  e  stagionali  ammessi  per  la  tortora e la beccaccia,
sarebbe  infondata  in  quanto  anche  in  tale caso ricorrerebbe una
valutazione   che,   rispettosa   delle  tradizioni  locali  e  della
consistenza   faunistica  del  territorio,  sarebbe  esercizio  della
competenza legislativa regionale in materia di caccia.

                       Considerato in diritto

    1.  -  Il  Tribunale amministrativo regionale dell'Emilia-Romagna
dubita,  in  riferimento  agli  artt. 97, primo comma, e 117, secondo
comma,    lettera s),    della   Costituzione,   della   legittimita'
costituzionale    dell'art. 1,    comma 5,    dell'art. 3,   commi 1,
lettera d),   2  e  3,  dell'art. 4,  commi 2,  lettera c),  4  e  5,
dell'art. 6,  comma 4,  e  dell'art. 9,  comma 5,  della  legge della
Regione   Emilia-Romagna 12 luglio   2002,   n. 14   (Norme   per  la
definizione del calendario venatorio regionale).
    Le  norme  impugnate,  a  parere  del  rimettente,  sarebbero  in
contrasto  con  i parametri costituzionali evocati e, in particolare,
con   la  legge  statale  11 febbraio  1992,  n. 157  (Norme  per  la
protezione   della  fauna  selvatica  omeoterma  e  per  il  prelievo
venatorio),  che  fissa  il nucleo minimo di salvaguardia della fauna
selvatica  valido  per  l'intero  territorio  nazionale  e, pertanto,
riservato   alla  competenza  esclusiva  dello  Stato  (ex  plurimis:
sentenze n. 311 del 2003 e n. 536 del 2002).
    2.  - Il rimettente ha impugnato l'art. 3, commi 1, lettera d), 2
e  3,  nella parte in cui, da un lato, amplia il calendario venatorio
previsto  per  gli ungulati dall'art. 18 della legge n. 157 del 1992,
e,  dall'altro,  ne  consente  la  caccia anche su terreni coperti in
tutto  o  in  parte  di  neve,  in  violazione  del  divieto  sancito
all'art. 21, comma 1, lettera m), della legge n. 157 del 1992.
    Con   riferimento   a   tale   questione   va   rilevato   che  -
successivamente  all'emanazione  dell'ordinanza  di  rimessione  - e'
intervenuto   l'art. 11-quaterdecies,   comma 5,   del  decreto-legge
30 settembre 2005, n. 203 (Misure di contrasto all'evasione fiscale e
disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria), convertito
in legge, con modificazioni, dall'art. 1 della legge 2 dicembre 2005,
n. 248,  il  quale  ha previsto che le regioni possono, sulla base di
adeguati  piani  di  abbattimento  selettivi, regolare il prelievo di
selezione degli ungulati appartenenti alle specie cacciabili anche al
di fuori dei periodi e degli orari di cui alla legge n. 157 del 1992.
    Stante   l'innovazione   legislativa,   va   disposta,   in   via
preliminare,  e limitatamente a tale questione, la restituzione degli
atti   al  Tribunale  amministrativo  regionale  dell'Emilia-Romagna,
affinche'   lo   stesso  valuti  la  rilevanza  e  la  non  manifesta
infondatezza  della  questione  di  legittimita' costituzionale sulla
base dello ius superveniens.
    3.  - In via preliminare, deve essere dichiarata, per le restanti
norme  impugnate,  l'inammissibilita' delle censure per contrasto con
l'art. 97  della  Costituzione  e,  in particolare, con i principi di
buon  andamento  e  imparzialita' dell'amministrazione. Tali censure,
infatti,    risultano   sommarie   e   meramente   assertive,   cosi'
contraddicendo  l'esigenza  di  una  adeguata  motivazione a sostegno
della impugnativa.
    4. - La questione relativa all'art. 1, comma 5, non e' fondata.
    Tale  norma  viene  impugnata  nella  parte in cui prevede che le
aziende  faunistico-venatorie  ed agri-turistico venatorie provvedono
ad  abbattere  gli ungulati «in base alle vigenti direttive regionali
relative   alla   gestione  delle  Aziende  medesime  ed  al  vigente
regolamento regionale concernente la gestione faunistico-venatoria».
    A    parere    del   rimettente   la   disposizione   in   esame,
nell'autorizzare  la  caccia  di  fauna  selvatica non di allevamento
nelle aziende sopra indicate, si porrebbe in contrasto con l'art. 16,
primo  comma, lettera b), della legge n. 157 del 1992, nella parte in
cui  prevede  che  nelle  suddette  aziende e' possibile immettere ed
abbattere  la  sola  fauna  selvatica di allevamento, con conseguente
violazione    dell'art. 117,   secondo   comma,   lettera s),   della
Costituzione.
    Orbene,  poiche'  la norma impugnata si limita a rinviare, quanto
alla  definizione  della  disciplina  della  caccia all'interno delle
aziende   faunistico-venatorie,  ad  un  regolamento  e  a  direttive
regionali,  essa  risulta  priva  di  autonomo carattere precettivo e
inidonea ad incidere sul riparto delle competenze legislative fissato
dall'art. 117 della Costituzione.
    5.  -  La questione relativa all'art. 4, comma 2, lettera c), non
e' fondata.
    Il  giudice a quo ritiene che tale disposizione violi l'art. 117,
secondo  comma,  lettera s),  della  Costituzione, nella parte in cui
prevede,  dal  1 ottobre  al  30  novembre,  ulteriori  due  giornate
settimanali  per  la  caccia  alla  fauna migratoria da appostamento,
senza  che  tale  concessione  sia  subordinata  ad  una  valutazione
necessariamente  congrua  del  parere  dell'Istituto Nazionale per la
Fauna  Selvatica (INFS), richiesto dall'art. 18, comma 6, della legge
n. 157 del 1992.
    Tale   censura   si   fonda   su   di   un   erroneo  presupposto
interpretativo.
    L'art. 18  richiamato,  infatti, al comma 5, stabilisce il limite
di  tre  giornate  di  caccia  settimanali  prevedendo, al successivo
comma 6, la possibilita' per le regioni di derogare a tale limite nel
periodo  dal 1 ottobre al 30 novembre «sentito» l'INFS e tenuto conto
delle consuetudini locali.
    Risulta  da  cio'  che,  contrariamente  a  quanto  sostenuto dal
rimettente,  la norma statale evocata prevede una mera interlocuzione
tra l'ente territoriale e l'INFS, senza che il parere da quest'ultimo
espresso  si  possa  considerare  vincolante  per  la Regione ai fini
dell'esercizio legittimo della deroga.
    6.   -   La  questione  afferente  all'art. 4,  commi 4  e  5,  e
all'art. 6, comma 4, e' manifestamente inammissibile.
    Il  rimettente  dubita  della  legittimita'  costituzionale delle
norme  regionali cennate, nella parte in cui fissano, per determinate
specie  animali,  un  limite  di  capi abbattibili superiore a quello
desumibile  da un richiamato parere dell'INFS e dall'art. 1, comma 2,
della legge n. 157 del 1992.
    Quanto  al  denunciato  contrasto  con  il  parere  dell'INFS, va
rilevato  che  esso  non  indica  in termini di certezza alcun limite
quantitativo   dei   capi   abbattibili,   limitandosi   a  suggerire
l'opportunita' di una riduzione degli stessi.
    Anche il richiamo fatto dal rimettente all'art. 1, comma 2, della
legge  n. 157  del  1992,  e'  inconferente, in quanto questo prevede
soltanto  che  «l'esercizio  dell'attivita'  venatoria  e' consentito
purche'  non  contrasti  con  l'esigenza di conservazione della fauna
selvatica e non arrechi danno effettivo alle produzioni agricole».
    Risulta,  quindi,  che  sia il parere che la norma sopra indicati
enunciano esclusivamente principi di ordine generale, senza precisare
il  numero  massimo  dei capi abbattibili. Il rimettente ha omesso di
indicare sotto quale profilo, in concreto, le norme impugnate violino
i  suddetti  principi  ed ha posto, pertanto, una questione del tutto
immotivata sul requisito della manifesta infondatezza.
    7. - La questione relativa all'art. 9, comma 5, non e' fondata.
    Il  rimettente  ritiene  che  la  norma  impugnata  nel prevedere
l'annotazione  dei  capi abbattuti sul tesserino venatorio al termine
della  giornata  di  caccia, anziche' dopo ogni singolo abbattimento,
non  consentirebbe  il  controllo  sugli abbattimenti compiuti, cosi'
violando   gli   artt. 7   e  10  della  legge  n. 157  del  1992  e,
conseguentemente,   l'art. 117,   secondo  comma,  lettera s),  della
Costituzione.
    In   proposito  va  rilevato  che,  quanto  alla  disciplina  del
tesserino  di  caccia,  il  legislatore  statale  si  e'  limitato ad
indicare  all'art. 12, comma 12, della legge n. 157 del 1992, che «Ai
fini  dell'esercizio  dell'attivita' venatoria e' altresi' necessario
il  possesso  di  un  apposito  tesserino rilasciato dalla regione di
residenza,   ove  sono  indicate  le  specifiche  norme  inerenti  al
calendario regionale, nonche' le forme di cui al comma 5 e gli ambiti
territoriali  di  caccia  ove  e'  consentita l'attivita' venatoria»,
senza  dettare  alcuna  prescrizione sulle modalita' dell'annotazione
del capo abbattuto.
    La  norma regionale impugnata, pertanto, non si pone in contrasto
con  le  norme  statali  richiamate  dal  rimettente,  limitandosi  a
disciplinare  aspetti strettamente attinenti all'attivita' venatoria,
espressione della potesta' legislativa residuale della regione.