ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio  per  conflitto  di  attribuzione sorto a seguito della
deliberazione  della Camera dei deputati del 29 luglio 1998, relativa
alla  insindacabilita',  ai  sensi  dell'art. 68,  primo comma, della
Costituzione,  delle  opinioni  espresse dal deputato Vittorio Sgarbi
nei  confronti  del dott. Andrea Padalino, promosso con ricorso della
Corte  di  appello  di  Milano, seconda sezione civile, notificato il
25 agosto  2004,  depositato  in  cancelleria  il 9 settembre 2004 ed
iscritto al n. 18 del registro conflitti 2004;
    Visto l'atto di costituzione della Camera dei deputati;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  26 settembre  2006 il giudice
relatore Paolo Maddalena;
    Udito l'avvocato Roberto Nania per la Camera dei deputati.

                          Ritenuto in fatto

    1.  -  Nell'ambito  di un giudizio di appello avverso la sentenza
del  Tribunale  di  Milano, recante la condanna del deputato Vittorio
Sgarbi  al  risarcimento  del  danno  per  diffamazione aggravata nei
confronti  del  dott. Andrea Padalino, la Corte di appello di Milano,
seconda  sezione  civile,  investita dell'impugnazione principale del
deputato Sgarbi e dell'impugnazione incidentale, in punto di quantum,
del  dott.  Padalino,  con ordinanza del 26 maggio 2003, ha sollevato
conflitto  di  attribuzione  tra  poteri  dello Stato a seguito della
delibera  della  Camera dei deputati del 29 luglio 1998 (doc. IV-ter,
n. 67/A),  con  cui l'Assemblea ha dichiarato che i fatti per i quali
e'  in corso il suddetto procedimento concernono opinioni espresse da
un  membro del Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni, ai sensi
dell'art. 68, primo comma, della Costituzione.
    Premette  la  Corte  di  appello  che la diffamazione a danno del
dott.   Padalino  e'  avvenuta  durante  la  trasmissione  televisiva
denominata  «Sgarbi  Quotidiani»  andata  in  onda  il 4 agosto 1994;
precisa,   inoltre,   che   il  Tribunale  ha  rigettato  la  domanda
risarcitoria  in  relazione  ad un altro episodio dedotto dall'attore
Padalino   come   diffamatorio,   asseritamente  avvenuto  a  Cortina
d'Ampezzo  il  24 agosto  1994  nel  corso  della presentazione di un
libro.
    La  Corte  di  appello,  dopo  avere richiamato la giurisprudenza
costituzionale  relativa all'oggetto del conflitto di attribuzione ed
al  nesso funzionale che deve intercorrere tra le opinioni espresse e
l'attivita'  parlamentare,  rileva  come nel caso di specie non possa
ravvisarsi  alcun  nesso  di  tal genere, in quanto «le dichiarazioni
incriminate  per  cui  e'  causa,  descritte  negli  atti  di causa e
riportate  nella  relazione  della  Giunta  per  le  autorizzazioni a
procedere  (vedi  doc.  n. 5  prodotto  dall'appellante  principale),
esulano  completamente  dalle  funzioni  parlamentari», essendo state
rese nell'ambito di una trasmissione televisiva condotta dallo stesso
parlamentare  e durante una conferenza stampa per la presentazione di
un  libro,  senza  alcun  collegamento  con l'attivita' istituzionale
dello stesso deputato e senza che esse rappresentino una divulgazione
all'esterno   di   una   opinione   gia'   espressa  dall'interessato
nell'esercizio delle funzioni parlamentari tipiche.
    Secondo  la  Corte  di  appello,  la  deliberazione  della Camera
esorbiterebbe  dall'ambito derogatorio consentito dall'art. 68, primo
comma,  della  Costituzione  e  verrebbe, in tal senso, a interferire
illegittimamente con le attribuzioni dell'autorita' giudiziaria.
    Il  giudice ricorrente ha chiesto, pertanto, l'annullamento della
delibera in oggetto.
    2.  -  Nel  giudizio  preliminare  di  delibazione  in  camera di
consiglio, questa Corte, con ordinanza n. 295 del 2004, depositata il
28 luglio 2004, ha dichiarato ammissibile il conflitto proposto dalla
Corte di appello di Milano, seconda sezione civile.
    L'ordinanza  di  ammissibilita', unitamente all'atto introduttivo
del  giudizio,  e' stata notificata il 25 agosto 2004. Il conseguente
deposito e' stato effettuato il 9 settembre 2004.
    3.  -  Nel  giudizio  si  e'  costituita  la Camera dei deputati,
depositando  documenti  e  svolgendo  deduzioni,  a conclusione delle
quali  ha  chiesto che la Corte dichiari il conflitto inammissibile o
improcedibile,  e  in  subordine  rigetti il ricorso, dichiarando che
spettava  alla  Camera  dei deputati affermare l'insindacabilita', ai
sensi  dell'art. 68,  primo  comma,  della Costituzione, in relazione
alle opinioni espresse dal deputato Sgarbi, secondo quanto deliberato
dall'Assemblea in data 29 luglio 1998.
    3.1. - In via preliminare, la Camera eccepisce l'inammissibilita'
o  l'improcedibilita'  del  conflitto,  in  quanto  nel provvedimento
introduttivo  della  Corte  di  appello sarebbe del tutto assente una
prospettazione del thema decidendum.
    Premette  la  difesa  della  Camera che l'art. 26, comma 1, delle
norme  integrative  per  i  giudizi  davanti  alla Corte prescrive al
ricorrente di esporre i fatti alla base del conflitto nonche', quanto
meno  sommariamente,  le  ragioni del conflitto medesimo, in aggiunta
all'indicazione necessaria delle norme costituzionali che regolano la
materia.
    Nel  caso  di specie, non sarebbe dato reperire nel provvedimento
introduttivo  la  benche'  minima  indicazione in ordine al contenuto
delle   dichiarazioni  rese  dal  deputato  Sgarbi,  che  il  giudice
ricorrente  ha  ritenuto  non  coperte  dalla garanzia costituzionale
della  insindacabilita'. Difetterebbe, inoltre, qualsiasi riferimento
al  contenuto  della  delibera della Camera assunta come lesiva ed ai
motivi  che  ne dovrebbero comprovare la illegittimita', essendosi il
ricorrente   limitato   ad   affermarne  apoditticamente  la  pretesa
arbitrarieta'  e  postulando,  in  modo  altrettanto  astratto  e non
circostanziato,   la   insussistenza  del  rapporto  con  l'attivita'
parlamentare del deputato.
    Nella  memoria  si  richiama  la  giurisprudenza  di questa Corte
(sentenze n. 274 del 2001 e n. 87 del 2002; ordinanze n. 318 del 1999
e  n. 264  del  2000) che in fattispecie analoghe, di fronte a simili
carenze  nella  prospettazione del thema decidendum, avrebbe concluso
nel senso della inammissibilita' del conflitto.
    Secondo  la  difesa  della  Camera  dei  deputati,  non  potrebbe
pretendersi  di  assolvere  al predetto onere soltanto ob relationem,
ossia  facendo  rinvio  alla  sentenza  di primo grado o agli atti di
causa, ovvero ancora alla stessa delibera di insindacabilita' ed alla
relazione della Giunta per le autorizzazioni a procedere: difatti, ai
sensi   del  citato  art. 26  delle  norme  integrative,  l'onere  di
esposizione   delle  ragioni  del  conflitto  grava  in  via  diretta
sull'atto  introduttivo  e ad esso, conseguentemente, spetta indicare
gli  elementi  sufficienti  a  definire  la materia del conflitto che
viene sollevato.
    In  ogni  caso,  la domanda di annullamento sarebbe inammissibile
la'  dove  investe le dichiarazioni per le quali il giudizio di primo
grado  si  e' definito con l'assoluzione del deputato Sgarbi: siccome
l'appello   dell'attore   in  primo  grado  non  ha  riguardato  tale
capo della  sentenza,  palese  sarebbe  il  difetto di interesse alla
elevazione di un conflitto che per questo verso, in forza del divieto
di  reformatio  in  peius,  resterebbe  ininfluente  sul  giudizio di
appello.
    3.2.  -  Nel  merito,  ed  in via subordinata, si sostiene che le
dichiarazioni  rese  dal  deputato Sgarbi, ed indicate nella relativa
delibera  adottata  dalla  Camera dei deputati, ricadano comunque nel
raggio  di  azione  della garanzia della insindacabilita' ex art. 68,
primo comma, della Costituzione.
    Innanzitutto,  la difesa della Camera ritiene che il nesso fra le
opinioni   espresse   e  l'attivita'  politico-parlamentare  non  sia
infranto  dal  ruolo  di  conduttore  televisivo svolto da chi quelle
medesime  opinioni  abbia ritenuto di esprimere, giacche' la garanzia
in  questione  e'  applicabile anche alle opinioni rese extra moenia,
salvo   il   requisito   della   loro  correlazione  con  l'attivita'
politico-parlamentare.
    Circa la sussistenza del nesso funzionale, la memoria fa presente
che  le dichiarazioni rese nei confronti del dott. Andrea Padalino si
collocano nel quadro di considerazioni critiche espresse dal deputato
Sgarbi  sul  funzionamento del Tribunale di Milano e segnatamente sui
rapporti  intercorrenti tra l'ufficio del pubblico ministero e quello
del  giudice  per  le  indagini preliminari in tema di irrogazione di
misure   privative   della   liberta'   personale   nel   periodo  di
«Tangentopoli».
    Cio'  premesso,  secondo  la  difesa  della  Camera  vi sarebbero
numerosi  atti  di controllo e dichiarazioni rese nel plenum, i quali
testimonierebbero    che    il    filo    conduttore   dell'attivita'
politico-parlamentare  del  deputato  Sgarbi  consiste  proprio nella
denuncia  dell'operato di alcuni uffici giudiziari che, ad avviso del
deputato medesimo, non sarebbe stato improntato a criteri adeguati al
valore che riveste la liberta' personale dei cittadini.
    Al   riguardo  si  richiamano:  l'interrogazione  n. 3/00189  del
1° agosto 1994; l'interrogazione n. 3/00191 presentata nella medesima
data;     l'interrogazione     n. 4/15496    dell'8 novembre    1995;
l'interrogazione  n. 4/16345  del  29 novembre  1995. La difesa della
Camera  fa  inoltre  presente  che  la  questione  delle modalita' di
esercizio  dei  poteri  del giudice per le indagini preliminari, come
risulta   dalla   interrogazione   n. 4/03252  del  5 dicembre  1996,
presentatore  Tabladini, e dalla relativa risposta del Governo, si e'
posta  in  relazione alla vicenda Caneschi pressoche' coincidente sul
piano  temporale con le dichiarazioni attualmente sub iudice, vicenda
che   e'   stata  «oggetto  di  esame  e  di  valutazione  sul  piano
disciplinare  da  parte  del Ministro dell'epoca, il quale ritenne di
promuovere,   in  data  7 settembre  1995,  la  relativa  azione  nei
confronti   dei   dottori   Elio   Ramondini   e   Andrea   Padalino,
rispettivamente  sostituto  procuratore  della  Repubblica  e giudice
delle indagini preliminari presso il Tribunale di Milano». A conferma
di  tale  specifica  correlazione, la difesa della Camera ricorda gli
interventi  del  deputato  Sgarbi  nella  seduta  del  18 giugno 1998
nonche' nella seduta del 3 novembre 1998.
    Onde  dar conto dell'impegno del deputato sul tema, nella memoria
si  rammenta  che  il  deputato  Sgarbi  si  e' fatto promotore della
proposta  di legge n. 2747 (22 giugno 1995) per la tutela del diritto
alla  salute delle persone sottoposte a misure privative o limitative
della  liberta'  e,  unitamente  ad altri deputati, della proposta di
legge    n. 3697    (15 gennaio   1996)   in   materia   di   diritto
all'informazione  sulle  condizioni  di  detenzione.  Si  richiamano,
infine,  i  numerosi  interventi  in Aula (nelle sedute del 19 maggio
1994,  del 21 luglio 1994, del 13 settembre 1995, del 25 ottobre 1995
e  del  26 ottobre  1995)  sulle garanzie del giusto processo e della
liberta' personale.
    La  polemica  che,  soprattutto  in  quel  frangente  della  vita
nazionale,  caratterizzava  l'attivita'  posta in essere dal deputato
Sgarbi  (ma  anche quella di numerosi altri parlamentari) riguardante
in  particolare  il  modus  operandi  dei  giudici  milanesi, avrebbe
precipuamente   avuto  di  mira  le  decisioni  assunte  in  tema  di
privazione  della liberta' personale. Ad avviso della Camera, in tale
polemica,  per gli stessi termini in cui si e' manifestata negli atti
tipici,  sarebbe  da  ravvisare  una portata generale suscettibile di
investire  anche  gli  organi,  quali  sono  appunto i giudici per le
indagini  preliminari,  deputati  al  controllo dei presupposti delle
richieste in tal senso avanzate dagli organi inquirenti.
    Cosi'    inquadrata,   la   vicenda   in   oggetto,   concernente
dichiarazioni   critiche  rivolte  ad  un  giudice  per  le  indagini
preliminari  milanese,  si dimostrerebbe, al di la' delle espressioni
di  mero  contorno,  in  linea  di continuita' con il nucleo polemico
ricorrente  negli  atti  sopra  richiamati  e con i suoi destinatari,
sicche'  fondatamente  si  sarebbe addivenuti nel caso di specie alla
dichiarazione  di  operativita'  della garanzia costituzionale di cui
all'art. 68, primo comma, della Costituzione.
    4.  -  In  prossimita'  dell'udienza,  la  Camera dei deputati ha
depositato   una   memoria   illustrativa  ribadendo  l'eccezione  di
inammissibilita'   o  improcedibilita'  del  conflitto  e  mantenendo
comunque ferme le deduzioni prospettate in via subordinata a sostegno
dell'infondatezza nel merito del conflitto.

                       Considerato in diritto

    1.  -  Il  presente  conflitto di attribuzione e' stato sollevato
dalla  Corte  di  appello  di  Milano,  seconda  sezione  civile, nei
confronti  della  Camera dei deputati in relazione alla deliberazione
dalla  stessa  assunta in data 29 luglio 1998 (doc. IV-ter, n. 67/A),
con  la  quale  e'  stata affermata l'insindacabilita' delle opinioni
espresse  dal  deputato  Vittorio Sgarbi nel corso della trasmissione
televisiva  «Sgarbi  Quotidiani» in onda su Canale 5 in data 4 agosto
1994  e  della presentazione in pubblico, a Cortina d'Ampezzo in data
24 agosto  1994,  di un libro; opinioni con riguardo alle quali pende
un  procedimento  civile  di  risarcimento  del danno da diffamazione
davanti alla medesima Corte di appello.
    Secondo  il  giudice  ricorrente, tali dichiarazioni esulerebbero
completamente   dalle   funzioni  parlamentari,  essendo  state  rese
nell'ambito  di  una  trasmissione  televisiva  condotta dallo stesso
parlamentare  e durante una conferenza stampa per la presentazione di
un  libro,  senza  alcun  collegamento  con l'attivita' istituzionale
dello stesso deputato e senza che esse rappresentino una divulgazione
all'esterno   di   una   opinione   gia'   espressa  dall'interessato
nell'esercizio  delle funzioni parlamentari tipiche. La deliberazione
della   Camera,   pertanto,   esorbiterebbe  dall'ambito  derogatorio
consentito  dall'art. 68,  primo comma, della Costituzione e verrebbe
ad  interferire  illegittimamente  con le attribuzioni dell'autorita'
giudiziaria.
    2. - La Camera dei deputati, costituendosi nel presente giudizio,
ha  chiesto  alla  Corte  di  dichiarare  il  ricorso inammissibile o
improcedibile sotto un duplice profilo: innanzitutto, per la carenza,
nell'atto  introduttivo, dei requisiti minimi prescritti dall'art. 26
delle   norme   integrative   per   i   giudizi  davanti  alla  Corte
costituzionale,  stante  l'assenza  di  qualsiasi  prospettazione del
thema decidendum nell'atto introduttivo, non essendo dato reperire in
esso  alcuna  indicazione  in ordine al contenuto delle dichiarazioni
rese   dal  deputato  Sgarbi  e  mancando  qualsiasi  riferimento  al
contenuto  della  delibera  della  Camera  assunta  come lesiva ed ai
motivi  che  ne  dovrebbero  comprovare la illegittimita'; in secondo
luogo,  perche'  esso investirebbe anche dichiarazioni (quelle rese a
Cortina  d'Ampezzo il 24 agosto 1994 nel corso della presentazione di
un  libro)  per le quali il giudizio di primo grado e' stato definito
con  l'assoluzione  del  deputato  Sgarbi,  non riguardando l'appello
dell'attore in primo grado tale capo della sentenza.
    Nel  merito,  la Camera ritiene il ricorso infondato, indicando e
producendo  atti  parlamentari tipici dai quali si desumerebbe che le
dichiarazioni  rese  nei  confronti  del  dott.  Andrea Padalino (non
citate  nel  ricorso  che ha sollevato il conflitto) si collocano nel
quadro  di  considerazioni  critiche espresse dal deputato Sgarbi sul
funzionamento  del  Tribunale  di  Milano e segnatamente sui rapporti
intercorrenti  tra  l'ufficio  del  pubblico  ministero  e quello del
giudice  per le indagini preliminari in tema di irrogazione di misure
privative della liberta' personale nel periodo di «Tangentopoli».
    3.  -  L'eccezione di inammissibilita' sollevata dalla Camera dei
deputati e' fondata.
    Questa  Corte,  con  l'ordinanza n. 295 del 2004, ha ritenuto, in
sede  di  prima  e  sommaria  delibazione,  ammissibile il conflitto,
riservando espressamente all'attuale fase processuale, nella quale il
giudizio  si  svolge nel contraddittorio tra le parti, ogni ulteriore
decisione, anche relativamente all'ammissibilita'.
    Secondo  l'art. 26  delle norme integrative per i giudizi davanti
alla  Corte  costituzionale, il ricorso per conflitto di attribuzione
tra  poteri  dello  Stato deve contenere, tra l'altro, «l'esposizione
sommaria delle ragioni di conflitto»: l'atto introduttivo deve quindi
indicare gli elementi sufficienti a definire la materia del conflitto
che  con  esso  viene  sollevato ed in particolare, trattandosi nella
specie  di  conflitto  tra  l'autorita'  giudiziaria  e la Camera dei
deputati, deve riferirsi, innanzitutto, ai fatti per i quali pende il
procedimento dinanzi al giudice ricorrente (sentenze n. 79 del 2005 e
n. 274 del 2001).
    Al  contrario,  il  ricorso  della  Corte  di appello e' privo di
qualsiasi  riferimento  agli  specifici  fatti  per  cui  si procede,
elementi  necessari  ai  fini della compiuta percezione delle ragioni
del   conflitto:   esso   infatti   non  riporta  in  alcun  modo  le
dichiarazioni  rese  dal  deputato  Vittorio Sgarbi in relazione alle
quali  e'  pendente  il  procedimento  civile  dinanzi  alla Corte di
appello  ricorrente  e che invece assumono importanza fondamentale ai
fini  dell'accertamento  dell'eventuale  nesso  funzionale  con  atti
parlamentari  tipici di cui le dichiarazioni stesse potrebbero essere
espressione,  ma  si  limita a indicare il contesto (una trasmissione
televisiva  ed  una  conferenza per la presentazione di un libro) nel
quale esse sarebbero state pronunciate.
    A  colmare  la lacuna della mancata descrizione della fattispecie
oggetto  del  giudizio civile, non puo' soccorrere la circostanza che
le   dichiarazioni   in   questione  -  come  si  legge  nel  ricorso
introduttivo  - sono «descritte negli atti di causa e riportate nella
relazione  della  Giunta per le autorizzazioni a procedere (doc. n. 5
prodotto dall'appellante principale)», giacche', in base al principio
di autosufficienza del ricorso, e' nel solo atto introduttivo e negli
eventuali  documenti ad esso allegati che devono essere rinvenuti gli
elementi  identificativi  della causa petendi e del petitum, relativi
al  conflitto  di attribuzione tra poteri dello Stato (cfr. ordinanze
n. 129 del 2005, n. 264 e n. 140 del 2000).
    La  mancanza di una compiuta esposizione dei presupposti di fatto
del   conflitto  di  attribuzione,  precludendo  a  questa  Corte  di
accertare  se  sussista  il nesso funzionale tra le frasi pronunciate
nel  corso  della  trasmissione  televisiva e della conferenza per la
presentazione di un libro e gli eventuali atti parlamentari tipici di
cui le frasi stesse potrebbero costituire la divulgazione esterna, si
traduce  nel difetto di un requisito essenziale del ricorso, che deve
conseguentemente essere dichiarato inammissibile.