LA CORTE DEI CONTI Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso in in appello iscritto al n. 21972 del registro di segreteria proposto dall'istituto nazionale di previdenza per dipendenti dell'aministrazione pubblica (I.N.P.D.A.P.) rappresentato e difeso dall'avvocato Maria Ravano Marini; Contro il sig. Antonucci Luigi rappresentato e difeso dall'avvocato Paolo Guerra, avverso la sentenza n. 2524/03 della Sezione giurisdizionale per la Regione Lazio depositata in data 3 dicembre 2003; Vista a sentenza appellata resa tra e parti del presente giudizio; Visto l'atto di appello notificato il 20 novembre 2004 e depositato il 2 dicembre 2004; Visti gli altri atti e documenti di causa; Uditi alla pubblica udienza del 31 marzo 2006, con l'assistenza dei segretario signora Gerarda Calabrese, il consigliere relatore Silvio Aulisi, l'avvocato Raffaele Genovesi, per delega dell'avvocato Maria Ravano Marini, per l'I.N.P.D.A.P. e l'avvocato Paolo Guerra per parte appellata. Ritenuto in fatto Che con l'appello in epigrafe, l'Istituto nazionale di previdenza per i dipendenti dell'amministrazione pubblica (di seguito I.N.P.D.A.P.) ha chiesto a questo giudice di appello di dichiarare - in riforma della sentenza n. 2504/03 del 3 dicembre 2003 della Sezione giurisdizionale per la Regione Lazio - che il sig. Antonucci Luigi, titolare dal 26 febbraio 1958 di trattamento pensionistico privilegiato e dal 1° aprile 1991 anche di pensione diretta, non ha diritto a percepire l'indennita' integrativa speciale (di seguito I.I.S.) in misura intera su ambedue i trattamenti di pensione di cui era divenuto, per l'appunto, titolare dal 1° aprile 1991; Che l'appello e' stato avanzato dall'I.N.P.D.A.P. - che ha censurato la sentenza di primo grado per «violazione e falsa applicazione dell'articolo 99, secondo comma, del D.P.R. n. 1092 del 29 dicembre 1973» - nell'assunto che il divieto di cumulo di I.I.S. in ipotesi di plurimi trattamenti di pensione non sarebbe mai stato espunto da nostro ordinamento dovendosi riconoscere alle sentenze della Corte costituzionale (che hanno avuto diretta incidenza sul secondo comma dell'articolo 99 in questione) valenza «manipolativa additiva» nel senso che l'originario divieto sarebbe stato solamente "corretto" attribuendo al titolare di due pensioni il «solo» il diritto a vedersi integrare l'importo della pensione, sulla quale non compete l'I.S.S., fino al c.d. minimo INPS; Che parte appellata si e' costituita in giudizio con memoria depositata il 21 marzo 2006 chiedendo, in via principale, il rigetto dell'appello e, in via subordinata, la rimessione degli atti alla Corte costituzionale per un nuovo scrutinio dell'articolo 99, secondo comma, del d.P.R. n. 1092 del 1973 - ove ritenuto «riformulativo» (a seguito della sentenza n. 494/93 della Corte costituzionale) nei termini indicati dall'I.N.P.D.A.P. - per violazione degli articoli 3 e 36 della Costituzione. Cen in ordine alla richiesta principale il difensore di parte appellata si e' richiamato alla giurisprudenza di questa stessa terza sezione giurisdizionale centrale, sostenendo, al riguardo, che alla sentenza n. 494/1993 della Corte costituzionale non puo' attribuirsi natura «additiva», ma semmai «additiva di principio» come, del resto, chiaramente desumibile dalle successive ordinanze n. 438 del 1998 e n. 517 del 2000 e dalla successiva sentenza n. 516 del 2000 della stessa Corte costituzionale; Che in ordine alla richiesta subordinata lo stesso difensore ha rappresentato che ove il secondo comma dell'articolo 99 del d.P.R. n. 1092 del 1973 dovesse ritenersi vigente nella «riformulazione» indicata dalle SS.RR. nelle recente sentenza n. 2/QM/2006, lo stesso si porrebbe in contrasto e in disarmonia con il residuo testo dell'art. 99, con le tabelle n. 2 e 3 annesse allo stesso DPR n. 1092 (come sostituite dalla legge n. 176 del 1977) e con la legislazione pensionistica statale successiva alla legge n. 724 del 1994, creando, in tale modo, disparita' di trattamento: - tra pensionato che presta opera retribuita alle dipendenza della P.A. e titolare di due trattamenti pensionistici ante e post 31 dicembre 1994; tra pensionati con pensioni inferiori al minimo INPS per l'illegittimo appiattimento dei rispettivi trattamenti; tra pensionati, privilegiati o meno, con trattamenti pensionistici superiori anche di un solo euro al minimo INPS che non beneficerebbero di alcun importo per I.I.S. e pensionati con trattamento inferiore al minimo INPS che avrebbero diritto all'integrazione differenziale; in Sicilia, tra titolari di due pensioni statali titolari di una pensione statale e di una pensione della Regione; Che alla pubblica udienza del 31 marzo 2006, mentre il difensore di parte appellante si e' semplicemente richiamato agli atti scritti confermandone considerazioni e conclusioni, il difensore di parte appellata ha ulteriormente esplicitato le argomentazioni che dovrebbero condurre questo giudice di appello a confermare la propria consolidata giurisprudenza (peraltro finora condivisa da quasi tutte le sezioni giurisdizionali regionali) in punto di espunzione dall'ordinamento giuridico del cd. divieto di cumulo (articolo 99, secondo comma d.P.R. n. 1092 del 1973) in ipotesi di fruizione di plurimi trattamenti di pensione o, in subordine, (ove questo giudice ritenesse di dover riconsiderare, alla luce della recente sentenza 2/QM/2006 elle SS.RR. di questa Corte dei conti, la giurisprudenza della sezione) dovrebbero condurre ad una nuova rimessione degli atti alla Corte Costituzionale al fine di una nuova pronuncia sulla costituzionalita' dell'articolo 99, secondo comma, del d.P.R. n. 1092 del 1973, nella «formulazione» intesa vigente dalla ricordata sentenza 2/QM/2006 delle SS.RR. Considerato in diritto Ribadito e precisato: 1) che, come indicato nella precedente esposizione in fatto, la questione sulla quale e' stato chiamato, ancora una volta, a pronunciarsi, concerne (tenuto conto del «capo» della sentenza che e' stato appellato) il negato dall'Amministrazione, ma riconosciuto dal primo giudice - alla corresponsione dell'l.l.S. in misura intera su piu' trattamenti di pensione; 2) che sul punto questo giudicante - che finora si era pronunciato nel senso che tale diritto doveva essere riconosciuto per doversi ritenere non piu' vigente nel nostro ordinamento giuridico il c.d. «divieto di cumulo» di cui all'originaria formulazione dell'art. 99, secondo comma, del d.P.R. n. 1092 del 1973 - ritiene, ora, di dover condividere l'orientamento delle SS.RR. di questa Corte dei conti e, quindi, di ritenere applicabile normativa quale specificata dalle suddette SS.RR. nella recente sentenza 2/QM/2006 che porta ad accogliere l'atto di appello proposto dall'l.N.P.D.A.P., e, quindi, negare il diritto di parte appellata alla corresponsione dell'I.I.S. in misura intera su ambedue i trattamenti di quiescenza di cui e' titolare; 3) che un tale esito del giudizio non sembra costituzionalmente legittimo; tutto cio' ribadito e precisato questo giudice di appello, accogliendo la subordinata istanza di parte appellata, ritiene di dover necessariamente rimettere ancora una volta alla Corte costituzionale la questione in punto di legittimita' costituzionale dell art. 99, secondo comma, del d.P.R. n. 1092 del 1973 per contrasto con l'art. 3 della Carta costituzionale. A tal fine questo giudice osserva Sulla non manifesta infondatezza Come noto, al momento della prima rimessione (ordinanza del 9 febbraio 1988 di questa Corte dei conti) della questione del c.d. divieto di cumulo dell'I.I.S. - fatto riferimento alla normativa statale - esistevano norme correttamente coordinate tra loro e sicuramente (in disparte la loro possibile non conformita' agli articoli 36 e 38 della Costituzione) non discriminatrici e precisamente: da una parte, per il caso di pensionato-lavoratore, il comma quinto dell'art. 99 del d.P.R. n. 1092 del 1973 (ai sensi del quale era sospesa la concessione dell'I.I.S. nei confronti dei pensionati che prestavano opera retribuita, sotto qualsiasi forma, presso lo Stato, le amministrazioni pubbliche e gli altri enti pubblici) e l'art. 17 della legge n. 843 del 21 dicembre 1978 (ai sensi del quale l'I.I.S. non era cumulabile con la retribuzione percepita in costanza di lavoro alle dipendenze di terzi) dall'altra parte il secondo comma dello stesso art. 99 (ai sensi del quale al titolare di piu' pensioni o assegni l'I.I.S. compete ad un solo titolo). Per i dipendenti dell'Amministrazione regionale siciliana vigeva, a sua volta, analoga norma (art. 4 della L.R. n. 17 del 4 luglio 1978) riguardante il divieto di cumulo di I.I.S. (cd. indennita' di contingenza) per ambo i casi di pensionato-lavoratore e pensionato titolare di piu' trattamenti di riposo. Dal 1989 le norme disciplinanti il cumulo (sub specie di divieto o sospensione) dell'I.I.S. in ipotesi di contestuale prestazione di attivita' di lavoro subordinato sono state oggetto di esame da parte di codesta Corte costituzionale che: con sentenza n. 566 del 1989 dichiarava, tout court (e cioe' senza alcun riferimento al c.d. minimo INPS), la illegittimita' costituzionale del quinto comma dell'art. 92 del d.P.R. n. 1092 del 1973; con sentenza n. 204 del 1992 dichiarava l'illegittimita' costituzionale dell'art. 17 della legge n. 843 del 1978 (e art. 15 del d.l. 30 dicembre 1979 n. 663, conv. con legge n. 33 del 1980) «nella parte in cui non determina la misura della retribuzione oltre la quale diventa operante l'esclusione (e il congelamento) dell'I.I.S.»; con sentenza n. 376 del 1994 dichiarava l'illegittimita' costituzionale dell'art. 4 della legge regionale siciliana n. 17 del 1978 nella «parte in cui non prevede che nei confronti del titolare di piu' pensioni debba comunque farsi salvo l'importo corrispondente al cd. minimo INPS». Con dette ultime due sentenze veniva, quindi, introdotto il «concetto» del limite (della retribuzione o di una delle due pensioni) al di sotto del quale non poteva pervenirsi all'esclusione (o al congelamento) dell'I.I.S. Anche il secondo comma dello stesso art. 99 del d.P.R. n. 1092 del 1973 e' stato soggetto ad esame da parte di codesta Corte costituzionale che con sentenza che n. 494 del 1993 ne dichiarava l'illegittimita' costituzionale nella parte in cui non prevede che nei confronti del titolare di due pensioni pur restando vietato il cumulo delle I.I.S., debba comunque farsi salvo importo corrispondente al c.d. minimo INPS.». Al termine di questo «primo processo» di epurazione di norme o di correzione di norme ritenute costituzionalmente illegittime, nel mentre ad avviso di questo stesso giudice remittente - che aveva inteso attribuire alla sentenza n. 494 del 1993 non una vera e propria valenza addittiva per doversi ritenere l'individuato minimo INPS come indicazione per il legislatore - la conseguenza piu' logica, e comunque piu' rispondente ai principi costituzionali era stata quella intesa a vedere, anche in ipotesi di doppio trattamento di pensione la caducazione del c.d. divieto di cumulo (sub specie di non spettanza o di sospensione) - secondo le Sezioni riunite (sentenza 2/QM/2006) si e' consolidata una situazione normativa ai sensi della quale la spettanza della «doppia» I.I.S. compete solo al pensionato-lavoratore e non anche al titolare (non ex dipendente della regione siciliana) di due pensioni (lo stesso precedente pensionato-lavoratore) giunto al termine della «seconda» attivita' lavorativa. A quest'ultimo, viceversa, sarebbe dovuta la sola integrazione della pensione al c.d. minimo INPS. Orbene, essendo questo ormai il «diritto vivente», ne consegue che: a) mentre e' caduto, per contrasto con gli articoli della Carta costituzionale il divieto di percepire l'I.I.S. in misura intera sulla pensione in caso di contemporaneo svolgimento da parte del pensionato di attivita' lavorativa subordinata (tanto alle dipendenze di privati quanto di Amministrazioni pubbliche); b) non e' viceversa caduto il divieto di percepire l'I.I.S. in misura intera su entrambi i trattamenti pensionistici attribuiti al precedente (lo stesso) pensionato-lavoratore al termine della «seconda attivita' di lavoro subordinato». Si presenta, pertanto, un assoluto anacronismo di disciplina normativa tra due posizioni sostanzialmente identiche (doppia fonte di reddito) - delle quali due posizioni la seconda (reddito da sole pensioni) e' sicuramente piu' degna di tutela - e, quindi, si prospetta una evidente discriminazione denunciabile con riguardo all'art. 3 della Costituzione. Sulla rilevanza Sulla rilevanza della questione e' sufficiente sottolineare che applicando il diritto vivente si dovrebbe accogliere l'appello dell'l.N.P.D.A.P., mentre se dovesse essere dichiarata l'incostituzionalita' del secondo comma dell'art. 99 del d.P.R. n. 1092 del 1973, parte appellata potrebbe vedersi confermato il diritto ad essa riconosciuto dal giudice di primo grado.