IL TRIBUNALE

    Nel   procedimento   penale   n. 76/06   R.G.  nei  confronti  di
Saccheggiani  Franco,  imputato  dei reati di cui agli artt. 594, 612
codice   penale,   alla   pubblica  udienza  del  27 aprile  2006  ha
pronunziato la seguente ordinanza.
    Nel  presente  giudizio,  instaurato  in seguito ad opposizione a
decreto  penale di condanna, si pone preliminarmente il problema, non
essendo stato ancora aperto il dibattimento, di quali siano i termini
di prescrizione applicabili ai reati contestati, posto che l'art. 10,
legge  n. 251/05,  rende  in  tal caso applicabili i nuovi termini di
prescrizione  -  previsti  dalla  stessa  legge  -  se piu' brevi dei
precedenti.
    Nella  specie,  i  reati  per  cui si procede sono attualmente di
competenza  del  giudice  di  pace,  e  percio'  il Tribunale, che ne
conosce  in  forza  della  disciplina  transitoria, deve applicare le
stesse  pene  che  applicherebbe  il  giudice di pace (artt. 4, primo
comma lett. a), 63 e 64 d. l.vo n. 274/2000).
    Orbene,  il  primo quesito cui va data risposta, in via generale,
e' se i reati punibili con le sanzioni della permanenza domiciliare o
del  lavoro  di  pubblica  utilita'  (artt. 52,  53 e 54 d.l.vo cit.)
rientrino  nella  previsione  del  novellato  art. 157,  quinto comma
codice  penale, per cui «quando per il reato la legge stabilisce pene
diverse  da  quella  detentiva  e da quella pecuniaria, si applica il
termine  [di  prescrizione]  di  tre anni». Premesso che la presenza,
accanto  alle  suddette pene, della pena pecuniaria, non e' influente
ai fini della risoluzione del problema (poiche' dal precedente quarto
comma  si  ricava  il  principio  che  quando  la  pena pecuniaria si
accompagna  -  in  via  congiunta  o  alternativa  - a pena di genere
diverso   e   piu'   grave,   non  rileva  ai  fini  del  termine  di
prescrizione),  e premesso ancora che permanenza domiciliare e lavoro
di  pubblica  utilita'  sono  certamente  -  per  loro natura - «pene
diverse da quella detentiva e da quella pecuniaria», l'unico ostacolo
all'applicabilita'  dell'art. 157  quinto  comma  ai reati puniti con
tali  pene  e'  il  disposto dell'art. 58 d.l.vo n. 274/2000, per cui
«per  ogni  effetto  giuridico  la pena dell'obbligo della permanenza
domiciliare e il lavoro di pubblica utilita' si considerano come pena
detentiva   della   specie   corrispondente   a   quella  della  pena
originaria».  Sennonche',  qualora tale equiparazione formale dovesse
valere  anche  ai  fini  della  prescrizione, l'art. 157 quinto comma
codice penale resterebbe privo di oggetto, non essendovi attualmente,
nell'ordinamento  penale,  sanzioni  diverse  dalle  pene detentive e
pecuniarie.  Si  dovrebbe  percio'  ritenere  che  la norma sia stata
dettata «a futura memoria», per completare il sistema in vista di una
prossima  (ed  eventuale)  introduzione di sanzioni penali diverse da
quelle  attualmente vigenti. Ma a questa conclusione - che priverebbe
una norma in vigore di valore precettivo immediato - l'interprete non
puo'  giungere  se  non in presenza di elementi univoci (nella specie
inesistenti)  o  in mancanza di ogni altra opzione ermeneutica. Sulla
base  di  questi  criteri,  appare allora inevitabile ritenere che la
legge   n. 251/2005,   novellando  l'art. 157  codice  penale,  abbia
derogato  (in quanto legge posteriore e speciale), in parte qua, alla
generale equiparazione di cui all'art. 58 cit.
    Se  cosi'  e',  non  vi  e'  dubbio che i reati di competenza del
giudice  di  pace,  punibili  con  la detenzione domiciliare o con il
lavoro di pubblica utilita', si prescrivano nel termine di tre anni.
    La  conclusione cui si e' giunti, peraltro, fa sorgere il nuovo e
piu'  grave  problema del termine di prescrizione per i reati, sempre
di  competenza del giudice di pace, puniti, come nella specie, con la
sola  pena  pecuniaria:  cio'  perche'  il  primo comma dell'art. 157
codice penale prevede, per tali reati, un termine di prescrizione non
inferiore a sei anni se si tratta di delitti, e a quattro anni, se si
tratta di contravvenzioni.
    Questo stesso Tribunale ha recentemente (sent. 9 marzo 2006, est.
Ghini) ritenuto di poter superare la discrasia attraverso una lettura
costituzionalmente  orientata della norma, ed ha applicato il termine
triennale di prescrizione a reati - di competenza del giudice di pace
- puniti con la sola pena pecuniaria.
    Ad  avviso  dell'odierno giudicante, per contro, la lettera della
legge  non  puo'  essere  superata  in  via interpretativa, e l'unico
rimedio  per  ricondurre  a  razionalita' il sistema e' una pronunzia
d'incostituzionalita'  della  norma  di  cui all'art. 157 primo comma
codice  penale,  nel  testo  novellato  dall'art. 6, legge 5 dicembre
2005,  n. 251,  nella  parte in cui assoggetta ai piu' lunghi termini
prescrizionali  ivi  previsti,  anziche' al termine prescrizionale di
tre  anni,  i  reati  di competenza del giudice di pace puniti con la
sola pena pecuniaria.
    E'   evidente  infatti  che,  allo  stato,  nell'ambito  di  tale
competenza, i reati dal legislatore considerati piu' gravi (tanto che
la  pena  per  essi  prevista  e' parificata in via generale a quella
detentiva) godono della prescrizione di tre anni, mentre i reati meno
gravi,  puniti  con sola pena pecuniaria, sono assoggettati a termini
di  prescrizione  assai  piu'  lunghi,  con palese irrazionalita' del
sistema, e conseguente violazione del principio di uguaglianza di cui
all'art. 3  della Costituzione. E se e' vero (per prevenire possibili
obiezioni)  che  la  Corte  costituzionale  non  puo'  sostituirsi al
legislatore  e  alla sua discrezionalita' nell'individuare il congruo
termine di prescrizione per tale tipologia di reati, e' pur vero che,
per  ricondurre il sistema a un minimo di razionalita' - che consenta
di  ritenere  rispettato il principio di uguaglianza - e' sufficiente
che  il  termine  di  prescrizione  per  i reati puniti con sola pena
pecuniaria  di  competenza  del  giudice  di pace sia non maggiore di
quello  previsto  per  gli  altri e piu' gravi reati rientranti nella
medesima competenza.
    La  rilevanza  della  questione  e' poi indubbia, perche' solo in
caso di accoglimento i reati risulterebbero gia' prescritti.