Ricorso  della  Regione  Valle d'Aosta, con sede in Aosta, piazza
Deffeyes   n. 1,   codice   fiscale  n. 80002270074  in  persona  del
presidente  pro  tempore, on. Luciano Caveri, rappresentato e difeso,
in  forza  di  procura a margine del presente atto ed in virtu' della
deliberazione  della  giunta regionale n. 2754 del 22 settembre 2006,
dai  proff. avv. Giovanni Guzzetta e Francesco Saverio Marini, presso
il  cui  studio  sito  in  Roma,  via  Monti Parioli n. 48, ha eletto
domicilio;

    Contro  il  Governo  in  persona del Presidente del Consiglio del
ministri pro tempore, con sede in Roma, Palazzo Chigi, piazza Colonna
n. 370,  per  la dichiarazione di illegittimita' costituzionale degli
articoli  13,  28,  comma  1,  e  30 del decreto-legge 4 luglio 2006,
n. 223,  recante  «Disposizioni  urgenti  per il rilancio economico e
sociale,  per  il  contenimento  e  la  razionalizzazione della spesa
pubblica,  nonche'  interventi  in  materia di entrate e di contrasto
all'evasione  fiscale»  (pubblicato  nella Gazzetta Ufficiale - serie
generale  - n. 153 del 4 luglio 2006), convertito, con modificazioni,
dalla  legge  4  agosto  2006,  n. 248,  pubblicata  nel  supplemento
ordinario  n. 183/L alla Gazzetta Ufficiale - serie generale - n. 186
dell'11 agosto 2006.

                              F a t t o

    1.  -  Il  decreto-legge  4  luglio  2006,  n. 223 (c.d. «decreto
Bersani»),  recante «Disposizioni urgenti per il rilancio economico e
sociale,  per  il  contenimento  e  la  razionalizzazione della spesa
pubblica,  nonche'  interventi  in  materia di entrate e di contrasto
all'evasione  fiscale»,  convertito, con modificazioni, dalla legge 4
agosto  2006,  n. 248,  si  propone,  tra  l'altro,  di promuovere la
concorrenza  e  la  competitivita',  di  liberalizzare alcuni settori
produttivi  e di razionalizzare la spesa pubblica anche attraverso il
contenimento   delle   spese   per   il   personale  delle  pubbliche
amministrazioni.  La  disciplina  dettata  dal decreto si applica, ai
sensi  del  comma  1-bis,  alle  regioni  a  statuto  speciale e alle
province  autonome  di  Trento e Bolzano «in conformita' agli statuti
speciali e alle relative norme di attuazione».
    2.  -  L'art. 13  del  decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, cosi'
come modificato dalla legge di conversione 4 agosto 2006, n. 248, nel
dettare  «norme  per  la  riduzione dei costi degli apparati pubblici
regionali  e  locali e a tutela della concorrenza», dispone, al comma
1,   che   «al  fine  di  evitare  alterazioni  o  distorsioni  della
concorrenza e del mercato e di assicurare la parita' degli operatori,
le  societa',  a  capitale interamente pubblico o misto, costituite o
partecipate dalle amministrazioni pubbliche regionali e locali per la
produzione  di  beni e servizi strumentali all'attivita' di tali enti
in  funzione  della  loro  attivita'  -  con  esclusione  dei servizi
pubblici  locali  -, nonche', nei casi consentiti dalla legge, per lo
svolgimento   estemalizzato   di   funzioni  amministrative  di  loro
competenza, debbono operare esclusivamente con gli enti costituenti o
partecipanti  o  affidanti, non possono svolgere prestazioni a favore
di  altri soggetti pubblici o privati, ne' in affidamento diretto ne'
con  gara,  e  non  possono partecipare ad altre societa' o enti». Il
medesimo   comma  esclude  da  quest'ultimo  divieto,  relativo  alla
partecipazione   ad   altre   societa'   o   enti,   le  societa'  di
intermediazione finanziaria.
    Il  successivo  comma,  nel  ribadire  che «le societa' di cui al
comma  1 [...] non possono agire in violazione delle regole di cui al
comma  1»,  qualifica  le  medesime societa' come «ad oggetto sociale
esclusivo».
    L'art. 13,  comma  3,  del  decreto-legge  prevede  un termine di
dodici  mesi,  a  decorrere  dall'entrata in vigore del decreto-legge
medesimo,  entro  il  quale  le  societa'  destinatarie  dei  divieti
menzionati  al  comma  1 debbono cessare le attivita' non consentite.
Queste  ultime  attivita',  entro  ulteriori  diciotto  mesi, possono
essere  cedute  a  terzi,  nel  rispetto  delle procedure ad evidenza
pubblica,  o  scorporate,  anche  attraverso  la  costituzione di una
separata  societa'  da  collocare  sul  mercato  nel  rispetto  delle
procedure  del  decreto-legge 31 maggio 1994, n. 332, convertito, con
modificazioni,  dalla  legge  30  luglio  1994,  n. 474.  I contratti
relativi  alle  attivita'  non  cedute o scorporate perdono efficacia
alla  scadenza  del termine di dodici mesi previsto per la cessazione
delle attivita' non consentite.
    Il   comma  4  dell'art. 13  dispone,  infine,  la  nullita'  dei
contratti  conclusi dopo l'entrata in vigore del decreto-legge di cui
trattasi,  in  violazione  dei  commi  1  e  2 del medesimo articolo.
Tuttavia,  conservano  validita'  i  contratti che, pur conclusi dopo
l'entrata  in  vigore  del  decreto-legge,  siano adottati in esito a
procedure  di  aggiudicazione perfezionate prima della stessa entrata
in  vigore. A tale riguardo sono comunque fatte salve le prescrizioni
di  cui  al  comma  3  dell'art. 13,  relative  alla  possibilita' di
cessione o di scorporo delle attivita'.
    3.  -  L'art. 28,  comma  1,  del  decreto-legge  n. 223 del 2006
prevede una riduzione del 20% delle diarie per le missioni all'estero
contenute  nella  tabella  B  allegata  al  decreto  del Ministro del
tesoro,  del  bilancio  e  della  programmazione economica in data 27
agosto  1998  e successive modificazioni. Tale riduzione, operativa a
decorrere  dalla  data  di  entrata  in  vigore del decreto-legge, si
applica   al  personale  appartenente  alle  amministrazioni  di  cui
all'art. 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e
successive  modificazioni,  e  quindi  anche al personale regionale e
locale.
    4.  -  L'art. 30  del  decreto-legge  n. 223 del 2006 modifica la
disciplina  dettata  dal comma 204 dell'art. 1 della legge n. 266 del
2005 (legge finanziaria per il 2006) concernente il monitoraggio e la
verifica  degli  adempimenti  imposti dal comma 198 dell'art. 1 della
medesima  legge  finanziaria  alle regioni ed agli enti locali per il
contenimento  della  spesa  in  materia di personale. In particolare,
l'art. 30  sostituisce  il citato comma 204 con tre nuovi commi (204,
204-bis, 204-ter).
    Il   novellato   comma   204   anzitutto   introduce,   «per   le
amministrazioni  regionali  e  gli  enti  locali di cui al comma 198»
(dell'art. 1  della  legge  finanziaria  per il 2006) che non abbiano
conseguito  gli  obiettivi  di risparmio di spesa ivi contemplati, il
divieto  di  procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo.
Tale  divieto  e'  suscettibile di parziale deroga, a sensi del comma
204-ter,  solo  per  gli  «enti  locali  in  condizioni  di avanzo di
bilancio  negli  ultimi  tre  esercizi», nei confronti dei quali sono
escluse  dal  computo  le  spese di personale riferite a contratti di
lavoro a tempo determinato stipulati nel 2005.
    Il comma 204 prevede altresi' l'istituzione di un tavolo tecnico,
composto da rappresentanti dello Stato e del «sistema delle autonomie
designati  dai  relativi  enti  esponenziali», al quale sono affidati
compiti  di  verifica,  indirizzo e proposta ai fini del monitoraggio
degli adempimenti di contenimento della spesa previsti dal comma 198.
La  costituzione  del  tavolo tecnico avviene con d.P.C.M. da emanare
previo accordo tra Governo, regioni ed autonomie locali da concludere
in sede di Conferenza unificata entro il 30 settembre 2006.
    In  particolare,  il  comma  204 attribuisce al tavolo tecnico le
seguenti funzioni:
        a) acquisire, da parte degli enti destinatari della norma, la
documentazione, certificata dall'organo di revisione contabile, delle
misure  adottate  e dei risultati conseguiti; il mancato invio ditale
documentazione  da  parte  degli  enti, ai sensi del successivo comma
204-bis, comporta, in ogni caso, il divieto di assunzione a qualsiasi
titolo;
        b)  stabilire  specifici criteri e modalita' operative per il
monitoraggio  e la verifica dell'effettivo conseguimento dei previsti
risparmi di spesa da parte degli enti destinatari della norma;
        c)  verificare,  sulla  base  dei  criteri  e delle modalita'
operative  stabiliti  e  della  documentazione  ricevuta, la puntuale
applicazione della disposizione ed i casi di mancato adempimento;
        d)   elaborare  analisi  e  proposte  volte  al  contenimento
strutturale  della  spesa  di  personale per gli enti destinatari del
comma 198.
    Il  comma  204-bis  aggiunge,  infine,  che  le  risultanze delle
operazioni  di  verifica attribuite al tavolo tecnico sono trasmesse,
con  cadenza annuale, alla Corte dei conti, anche ai fini del referto
sul  costo del lavoro pubblico di cui al titolo V del d.lgs. 30 marzo
2001, n. 165, recante norme generali sull'ordinamento del lavoro alle
dipendenze delle pubbliche amministrazioni.
    5.  -  Va  infine  evidenziata  una  questione.  L'atto normativo
indicato  in epigrafe stabilisce, all'art. 1, comma 1-bis, che quanto
da  esso  disposto  si applica alle Regioni a statuto speciale e alle
province  autonome  di  Trento e Bolzano «in conformita' agli statuti
speciali e alle relative norme di attuazione.».
    Tuttavia,  il  tenore  letterale  delle  disposizioni, recanti le
norme  che  con  il  presente  ricorso  si impugnano, non consente di
escludere  con  certezza  l'efficacia  di esse anche nei riguardi dei
suddetti   enti   ad   autonomia   speciale.  Invero,  si  tratta  di
prescrizioni  che,  se  riferite  anche  alla  Regione Valle d'Aosta,
presentano   -   per   quanto   si   dira -   molteplici  profili  di
illegittimita'  costituzionale,  senza  che  l'ambigua  «clausola  di
salvaguardia»   dell'art. 1,   comma  1-bis,  permetta  di  affermare
inequivocabilmente che la Regione medesima non ne sia destinataria.
    Dunque,  la  possibilita'  che  esse vadano interpretate in senso
lesivo  delle  attribuzioni  della Regione, induce a farle oggetto di
impugnazione,  sulla  scorta  della  solida giurisprudenza di codesta
ecc.ma  Corte,  per  la  quale  «il  giudizio  in via principale puo'
concernere   questioni   sollevate   sulla  base  di  interpretazioni
prospettate  dal  ricorrente  come possibili, a condizione che queste
ultime  non  siano  implausibili e irragionevolmente scollegate dalle
disposizioni  impugnate  cosi' da far ritenere le questioni del tutto
astratte o pretestuose» (sent. n. 412 del 2004).
    6.  -  Tutto  cio'  premesso,  l'odierna  ricorrente, ritenuta la
lesione  delle  proprie  attribuzioni  costituzionali  e  statutarie,
impugna le disposizioni indicate in epigrafe del presente atto, per i
seguenti motivi di

                            D i r i t t o

    1) Violazione del principio costituzionale di ragionevolezza, sub
specie  di  vizio di irrazionalita', nonche' dell'art. 117, commi 2 e
4, Cost. e dell'art. 2, comma 1, lett. a) e b) dello statuto speciale
per  la  valle  d'Aosta  (legge  cost. n. 4 del 1948), da parte delle
norme  di  cui  all'art.  13 del d.l. n. 223 del 2006 convertito, con
modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248.
    L'art. 13  del  decreto-legge  n. 223  del  2006  si  propone  di
introdurre,  stando  alla  sua  rubrica,  «norme per la riduzione dei
costi  degli  apparati  pubblici  regionali e locali e a tutela della
concorrenza».  La disciplina da esso recata prevede, tra l'altro, che
le  societa',  tanto  interamente  pubbliche  quanto miste, che siano
state  costituite  o  partecipate  dalle  amministrazioni regionali e
locali,  sia  per  la  produzione  di  beni  o di servizi di cui tali
amministrazioni necessitino in funzione della loro attivita', sia per
lo    svolgimento   di   funzioni   amministrative   in   regime   di
esternalizzazione,  debbano  operare,  in via esclusiva, con gli enti
costituenti  o partecipanti o da cui hanno ricevuto in affidamento lo
svolgimento  di funzioni amministrative. Viene escluso, pertanto, che
tali  societa'  possano svolgere prestazioni a favore di qualsivoglia
altro  soggetto,  tanto  pubblico quanto privato, ne' per affidamento
diretto,  ne'  a seguito dell'espletamento di una gara. Alle medesime
societa'  (a  meno  che  non  svolgano  attivita'  di intermediazione
finanziaria  si  sensi  del  d.lgs.  n. 385  del 1993) viene vietato,
inoltre, di partecipare ad altre societa' od enti.
    Per quanto l'intervento normativo dichiari di voler perseguire la
tutela  della  concorrenza,  in  realta'  esso,  lungi  dal rimuovere
elementi distorsivi del mercato o dal promuovere un ampliamento delle
possibilita' di accesso degli attori che vi operano, determina il ben
diverso  effetto  di  escludere  dal  mercato stesso una categoria di
soggetti:  vale  a dire, proprio «le societa', a capitale interamente
pubblico   o   misto,   costituite  dalle  amministrazioni  pubbliche
regionali e locali», con i requisiti dianzi riferiti.
    L'effetto  di  limitazione  della concorrenza e' fatto palese, in
particolare,  dalla  previsione  in  base  alla quale le categorie di
societa'  anzidette  non  possono  svolgere  prestazioni  a favore di
soggetti diversi dai costituenti, partecipanti o affidanti, neppure a
seguito  dell'espletamento  di una gara. Ora, poiche' sono proprio le
procedure  di gara ad assicurare per eccellenza, ed anzi esaltare, la
concorrenza  tra  i diversi operatori economici presenti sul mercato,
l'esclusione  della  possibilita'  di  competere a danno di taluno di
essi  -  per  giunta,  per  il  mero  fatto  di  essere  costituiti o
partecipati  non  da  qualsivoglia ente pubblico, ma soltanto da enti
regionali  e  locali  -  determina  esattamente  una  forma di quella
alterazione  e  distorsione  della  concorrenza  e del mercato che la
norma impugnata manifesta di voler evitare.
    Cio'  e' peraltro evidente, se solo si consideri come il concetto
normativo  di  concorrenza  accolto  nell'ordinamento  costituzionale
interno ed in quello comunitario non implichi di certo che essa possa
dirsi  violata  se  a partecipare al mercato, a parita' di condizioni
con  gli  altri  operatori,  siano  soggetti  a  capitale interamente
pubblico o misto.
    Del  resto, affinche' venga subito smentita qualunque suggestione
in  relazione  a  presunte attuazioni di obblighi comunitari da parte
della  previsione  normativa  qui impugnata, sia sufficiente rilevare
come  neppure  la giurisprudenza comunitaria in tema di c.d. in house
providing,  particolarmente solerte nella garanzia della concorrenza,
abbia mai considerato richiesto da quell'ordinamento che «societa', a
capitale interamente pubblico o misto, costituite o partecipate dalle
amministrazioni  pubbliche  regionali  e  locali per la produzione di
beni  e  servizi  strumentali  all'attivita'  di tali enti» o «per lo
svolgimento  di  funzioni amministrative di loro competenza», operino
esclusivamente  con  gli enti costituenti o partecipanti o affidanti.
Anche  nel  caso dell'in house providing, infatti, e' sufficiente che
tali  societa'  realizzino  «la  parte  piu' importante della propria
attivita'  con  l'ente o gli enti pubblici che lo controllano» (cosi'
la  Corte di giustizia europea nella pronuncia Gemeente Arnhem del 10
novembre   1998;   ma  si  tratta  di  un'affermazione  costantemente
confermata  dalla  giurisprudenza della Corte comunitaria: ex multis,
sent.  Teckal del 18 novembre 1999; sent. Stadt Halle dell'11 gennaio
2005; sent. Parking Brixen GmbH del 13 ottobre 2005).
    Da  quanto  precede  emerge  limpidamente  come  le  norme di cui
all'art. 13 del decreto-legge n. 223 del 2006 conseguano il risultato
di  alterare  il  mercato,  mediante  la  forzosa  estromissione  dei
soggetti  ivi  indicati,  o  comunque in nessun caso si muovano nella
direzione  di  assicurarne  un  suo  piu' regolare funzionamento o di
promuoverne lo sviluppo.
    Ne'   si   comprende,   del  resto,  come  possa  ragionevolmente
perseguirsi  la tutela della concorrenza imponendo i riferiti divieti
esclusivamente   alle   societa'   costituite   o  partecipate  dalle
amministrazioni  pubbliche  regionali  e  locali,  senza estendere le
medesime  proibizioni alle analoghe societa' costituite o partecipate
dalle  amministrazioni  statali.  Infatti,  anche  ad  ammettere  che
corrisponda  al  vero  - e cosi' non e' - che la presenza sul mercato
delle  societa'  aventi  le  caratteristiche suddette sia in grado di
alterare  e  distorcere la concorrenza e compromettere la parita' tra
gli  operatori,  ebbene  un  simile  effetto sarebbe primariamente da
riconoscere  con  riguardo  a  quelle  societa'  in cui sia coinvolta
l'amministrazione  pubblica  statale, per le ovvie considerazioni che
attengono  alle  ben  maggiori  dimensioni  ed  ambito  di intervento
dell'ente territoriale interessato. Non puo' essere, in altre parole,
coerente   con   il  fine  della  difesa  e  della  promozione  della
concorrenza   una   disciplina   che,  nell'individuare  un  presunto
meccanismo di tutela di essa, lo limiti all'ambito regionale e locale
e  non  lo  applichi, del tutto irragionevolmente. a livello statale.
Con   la  conseguenza,  invero  paradossale,  che  anche  nell'ambito
regionale  e  locale  potrebbero  continuare  ad  operare le societa'
costituite o partecipate da amministrazioni pubbliche statali. Vale a
dire, senza alcuna razionalita' e con totale frustrazione degli scopi
che  la  disposizione  impugnata  afferma  di perseguire, le societa'
«statali»  potrebbero  seguitare  a  svolgere  le  attivita'  che ora
risultano  interdette  a  quelle,  con  analoghe  caratteristiche, di
natura  regionale  e  locale, e in ipotesi addirittura sostituirsi ad
esse.
    Data  dunque la palese, insanabile contraddittorieta', sotto piu'
profili, tra il fine che la disposizione si propone di perseguire (la
tutela  della concorrenza) ed i risultati normativi che essa produce,
la   medesima  presenta  un  carattere  «manifestamente  irrazionale»
rispetto  agli  obiettivi  attesi;  un  carattere  che rende la norma
costituzionalmente   censurabile  da  codesta  Corte,  come  essa  ha
ripetutamente  precisato  (sent.  n. 14  del  2004;  sent. n. 175 del
2005).
    Tale  contraddittorieta',  infatti,  determina contestualmente il
venir  meno  del titolo competenziale costituzionale su cui basare la
stessa  normazione  statale  in  materia  di  societa'  costituite  o
partecipate  dalle  amministrazioni  pubbliche  regionali  e  locali,
poiche'  l'esercizio  del  potere legislativo in tale settore - fatti
salvi i rilievi che si svilupperanno nel seguito del presente ricorso
-    avrebbe    potuto   rinvenire   un   fondamento   esclusivamente
sull'art. 117, comma secondo, lett. e), Cost.
    Di conseguenza, la norma impugnata viene ad incidere - in assenza
di  titolo  -  in  un  ambito  di competenza normativa assegnato alla
Regione  Valle d'Aosta, sia dalle previsioni di cui all'art. 2, comma
primo,  lett.  a)  e  b),  dello Statuto speciale (che rimettono alla
potesta'   legislativa   regionale,   rispettivamente,   le   materie
«ordinamento  degli  uffici  e  degli enti dipendenti dalla Regione e
stato giuridico ed economico del personale» e «ordinamento degli enti
locali  e delle relative circoscrizioni»), sia dal combinato-disposto
dei commi secondo e quarto dell'art. 117 Cost.
    Il  comma  secondo  dell'art. 117, lett. g), infatti, attribuendo
alla    potesta'   legislativa   statale   soltanto   la   disciplina
dell«'ordinamento   e  organizzazione  amministrativa  dello  Stato»,
derubrica    la    materia    dell'«ordinamento    e   organizzazione
amministrativi  degli  enti  substatali».  Tale  materia, non essendo
«espressamente  riservata»  alla  competenza  statale,  ricade quindi
nella  potesta'  legislativa  regionale, per effetto del comma quarto
dello  stesso  articolo,  ai  sensi del quale «spetta alle Regioni la
potesta' legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente
riservata  alla  legislazione  dello  Stato». Le norme costituzionali
appena   citate  sono  pacificamente  invocabili  come  parametro  di
legittimita' anche dalla Regione Valle d'Aosta, in forza dell'art. 10
della   legge   cost.   n. 3   del  2001,  in  base  al  quale  «sino
all'adeguamento   dei   rispettivi  statuti,  le  disposizioni  della
presente  legge  costituzionale  si  applicano  anche  alle Regioni a
statuto speciale ed alla province autonome di Trento e Bolzano per le
parti  in  cui  prevedono  forme  di  autonomia piu' ampie rispetto a
quelle gia' attribuite.».
    Per  tali ragioni, l'art. 13 del d.l. n. 223 del 2006, convertito
con   modificazioni   in   1.   n. 248  del  2006,  e'  da  ritenersi
costituzionalmente  illegittimo per mancato rispetto del principio di
ragionevolezza  e per violazione dell'art. 2, comma primo, lett. a) e
b) dello Statuto speciale per la Valle d'Aosta e dell'art. 117, commi
secondo e quarto, Cost.
    2)  Violazione  dei  principi  di  proporzionalita'  e  di  leale
collaborazione, nonche' dell'art. 117, commi 2 e 4, Cost. e dell'art.
2, comma 1, lett. a) e b) dello statuto speciale per la Valle d'Aosta
(Legge  cost. n. 4 del 1948), da parte delle norme di cui all'art. 13
del d.l. n. 223 del 2006 convertito, con modificazioni, dalla legge 4
agosto 2006, n. 248.
    Che  le  norme  recate  dell'art. 13 del d.l. n. 223 del 2006 non
possano  ritenersi  poste  nel  legittimo  esercizio della competenza
legislativa  statale  in  materia  di  tutela  della  concorrenza, ex
art. 117,  secondo  comma,  lett.  e),  Cost., e' argomentabile anche
sotto un ulteriore profilo.
    Difatti,   la   legislazione   statale   che  invada  gli  ambiti
competenziali di pertinenza delle Regioni, fondando il suo intervento
sull'esigenza  di  porre norme in una delle materie - quale la tutela
della  concorrenza  -  c.d.  finalistiche  o  trasversali  (C.  cost.
%%%....),   deve   comunque  rispettare  e  conformarsi  a  requisiti
ineludibili,  ulteriori  rispetto  a  quello  della sua razionalita'.
D'altro  canto,  codesta  Corte  ha ampiamente chiarito - proprio con
riguardo  alla  tutela  della  concorrenza - che, se tali requisiti e
limiti   non   venissero   osservati   dal  legislatore  statale,  si
«rischierebbe  di  vanificare  lo  schema  di  riparto  dell'art. 117
Cost.», come pure degli Statuti speciali: schema «che vede attribuite
alla  potesta'  legislativa  [....]  delle  regioni  materie  la  cui
disciplina  incide  innegabilmente  sullo  sviluppo economico» (sent.
n. 14 del 2004).
    In  particolare,  l'atto  normativo  statale che, proponendosi di
tutelare   la   concorrenza,   sconfini  negli  ambiti  materiali  di
competenza   regionale,   per  potersi  dire  legittimo  deve  essere
qualificabile,  in  ogni  caso, come «giustificato» e «proporzionato»
rispetto all'obiettivo perseguito (sent. n. 14 del 2004; sent. n. 272
del  2004;  sent.  n. 175  del 2005; sent. n. 214 del 2006). Inoltre,
come  sempre codesta Corte ha precisato con nettezza (a partire dalla
sent.  n. 407  del  2002),  l'esercizio  della  potesta'  legislativa
statale  in  una materia «finalistica» e' subordinata all'esigenza di
curare un interesse «unitario e infrazionabile».
    Ora,  con  riguardo  alle  norme  recate  dall'art. 13 che qui si
impugnano,  esse  risultano  sicuramente  invasive  delle  competenze
legislative  della Regione Valle d'Aosta, poiche' la disciplina delle
societa'  costituite  o  partecipate  dalle amministrazioni pubbliche
regionali  e  locali  rientra indubbiamente nell'alveo dell'autonomia
organizzativa della Regione, degli enti regionali e degli enti locali
che  di tali societa' si avvalgono, ai sensi dei gia' citati artt. 2,
conima  primo,  lett.  a)  e  b), dello Statuto speciale e 117, commi
secondo e quarto, Cost.
    Tuttavia,  l'invasione  operata dalle norme che qui si contestano
risulta   del  tutto  sproporzionata,  anzitutto  con  riguardo  alle
modalita'  attraverso  cui la finalita' viene curata. L'intromissione
normativa  statale  censurata,  infatti,  sacrifica  integralmente la
competenza  regionale  a  legiferare  sulle  societa'  in  questione,
costituite  o  partecipate  dalla  Regione  o  dagli enti locali, non
lasciando  alcuno  spazio  per  l'intervento  regolativo dell'Ente ad
autonomia speciale.
    Perche'  l'introduzione  della  normazione  statale potesse dirsi
proporzionata,  essa  si  sarebbe  dovuta saldare, in particolare, al
principio  di  leale collaborazione, costituzionalmente ricavabile ex
artt. 5,  114  e 120, Cost. Proporzionato puo' considerarsi l'operato
del  legislatore  statale  il  quale  -  prima  dell'esercizio  della
competenza   in   una   materia   finalistica,  destinato  a  privare
integralmente  la Regione della competenza normativa in ambiti di sua
spettanza  -  attivi  meccanismi e procedimenti che, nel rispetto del
principio di leale collaborazione, mettano in condizione le autonomie
regionali  «invase»  di svolgere qualche forma di partecipazione e di
offrire il loro contributo all'elaborazione della disciplina statale.
In  sostanza,  il rispetto del principio di leale collaborazione, che
nel  caso  di  specie  e'  invece  mancato,  si poneva come una delle
condizioni che avrebbe contribuito a far acquisire il carattere della
proporzionalita'  alla  normazione  introdotta  dall'art. 13 del d.l.
n. 223 del 2006.
    Ed  e'  appena il caso di aggiungere che cio' vale tanto piu' con
riferimento  a  Regioni  ad  autonomia  speciale,  la  cui  posizione
costituzionale e' garantita da una cornice protettiva che trova nelle
disposizioni   di   rango  costituzionale  il  proprio  fondamento  e
svolgimento dettagliato.
    Ma  non  basta.  Bisogna  altresi'  rilevare  che,  a  fronte del
sacrificio integrale della competenza regionale, tanto poco si poneva
il   necessario   «interesse   unitario  e  infrazionabile»,  che  il
legislatore  statale  ha  completamente omesso di estendere i divieti
previsti  nell'art. 13  alle  societa' costituite o partecipate dalle
amministrazioni statali.
    Se  davvero  si  fosse inteso perseguire un interesse unitario, i
rigidi  criteri  di esclusione avrebbero dovuto trovare applicazione,
anzitutto,  con riguardo alle societa' in cui sia coinvolto lo Stato,
con  le  sue  amministrazioni,  dal  momento  che e' proprio lo Stato
l'ente  territoriale  che  rappresenta  la  massima istanza unitaria.
Inoltre,  soltanto  ove  fosse  stata  riferita anche a tali societa'
«statali»  la  disciplina contenuta nell'art. 13, ci si sarebbe mossi
nella  direzione  di attingere quella «rilevanza macroeconomica» che,
secondo  quanto  lumeggiato  da  codesta Corte nella citata pronuncia
n. 14  del  2004,  e'  indispensabile  per  giustificare l'intervento
normativo  statale  in  situazioni analoghe a quella di cui ci si sta
occupando.
    Allo   stesso   modo,  se  l'interesse  che  le  norme  impugnate
pretendono  di  servire  fosse  realmente infrazionabile, apparirebbe
incomprensibile  come  sia stato possibile, in maniera tanto marcata,
«frazionarne»  normativamente  la tutela, distinguendo una disciplina
fortemente  restrittiva - relativa soltanto alle societa' legate alle
amministrazioni  substatali - da una disciplina di segno opposto, che
non  viene  mutata  rispetto  al  passato,  riguardante  le  analoghe
societa' in cui siano implicate le amministrazioni statali.
    Pertanto, poiche' le norme poste dall'art. 13 del d.l. n. 223 del
2006  intervengono  in un settore materiale di competenza della Valle
d'Aosta,  senza che esse rivestano i requisiti della proporzionalita'
rispetto  al  fine,  da  conseguirsi anche attraverso il rispetto del
principio  di  leale collaborazione, e della preordinazione alla cura
di  un  interesse  unitario  ed  infrazionabile - requisiti necessari
perche'   l'invasione   delle   competenze   regionali   possa  dirsi
giustificato,  ai sensi dell'art. 117, comma secondo, lett. e), Cost.
-  le  medesime  norme  debbono  ritenersi, anche sotto tali profili,
affette  dal  vizio  di  illegittimita'  costituzionale,  per mancato
rispetto  del  principio di proporzionalita' e del principio di leale
collaborazione, e per violazione dell'art. 2, comma primo, lett. a) e
b),  dello  Statuto  speciale  per  la Valle d'Aosta e dell'art. 117,
commi secondo e quarto, Cost.
    3) Violazione dell'art. 117, comma 3, cost., dell'art. 119, comma
2, Cost., nonche' dell'art. 2, comma 1, lett. a) e dell'art. 3, comma
1,  lett. l) dello statuto speciale per la Valle d'Aosta (Legge cost.
n. 4 del 1948), da parte della norma di cui all'art. 28, comma 1, del
d.l.  n. 223  del  2006  convertito, con modificazioni, dalla legge 4
agosto 2006, n. 248.
    L'art. 28,   comma   1,   del   decreto-legge  n. 223  del  2006,
nell'imporre  anche al personale della Regione Valle d'Aosta, nonche'
degli  enti  locali situati nella Regione medesima, una riduzione del
20  %  delle  diarie  per missioni all'estero, si palesa lesivo delle
competenze regionali attribuite da norme di rango costituzionale.
    La  norma  censurata  opera, anzitutto, una illegittima ingerenza
nella   sfera  dell'autonomia  finanziaria  regionale.  E'  opportuno
ricordare, infatti, che codesta Corte ha in piu' circostanze ribadito
(cosi',  ad es., nella sent. n. 417 del 2005) come non possano essere
considerate  ricadenti  tra  i principi fondamentali di coordinamento
della  finanza pubblica tutte quelle norme statali che intervengono a
fissare  vincoli  puntuali  a singole voci di spesa dei bilanci delle
Regioni  e  degli  enti  locali.  Le  norme  -  quale  quella  recata
dall'art. 28, comma 1, del decreto-legge che qui si impugna - che non
posseggano   tale   caratteristica,   arrecano,  di  conseguenza,  un
ingiustificato   vulnus  all'autonomia  finanziaria  di  spesa  della
Regione,  salvaguardata  da  previsioni di livello costituzionale. In
altre  parole,  e  richiamando  un  ulteriore  chiarimento operato da
codesta  Corte,  per  la  legge  dello  Stato  e'  legittimo  fissare
solamente  un  «limite complessivo, che lascia agli enti stessi ampia
liberta'  di  allocazione  delle  risorse  tra  i  diversi  ambiti  e
obiettivi di spesa (sent. n. 36 del 2004).».
    Sicche',  non  vi  puo' essere dubbio che l'espresso riferimento,
nella disposizione impugnata, alla voce di spesa riguardante la diana
per le missioni effettuate all'estero, quale voce da ridurre del 20%,
non  solo si muove in direzione esattamente opposta rispetto a quella
indicata   dalla   giurisprudenza   costituzionale,  ma  si  pone  in
insanabile  contrasto  con le norme costituzionali su cui la Corte ha
correttamente  basato  tale giurisprudenza. In particolare, risultano
violati  l'art. 117,  comma terzo, Cost. e l'art. 119, comma secondo,
Cost.  che garantiscono, ai sensi dell'art. 10 della legge cost. n. 3
del 2001, anche la sfera di autonomia finanziaria della Regione Valle
d'Aosta.  Le  prescrizioni  costituzionali da ultimo citate, infatti,
arrestano  la  competenza  statale esclusivamente alla determinazione
dei  principi  di  coordinamento della finanza pubblica, determinando
l'illegittimita'  delle norme statali, quale quella censurata, che si
spingono ben oltre tale soglia.
    Del  resto,  nel  dichiarare costituzionalmente illegittime norme
analoghe a quella qui impugnata attraverso le decisioni un. 417 e 449
del  2005, in particolare in quest'ultima pronuncia, codesta Corte ha
irreprensibilmente  rilevato  ancora una volta che «la previsione, da
parte  della legge statale, di limiti all'entita' di una singola voce
di  spesa  della  Regione  non  puo'  essere considerata un principio
fondamentale  in  materia  di  armonizzazione  dei bilanci pubblici e
coordinamento  della  finanza pubblica (ai sensi dell'art. 117, terzo
comma,   Cost.),  perche'  pone  un  precetto  specifico  e  puntuale
sull'entita'  della  spesa  e  si  risolve  percio'  in  una indebita
invasione  dell'area  riservata  dall'  art. 119 Cost. alle autonomie
regionali  e  degli  enti  locali,  alle  quali la legge statale puo'
prescrivere  criteri  ed  obiettivi  (ad  esempio, contenimento della
spesa  pubblica), ma non imporre nel dettaglio gli strumenti concreti
da utilizzare per raggiungere quegli obiettivi.».
    Ma  la  norma recata dall'art. 28, comma primo, del decreto-legge
n. 223  del  2006  determina,  altresi',  una violazione dell'art. 2,
comma  primo,  lett.  a) dello Statuto speciale per la Valle d'Aosta.
Tale  disposizione  statutaria riserva, come in precedenza ricordato,
alla  potesta'  legislativa  regionale  la  disciplina  in materia di
«ordinamento  degli  uffici  e  degli enti dipendenti dalla Regione e
stato giuridico ed economico del personale».
    Ora,  non sembra necessario ricorrere a defatiganti dimostrazioni
per  render  palese come la norma impugnata, che impone una riduzione
del  20%  delle  diarie  del  personale  della  Regione  in  missione
all'estero,  incida  in  maniera  diretta,  puntuale e paradigmatica,
proprio su un aspetto che concerne lo «stato economico del personale.
Non  puo'  esser  dubbio, difatti, che la determinazione normativa di
una  diaria  o  di un'indennita' di trasferta per missioni all'estero
ricada  all'interno  dell'ambito materiale riguardante il trattamento
economico del dipendente regionale, complessivamente considerato.
    Pertanto,  poiche'  la  norma  statale  impugnata  si  propone di
regolare  un  aspetto  che,  ex  art. 2, comma primo, lett. a), dello
Statuto  speciale per la Valle d'Aosta, risulta attribuito alla piena
competenza  legislativa  regionale,  da  cio' non resta che evincere,
anche    lungo   tale   versante,   l'illegittimita'   costituzionale
dell'art. 28,  comma primo, del d.-l. n. 223 del 2006 convertito, con
modificazioni, in 1. n. 248 del 2006.
    A  quanto precede deve, infine, essere aggiunto il riferimento al
parametro  di  legittimita'  rappresentato  dall'art. 3, comma primo.
lett.  f)  dello Statuto speciale, che appare parimenti violato. Tale
norma  statutaria,  infatti,  commette  alla  Regione  la potesta' di
introdurre   norme   legislative   di   integrazione  ed  attuazione,
nell'ambito  dei  principi  individuati  con  legge  dello  Stato, in
materia di «finanze regionali e comunali». Ora, il combinato-disposto
tra  la disposizione statutaria citata e gli artt. 117, comma terzo e
119,  comma  secondo, Cost. (relativi, questi ultimi, alla competenza
statale concorrente in tema di coordinamento della finanza pubblica e
del  sistema  tributario),  qualifica  la  competenza normativa della
Valle  D'Aosta  in  tale  materia  (in  forza  della  clausola di cui
all'art. 10  legge  cost.  n. 3  del  2001)  non  piu' come meramente
suppletiva  rispetto  a  quella statale, ma garantita nell'ambito dei
principi  di  coordinamento  stabiliti  dallo  Stato.  Il quale deve,
dunque,  limitarsi alla fissazione ditali principi. Del resto, che la
potesta'  legislativa  in  materia di autonomia finanziaria locale si
articoli  su due livelli, statale e regionale, e' gia' stato chiarito
da codesta Corte nella sent. n. 47 del 2004).
    Quanto si e' appena considerato mostra, dunque, un distinto - per
quanto connesso al precedente - profilo di illegittimita' della norma
impugnata,  dal momento che essa pretende di porre un vincolo diretto
e  puntuale  anche  ad  una  voce di spesa riguardante i comuni della
Regione  Valle  d'Aosta. Sicche', la violazione dell'art. 3, comma 1,
lett.  f), dello Statuto speciale puo' essere rilevata con riguardo a
tale versante.
    4) Violazione dell'art. 117, comma 3, cost., dell'art. 119, comma
2,  cost.,  nonche' dell'art. 2, comma 1, lett. a) e b), dell'art. 3,
comma  1,  lett. i) e dell'art. 4 dello statuto speciale per la Valle
D'Aosta  (Legge  cost.  n. 4  del  1948), da parte della norma di cui
all'art.  30  del d.l. n. 223 del 2006 convertito, con modificazioni,
dalla legge 4 agosto 2006, n. 248.
    Argomentazioni del tutto analoghe a quelle appena svolte debbono,
altresi',  essere  sviluppate  a  dimostrazione  della illegittimita'
costituzionale  della  norma  recata  dall'art. 30  del decreto-legge
n. 223  del  2006,  nella  parte  in  cui,  modificando  il comma 204
dell'art. 1  della  legge  n. 266 del 2005, stabilisce a carico delle
amministrazioni   regionali   e   locali   un   divieto   assoluto  e
temporalmente illimitato di procedere ad assunzioni di personale.
    A  nulla  rileva,  infatti,  che tale divieto sia condizionato al
verificarsi   del   mancato   conseguimento,   da   parte   di  dette
amministrazioni,  dell'obiettivo di risparmio rappresentato, ai sensi
del  comma  198 dell'art. 1 della stessa legge n. 266 del 2005, dalla
riduzione delle spese per il personale, in misura pari alla spesa del
2004,  diminuita dell'1 per cento. Cio' non e' significativo, poiche'
in  ogni  caso,  al  verificarsi  di tale condizione, l'effetto della
norma  censurata  sarebbe comunque, ancora una volta, quello di porre
un  limite  diretto,  immediato  ed  integrale ad una singola voce di
spesa,  quale  l'assunzione da parte dell'amministrazione regionale e
di  quelle  locali  di  personale  a  qualsiasi  titolo. Ed un simile
intervento  normativo  non  puo', in alcun caso, essere considerato -
alla  stregua  della  giurisprudenza  costituzionale  gia' ampiamente
richiamata  -  rivolto  alla posizione di norme di principio ai sensi
degli artt. 117, comma terzo, e 119, comma secondo, Cost.
    Pertanto  la norma ricavabile dall'art. 30 del decreto-legge, per
le  medesime  ragioni  in  precedenza  illustrate  (al punto 2. della
motivazione  in  DIRITTO),  si  pone  in  violazione delle competenze
attribuite  alla  Regione  Valle  d'Aosta dall'art. 117, terzo comma,
Cost.,  dall'art. 119,  secondo  comma,  Cost.  e  dall'art. 3, comma
primo, lett. f), dello Statuto speciale.
    Inoltre,   l'illegittimita'   costituzionale   del   divieto  per
l'amministrazione   regionale   di   assumere   personale   a   tempo
indeterminato, previsto dall'art. 30 del decreto-legge qui censurato,
al verificarsi delle condizioni ivi indicate, puo' essere colta anche
sotto un differente profilo.
    Infatti,  come  gia'  sottolineato,  l'art. 2, comma primo, dello
Statuto  speciale  per la Valle d'Aosta stabilisce, alle lettere a) e
b), rispettivamente, che la regione ha potesta' legislativa piena sia
in materia di «ordinamento degli uffici e degli enti dipendenti dalla
regione e stato giuridico ed economico del personale», sia in materia
di  «ordinamento  degli enti locali e delle relative circoscrizioni».
Di  conseguenza,  esula  dalla competenza dello Stato intervenire con
norme, come quella che in questa sede si contesta, che incidano tanto
sull'ordinamento  degli uffici regionali, pretendendo di definirne la
composizione attraverso divieti relativi all'assunzione di personale,
quanto   sullo  stato  giuridico  del  personale  medesimo,  mediante
l'esclusione   di   assunzioni  a  qualsiasi  titolo.  Parimenti,  la
competenza  legislativa  regionale  piena sull'ordinamento degli enti
locali   implica  che  spetta  alla  Regione  dettare  la  disciplina
riguardante l'organizzazione amministrativa di tali enti, non esclusi
gli aspetti concernenti l'entita' numerica del personale dipendente.
    Anche  per  siffatte  considerazioni,  pertanto,  voglia  codesta
Ecc.ma  Corte dichiarare l'illegittimita' costituzionale dell'art. 30
del decreto-legge n. 223 del 2006, convertito con modificazioni in 1.
n. 248  del  2006,  nella  parte  in cui vieta condizionatamente alla
Regione   Valle  d'Aosta  ed  agli  enti  locali  esistenti  sul  suo
territorio  di  procedere,  a  qualsiasi  titolo,  alla assunzione di
personale.
    Ma  vi  e un ulteriore ragione per la quale la norma impugnata si
palesa costituzionalmente censurabile.
    E'  indubbio,  infatti,  che  nel  momento  in cui l'art. 4 dello
Statuto speciale garantisce alla regione Valle d'Aosta l'attribuzione
delle funzioni amministrative, implicitamente esso tutela l'autonomia
regionale  in  materia  di  attivita'  (e  relative determinazioni di
spesa) dirette all'assunzione del personale necessario sia a svolgere
dette   funzioni,   sia   ad  assicurare  il  buon  andamento  ed  il
funzionamento  degli  uffici  e  degli  enti dipendenti dalla regione
stessa.
    Ora,  il divieto di assunzione di personale a qualsivoglia titolo
che, sub condicione, viene imposto alla Regione dall'art. 30, poiche'
incide   sulla   determinazione  del  numero  e  della  tipologia  di
inquadramento  contrattuale delle risorse umane attraverso cui l'Ente
regionale   agisce,   per   cio'   stesso  comporta  una  illegittima
menomazione    delle    competenze   amministrative   statutariamente
attribuite.  Infatti,  la garanzia dell'autonomo assolvimento di tali
funzioni  sta  e  cade  insieme  alla conservazione dell'autonomia in
ordine all'organizzazione degli apparati preposti allo svolgimento di
esse,  anche  in  relazione  alla  scelta circa quale debba essere la
consistenza numerica ottimale del personale impiegato.
    Appare  cosi'  evidente  che,  per  quanto  appena  sottolineato,
l'art. 30  del  decretolegge  n. 223 del 2006, ponendosi in contrasto
con  l'art. 4  dello  statuto  speciale  per  la Valle d'Aosta, e' da
considerarsi anche sotto tale aspetto costituzionalmente illegittimo.
    5)  Violazione  dell'art. 116, comma 1, cost., dell'art. 9, comma
2,  l.  cost.  n. 3  del 2001 e dell'art. 2, comma 1, lett. b), dello
statuto  speciale per la Valle D'Aosta (Legge cost. n. 4 del 1948) da
parte  della  norma  di  cui  all'art.  30  del  d.l. n. 223 del 2006
convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248.
    L'art. 30  del  decreto-legge  n. 223  del  2006  e', inoltre, da
ritenersi   costituzionalmente   illegittimo   nella  parte  in  cui,
modificando  il  comma  204  dell'art. 1 della legge n. 266 del 2005,
prevede  la  costituzione  (mediante  un  d.P.C.m. che andava emanato
entro  il  30 settembre 2006 e previo accordo tra Governo, Regioni ed
autonomie  locali  da concludersi in sede di Conferenza unificata) di
un  «tavolo  tecnico  con  rappresentanti del sistema delle autonomie
designati dai relativi enti esponenziali, del Ministero dell'economia
e  delle  finanze-Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato,
della   Presidenza  del  Consiglio  dei  Ministri-Dipartimento  della
funzione    pubblica,    della    Presidenza    del   Consiglio   dei
Ministri-Dipartimento   degli   affari   regionali  e  del  Ministero
dell'interno».  La  finalita'  del  costituendo  «tavolo  tecnico» e'
quella  di  monitorare  e  verificare  gli adempimenti, posti anche a
carico  delle  Regioni, previsti al comma 198 dell'art. 1 della legge
n. 266 del 2005.
    Dal  tenore letterale della disposizione appare evidente, dunque,
che  le  funzioni  attribuite  al  «tavolo  tecnico  sono funzioni di
controllo  sugli  atti  di  spesa degli enti destinatari - tra cui la
Regione  Valle  d'Aosta ed i relativi enti locali - degli adempimenti
previsti  dal  comma  198 dell'art. 1 della legge n. 266 del 2005, da
ultimo  citato. L'art. 30 del decreto-legge de quo, infatti, impone a
tali  enti  di  comunicare  informazioni  e  documenti al costituendo
organo,  affinche'  quest'ultimo  proceda  a verificare, tra l'altro,
«l'effettivo   conseguimento,  da  parte  degli  enti,  dei  previsti
risparmi  di  spesa»,  «la  puntuale applicazione della disposizione»
(scilicet,  dell'art. 1,  comma  198, della 1. n. 266 del 2005) ed «i
casi  di mancato adempimento». Che si sia in presenza di un'attivita'
di controllo da parte del «tavolo tecnico» e', del resto, reso palese
dalla norma alla stregua della quale il mancato invio, da parte degli
enti,  della  documentazione  delle  misure  adottate e dei risultati
conseguiti,  comporta  in  ogni  caso  il  divieto  di  assunzione di
personale  a  qualsiasi  titolo (comma 204-bis all'art. 1 della legge
n. 266  del  2005,  introdotto  dall'art. 30  del  decreto-legge  qui
censurato).
    Ora,  appare  manifesto  che  le  riferite  funzioni di controllo
assegnate  al  «tavolo  tecnico»  dall'art. 30  del d.l. impugnato si
pongono   in   diretto   contrasto   con   prescrizioni   di   ordine
costituzionale, in particolare con quanto previsto dall'art. 9, comma
secondo, della legge cost. n. 3 del 2001. Tale ultima norma, infatti,
ha    integralmente    abrogato    quanto   originariamente   fissato
all'art. 125,  conima  primo,  Cost.,  con  riguardo  al  regime  dei
controlli   sugli  atti  amministrativi  regionali.  E'  estremamente
significativo  che la disposizione di revisione costituzionale appena
citata  si sia limitata ad espungere dalla Costituzione la previsione
delle   precedenti   modalita'   dei   controlli   in  parola,  senza
contestualmente  sostituirle con altre: cio' consente di cogliere con
chiarezza  come  l'attuale  assetto  costituzionale  dei rapporti tra
Stato  e  Regioni  vieti  ad  una legge ordinaria di reintrodurre, in
qualunque forma, cio' che il legislatore costituzionale ha eliminato,
tanto  in  relazione  alle  Regioni  a  statuto  ordinario,  quanto a
fortiori  nei confronti delle Regioni a statuto speciale, per effetto
della  clausola  piu'  volte  richiamata  dell'art. 10 della medesima
legge cost. n. 3 del 2001. Tanto piu' cio' e' vero, se si tiene conto
che gia' prima dell'abrogazione dell'art. 125, comma primo, Cost., ai
controlli  sugli  atti  amministrativi della Regione Valle d'Aosta si
applicava  la  disciplina - ben piu' garantistica di quella contenuta
nella   norma   abrogata   -   derivante   dal   combinato   disposto
dell'art. 48-bis  dello  Statuto  speciale  e  degli  artt. 7 e 8 del
d.lgs. n. 320 del 1994, attuativo dello Statuto.
    Poiche',    dunque,   l'art. 30   del   decreto-legge   impugnato
reintroduce  surrettiziamente,  con atto normativo subcostituzionale,
attivita'  di  controllo  sugli  atti regionali, esso viola l'art. 9,
comma  secondo,  della  legge  cost. n. 3 del 2001 che tali controlli
escludeva    e    si    configura,   anche   sotto   tale   riguardo,
costituzionalmente illegittimo.
    A  quanto  gia' osservato bisogna, poi, aggiungere un rilievo che
mostra un ulteriore contrasto con statuizioni di rango costituzionale
della  norma  impugnata, anche nella parte in cui essa attribuisce al
costituendo  «tavolo  tecnico  una  funzione  di controllo degli atti
degli  enti  locali,  in  relazione  agli  enti  locali situati nella
regione  Valle  d'Aosta.  Difatti,  l'art. 2,  comma primo, lett. b),
dello  Statuto speciale assegna - come gia' ricordato - alla potesta'
legislativa primaria della Regione la materia «ordinamento degli enti
locali  e  delle  relative circoscrizioni.». Non vi e' alcuna ragione
per dubitare che il regime dei controlli sugli atti degli enti locali
rientri  pienamente  all'interno  di tale alveo materiale. Si tratta,
peraltro,  di  una  considerazione  che codesta ecc.ma Corte ha avuto
modo,  recentemente,  di  ribadire con estrema chiarezza: nell'ambito
della  materia  «ordinamento  degli  enti  locali  e  delle  relative
circoscrizioni» «trova collocazione anche il regime del controllo sui
medesimi enti» (sent. n. 202 del 2005).
    Pertanto,  il  legislatore  statale,  disponendo  un'attivita' di
verifica  e  di  controllo  da  parte  del «tavolo tecnico» anche nei
riguardi  degli  atti  degli  enti locali situati nella Regione Valle
d'Aosta,  ha  invaso  una  sfera  statutariamente  rimessa alla piena
potesta'  legislativa  regionale;  da  cio'  non  puo'  che  derivare
l'illegittimita' costituzionale della norma che tanto prevede.
    Infine,   l'art. 30   del   d.l.   n. 223   del  2006  si  mostra
incompatibile  con  norme di ordine costituzionale anche con riguardo
alle  modalita'  di  composizione  del  «tavolo tecnico» medesimo. La
disposizione  impugnata,  infatti,  nello stabilire genericamente che
esso  includa  «rappresentanti  del sistema delle autonomie designati
dai  relativi  enti  esponenziali», non tiene minimamente conto della
posizione  differenziata che nell'impianto costituzionale assumono le
Regioni  speciali  ed  in  particolare,  per quanto qui interessa, la
Regione  Valle  d'Aosta.  Il  richiamo vago ed uniformante agli «enti
esponenziali»  del sistema delle autonomie trascura integralmente che
tra  le autonomie regionali esistono posizioni costituzionalmente ben
differenziate.  Cio' si traduce in una menomazione della garanzia che
l'art. 116,  comma  primo,  Cost.  accorda  alle  Regioni  a  Statuto
speciale,  la  quale  avrebbe  imposto  al  legislatore  statale, nel
normare  la  composizione  del  «tavolo  tecnico»,  di  separatamente
considerare  le  «forme e condizioni particolari di autonomia» di cui
esse  singolarmente  godono  e  di predisporre un sistema in grado di
assicurare la distinta rappresentanza di ciascuna di esse.
    Dunque,  per  quanto  appena detto, l'art. 30 del d.l. n. 223 del
2006,  convertito  con  modificazioni  in  legge  n. 248 del 2006, e'
altresi'     costituzionalmente     illegittimo     perche'    viola,
nell'individuare  come  il  «tavolo  tecnico»  debba essere composto,
l'art. 116, comma primo, Cost.