Ricorso della Regione Valle d'Aosta, con sede in Aosta, piazza Deffeyes n. 1, codice fiscale n. 80002270074 in persona del presidente pro tempore, on. Luciano Caveri, rappresentato e difeso, in forza di procura a margine del presente atto ed in virtu' della deliberazione della giunta regionale n. 2754 del 22 settembre 2006, dai proff. avv. Giovanni Guzzetta e Francesco Saverio Marini, presso il cui studio sito in Roma, via Monti Parioli n. 48, ha eletto domicilio; Contro il Governo in persona del Presidente del Consiglio del ministri pro tempore, con sede in Roma, Palazzo Chigi, piazza Colonna n. 370, per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale degli articoli 13, 28, comma 1, e 30 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, recante «Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonche' interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale» (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale - serie generale - n. 153 del 4 luglio 2006), convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, pubblicata nel supplemento ordinario n. 183/L alla Gazzetta Ufficiale - serie generale - n. 186 dell'11 agosto 2006. F a t t o 1. - Il decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223 (c.d. «decreto Bersani»), recante «Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonche' interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale», convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, si propone, tra l'altro, di promuovere la concorrenza e la competitivita', di liberalizzare alcuni settori produttivi e di razionalizzare la spesa pubblica anche attraverso il contenimento delle spese per il personale delle pubbliche amministrazioni. La disciplina dettata dal decreto si applica, ai sensi del comma 1-bis, alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e Bolzano «in conformita' agli statuti speciali e alle relative norme di attuazione». 2. - L'art. 13 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, cosi' come modificato dalla legge di conversione 4 agosto 2006, n. 248, nel dettare «norme per la riduzione dei costi degli apparati pubblici regionali e locali e a tutela della concorrenza», dispone, al comma 1, che «al fine di evitare alterazioni o distorsioni della concorrenza e del mercato e di assicurare la parita' degli operatori, le societa', a capitale interamente pubblico o misto, costituite o partecipate dalle amministrazioni pubbliche regionali e locali per la produzione di beni e servizi strumentali all'attivita' di tali enti in funzione della loro attivita' - con esclusione dei servizi pubblici locali -, nonche', nei casi consentiti dalla legge, per lo svolgimento estemalizzato di funzioni amministrative di loro competenza, debbono operare esclusivamente con gli enti costituenti o partecipanti o affidanti, non possono svolgere prestazioni a favore di altri soggetti pubblici o privati, ne' in affidamento diretto ne' con gara, e non possono partecipare ad altre societa' o enti». Il medesimo comma esclude da quest'ultimo divieto, relativo alla partecipazione ad altre societa' o enti, le societa' di intermediazione finanziaria. Il successivo comma, nel ribadire che «le societa' di cui al comma 1 [...] non possono agire in violazione delle regole di cui al comma 1», qualifica le medesime societa' come «ad oggetto sociale esclusivo». L'art. 13, comma 3, del decreto-legge prevede un termine di dodici mesi, a decorrere dall'entrata in vigore del decreto-legge medesimo, entro il quale le societa' destinatarie dei divieti menzionati al comma 1 debbono cessare le attivita' non consentite. Queste ultime attivita', entro ulteriori diciotto mesi, possono essere cedute a terzi, nel rispetto delle procedure ad evidenza pubblica, o scorporate, anche attraverso la costituzione di una separata societa' da collocare sul mercato nel rispetto delle procedure del decreto-legge 31 maggio 1994, n. 332, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 1994, n. 474. I contratti relativi alle attivita' non cedute o scorporate perdono efficacia alla scadenza del termine di dodici mesi previsto per la cessazione delle attivita' non consentite. Il comma 4 dell'art. 13 dispone, infine, la nullita' dei contratti conclusi dopo l'entrata in vigore del decreto-legge di cui trattasi, in violazione dei commi 1 e 2 del medesimo articolo. Tuttavia, conservano validita' i contratti che, pur conclusi dopo l'entrata in vigore del decreto-legge, siano adottati in esito a procedure di aggiudicazione perfezionate prima della stessa entrata in vigore. A tale riguardo sono comunque fatte salve le prescrizioni di cui al comma 3 dell'art. 13, relative alla possibilita' di cessione o di scorporo delle attivita'. 3. - L'art. 28, comma 1, del decreto-legge n. 223 del 2006 prevede una riduzione del 20% delle diarie per le missioni all'estero contenute nella tabella B allegata al decreto del Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica in data 27 agosto 1998 e successive modificazioni. Tale riduzione, operativa a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto-legge, si applica al personale appartenente alle amministrazioni di cui all'art. 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, e quindi anche al personale regionale e locale. 4. - L'art. 30 del decreto-legge n. 223 del 2006 modifica la disciplina dettata dal comma 204 dell'art. 1 della legge n. 266 del 2005 (legge finanziaria per il 2006) concernente il monitoraggio e la verifica degli adempimenti imposti dal comma 198 dell'art. 1 della medesima legge finanziaria alle regioni ed agli enti locali per il contenimento della spesa in materia di personale. In particolare, l'art. 30 sostituisce il citato comma 204 con tre nuovi commi (204, 204-bis, 204-ter). Il novellato comma 204 anzitutto introduce, «per le amministrazioni regionali e gli enti locali di cui al comma 198» (dell'art. 1 della legge finanziaria per il 2006) che non abbiano conseguito gli obiettivi di risparmio di spesa ivi contemplati, il divieto di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo. Tale divieto e' suscettibile di parziale deroga, a sensi del comma 204-ter, solo per gli «enti locali in condizioni di avanzo di bilancio negli ultimi tre esercizi», nei confronti dei quali sono escluse dal computo le spese di personale riferite a contratti di lavoro a tempo determinato stipulati nel 2005. Il comma 204 prevede altresi' l'istituzione di un tavolo tecnico, composto da rappresentanti dello Stato e del «sistema delle autonomie designati dai relativi enti esponenziali», al quale sono affidati compiti di verifica, indirizzo e proposta ai fini del monitoraggio degli adempimenti di contenimento della spesa previsti dal comma 198. La costituzione del tavolo tecnico avviene con d.P.C.M. da emanare previo accordo tra Governo, regioni ed autonomie locali da concludere in sede di Conferenza unificata entro il 30 settembre 2006. In particolare, il comma 204 attribuisce al tavolo tecnico le seguenti funzioni: a) acquisire, da parte degli enti destinatari della norma, la documentazione, certificata dall'organo di revisione contabile, delle misure adottate e dei risultati conseguiti; il mancato invio ditale documentazione da parte degli enti, ai sensi del successivo comma 204-bis, comporta, in ogni caso, il divieto di assunzione a qualsiasi titolo; b) stabilire specifici criteri e modalita' operative per il monitoraggio e la verifica dell'effettivo conseguimento dei previsti risparmi di spesa da parte degli enti destinatari della norma; c) verificare, sulla base dei criteri e delle modalita' operative stabiliti e della documentazione ricevuta, la puntuale applicazione della disposizione ed i casi di mancato adempimento; d) elaborare analisi e proposte volte al contenimento strutturale della spesa di personale per gli enti destinatari del comma 198. Il comma 204-bis aggiunge, infine, che le risultanze delle operazioni di verifica attribuite al tavolo tecnico sono trasmesse, con cadenza annuale, alla Corte dei conti, anche ai fini del referto sul costo del lavoro pubblico di cui al titolo V del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, recante norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni. 5. - Va infine evidenziata una questione. L'atto normativo indicato in epigrafe stabilisce, all'art. 1, comma 1-bis, che quanto da esso disposto si applica alle Regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e Bolzano «in conformita' agli statuti speciali e alle relative norme di attuazione.». Tuttavia, il tenore letterale delle disposizioni, recanti le norme che con il presente ricorso si impugnano, non consente di escludere con certezza l'efficacia di esse anche nei riguardi dei suddetti enti ad autonomia speciale. Invero, si tratta di prescrizioni che, se riferite anche alla Regione Valle d'Aosta, presentano - per quanto si dira - molteplici profili di illegittimita' costituzionale, senza che l'ambigua «clausola di salvaguardia» dell'art. 1, comma 1-bis, permetta di affermare inequivocabilmente che la Regione medesima non ne sia destinataria. Dunque, la possibilita' che esse vadano interpretate in senso lesivo delle attribuzioni della Regione, induce a farle oggetto di impugnazione, sulla scorta della solida giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte, per la quale «il giudizio in via principale puo' concernere questioni sollevate sulla base di interpretazioni prospettate dal ricorrente come possibili, a condizione che queste ultime non siano implausibili e irragionevolmente scollegate dalle disposizioni impugnate cosi' da far ritenere le questioni del tutto astratte o pretestuose» (sent. n. 412 del 2004). 6. - Tutto cio' premesso, l'odierna ricorrente, ritenuta la lesione delle proprie attribuzioni costituzionali e statutarie, impugna le disposizioni indicate in epigrafe del presente atto, per i seguenti motivi di D i r i t t o 1) Violazione del principio costituzionale di ragionevolezza, sub specie di vizio di irrazionalita', nonche' dell'art. 117, commi 2 e 4, Cost. e dell'art. 2, comma 1, lett. a) e b) dello statuto speciale per la valle d'Aosta (legge cost. n. 4 del 1948), da parte delle norme di cui all'art. 13 del d.l. n. 223 del 2006 convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248. L'art. 13 del decreto-legge n. 223 del 2006 si propone di introdurre, stando alla sua rubrica, «norme per la riduzione dei costi degli apparati pubblici regionali e locali e a tutela della concorrenza». La disciplina da esso recata prevede, tra l'altro, che le societa', tanto interamente pubbliche quanto miste, che siano state costituite o partecipate dalle amministrazioni regionali e locali, sia per la produzione di beni o di servizi di cui tali amministrazioni necessitino in funzione della loro attivita', sia per lo svolgimento di funzioni amministrative in regime di esternalizzazione, debbano operare, in via esclusiva, con gli enti costituenti o partecipanti o da cui hanno ricevuto in affidamento lo svolgimento di funzioni amministrative. Viene escluso, pertanto, che tali societa' possano svolgere prestazioni a favore di qualsivoglia altro soggetto, tanto pubblico quanto privato, ne' per affidamento diretto, ne' a seguito dell'espletamento di una gara. Alle medesime societa' (a meno che non svolgano attivita' di intermediazione finanziaria si sensi del d.lgs. n. 385 del 1993) viene vietato, inoltre, di partecipare ad altre societa' od enti. Per quanto l'intervento normativo dichiari di voler perseguire la tutela della concorrenza, in realta' esso, lungi dal rimuovere elementi distorsivi del mercato o dal promuovere un ampliamento delle possibilita' di accesso degli attori che vi operano, determina il ben diverso effetto di escludere dal mercato stesso una categoria di soggetti: vale a dire, proprio «le societa', a capitale interamente pubblico o misto, costituite dalle amministrazioni pubbliche regionali e locali», con i requisiti dianzi riferiti. L'effetto di limitazione della concorrenza e' fatto palese, in particolare, dalla previsione in base alla quale le categorie di societa' anzidette non possono svolgere prestazioni a favore di soggetti diversi dai costituenti, partecipanti o affidanti, neppure a seguito dell'espletamento di una gara. Ora, poiche' sono proprio le procedure di gara ad assicurare per eccellenza, ed anzi esaltare, la concorrenza tra i diversi operatori economici presenti sul mercato, l'esclusione della possibilita' di competere a danno di taluno di essi - per giunta, per il mero fatto di essere costituiti o partecipati non da qualsivoglia ente pubblico, ma soltanto da enti regionali e locali - determina esattamente una forma di quella alterazione e distorsione della concorrenza e del mercato che la norma impugnata manifesta di voler evitare. Cio' e' peraltro evidente, se solo si consideri come il concetto normativo di concorrenza accolto nell'ordinamento costituzionale interno ed in quello comunitario non implichi di certo che essa possa dirsi violata se a partecipare al mercato, a parita' di condizioni con gli altri operatori, siano soggetti a capitale interamente pubblico o misto. Del resto, affinche' venga subito smentita qualunque suggestione in relazione a presunte attuazioni di obblighi comunitari da parte della previsione normativa qui impugnata, sia sufficiente rilevare come neppure la giurisprudenza comunitaria in tema di c.d. in house providing, particolarmente solerte nella garanzia della concorrenza, abbia mai considerato richiesto da quell'ordinamento che «societa', a capitale interamente pubblico o misto, costituite o partecipate dalle amministrazioni pubbliche regionali e locali per la produzione di beni e servizi strumentali all'attivita' di tali enti» o «per lo svolgimento di funzioni amministrative di loro competenza», operino esclusivamente con gli enti costituenti o partecipanti o affidanti. Anche nel caso dell'in house providing, infatti, e' sufficiente che tali societa' realizzino «la parte piu' importante della propria attivita' con l'ente o gli enti pubblici che lo controllano» (cosi' la Corte di giustizia europea nella pronuncia Gemeente Arnhem del 10 novembre 1998; ma si tratta di un'affermazione costantemente confermata dalla giurisprudenza della Corte comunitaria: ex multis, sent. Teckal del 18 novembre 1999; sent. Stadt Halle dell'11 gennaio 2005; sent. Parking Brixen GmbH del 13 ottobre 2005). Da quanto precede emerge limpidamente come le norme di cui all'art. 13 del decreto-legge n. 223 del 2006 conseguano il risultato di alterare il mercato, mediante la forzosa estromissione dei soggetti ivi indicati, o comunque in nessun caso si muovano nella direzione di assicurarne un suo piu' regolare funzionamento o di promuoverne lo sviluppo. Ne' si comprende, del resto, come possa ragionevolmente perseguirsi la tutela della concorrenza imponendo i riferiti divieti esclusivamente alle societa' costituite o partecipate dalle amministrazioni pubbliche regionali e locali, senza estendere le medesime proibizioni alle analoghe societa' costituite o partecipate dalle amministrazioni statali. Infatti, anche ad ammettere che corrisponda al vero - e cosi' non e' - che la presenza sul mercato delle societa' aventi le caratteristiche suddette sia in grado di alterare e distorcere la concorrenza e compromettere la parita' tra gli operatori, ebbene un simile effetto sarebbe primariamente da riconoscere con riguardo a quelle societa' in cui sia coinvolta l'amministrazione pubblica statale, per le ovvie considerazioni che attengono alle ben maggiori dimensioni ed ambito di intervento dell'ente territoriale interessato. Non puo' essere, in altre parole, coerente con il fine della difesa e della promozione della concorrenza una disciplina che, nell'individuare un presunto meccanismo di tutela di essa, lo limiti all'ambito regionale e locale e non lo applichi, del tutto irragionevolmente. a livello statale. Con la conseguenza, invero paradossale, che anche nell'ambito regionale e locale potrebbero continuare ad operare le societa' costituite o partecipate da amministrazioni pubbliche statali. Vale a dire, senza alcuna razionalita' e con totale frustrazione degli scopi che la disposizione impugnata afferma di perseguire, le societa' «statali» potrebbero seguitare a svolgere le attivita' che ora risultano interdette a quelle, con analoghe caratteristiche, di natura regionale e locale, e in ipotesi addirittura sostituirsi ad esse. Data dunque la palese, insanabile contraddittorieta', sotto piu' profili, tra il fine che la disposizione si propone di perseguire (la tutela della concorrenza) ed i risultati normativi che essa produce, la medesima presenta un carattere «manifestamente irrazionale» rispetto agli obiettivi attesi; un carattere che rende la norma costituzionalmente censurabile da codesta Corte, come essa ha ripetutamente precisato (sent. n. 14 del 2004; sent. n. 175 del 2005). Tale contraddittorieta', infatti, determina contestualmente il venir meno del titolo competenziale costituzionale su cui basare la stessa normazione statale in materia di societa' costituite o partecipate dalle amministrazioni pubbliche regionali e locali, poiche' l'esercizio del potere legislativo in tale settore - fatti salvi i rilievi che si svilupperanno nel seguito del presente ricorso - avrebbe potuto rinvenire un fondamento esclusivamente sull'art. 117, comma secondo, lett. e), Cost. Di conseguenza, la norma impugnata viene ad incidere - in assenza di titolo - in un ambito di competenza normativa assegnato alla Regione Valle d'Aosta, sia dalle previsioni di cui all'art. 2, comma primo, lett. a) e b), dello Statuto speciale (che rimettono alla potesta' legislativa regionale, rispettivamente, le materie «ordinamento degli uffici e degli enti dipendenti dalla Regione e stato giuridico ed economico del personale» e «ordinamento degli enti locali e delle relative circoscrizioni»), sia dal combinato-disposto dei commi secondo e quarto dell'art. 117 Cost. Il comma secondo dell'art. 117, lett. g), infatti, attribuendo alla potesta' legislativa statale soltanto la disciplina dell«'ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato», derubrica la materia dell'«ordinamento e organizzazione amministrativi degli enti substatali». Tale materia, non essendo «espressamente riservata» alla competenza statale, ricade quindi nella potesta' legislativa regionale, per effetto del comma quarto dello stesso articolo, ai sensi del quale «spetta alle Regioni la potesta' legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato». Le norme costituzionali appena citate sono pacificamente invocabili come parametro di legittimita' anche dalla Regione Valle d'Aosta, in forza dell'art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001, in base al quale «sino all'adeguamento dei rispettivi statuti, le disposizioni della presente legge costituzionale si applicano anche alle Regioni a statuto speciale ed alla province autonome di Trento e Bolzano per le parti in cui prevedono forme di autonomia piu' ampie rispetto a quelle gia' attribuite.». Per tali ragioni, l'art. 13 del d.l. n. 223 del 2006, convertito con modificazioni in 1. n. 248 del 2006, e' da ritenersi costituzionalmente illegittimo per mancato rispetto del principio di ragionevolezza e per violazione dell'art. 2, comma primo, lett. a) e b) dello Statuto speciale per la Valle d'Aosta e dell'art. 117, commi secondo e quarto, Cost. 2) Violazione dei principi di proporzionalita' e di leale collaborazione, nonche' dell'art. 117, commi 2 e 4, Cost. e dell'art. 2, comma 1, lett. a) e b) dello statuto speciale per la Valle d'Aosta (Legge cost. n. 4 del 1948), da parte delle norme di cui all'art. 13 del d.l. n. 223 del 2006 convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248. Che le norme recate dell'art. 13 del d.l. n. 223 del 2006 non possano ritenersi poste nel legittimo esercizio della competenza legislativa statale in materia di tutela della concorrenza, ex art. 117, secondo comma, lett. e), Cost., e' argomentabile anche sotto un ulteriore profilo. Difatti, la legislazione statale che invada gli ambiti competenziali di pertinenza delle Regioni, fondando il suo intervento sull'esigenza di porre norme in una delle materie - quale la tutela della concorrenza - c.d. finalistiche o trasversali (C. cost. %%%....), deve comunque rispettare e conformarsi a requisiti ineludibili, ulteriori rispetto a quello della sua razionalita'. D'altro canto, codesta Corte ha ampiamente chiarito - proprio con riguardo alla tutela della concorrenza - che, se tali requisiti e limiti non venissero osservati dal legislatore statale, si «rischierebbe di vanificare lo schema di riparto dell'art. 117 Cost.», come pure degli Statuti speciali: schema «che vede attribuite alla potesta' legislativa [....] delle regioni materie la cui disciplina incide innegabilmente sullo sviluppo economico» (sent. n. 14 del 2004). In particolare, l'atto normativo statale che, proponendosi di tutelare la concorrenza, sconfini negli ambiti materiali di competenza regionale, per potersi dire legittimo deve essere qualificabile, in ogni caso, come «giustificato» e «proporzionato» rispetto all'obiettivo perseguito (sent. n. 14 del 2004; sent. n. 272 del 2004; sent. n. 175 del 2005; sent. n. 214 del 2006). Inoltre, come sempre codesta Corte ha precisato con nettezza (a partire dalla sent. n. 407 del 2002), l'esercizio della potesta' legislativa statale in una materia «finalistica» e' subordinata all'esigenza di curare un interesse «unitario e infrazionabile». Ora, con riguardo alle norme recate dall'art. 13 che qui si impugnano, esse risultano sicuramente invasive delle competenze legislative della Regione Valle d'Aosta, poiche' la disciplina delle societa' costituite o partecipate dalle amministrazioni pubbliche regionali e locali rientra indubbiamente nell'alveo dell'autonomia organizzativa della Regione, degli enti regionali e degli enti locali che di tali societa' si avvalgono, ai sensi dei gia' citati artt. 2, conima primo, lett. a) e b), dello Statuto speciale e 117, commi secondo e quarto, Cost. Tuttavia, l'invasione operata dalle norme che qui si contestano risulta del tutto sproporzionata, anzitutto con riguardo alle modalita' attraverso cui la finalita' viene curata. L'intromissione normativa statale censurata, infatti, sacrifica integralmente la competenza regionale a legiferare sulle societa' in questione, costituite o partecipate dalla Regione o dagli enti locali, non lasciando alcuno spazio per l'intervento regolativo dell'Ente ad autonomia speciale. Perche' l'introduzione della normazione statale potesse dirsi proporzionata, essa si sarebbe dovuta saldare, in particolare, al principio di leale collaborazione, costituzionalmente ricavabile ex artt. 5, 114 e 120, Cost. Proporzionato puo' considerarsi l'operato del legislatore statale il quale - prima dell'esercizio della competenza in una materia finalistica, destinato a privare integralmente la Regione della competenza normativa in ambiti di sua spettanza - attivi meccanismi e procedimenti che, nel rispetto del principio di leale collaborazione, mettano in condizione le autonomie regionali «invase» di svolgere qualche forma di partecipazione e di offrire il loro contributo all'elaborazione della disciplina statale. In sostanza, il rispetto del principio di leale collaborazione, che nel caso di specie e' invece mancato, si poneva come una delle condizioni che avrebbe contribuito a far acquisire il carattere della proporzionalita' alla normazione introdotta dall'art. 13 del d.l. n. 223 del 2006. Ed e' appena il caso di aggiungere che cio' vale tanto piu' con riferimento a Regioni ad autonomia speciale, la cui posizione costituzionale e' garantita da una cornice protettiva che trova nelle disposizioni di rango costituzionale il proprio fondamento e svolgimento dettagliato. Ma non basta. Bisogna altresi' rilevare che, a fronte del sacrificio integrale della competenza regionale, tanto poco si poneva il necessario «interesse unitario e infrazionabile», che il legislatore statale ha completamente omesso di estendere i divieti previsti nell'art. 13 alle societa' costituite o partecipate dalle amministrazioni statali. Se davvero si fosse inteso perseguire un interesse unitario, i rigidi criteri di esclusione avrebbero dovuto trovare applicazione, anzitutto, con riguardo alle societa' in cui sia coinvolto lo Stato, con le sue amministrazioni, dal momento che e' proprio lo Stato l'ente territoriale che rappresenta la massima istanza unitaria. Inoltre, soltanto ove fosse stata riferita anche a tali societa' «statali» la disciplina contenuta nell'art. 13, ci si sarebbe mossi nella direzione di attingere quella «rilevanza macroeconomica» che, secondo quanto lumeggiato da codesta Corte nella citata pronuncia n. 14 del 2004, e' indispensabile per giustificare l'intervento normativo statale in situazioni analoghe a quella di cui ci si sta occupando. Allo stesso modo, se l'interesse che le norme impugnate pretendono di servire fosse realmente infrazionabile, apparirebbe incomprensibile come sia stato possibile, in maniera tanto marcata, «frazionarne» normativamente la tutela, distinguendo una disciplina fortemente restrittiva - relativa soltanto alle societa' legate alle amministrazioni substatali - da una disciplina di segno opposto, che non viene mutata rispetto al passato, riguardante le analoghe societa' in cui siano implicate le amministrazioni statali. Pertanto, poiche' le norme poste dall'art. 13 del d.l. n. 223 del 2006 intervengono in un settore materiale di competenza della Valle d'Aosta, senza che esse rivestano i requisiti della proporzionalita' rispetto al fine, da conseguirsi anche attraverso il rispetto del principio di leale collaborazione, e della preordinazione alla cura di un interesse unitario ed infrazionabile - requisiti necessari perche' l'invasione delle competenze regionali possa dirsi giustificato, ai sensi dell'art. 117, comma secondo, lett. e), Cost. - le medesime norme debbono ritenersi, anche sotto tali profili, affette dal vizio di illegittimita' costituzionale, per mancato rispetto del principio di proporzionalita' e del principio di leale collaborazione, e per violazione dell'art. 2, comma primo, lett. a) e b), dello Statuto speciale per la Valle d'Aosta e dell'art. 117, commi secondo e quarto, Cost. 3) Violazione dell'art. 117, comma 3, cost., dell'art. 119, comma 2, Cost., nonche' dell'art. 2, comma 1, lett. a) e dell'art. 3, comma 1, lett. l) dello statuto speciale per la Valle d'Aosta (Legge cost. n. 4 del 1948), da parte della norma di cui all'art. 28, comma 1, del d.l. n. 223 del 2006 convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248. L'art. 28, comma 1, del decreto-legge n. 223 del 2006, nell'imporre anche al personale della Regione Valle d'Aosta, nonche' degli enti locali situati nella Regione medesima, una riduzione del 20 % delle diarie per missioni all'estero, si palesa lesivo delle competenze regionali attribuite da norme di rango costituzionale. La norma censurata opera, anzitutto, una illegittima ingerenza nella sfera dell'autonomia finanziaria regionale. E' opportuno ricordare, infatti, che codesta Corte ha in piu' circostanze ribadito (cosi', ad es., nella sent. n. 417 del 2005) come non possano essere considerate ricadenti tra i principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica tutte quelle norme statali che intervengono a fissare vincoli puntuali a singole voci di spesa dei bilanci delle Regioni e degli enti locali. Le norme - quale quella recata dall'art. 28, comma 1, del decreto-legge che qui si impugna - che non posseggano tale caratteristica, arrecano, di conseguenza, un ingiustificato vulnus all'autonomia finanziaria di spesa della Regione, salvaguardata da previsioni di livello costituzionale. In altre parole, e richiamando un ulteriore chiarimento operato da codesta Corte, per la legge dello Stato e' legittimo fissare solamente un «limite complessivo, che lascia agli enti stessi ampia liberta' di allocazione delle risorse tra i diversi ambiti e obiettivi di spesa (sent. n. 36 del 2004).». Sicche', non vi puo' essere dubbio che l'espresso riferimento, nella disposizione impugnata, alla voce di spesa riguardante la diana per le missioni effettuate all'estero, quale voce da ridurre del 20%, non solo si muove in direzione esattamente opposta rispetto a quella indicata dalla giurisprudenza costituzionale, ma si pone in insanabile contrasto con le norme costituzionali su cui la Corte ha correttamente basato tale giurisprudenza. In particolare, risultano violati l'art. 117, comma terzo, Cost. e l'art. 119, comma secondo, Cost. che garantiscono, ai sensi dell'art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001, anche la sfera di autonomia finanziaria della Regione Valle d'Aosta. Le prescrizioni costituzionali da ultimo citate, infatti, arrestano la competenza statale esclusivamente alla determinazione dei principi di coordinamento della finanza pubblica, determinando l'illegittimita' delle norme statali, quale quella censurata, che si spingono ben oltre tale soglia. Del resto, nel dichiarare costituzionalmente illegittime norme analoghe a quella qui impugnata attraverso le decisioni un. 417 e 449 del 2005, in particolare in quest'ultima pronuncia, codesta Corte ha irreprensibilmente rilevato ancora una volta che «la previsione, da parte della legge statale, di limiti all'entita' di una singola voce di spesa della Regione non puo' essere considerata un principio fondamentale in materia di armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica (ai sensi dell'art. 117, terzo comma, Cost.), perche' pone un precetto specifico e puntuale sull'entita' della spesa e si risolve percio' in una indebita invasione dell'area riservata dall' art. 119 Cost. alle autonomie regionali e degli enti locali, alle quali la legge statale puo' prescrivere criteri ed obiettivi (ad esempio, contenimento della spesa pubblica), ma non imporre nel dettaglio gli strumenti concreti da utilizzare per raggiungere quegli obiettivi.». Ma la norma recata dall'art. 28, comma primo, del decreto-legge n. 223 del 2006 determina, altresi', una violazione dell'art. 2, comma primo, lett. a) dello Statuto speciale per la Valle d'Aosta. Tale disposizione statutaria riserva, come in precedenza ricordato, alla potesta' legislativa regionale la disciplina in materia di «ordinamento degli uffici e degli enti dipendenti dalla Regione e stato giuridico ed economico del personale». Ora, non sembra necessario ricorrere a defatiganti dimostrazioni per render palese come la norma impugnata, che impone una riduzione del 20% delle diarie del personale della Regione in missione all'estero, incida in maniera diretta, puntuale e paradigmatica, proprio su un aspetto che concerne lo «stato economico del personale. Non puo' esser dubbio, difatti, che la determinazione normativa di una diaria o di un'indennita' di trasferta per missioni all'estero ricada all'interno dell'ambito materiale riguardante il trattamento economico del dipendente regionale, complessivamente considerato. Pertanto, poiche' la norma statale impugnata si propone di regolare un aspetto che, ex art. 2, comma primo, lett. a), dello Statuto speciale per la Valle d'Aosta, risulta attribuito alla piena competenza legislativa regionale, da cio' non resta che evincere, anche lungo tale versante, l'illegittimita' costituzionale dell'art. 28, comma primo, del d.-l. n. 223 del 2006 convertito, con modificazioni, in 1. n. 248 del 2006. A quanto precede deve, infine, essere aggiunto il riferimento al parametro di legittimita' rappresentato dall'art. 3, comma primo. lett. f) dello Statuto speciale, che appare parimenti violato. Tale norma statutaria, infatti, commette alla Regione la potesta' di introdurre norme legislative di integrazione ed attuazione, nell'ambito dei principi individuati con legge dello Stato, in materia di «finanze regionali e comunali». Ora, il combinato-disposto tra la disposizione statutaria citata e gli artt. 117, comma terzo e 119, comma secondo, Cost. (relativi, questi ultimi, alla competenza statale concorrente in tema di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario), qualifica la competenza normativa della Valle D'Aosta in tale materia (in forza della clausola di cui all'art. 10 legge cost. n. 3 del 2001) non piu' come meramente suppletiva rispetto a quella statale, ma garantita nell'ambito dei principi di coordinamento stabiliti dallo Stato. Il quale deve, dunque, limitarsi alla fissazione ditali principi. Del resto, che la potesta' legislativa in materia di autonomia finanziaria locale si articoli su due livelli, statale e regionale, e' gia' stato chiarito da codesta Corte nella sent. n. 47 del 2004). Quanto si e' appena considerato mostra, dunque, un distinto - per quanto connesso al precedente - profilo di illegittimita' della norma impugnata, dal momento che essa pretende di porre un vincolo diretto e puntuale anche ad una voce di spesa riguardante i comuni della Regione Valle d'Aosta. Sicche', la violazione dell'art. 3, comma 1, lett. f), dello Statuto speciale puo' essere rilevata con riguardo a tale versante. 4) Violazione dell'art. 117, comma 3, cost., dell'art. 119, comma 2, cost., nonche' dell'art. 2, comma 1, lett. a) e b), dell'art. 3, comma 1, lett. i) e dell'art. 4 dello statuto speciale per la Valle D'Aosta (Legge cost. n. 4 del 1948), da parte della norma di cui all'art. 30 del d.l. n. 223 del 2006 convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248. Argomentazioni del tutto analoghe a quelle appena svolte debbono, altresi', essere sviluppate a dimostrazione della illegittimita' costituzionale della norma recata dall'art. 30 del decreto-legge n. 223 del 2006, nella parte in cui, modificando il comma 204 dell'art. 1 della legge n. 266 del 2005, stabilisce a carico delle amministrazioni regionali e locali un divieto assoluto e temporalmente illimitato di procedere ad assunzioni di personale. A nulla rileva, infatti, che tale divieto sia condizionato al verificarsi del mancato conseguimento, da parte di dette amministrazioni, dell'obiettivo di risparmio rappresentato, ai sensi del comma 198 dell'art. 1 della stessa legge n. 266 del 2005, dalla riduzione delle spese per il personale, in misura pari alla spesa del 2004, diminuita dell'1 per cento. Cio' non e' significativo, poiche' in ogni caso, al verificarsi di tale condizione, l'effetto della norma censurata sarebbe comunque, ancora una volta, quello di porre un limite diretto, immediato ed integrale ad una singola voce di spesa, quale l'assunzione da parte dell'amministrazione regionale e di quelle locali di personale a qualsiasi titolo. Ed un simile intervento normativo non puo', in alcun caso, essere considerato - alla stregua della giurisprudenza costituzionale gia' ampiamente richiamata - rivolto alla posizione di norme di principio ai sensi degli artt. 117, comma terzo, e 119, comma secondo, Cost. Pertanto la norma ricavabile dall'art. 30 del decreto-legge, per le medesime ragioni in precedenza illustrate (al punto 2. della motivazione in DIRITTO), si pone in violazione delle competenze attribuite alla Regione Valle d'Aosta dall'art. 117, terzo comma, Cost., dall'art. 119, secondo comma, Cost. e dall'art. 3, comma primo, lett. f), dello Statuto speciale. Inoltre, l'illegittimita' costituzionale del divieto per l'amministrazione regionale di assumere personale a tempo indeterminato, previsto dall'art. 30 del decreto-legge qui censurato, al verificarsi delle condizioni ivi indicate, puo' essere colta anche sotto un differente profilo. Infatti, come gia' sottolineato, l'art. 2, comma primo, dello Statuto speciale per la Valle d'Aosta stabilisce, alle lettere a) e b), rispettivamente, che la regione ha potesta' legislativa piena sia in materia di «ordinamento degli uffici e degli enti dipendenti dalla regione e stato giuridico ed economico del personale», sia in materia di «ordinamento degli enti locali e delle relative circoscrizioni». Di conseguenza, esula dalla competenza dello Stato intervenire con norme, come quella che in questa sede si contesta, che incidano tanto sull'ordinamento degli uffici regionali, pretendendo di definirne la composizione attraverso divieti relativi all'assunzione di personale, quanto sullo stato giuridico del personale medesimo, mediante l'esclusione di assunzioni a qualsiasi titolo. Parimenti, la competenza legislativa regionale piena sull'ordinamento degli enti locali implica che spetta alla Regione dettare la disciplina riguardante l'organizzazione amministrativa di tali enti, non esclusi gli aspetti concernenti l'entita' numerica del personale dipendente. Anche per siffatte considerazioni, pertanto, voglia codesta Ecc.ma Corte dichiarare l'illegittimita' costituzionale dell'art. 30 del decreto-legge n. 223 del 2006, convertito con modificazioni in 1. n. 248 del 2006, nella parte in cui vieta condizionatamente alla Regione Valle d'Aosta ed agli enti locali esistenti sul suo territorio di procedere, a qualsiasi titolo, alla assunzione di personale. Ma vi e un ulteriore ragione per la quale la norma impugnata si palesa costituzionalmente censurabile. E' indubbio, infatti, che nel momento in cui l'art. 4 dello Statuto speciale garantisce alla regione Valle d'Aosta l'attribuzione delle funzioni amministrative, implicitamente esso tutela l'autonomia regionale in materia di attivita' (e relative determinazioni di spesa) dirette all'assunzione del personale necessario sia a svolgere dette funzioni, sia ad assicurare il buon andamento ed il funzionamento degli uffici e degli enti dipendenti dalla regione stessa. Ora, il divieto di assunzione di personale a qualsivoglia titolo che, sub condicione, viene imposto alla Regione dall'art. 30, poiche' incide sulla determinazione del numero e della tipologia di inquadramento contrattuale delle risorse umane attraverso cui l'Ente regionale agisce, per cio' stesso comporta una illegittima menomazione delle competenze amministrative statutariamente attribuite. Infatti, la garanzia dell'autonomo assolvimento di tali funzioni sta e cade insieme alla conservazione dell'autonomia in ordine all'organizzazione degli apparati preposti allo svolgimento di esse, anche in relazione alla scelta circa quale debba essere la consistenza numerica ottimale del personale impiegato. Appare cosi' evidente che, per quanto appena sottolineato, l'art. 30 del decretolegge n. 223 del 2006, ponendosi in contrasto con l'art. 4 dello statuto speciale per la Valle d'Aosta, e' da considerarsi anche sotto tale aspetto costituzionalmente illegittimo. 5) Violazione dell'art. 116, comma 1, cost., dell'art. 9, comma 2, l. cost. n. 3 del 2001 e dell'art. 2, comma 1, lett. b), dello statuto speciale per la Valle D'Aosta (Legge cost. n. 4 del 1948) da parte della norma di cui all'art. 30 del d.l. n. 223 del 2006 convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248. L'art. 30 del decreto-legge n. 223 del 2006 e', inoltre, da ritenersi costituzionalmente illegittimo nella parte in cui, modificando il comma 204 dell'art. 1 della legge n. 266 del 2005, prevede la costituzione (mediante un d.P.C.m. che andava emanato entro il 30 settembre 2006 e previo accordo tra Governo, Regioni ed autonomie locali da concludersi in sede di Conferenza unificata) di un «tavolo tecnico con rappresentanti del sistema delle autonomie designati dai relativi enti esponenziali, del Ministero dell'economia e delle finanze-Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, della Presidenza del Consiglio dei Ministri-Dipartimento della funzione pubblica, della Presidenza del Consiglio dei Ministri-Dipartimento degli affari regionali e del Ministero dell'interno». La finalita' del costituendo «tavolo tecnico» e' quella di monitorare e verificare gli adempimenti, posti anche a carico delle Regioni, previsti al comma 198 dell'art. 1 della legge n. 266 del 2005. Dal tenore letterale della disposizione appare evidente, dunque, che le funzioni attribuite al «tavolo tecnico sono funzioni di controllo sugli atti di spesa degli enti destinatari - tra cui la Regione Valle d'Aosta ed i relativi enti locali - degli adempimenti previsti dal comma 198 dell'art. 1 della legge n. 266 del 2005, da ultimo citato. L'art. 30 del decreto-legge de quo, infatti, impone a tali enti di comunicare informazioni e documenti al costituendo organo, affinche' quest'ultimo proceda a verificare, tra l'altro, «l'effettivo conseguimento, da parte degli enti, dei previsti risparmi di spesa», «la puntuale applicazione della disposizione» (scilicet, dell'art. 1, comma 198, della 1. n. 266 del 2005) ed «i casi di mancato adempimento». Che si sia in presenza di un'attivita' di controllo da parte del «tavolo tecnico» e', del resto, reso palese dalla norma alla stregua della quale il mancato invio, da parte degli enti, della documentazione delle misure adottate e dei risultati conseguiti, comporta in ogni caso il divieto di assunzione di personale a qualsiasi titolo (comma 204-bis all'art. 1 della legge n. 266 del 2005, introdotto dall'art. 30 del decreto-legge qui censurato). Ora, appare manifesto che le riferite funzioni di controllo assegnate al «tavolo tecnico» dall'art. 30 del d.l. impugnato si pongono in diretto contrasto con prescrizioni di ordine costituzionale, in particolare con quanto previsto dall'art. 9, comma secondo, della legge cost. n. 3 del 2001. Tale ultima norma, infatti, ha integralmente abrogato quanto originariamente fissato all'art. 125, conima primo, Cost., con riguardo al regime dei controlli sugli atti amministrativi regionali. E' estremamente significativo che la disposizione di revisione costituzionale appena citata si sia limitata ad espungere dalla Costituzione la previsione delle precedenti modalita' dei controlli in parola, senza contestualmente sostituirle con altre: cio' consente di cogliere con chiarezza come l'attuale assetto costituzionale dei rapporti tra Stato e Regioni vieti ad una legge ordinaria di reintrodurre, in qualunque forma, cio' che il legislatore costituzionale ha eliminato, tanto in relazione alle Regioni a statuto ordinario, quanto a fortiori nei confronti delle Regioni a statuto speciale, per effetto della clausola piu' volte richiamata dell'art. 10 della medesima legge cost. n. 3 del 2001. Tanto piu' cio' e' vero, se si tiene conto che gia' prima dell'abrogazione dell'art. 125, comma primo, Cost., ai controlli sugli atti amministrativi della Regione Valle d'Aosta si applicava la disciplina - ben piu' garantistica di quella contenuta nella norma abrogata - derivante dal combinato disposto dell'art. 48-bis dello Statuto speciale e degli artt. 7 e 8 del d.lgs. n. 320 del 1994, attuativo dello Statuto. Poiche', dunque, l'art. 30 del decreto-legge impugnato reintroduce surrettiziamente, con atto normativo subcostituzionale, attivita' di controllo sugli atti regionali, esso viola l'art. 9, comma secondo, della legge cost. n. 3 del 2001 che tali controlli escludeva e si configura, anche sotto tale riguardo, costituzionalmente illegittimo. A quanto gia' osservato bisogna, poi, aggiungere un rilievo che mostra un ulteriore contrasto con statuizioni di rango costituzionale della norma impugnata, anche nella parte in cui essa attribuisce al costituendo «tavolo tecnico una funzione di controllo degli atti degli enti locali, in relazione agli enti locali situati nella regione Valle d'Aosta. Difatti, l'art. 2, comma primo, lett. b), dello Statuto speciale assegna - come gia' ricordato - alla potesta' legislativa primaria della Regione la materia «ordinamento degli enti locali e delle relative circoscrizioni.». Non vi e' alcuna ragione per dubitare che il regime dei controlli sugli atti degli enti locali rientri pienamente all'interno di tale alveo materiale. Si tratta, peraltro, di una considerazione che codesta ecc.ma Corte ha avuto modo, recentemente, di ribadire con estrema chiarezza: nell'ambito della materia «ordinamento degli enti locali e delle relative circoscrizioni» «trova collocazione anche il regime del controllo sui medesimi enti» (sent. n. 202 del 2005). Pertanto, il legislatore statale, disponendo un'attivita' di verifica e di controllo da parte del «tavolo tecnico» anche nei riguardi degli atti degli enti locali situati nella Regione Valle d'Aosta, ha invaso una sfera statutariamente rimessa alla piena potesta' legislativa regionale; da cio' non puo' che derivare l'illegittimita' costituzionale della norma che tanto prevede. Infine, l'art. 30 del d.l. n. 223 del 2006 si mostra incompatibile con norme di ordine costituzionale anche con riguardo alle modalita' di composizione del «tavolo tecnico» medesimo. La disposizione impugnata, infatti, nello stabilire genericamente che esso includa «rappresentanti del sistema delle autonomie designati dai relativi enti esponenziali», non tiene minimamente conto della posizione differenziata che nell'impianto costituzionale assumono le Regioni speciali ed in particolare, per quanto qui interessa, la Regione Valle d'Aosta. Il richiamo vago ed uniformante agli «enti esponenziali» del sistema delle autonomie trascura integralmente che tra le autonomie regionali esistono posizioni costituzionalmente ben differenziate. Cio' si traduce in una menomazione della garanzia che l'art. 116, comma primo, Cost. accorda alle Regioni a Statuto speciale, la quale avrebbe imposto al legislatore statale, nel normare la composizione del «tavolo tecnico», di separatamente considerare le «forme e condizioni particolari di autonomia» di cui esse singolarmente godono e di predisporre un sistema in grado di assicurare la distinta rappresentanza di ciascuna di esse. Dunque, per quanto appena detto, l'art. 30 del d.l. n. 223 del 2006, convertito con modificazioni in legge n. 248 del 2006, e' altresi' costituzionalmente illegittimo perche' viola, nell'individuare come il «tavolo tecnico» debba essere composto, l'art. 116, comma primo, Cost.