IL MAGISTRATO DI SORVEGLIANZA Ha pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento relativo a Guarino Luca (nato a Taranto il 10 luglio 1976, detenuto nella Casa di reclusione di Turi) avente ad oggetto istanza di applicazione della sospensione condizionata ex lege n. 207/2003 in relazione alla pena, di cui al cumulo p.m. presso il Tribunale per i minorenni di Taranto del 23 novembre 2004 (fine pena: 14 giugno 2008). Si solleva ex officio questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 3, legge 1° agosto 2003, n. 207 - in riferimento agli artt. 3 e 27, terzo comma della Carta costituzionale - nella parte in cui non prevede che la sospensione condizionata dell'esecuzione della pena detentiva non debba essere concessa a chi ha gia' beneficiato di una misura alternativa alla detenzione revocatagli - per condotta colpevole - ai sensi dell'art. 5-ter, legge n. 354/1975. 1) Non manifesta infondatezza della questione. L'individuazione della natura giuridica del nuovo istituto - denominato «indultino» - costituisce la premessa necessaria su cui articolare i profili di non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale; in tale opera ermeneutica rilevano sia i presupposti richiesti ex ante per la concessione del beneficio che le prescrizioni applicabili ex post nella fase esecutiva della misura di nuovo conio. L'art. 1 della legge n. 207/2003 elenca una serie di condizioni e requisiti per l'accesso alla sospensione condizionata da parte del condannato che ne avanzi pedissequa istanza; la sussistenza dei medesimi, accertata in sede giurisdizionale, impone al giudice di applicare al condannato - tout court ed in via automatica - il beneficio richiesto senza poter compiere alcuna preventiva valutazione di meritevolezza e di idoneita' dell'istante in rapporto al peculiare programma trattamentale extramurario da osservare durante l'esecuzione della misura richiesta. Tuttavia, gli articoli 2 e 4 della legge n. 207/2003 delineano una disciplina secondo cui il condannato, dopo essere stato ammesso al beneficio, deve dimostrare di saper e voler osservare le prescrizioni e gli obblighi contenuti nel programma trattamentale ritagliato per lui in esternato. In particolare si evidenzia che il condannato: a) all'atto della concessione del beneficio deve sottoscrivere un apposito verbale, in cui sono riportate tutte le prescrizioni da osservare in ordine ai rapporti con il servizio sociale, al lavoro, alla dimora, alla liberta' di locomozione, al divieto di frequentare determinati locali e di svolgere attivita' o di avere rapporti personali che possano indurlo a commettere altri reati (art. 47, commi quinto e sesto, legge n. 354/1975; art. 282-bis c.p.p., art. 283 c.p.p. richiamati dall'art. 4, comma 1, lettera b) e comma 2 della legge n. 207/2003); b) deve adoperarsi per quanto possibile in favore della vittima del reato e deve adempiere agli obblighi di assistenza familiare (art. 47, settimo comma, legge n. 354/1975 richiamato dall'art. 4, comma 2 della legge n. 207/2003); c) deve avere costanti rapporti con il servizio sociale, il quale ne controlla la condotta e stabilisce interventi di ausilio per superare le difficolta' di adattamento alla vita sociale, interagendo con la sua famiglia e con gli ambienti di vita frequentati (art. 47, nono comma, legge n. 354/1975, richiamato dall'art. 4, comma 2, legge n. 207/2003); d) ha la possibilita' di proseguire - qualora sia tossico/alcoldipendente - il programma terapeutico in corso, sottostando agli appositi controlli stabiliti dal giudice (art. 283, quinto comma c.p.p. richiamato dall'art. 4, comma 1, lettera b) della legge n. 207/2003). L'art. 4, legge n. 207/2003 prevede altresi' che l'ordinanza concessiva della misura contenga anche particolari obblighi di presentazione alla Polizia giudiziaria in orari e giorni prestabiliti, nonche' il divieto di allontanarsi dal comune di dimora abituale e quello di espatriare. L'attenta verifica dell'andamento del programma trattamentale, recepito nell'apposito verbale sottoscritto per accettazione anche dal condannato, e' demandata al magistrato di sorveglianza, il quale la effettua in modo penetrante avvalendosi dell'apporto dei servizi sociali e degli uffici di Polizia territorialmente competenti; e il tribunale di sorveglianza, qualora accerti che il condannato non abbia ottemperato - senza giustificato motivo - alle prescrizioni applicate e/o abbia commesso (nei 5 anni successivi all'applicazione della sospensione) un reato non colposo per il quale sia stata inflitta una pena detentiva non inferiore a 6 mesi, dispone la revoca della sospensione condizionata e nel contempo determina la pena detentiva residua da espiare, tenendo massimamente conto della durata delle limitazioni patite da condannato e della condotta serbata da costui durante il periodo trascorso in «indultino». Dal quadro normativo teste' tratteggiato emerge in modo palese che mentre la concessione della misura costituisce un atto c.d. «dovuto» - per il magistrato di sorveglianza - in presenza dei presupposti tassativamente previsti dalla legge, invece la fase esecutiva e' peculiarmente strutturata come mezzo di recupero sociale del condannato nel senso che la legge prevede un autentico programma trattamentale e demanda al tribunale ed al magistrato di sorveglianza di seguirne lo sviluppo e di verificarne l'osservanza da parte della persona beneficiata, monitorandone in particolare la condotta e la conformita' della stessa alle prescrizioni ed ai divieti stabiliti. Si tratta, in buona sostanza, di una particolare misura trattamentale volta a creare - per il condannato - un percorso serio ed occasioni reali nella direzione del recupero, dell'allontanamento da mentalita' criminose e da circuiti delinquenziali, del reinserimento e dell'integrazione sociale; tale percorso viene costantemente verificato dai servizi sociali, dall'Autorita' di polizia e dalla magistratura di sorveglianza e viene interrotto nel caso in cui si accerti che il condannato abbia posto in essere condotte inidonee o colpevoli e, cioe', abbia serbato un comportamento sintomatico dell'impraticabilita' del trattamento extramurario peculiarmente intrinseco al c.d. «indultino». Orbene, alla luce di tali rilievi si dubita che la disciplina normativa, di cui all'art. 1, comma 3 della legge n. 207/2003, sia conforme ai parametri contenuti negli artt. 3 e 27, terzo comma della Costituzione per tre ordini di ragioni. In primo luogo si evidenzia la palese contraddittorieta' tra la disposizione dell'art. 1 relativa ai requisiti per l'accesso alla misura e la disciplina positiva degli artt. 2 e 4 relativa all'esecuzione della stessa. Infatti, si e' gia' evidenziato che la prima norma elenca una serie di condizioni, in presenza delle quali il magistrato di sorveglianza deve concedere la sospensione condizionata, la quale percio' costituisce un «atto dovuto» sganciato da ogni preventiva valutazione di meritevolezza e di idoneita'; per converso, le altre due norme in parola impongono di verificare discrezionalmente se il trattamento extramurario - consacrato nell'apposito verbale contenente le prescrizioni e sottoscritto dal condannato - venga o no rispettato da costui e possa o no proseguire nel caso in cui il beneficiato abbia colpevolmente assunto una condotta difforme, contrastante o inidonea rispetto alle finalita' trattamentali della misura concessa. In altre parole, si rinviene una incoerenza logica ed una contraddittorieta' intrinseca nel tessuto della legge n. 207/2003 tra la parte positiva (art. 1) relativa ai requisiti per la concessione automatica della misura e quella (artt. 2 e 4) concernente la sua esecuzione, perche' non si riscontra alcuna coerenza razionale tra i presupposti tassativamente previsti per l'accesso ed i successivi sviluppi della misura; cio' e' espressione sintomatica del c.d. eccesso di potere legislativo. Tale incoerenza emerge incontrovertibilmente a tutto tondo soprattutto nell'ipotesi in cui il condannato, gia' ammesso ad una delle misure alternative alla detenzione revocata ex art. 51-ter o.p. per condotta colpevole, chieda di li' a poco l'applicazione della sospensione condizionata in parola; in tale evenienza sarebbe stato coerente sul piano logico e razionale prevedere nella legge n. 207/2003 il divieto per il condannato, che abbia gia' dato prova negativa dell'impraticabilita' del trattamento extramurario, di accedere al c.d. «indultino». In secondo luogo si osserva che la norma censurata appare in contrasto con l'art. 3 della Carta fondamentale. Invero, si da' atto che la disposizione dell'art. 1, comma 3, lett. d) legge n. 207/2003, secondo cui al beneficio in oggetto non poteva accedere la persona condannata ammessa ad una delle misure alternative alla detenzione, e' stata dichiarata costituzionalmente illegittima dalla Corte con sentenza 15 luglio 2005, n. 278, sicche' ora e' possibile concedere il c.d. «indultino» anche a chi usufruisca di misura alternativa alla detenzione in corso. Tuttavia, si rileva che il condannato - in caso di revoca della misura alternativa per condotta colpevole ai sensi dell'art. 51-ter o.p. - deve espiare in regime detentivo la pena residua relativa al titolo in esecuzione e non puo' accedere nuovamente ad altra misura alternativa nei successivi 3 anni in virtu' del chiaro disposto ostativo dell'art. 58-quater o.p.; per converso, si evidenzia che il medesimo condannato, benche' sia stato attinto da provvedimento di revoca di misura alternativa alla detenzione per condotta colpevole, potrebbe inopinatamente accedere al piu' ampio e favorevole beneficio trattamentale extramurario introdotto dalla legge n. 207/2003, perche' questa non prevede alcun divieto di concedere la sospensione condizionata nell'ipotesi teste' indicata. In altri termini, nel corpus della legge n. 207/2003 si rinviene un palese profilo di stringente irragionevolezza, laddove non sia previsto il divieto per il condannato, che ha gia' dato prova di impraticabilita' del trattamento extramurario in virtu' della revoca ex art. 51-ter o.p. per condotta colpevole della misura alternativa applicatagli e che - per l'effetto - non puo' accedere per i successivi 3 anni alle misure alternative alla detenzione ai sensi dell'art. 58-quater o.p., di conseguire la sospensione condizionata ex lege n. 207/2003 che e' certamente una misura trattamentale extramuraria meno severa e gravosa, nonche' ben piu' ampia, blanda e favorevole di ogni altra misura alternativa alla detenzione. In terzo luogo si ritiene che l'art. 1 della legge n. 207/2003 non sia conforme al parametro stabilito dall'art. 27, terzo comma della Costituzione. Invero, giova evidenziare che ogni tipologia (intramuraria o extramuraria) di esecuzione della pena - in ossequio al principio sancito dalla norma costituzionale in rilievo - deve tendere alla rieducazione del condannato nel senso che deve prevedere reali occasioni, concrete opportunita' e seri percorsi che possano indurre il reo a rivedere criticamente, consapevolmente e liberamente le condotte illecite poste in essere ed a prendere le dovute distanze - anche sul piano psicologico - da quella mentalita' criminosa e/o da quei circuiti ambientali di riferimento, in cui eventualmente sia rimasto invischiato e sia maturata la volonta' di delinquere. Ora, appare chiaro che l'art. 1 della legge n. 207/2003, non prevedendo alcun divieto di accesso alla sospensione condizionata per chi sia stato ammesso ad una misura alternativa alla detenzione revocata per condotta colpevole, legittima la concessione di un beneficio trattamentale extramurario (il c.d. «indultino») a chi abbia gia' dato ampia dimostrazione di non voler intraprendere e portare a termine un programma in esternato finalizzato al recupero ed al reinserimento sociale, nonche' alla rivisitazione critica in ordine ai reati commessi; in tale evenienza il condannato ha gia posto in essere una condotta chiaramente ed oggettivamente sintomatica dell'impraticabilita' di ogni trattamento extramurario, sicche' gli dovrebbe essere precluso per legge di accedere nuovamente a misure trattamentali in esternato fra le quali puo' tranquillamente annoverarsi la sospensione condizionata dell'esecuzione della pena ai sensi della legge n. 207/2003. 2) Rilevanza della questione nella fattispecie concreta per cui e' procedura. Il condannato con ordinanza, emessa in data 5 ottobre 2005 dal Tribunale di sorveglianza di Taranto, e' stato ammesso alla misura alternativa della detenzione domiciliare in relazione alla pena residua, di cui al cumulo p.m. presso il Tribunale per i minorenni di Taranto del 23 novembre 2004; tale misura alternativa e' stata revocata per condotta colpevole ai sensi dell'art. 51-ter o.p. dal Tribunale di sorveglianza di Bari con ordinanza del 16 febbraio 2006. Ora, il medesimo condannato con istanza pervenuta il 20 giugno 2006 ha chiesto la concessione della sospensione condizionata ai sensi della legge n. 207/2003 in relazione alla pena, di cui al cumulo p.m. presso il Tribunale per i Minorenni di Taranto del 23 novembre 2004 (pena inflitta: anni 6, mesi 5, giorni 20 di reclusione - fine pena: 14 giugno 2008); si fa presente altresi' che il condannato e' in possesso di tutti i requisiti previsti dalla normativa vigente per l'accesso alla sospensione condizionata ai sensi della legge n. 207/2003. Sulla base di queste emergenze procedurali appare chiaro che la questione di legittimita' costituzionale sopra indicata rileva nella presente procedura di sorveglianza. Infatti, se la questione venga ritenuta fondata e percio' sia dichiarata l'illegittimita' costituzionale questione della norma censurata, il condannato in parola non puo' conseguire il beneficio della sospensione condizionata ex lege n. 207/2003; per converso, se la questione sia ritenuta inammissibile o rigettata, al condannato in parola va riconosciuto il diritto di accedere alla misura trattamentale in esternato introdotta dalla legge n. 207/2003.