ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 22 della legge
della  Regione  Piemonte  4 marzo  2003,  n. 2 (Legge finanziaria per
l'anno 2003),  nella  parte  in  cui  sostituisce l'art. 16, comma 3,
della  legge della Regione Piemonte 24 ottobre 2002, n. 24 (Norme per
la  gestione  dei  rifiuti),  promosso con ricorso del Presidente del
Consiglio  dei  ministri,  notificato il 2 maggio 2003, depositato in
cancelleria il successivo 16 maggio ed iscritto al n. 47 del registro
ricorsi 2003.
    Visto l'atto di costituzione della Regione Piemonte;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  26 settembre  2006 il giudice
relatore Alfonso Quaranta;
    Uditi  l'avvocato  dello  Stato Giuseppe Fiengo per il Presidente
del Consiglio dei ministri e l'avvocato Anita Ciavarra per la Regione
Piemonte.
    Ritenuto   che,   con  ricorso  notificato  il  2 maggio  2003  e
depositato presso la cancelleria della Corte il successivo 16 maggio,
il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato l'art. 22 della
legge  della  Regione  Piemonte 4 marzo 2003, n. 2 (Legge finanziaria
per  l'anno 2003), nella parte in cui sostituisce l'art. 16, comma 3,
della  legge della Regione Piemonte 24 ottobre 2002, n. 24 (Norme per
la  gestione  dei  rifiuti),  deducendone il contrasto con i principi
contenuti  negli  articoli 2  e  4 del decreto legislativo 5 febbraio
1997, n. 22 (Attuazione della direttiva 91/156/CEE sui rifiuti, della
direttiva   91/689/CEE  sui  rifiuti  pericolosi  e  della  direttiva
94/62/CE   sugli  imballaggi  e  sui  rifiuti  di  imballaggio),  che
promuovono  ed  incentivano  il recupero dei rifiuti, nonche' con gli
articoli 3,  117,  secondo  comma,  lettere e)  e  s),  e  120  della
Costituzione;
        che  la  norma, nella parte in cui prevede che i soggetti che
gestiscono  impianti  di recupero dei rifiuti devono corrispondere ai
comuni  un contributo, e' sospettata di illegittimita' costituzionale
sotto vari profili;
        che,  innanzitutto, il ricorrente ritiene che la disposizione
regionale  sia  in  contrasto  con  le  finalita'  e  con  i principi
contenuti negli articoli 2 e 4 del d.lgs. n. 22 del 1997;
        che  deduce,  inoltre,  che  la  norma  impugnata  sarebbe in
contrasto con il sopra richiamato decreto legislativo n. 22 del 1997,
in  quanto quest'ultimo riserva allo Stato l'indicazione delle misure
economiche  finalizzate  al riciclaggio dei rifiuti, nonche' tutte le
altre    iniziative    economiche   in   materia,   come   confermato
dall'art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione;
        che  altro  profilo  di  censura  dedotto  dal Presidente del
Consiglio  dei  ministri attiene all'art. 3 della Costituzione, sotto
il profilo della lesione del principio di ragionevolezza;
        che  la  difesa  dello  Stato  osserva,  in proposito, che la
disciplina   statale   in   materia  di  rifiuti,  in  ragione  delle
indicazioni  dell'Unione  europea,  tende  ad incentivare il recupero
degli  stessi  attraverso l'assoggettamento ad un percorso produttivo
che li assimili alle materie prime;
        che,  pertanto,  prevedere  una discriminazione economica tra
processi produttivi, a livello regionale, implica una reviviscenza di
un  impianto  normativo  del  tutto  superato  dalla legislazione sia
comunitaria  che  nazionale,  secondo  le  quali la manipolazione dei
rifiuti deve costituire sempre un costo collettivo;
        che  la  disposizione  impugnata sarebbe, altresi', incongrua
la'  dove  individua  tale  costo  in una misura determinata solo nel
minimo,  senza  indicare parametri razionali cui ancorare l'effettiva
quantificazione dell'onere posto a carico dell'impresa che recupera i
rifiuti;
        che,    infine,   la   disposizione   regionale   in   esame,
nell'introdurre  una  tassa  per  le  sole  imprese  che  operano nel
territorio  regionale,  altererebbe  le  regole  poste a tutela della
concorrenza;
        che,  sulla base delle censure sopra richiamate, l'Avvocatura
generale  dello  Stato  ha  concluso  chiedendo  che  sia  dichiarata
l'illegittimita' costituzionale della norma de qua;
        che  si  e' costituita la Regione resistente e ha dedotto, in
via  preliminare, l'inammissibilita' del ricorso sotto il profilo del
difetto  di  interesse  alla impugnazione, in quanto il contributo in
questione  e'  stato introdotto dalla legge regionale n. 24 del 2002,
che non ha costituito oggetto di doglianza sul punto;
        che,   nel  merito,  ha  concluso  per  l'infondatezza  delle
questione di costituzionalita' proposta;
        che,  in  particolare,  la  Regione  ha  svolto  le  seguenti
argomentazioni:  a)  le  attivita'  di recupero dei rifiuti rientrano
nella    competenza   pianificatoria   e   gestionale   del   sistema
organizzativo   regionale;   b)   non   e'   evocabile  il  parametro
costituzionale  di cui all'art. 117, secondo comma, lettera s), della
Costituzione,  a  sostegno di una ritenuta competenza esclusiva dello
Stato, in quanto quest'ultima non e' riscontrabile nelle disposizioni
del  d.lgs. n. 22 del 1997, e non viene in rilievo, nella fattispecie
in  esame,  la  tutela  dell'ambiente;  c)  la  norma  impugnata  non
costituisce,   altresi',  una  sorta  di  tassa  generalizzata,  come
ritenuto dal ricorrente, ma integra una misura economica compensativa
per la realizzazione di determinati impianti che procurano disagio al
territorio  sul  quale  insistono  e che, per tale motivo, incontrano
ostacolo  e  difficolta'  nella  localizzazione;  d) il contributo e'
fissato  nell'entita' minima, ma l'aumento puo' essere stabilito solo
sulla  base  di  un  volontario accordo con i soggetti gestori; e) la
prospettata  lesione dell'art. 120 della Costituzione non e' sorretta
da  alcuna  motivazione,  e  non assume, altresi', rilievo la dedotta
violazione  delle  regole poste a tutela della concorrenza, in quanto
la disposizione in esame non introduce alcuna tassa;
        che,   in   prossimita'  dell'udienza  pubblica,  la  Regione
Piemonte  ha  depositato  memoria  con la quale ha ribadito le difese
svolte  e, ancor prima, ha eccepito l'inammissibilita' del ricorso in
ragione  del tardivo deposito dello stesso, oltre il termine di dieci
giorni  dalla  notificazione  stabilito  dall'art. 31,  quarto comma,
della legge 11 marzo 1953, n. 87.
    Considerato che con il ricorso indicato in epigrafe il Presidente
del  Consiglio  dei ministri ha impugnato l'art. 22 della legge della
Regione   Piemonte   4 marzo   2003,   n. 2  (Legge  finanziaria  per
l'anno 2003),  nella  parte  in  cui  sostituisce l'art. 16, comma 3,
della  legge della Regione Piemonte 24 ottobre 2002, n. 24 (Norme per
la  gestione  dei  rifiuti),  deducendone il contrasto con i principi
contenuti  negli  articoli 2  e  4 del decreto legislativo 5 febbraio
1997, n. 22 (Attuazione della direttiva 91/156/CEE sui rifiuti, della
direttiva   91/689/CEE  sui  rifiuti  pericolosi  e  della  direttiva
94/62/CE   sugli  imballaggi  e  sui  rifiuti  di  imballaggio),  che
promuovono  ed  incentivano  il recupero dei rifiuti, nonche' con gli
articoli 3,  117,  secondo  comma,  lettere e)  e  s),  e  120  della
Costituzione;
        che si e' costituita la Regione Piemonte ed ha chiesto che la
questione sia dichiarata inammissibile o infondata;
        che,  in  particolare,  la  resistente ha rilevato il tardivo
deposito  del  ricorso,  oltre  il  termine  di  dieci  giorni  dalla
notificazione  stabilito  dall'art. 31,  quarto  comma,  della  legge
11 marzo 1953, n. 87;
        che   detta   eccezione,  in  quanto  attiene  alla  corretta
instaurazione   del   giudizio   di  costituzionalita',  deve  essere
esaminata  in  via preliminare rispetto alle ulteriori argomentazioni
difensive delle parti;
        che  l'eccezione  deve  essere  accolta  in quanto il ricorso
dello  Stato,  notificato il 2 maggio 2003, risulta depositato presso
la  cancelleria  della Corte costituzionale in data 16 maggio 2003, e
cioe'  oltre  il termine di dieci giorni dalla notifica stabilito dal
sopra  richiamato  art. 31, quarto comma, della legge n. 87 del 1953;
termine  che,  secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, e'
perentorio  (ordinanze  n. 218  del 2006, n. 20 del 2005 e n. 126 del
1997);
        che,  conseguentemente,  il  ricorso  deve  essere dichiarato
improcedibile per tardivita' del suo deposito.