IL TRIBUNALE

    A  scioglimento  della  riserva  di cui al verbale di udienza che
precede,  viste  le  note  prodotte  dalle  parti  ha  pronunciato la
seguente   ordinanza   nella   causa  iscritta  al  n. 60  del  Ruolo
Gen. Lavoro  dell'anno 2005 tra Andricciola Salvatore rappresentato e
difeso  dall'avv. Francesco Balsamo e M.I.U.R., in persona del legale
rappresentante   p.t.,   rappresentato   e   difeso   dall'Avvocatura
distrettuale dello Stato di Catanzaro.

                              Premesso

    Con  ricorso  depositato  il  27  gennaio  2005  il ricorrente in
epigrafe  adiva  questo  tribunale  esponendo di aver lavorato, quale
collaboratore   scolastico,  presso  vari  istituti  scolastici  alle
dipendenze della Provincia di Catanzaro e di essere stato trasferito,
in  applicazione  dell'art. 8  della  legge n. 124/1999, nell'omologo
ruolo  scolastico  statale  presso  la  Scuola elementare statale «E.
Borrello»  di  Lamezia  Terme. Esponeva altresi' che in contrasto con
quanto stabilito dal comma secondo della norma richiamata non gli era
stata  integralmente riconosciuta l'anzianita' maturata presso l'ente
locale   di  provenienza.  In  particolare  deduceva  che  era  stato
applicato   un   criterio   di   inquadramento   che   prevedeva   il
riconoscimento  del  c.d.  «maturato  economico» e non anche del c.d.
«maturato  giuridico». Tanto premesso, chiedeva il riconoscimento del
diritto  ad  una  retribuzione  correlata alla anzianita' di servizio
complessivamente  maturata  e  la condanna al pagamento in suo favore
delle conseguenti differenze retributive.
    Si  costituiva il M.I.U.R. eccependo l'infondatezza della domanda
e   la   legittimita'   del  trattamento  economico  riconosciuto  al
ricorrente   in   osservanza  alle  vigenti  disposizioni  normative,
concludendo per il rigetto della domanda.
    All'udienza  del  23  febbraio 2006 parte resistente deduceva che
nelle more del giudizio era stato emanata la legge n. 266/2005 (legge
finanziaria  per l'anno 2006) il cui art. 1, comma 218, disponeva con
norma interpretativa nel senso del totale rigetto della domanda.
    Parte   ricorrente  depositava  note  eccependo  l'illegittimita'
costituzionale della norma ed il giudice si riservava sulla questione
proposta.

                              Ritenuto

    Si   ritiene   opportuno   premettere  sinteticamente  il  quadro
normativo di riferimento della fattispecie.
    L'art. 8  della legge n. 124/1999 ha stabilito al comma 1 che «il
personale  Ata degli istituti e scuole statali di ogni ordine e grado
e'  a carico dello Stato. Sono abrogate le disposizioni che prevedono
la fornitura di tale personale da parte dei comuni e delle province».
    Il comma 2 ha previsto che «il personale di ruolo di cui al comma
1,  dipendente  dagli  enti  locali,  in  servizio  nelle istituzioni
scolastiche  statali  alla  data  di entrata in vigore della presente
legge  e'  trasferito  nei  ruoli  del  personale  Ata  statale ed e'
inquadrato  nelle  qualifiche  funzionali e nei profili professionali
corrispondenti  per  lo  svolgimento  dei compiti propri dei predetti
profili.  A detto personale vengono riconosciuti ai fini giuridici ed
economici  l'anzianita'  maturata presso l'ente locale di provenienza
nonche'  il  mantenimento della sede in fase di prima applicazione in
presenza della relativa disponibilita' di posto».
    Il comma 4 ha previsto che «il trasferimento del personale di cui
ai  commi  2  e  3  avviene gradualmente secondo tempi e modalita' da
stabilire  con  decreto della Pubblica istruzione emanato di concerto
con  i  Ministri  dell'interno,  del  tesoro  e  della programmazione
economica  e  per  la  funzione  pubblica sentite le associazioni dei
comuni, province ed enti montani.».
    In  attuazione  del  rinvio contenuto in tale disposizione per la
disciplina  di modalita' e tempi del trasferimento sono stati emanati
il  d.i.  n. 184 del 23 luglio 1999 e, previo accordo Aran/OO.SS. del
20 luglio 2000, il d.i. del 5 aprile 2001.
    Il  decreto  interministeriale  n. 184/1999  ha imposto agli enti
locali  di  provvedere,  sino  al  termine dell'esercizio finanziario
1999,  alla retribuzione del personale Ata, transitato allo Stato per
effetto  dell'art. 8  della  legge n. 124/1999, mediante applicazione
del  Ccnl  del  Comparto  regioni  e  autonomie  locali, demandando a
successivi  decreti  dei  Provveditorati  agli  studi e del Ministero
della  pubblica  istruzione il compito di determinare la retribuzione
stipendiale in godimento al personale trasferito e la definizione dei
criteri  di inquadramento nell'ambito del Comparto scuola. Il comma 2
dell'art. 3  di  tale decreto ha previsto che «con successivo decreto
del  Ministero  della  pubblica  istruzione,  di  concerto,  verranno
definiti  i  criteri di inquadramento nell'ambito del comparto scuola
finalizzati all'allineamento degli istituti retributivi del personale
in  questione  a  quelli  del  comparto medesimo con riferimento alla
retribuzione    stipendiale,   ai   trattamento   accessori   ed   al
riconoscimento   ai   fini  giuridici  ed  economici  dell'anzianita'
maturata presso gli enti, previa contrattazione collettiva tra l'Aran
e  le organizzazioni sindacali rappresentative del comparto scuola ed
enti  locali  ai sensi dell'art. 34 d.lgs. n. 29/1993 e dell'art. 47,
legge  n. 428/1990. Gli inquadramenti stipendiali verranno realizzati
con decreti disposti dai Provveditorati agli studi».
    L'accordo  Aran/OO.SS. del 20 luglio 2002 - recepito con d.m. del
05  aprile  2001  - ha stabilito che al personale di cui all'accordo,
pur  nella prosecuzione ininterrotta del relativo rapporto di lavoro,
cessa di applicarsi a decorrere dal 1° gennaio 2000 il Ccnl 1° aprile
1999 di regioni ed autonomie locali e dalla stessa data si applica il
Ccnl della scuola.
    L'art. 3   comma  1,  riferendosi  al  personale  transitato  dal
Comparto  regioni  e  autonomie  locali  al  Comparto  scuola ex lege
n. 124/1999  ha previsto che «ai suddetti dipendenti viene attribuita
la posizione stipendiale, tra quelle indicate nell'allegata tabella B
di   importo  pari  o  immediatamente  inferiore  al  trattamento  in
godimento al 31 dicembre 1999».
    In  tale  quadro normativo e' intervenuta la recente disposizione
di  cui  al  comma  218  dell'art. 1  della  legge n. 266/2005 del 23
dicembre 2005 che ha disposto che «il comma 2 dell'art. 8 della legge
3 maggio 1999, n. 124, si interpreta nel senso che il personale degli
enti  locali  trasferito  nei  ruoli  del  personale  amministrativo,
tecnico  ed  ausiliario (ATA) statale e' inquadrato, nelle qualifiche
funzionali  e  nei  profili  professionali  dei  corrispondenti ruoli
statali,   sulla   base  del  trattamento  economico  complessivo  in
godimento   all'atto  del  trasferimento,  con  l'attribuzione  della
posizione  stipendiale  di importo pari o immediatamente inferiore al
trattamento  annuo  in  godimento al 31 dicembre 1999 costituto dallo
stipendio,  dalla  retribuzione  individuale di anzianita' nonche' da
eventuali   indennita',   ove   spettanti,   previste  dai  contratti
collettivi nazionali di lavoro del comparto degli enti locali vigenti
alla  data  dell'inquadramento.  L'eventuale differenza tra l'importo
della  posizione  stipendiale di inquadramento e il trattamento annuo
in  godimento  al  31  dicembre  1999,  come  sopra  indicato,  viene
corrisposta  ad personam e considerata utile, previa temporizzazione,
ai  fini del conseguimento della successiva posizione stipendiale. E'
fatta salva l'esecuzione dei giudicati formatisi alla data di entrata
in vigore della presente legge.».
    Appare  evidente  come  con  tale intervento il legislatore abbia
modificato radicalmente i termini giuridici della questione incidendo
in  modo  sostanziale  sulla  portata  applicativa  della  precedente
normativa.
    La  norma  infatti,  pur facendo salva l'esecuzione dei giudicati
formatisi   alla  data  della  sua  entrata  in  vigore,  ha  portata
retroattiva,   in   sintonia   con   il   carattere   dichiaratamente
interpretativo della stessa.
    Essa  dunque  deve  essere  applicata ai giudizi in corso - quale
quello  in  oggetto  -  gia'  pendenti alla data di entrata in vigore
della  legge,  incontrando  quale  unico  limite  la  formazione  del
giudicato, ed assume quindi valore rilevante ai fini del decidere.
    Occorre   brevemente  ricordare  come  sulla  base  della  oramai
consolidata  interpretazione  dell'art. 8  della  legge  n. 124/1999,
(cfr.   ex   multis   Cass.  nn. 3224/2005,  3225/2005,  7747/2005  e
18829/2005)  cui  questo  giudicante  ha  gia' in diverse circostanze
aderito,  il  diritto  del  personale Ata al riconoscimento integrale
della  anzianita'  maturata  sotto  il  profilo non solo del maturato
economico  ma  anche  di  quello  giuridico  sia  stato uniformemente
riconosciuto dalla giurisprudenza.
    Diversamente  l'applicazione  dell'art. 1,  comma 218 della legge
n. 266/2005  determinerebbe,  senza  possibilita'  alcuna di difforme
interpretazione, il rigetto della domanda.
    Appare  dunque chiara in tutta la sua evidenza la rilevanza della
questione di costituzionalita' sollevata.
    Quanto  al  profilo  della  non manifesta infondatezza si osserva
invece  come  lo stesso vada ravvisato, ad avviso del rimettente, non
tanto  nel  profilo  di  irragionevolezza  della  norma  quanto nella
violazione  del  principio di affidamento dei cittadini alla certezza
dei  rapporti  giuridici  ed  in  ultima  analisi  del  diritto ad un
retribuzione  proporzionata  alla  qualita'  e  quantita'  del lavoro
prestato secondo il disposto dell'art. 36 della Costituzione.
    Si  osserva infatti in via preliminare come la norma in esame non
abbia natura interpretativa bensi' innovativa dell'ordinamento.
    Ritiene  questo  giudicante di pervenire a questa conclusione non
tanto  alla  luce  delle  osservazioni relative alla assenza di dubbi
interpretativi  nelle  numerose  controversie  insorte  in  tutto  il
territorio  nazionale,  potendosi  diversamente  opinare che il comma
secondo  dell'art. 8 nella sua previsione letterale di riconoscimento
dell'anzianita'  giuridica ed economica volesse comunque rinviare per
la  fase  applicativa  anche  delle  modalita'  giuridiche e non solo
temporali  del  passaggio  (vedi  comma 4) ai decreti ministeriali di
attuazione.
    Prospettando un siffatto dubbio interpretativo si potrebbe quindi
con  forza sostenere la necessita' di una norma interpretativa, volta
anche   a   sostenere,   come   argomentato   dalla   difesa  tecnica
dell'Avvocatura  dello Stato, un significato della norma in linea con
la  sua  copertura finanziaria ai sensi dell'art. 81 Cost., stabilita
dal  quinto  comma dell'art. 8 della legge n. 124/1999 nei limiti del
risparmio  per  lo Stato derivante dalla cessazione dei trasferimenti
agli  enti  locali  nella  misura  prevista  per  l'attribuzione  dei
trattamenti retributivi di specie.
    Quel  che osta pero', ad avviso del rimettente, al riconoscimento
della   natura   interpretativa  della  norma  e'  la  sua  modalita'
espressiva  che,  con  maldestra  operazione tecnico-legislativa, non
fornisce  un  significato  alla  norma interpretata ma ne sostituisce
integralmente  il  contenuto  recependo in toto quello previsto dalle
norme regolamentari emanate in precedenza in materia.
    Appare   evidente   l'intento   del  legislatore,  che  mosso  da
considerazioni  di  natura  economica  e  di  pubblico  bilancio, per
aggirare    il   senso   delle   critiche   riscontrate   in   ambito
giurisprudenziale,  ha  voluto  fornire  una  veste  formale di norma
primaria  alle previsioni prima espresse con norme secondarie in modo
tale  da  consentire  alle stesse di derogare ai principi generali in
materia  ed  in  particolare  al  disposto  dell'art. 31  del  d.lgs.
n. 165/2001,  richiamato  dalle  numerose  decisioni  della  Corte di
cassazione in senso sfavorevole alla amministrazione dello Stato.
    Non  puo'  definirsi  dunque  interpretativa,  nonostante  la sua
proclamata  intestazione,  una  norma  che  non indica il senso della
norma interpretata ma ne sostituisce integralmente il disposto.
    Pur  non  risultando  la norma avere natura interpretativa bensi'
innovativa  dell'ordinamento,  indiscusso  resta  pero' il suo valore
dichiaratamente retroattivo.
    E'  noto  come  la  irretroattivita'  della  norma  sia  garanzia
assicurata  dalla  Carta  costituzionale  nella sola materia penale e
dunque alcuna censura di illegittimita' puo' rilevarsi sul punto.
    Per  quanto riguarda poi diritti di natura economica, come quelli
in  oggetto,  non  e' dato desumere una particolare protezione contro
l'eventualita'  di  norme  retroattive  (vedi  Corte  cost.  sentenza
n. 153/1994).
    Quanto  alla  ragionevolezza  della  previsione, indubbiamente le
sottese   esigenze   di   tutela   del   pubblico  bilancio  appaiono
giustificare  una  scelta legislativa volta a restringere il campo di
applicazione di una norma.
    Occorre pero' analizzare il profilo della tutela dell'affidamento
dei   cittadini  alla  sicurezza  giuridica,  che,  come  insegna  la
giurisprudenza  della Corte, costituisce un essenziale elemento dello
Stato di diritto (vedi sentenza n. 446/2002).
    In  linea  generale  puo'  affermarsi  che  tale diritto non puo'
essere leso da disposizioni retroattive che trasmodino in regolamento
irrazionale  di  situazioni  giuridiche  sostanziali fondate su leggi
anteriori.
    Nella  fattispecie  esaminata  in sentenza n. 446/2002 il Giudice
delle  leggi rigettava la questione di costituzionalita', proposta in
materia  previdenziale, ricordando al remittente la facolta' concessa
al legislatore di introdurre in materia disposizioni piu' restrittive
rispetto a situazioni giuridiche gia' consolidate.
    Nella  fattispecie oggi in esame pero', esclusa per i motivi gia'
visti  la  natura  interpretativa della norma, deve rilevarsi come la
norma  in  esame  non  sia  intervenuta  a  modificare  in  modo piu'
restrittivo  un  diritto  gia'  consolidato bensi' a regolamentare ex
novo il passaggio del personale Ata dagli enti locali allo Stato gia'
interamente  compiutosi  sotto  l'impero della norma ratione temporis
vigente.
    Con  la  modifica  legislativa  introdotta  una norma che ha gia'
consumato  i suoi effetti una tantum verrebbe implicitamente abrogata
e,  salvo  per  i  casi  gia'  passati  in giudicato, privata di ogni
efficacia   giuridica   mentre   la   fattispecie  concreta  verrebbe
sottoposta a nuova disciplina.
    Si  ritiene  che  tale  modus legiferandi produca un indubitabile
vulnus   al   surricordato  principio  della  certezza  dei  rapporti
giuridici  creando  peraltro  una  evidente  disparita'  tra soggetti
sottoposti alla stessa situazione sostanziale soltanto in conseguenza
dell'aleatorio svolgersi dei tempi processuali.
    Infine  appare  opportuno  ricordare  come  l'art. 8  della legge
n. 124/1999,  secondo  la  costante  interpretazione  della  Corte di
cassazione,  abbia  stabilito  in  modo  conforme  a  quanto disposto
dall'art. 31  del  d.lgs.  n. 165/2001 e dall'art. 2112 c.c., come il
personale   de   quibus  agitur  avesse  diritto  ad  un  trattamento
retributivo  rapportato  ad  un  parametro  contrattuale del comparto
pubblico  che tenesse conto di tutti gli anni di servizio svolti alle
dipendenze  degli  enti  locali. Tale parametro contrattuale, come e'
noto,  costituisce valore di riferimento per l'art. 36 Cost. e per la
definizione  di  retribuzione proporzionata alla qualita' e quantita'
del lavoro prestato.
    Con  la norma sopravvenuta il legislatore ha dunque modificato in
peius  in  modo retroattivo tale parametro intaccando il diritto alla
retribuzione gia' consolidatosi in capo al personale transitato dagli
enti pubblici allo stato, violando quindi in ultima istanza lo stesso
art. 36  della Carta costituzionale. Per i profili esposti si ritiene
la  non  manifesta  infondatezza della questione di costituzionalita'
della norma in esame.