LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE

    Ha  emesso  la  seguente,  ordinanza,  sul  ricorso  n. 2896/2005
depositato   il   6 giugno   2005   avverso   Atto  di  contestazione
n. 20/1124/F smalt. rifiuti 2000;
    Contro  Regione  Puglia  difeso  da: Romano Avv. Michelangelo c/o
Uffici  regionali viale Unita' d'Italia n. 24/C - 70100 Bari proposto
dal  ricorrente:  Mandeco-soc.  cons. a r.l. via G. Casalino n. 103 -
70019 Triggiano (Ba) difeso da: Damascelli avv. Antonio via Putignani
n. 210  -  70100  Bari  e da: Perchinunno avv. Mariapia via Putignani
n. 210 - 70100 Bari.
    La commissione esaminato il ricorso n. 2896/05 R.G.R. prodotto in
data  6 giugno  2005 da Mandeco soc. cons. a r.l., con sede legale in
Triggiano  (Bari)  alla via Casalino n. 103, in persona del suo l. r.
pro tempore, signor Longone Angelo, avverso: a) atto di contestazione
prot.  n. 20/1382/F  del  25 maggio  2004  per  omesso versamento del
tributo  speciale per deposito in discarica ex art. 3, comma 24 legge
n. 549/1995  e  art. 1  legge regionale n. 5/1997 relativo al 2° e 3°
trimestre  anno  2000  e  successivo:  b)  atto  irrogazione sanzioni
pecuniarie,  interessi  legali e spese di notifica prot. n. 20/1124/F
del  25 marzo  2005  per  omesso  nonche'  per  ritardato  versamento
predetto tributo speciale per deposito in discarica di cui al primo e
quarto  trimestre  stesso  anno  2000,  per  un totale di complessivi
Euro 1.428.228,34;  esaminato  l'atto  datato 18 ottobre 2005 con cui
l'ente   impositore  (Regione  Puglia)  si  costituiva  nel  presente
giudizio  contestando  le  eccezioni  avversarie  quanto  al presunto
difetto  di  motivazione  dell'atto impugnato, di incostituzionalita'
dei   punti   2-3-4   dell'avverso   prefato  ricorso  e  conseguente
opposizione  alla  richiesta  di  trasmissione  degli atti alla Corte
costituzionale e di sospensione degli atti impugnati, concludendo per
il rigetto del ricorso e vittoria delle spese di lite; - esaminata la
memoria  aggiuntiva  di  parte ricorrente depositata in Segreteria in
data 16 novembre 2005 ed acquisita agli atti del presente giudizio; -
esaminata  la  documentazione versata in atti e sciolta la riserva di
cui al verbale di udienza del 3 aprile 2006:

                            O s s e r v a

    Fatto:  in  data  25 maggio  2004  e 25 marzo 2005 l'Ente Regione
Puglia   -   Assessorato  bilancio  finanze  ragioneria  -  in  plico
raccomandato  ed  a  mezzo  servizio  postale  notificava  al  legale
rappresentante  della  odierna ricorrente i prefati due distinti atti
impositivi,  sub  a)  e  b)  e  per  la  causale  di cui in premessa,
chiedendo  il  pagamento  di  complessivi  Euro 1.428.228,34 oltre le
spese  di  lite.  A  tanto  insorgeva  parte  ricorrente  eccependo e
deducendo:  1) difetto  di  motivazione  di  entrambi  i prefati atti
impugnati;  2)  -  contrasto  dell'art. 7,  comma 2  -  decreto-legge
30 settembre  2003,  n. 269, convertito nella legge 24 novembre 2003,
n. 326, con gli artt. 25-23-41 e 42 della Costituzione nonche' con il
principio   di   irragionevolezza  in  riferimento  all'art. 3  detta
Costituzione.   Eccepiva   e   deduceva,  inoltre,  parte  ricorrente
l'illegittimita'  costituzionale del citato art. 7 anche in relazione
all'art. 77 della Costituzione e piu' precisamente rilevava che se e'
vero,  come  e'  vero,  che:  «Le sanzioni amministrative relative al
rapporto   fiscale  proprio  di  societa'  o  enti  con  personalita'
giuridica  sono  esclusivamente  a  carico  della persona giuridica.»
(art. 7,   comma 1   citato   d.l.)  e'  altrettanto  vero  che:  «Le
disposizioni  del  comma 1  si  applicano  alle violazioni non ancora
contestate  o  per  le  quali la sanzione non sia stata irrogata alla
data  di  entrata  in  vigore del presente decreto.» (art. 7, comma 2
citato  d.l. pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 229/2 ottobre 2003).
Orbene, parte ricorrente, nel caso in esame, contesta la legittimita'
di  efficacia  retroattiva  della disposizione ex art. 7, comma 2 del
d.l.  n. 269/2003  all'anno  della  commessa  violazione (anno 2000),
epoca in cui la responsabilita' aveva carattere individuale in quanto
riferita  all'agente  materiale. Consegue, allora, che l'applicazione
retroattiva  della  sanzione,  per  fatti risalenti ad una situazione
temporale  caratterizzata diversamente dai principi di individualita'
ed  esclusivita',  e' in netto contrasto con l'art. 25, comma 2 della
Costituzione  che cosi' recita: «Nessuno puo' essere punito se non in
forza  di  una  legge  che  sia  entrata  in  vigore  prima del fatto
commesso».   Quindi,   la  indubbia  natura  penalistica  del  d.lgs.
n. 472/1997   ha   reso   il   sistema  sanzionatorio  amministrativo
perfettamente   compatibile   ed   integrato   con   l'art. 25  della
Costituzione  con  la  naturale  ovvia  conseguenza  che ogni diversa
successiva  costruzione non puo' che porsi in contrasto con la citata
norma  costituzionale  nella  misura in cui deroga al principio della
irretroattivita' della legge ivi prevista. Altresi', la previsione di
retroattivita'  della  sanzione,  come nel caso in esame, a carico di
enti  per  fatti  anteriori  all'entrata  in vigore del citato art. 7
(Gazzetta Ufficiale n. 229 del 2 ottobre 2003) contrasterebbe, a dire
di  parte  ricorrente,  anche  con  gli  articoli 23-41 e 42 Cost. in
quanto  la  previsione  dell'art. 23, secondo cui nessuna prestazione
patrimoniale  puo'  essere  imposta se non per legge, si riflette nel
principio  dell'affidamento e della prevedibilita' costituzionalmente
protetti,   in   modo  che  la  legge  che  imponga  una  prestazione
patrimoniale  debba  precedere  nel  tempo  i  suoi effetti nonche' i
riflessi  della disciplina nella sfera patrimoniale del contribuente.
Alla   retroattivita'   della  legge  concorrerebbero  due  limiti  e
precisamente: a) uno di carattere soggettivo: consistente nel diritto
quesito  nel  senso  che  la  nuova  disciplina  non  potra' incidere
negativamente   su   i  diritti  gia'  acquisiti  al  pattiniomo  del
contribuente  avendo  questi pianificato il proprio programma sicche'
la  modificazione  della disciplina normativa che produca nuovi oneri
frusterebbe  la  sua  autonomia  decisionale e l'affidamento verso la
P.A.; b) uno di carattere oggettivo: consistente nell'esaurimento del
fatto compiuto nel senso che la nuova norma, qualora avesse efficacia
retroattiva,  non  potrebbe  estendere la sua efficacia a fattispecie
gia' definite e concluse (Cass. 21 giugno 1993 n. 6864). Non solo, ma
la  questione di incostituzionalita' come sollevata si manifesterebbe
ugualmente  rilevante  anche  se  la  retroattivita' censurata avesse
natura  non  autentica  in  relazione  ad  una  situazione non ancora
conclusasi  nel  senso  che il termine quinquennale per l'irrogazione
della  sanzione  era ancora in corso anche nel caso in cui si volesse
collegare  il  giudizio  di  definitivita'  non gia' alla fattispecie
commissiva  od omissiva che ha dato origine alla violazione bensi' al
rapporto  d'imposta  nascente  con la violazione ed esauritesi con la
contestazione entro la data di scadenza del termine quinquennale.
    La mancata tutela dell'affidamento, poi, confliggerebbe, sempre a
dire  di parte ricorrente, con gli artt. 41 e 42 Cost., non potendosi
ritenere  l'iniziativa  economica  e  la  proprieta'  privata beni di
secondo ordine rispetto alla liberta' personale.
    Infine,  la  disposizione  ex  art. 7,  comma 2 citato sarebbe in
contrasto  col  principio di ragionevolezza in quanto essa vincola la
sanzione  a  carico dell'ente con riguardo alle violazioni non ancora
contestate  o  per le quali la sanzione non sia stata ancora irrogata
alla  data di entrata in vigore (26 novembre 2003) della citata legge
n. 326/2003  di  modifica  del  d.l. n. 269/2003. La norma, pertanto,
pone  un  discrimine  temporale  riconducibile  a  sua  volta a fatto
discrezionale  dell'ente  creditore,  nel  caso  in  esame la Regione
Puglia,  non  vincolato  nel  tempo se non all'osservanza del termine
finale  di  decadenza  ex art. 20, commi 1 del d.lgs. n. 472/1997 che
cosi'  recita:  «L'atto  di  contestazione di cui all'art. 16, ovvero
l'atto  di irrogazione, devono essere notificati, a pena di decadenza
entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello...».
    Consegue,  allora,  che  l'imputazione  della  sanzione  a carico
dell'ente,  come  nel  caso che ci occupa, dipende esclusivamente non
gia'  da  un  presupposto giuridico predeterminato o specificatamente
individuato,  ne'  da  un  fatto  collocato  in un determinato ambito
temporale,  bensi'  dall'iniziativa, che puo' essere o non tempestiva
e,  dunque,  arbitraria, dell'ente creditore. Con derivata disparita'
di trattamento anche di ricaduta sulla pianificazione fiscale, di cui
e'  cenno  sopra,  a  seconda  che  alla  data  di  entrata in vigore
(26 novembre   2003)   della   legge  n.326/2003,  quella  iniziativa
(riconducibile  alla  volonta'  del  funzionario), sia stata posta in
essere.  E' come dire, a mo' di esempio, che a fronte di due societa'
all'interno delle quali siano state commesse violazioni risalenti nel
tempo  e,  comunque,  nell'arco  temporale del quinquennio non ancora
scaduto  all'entrata in vigore della citata legge, possono aversi due
differenti situazioni o trattamenti di regime sanzionatorio a seconda
della celerita' messa in opera da parte dell'impiegato o dell'addetto
dell'ufficio  dell'ente  creditore.  Ed in proposito parte ricorrente
insiste   e   rileva   come  il  principio  della  ragionevolezza  e'
affiancato,  nel  pensiero  della  Corte  costituzionale (vedi: sent.
155/90  -  380/1990  -  187/1981), da quello di certezza del diritto,
cardine    della    convivenza    sociale    nonche'   della   tutela
dell'affidamento assicurando a situazioni uguali identiche disciplina
e  trattamento  e,  viceversa, a situazioni differenti un trattamento
differente  (Corte  cost.  sent.  n. 3/57  -  n. 28/57  -  n. 53/58 e
n. 80/69).  Pertanto,  nella previsione dell'art. 7, comma 2 del piu'
volte   citato   d.l.  n. 269/2003,  come  convertito  in  legge,  la
distinzione  tra sanzioni a carico della societa' e sanzioni a carico
della persona fisica, in funzione dell'iniziativa spontanea avviata o
meno   dall'ente   creditore,  poggerebbe  su  criteri  assolutamente
arbitrari   e,   dunque,  irragionevoli.  Concludeva,  dunque,  parte
ricorrente,  chiedendo  l'accoglimento  del  ricorso  come proposto e
rimessione  degli  atti  alla  cancelleria della Corte costituzionale
previa    dichiarazione    di    non    manifesta   infondatezza   di
incostituzionalita'   dell'art. 7,   comma 2   del   d.l.  n.269/2003
convertito  in  legge  n. 326/2003  (in  vigore dal 26 novembre 2003)
relativamente  ai  punti  nn. 2  e  3  di  cui  al ricorso perche' in
contrasto con gli artt. 3-23-25-41-42 e 77 della Costituzione e dello
stesso  citato  art. 7  relativamente  al  punto  n. 4 del ricorso in
contrasto con l'art. 77 della Costituzione.
    Diritto:  preliminarmente  va  subito  detto  che  il  difetto di
motivazione  degli  atti  impugnati come eccepito da parte ricorrente
non  appare  sussistere  in  quanto l'Ente impositore ha con assoluta
chiarezza evidenziato in detti atti l'iter logico-giuridico su cui ha
fondato  la  pretesa  fiscale  consentendo, senza ombra di dubbio, al
contribuente  il  corretto,  pronto  e  pieno  esercizio  del proprio
diritto di difesa.
    Rispetto  al merito, invece, questo Giudicante ritiene assorbente
la decisione in ordine alla dedotta incostituzionalita' della novella
legislativa   che,   relativamente  all'epoca  dei  fatti,  individua
nell'ente  persona  giuridica,  non piu' nel singolo autore materiale
dell'illecito  ovvero  nell'amministratore  quale  persona fisica, il
responsabile del pagamento del tributo.
    Ebbene,  partendo dall'esame di quanto dispone il predetto citato
art. 7,  commi 1 e 2, secondo cui le sanzioni amministrative relative
al  rapporto  fiscale  proprio  di  societa' o entri con personalita'
giuridica  sono  esclusivamente  a carico della persona giuridica con
esclusione, quindi, delle societa' di persone e delle persone fisiche
(comma 1),  subito  dopo  (comma 2  e' detto che «Le disposizioni del
comma 1  si  applicano alle violazioni non ancora contestate o per le
quali  la  sanzione  non  sia  stata irrogata alla data di entrata in
vigore del presente decreto» (in vigore dal 26 novembre 2003 rispetto
all'anno  2000 epoca cui si riferisce il preteso tributo speciale per
deposito   in   discarica),  parte  ricorrente  evidenzia  la  palese
illegittimita'  di  detto  articolo  perche'  confligge con gli artt.
25-23-41-42 e 77 Cost. nonche' con l'art. 3 Cost.
    A  parere  di  questo  Giudicante  la questione come sollevata da
parte  ricorrente  in  ordine alla dedotta non manifesta infondatezza
costituzionale  e'  rilevante  nel caso in esame non essendo per vero
percorribili  interpretazioni  adeguatrici  della norma che conducano
alla  soluzione  della medesima questione in modo conforme al dettato
della  Costituzione  e  tanto sia sotto la individuazione del termine
(quinquennale)  sia  sotto  il profilo dell'an. In altri termini, non
sembra  a  questo Giudicante plausibile assegnare alla norma in esame
una   interpretazione   che  eviti  l'applicazione  della  disciplina
normativa  in  via  retroattiva  ovvero l'applicazione della sanzione
alla  odierna  ricorrente  per  violazioni contestate con riferimento
alla   annualita'   2000   quindi   precedente  l'entrata  in  vigore
(26 novembre   2003)   del  d.l.  n. 269/2003  come  conv.  in  legge
n. 326/2003.    Ecco    perche'    la    sollevata    questione    di
incostituzionalita' del citato art. 7 commi 1 e 2 appare fondatamente
rilevante in quanto la sua applicazione in via retroattiva colpirebbe
la  persona  giuridica in violazione delle norme assunte a parametro.
Ritiene,  pertanto, questo Giudicante, che nel merito la questione di
incostituzionalita',   come   sollevata   da   parte  ricorrente,  e'
ammissibile e non manifestamente infondata e cosi' pure fondato e' il
principio  della ragionevolezza ex art. 3 Cost., in uno alla certezza
del  diritto,  cui  contrasta la disposizione dell'art. 7, comma 2 in
quanto  introduce  la  disciplina  retroattiva  della responsabilita'
sanzionatoria  in capo alla societa' in violazione di quanto, invece,
prevede  l'ordinamento  tributario  in tema di irretroattivita' della
legge  tributaria  dovendosi assicurare a situazioni identiche uguali
disciplina   e   trattamento-mentre   a   situazioni   differenti  un
trattamento   differente.   Inoltre,   va   pure   detto  come  nella
giurisprudenza    della    Corte   costituzionale   il   divieto   di
retroattivita'  della  legge,  pur  costituendo  valore  di  civilta'
giuridica  e  principio  generale  dell'ordinamento giuridico, non e'
stato   elevato   a   dignita'   costituzionale  (Corte  cost.  sent.
n. 229/1999),  fatta  eccezione  della previsione relativa alla legge
penale    contenuta    nell'art. 25   Cost.   Tuttavia,   la   stessa
giurisprudenza   della   Corte   (Sent.   n. 416/1999)  subordina  la
emanazione  di  leggi  retroattive,  fuori della materia penale, alla
condizione  che  la retroattivita' trovi adeguata giustificazione sul
piano  della  ragionevolezza  e  non  si ponga in contrasto con altri
valori  ed  interessi costituzionalmente protetti. In conclusione, la
retroattivita'  della  responsabilita'  dell'ente  a  fatti pregressi
all'entrata   in  vigore  del  d.l.  n. 269/2003  conv.  nella  legge
n.326/2003  viola  l'art. 25  della  Costituzione  atteso  lo  stampo
penalistico  della disciplina sanzionatoria amministrativa del d.lgs.
n. 472/1997  su  cui ha inciso il richiamato art. 7, senza, peraltro,
mutarne la natura.
    Sussiste,  ancora,  come  gia'  avanti  precisato,  il  contrasto
dell'art. 7, comma 2 del d.l. n.269/2003 conv. nella legge n.326/2003
con  l'art. 23  e  77  Cost.:  a)  in  quanto (art. 23 Cost.) nessuna
prestazione  patrimoniale  puo'  essere  imposta  se non in base alla
legge,  questa  non  intesa  come  legge che abbia la efficacia della
retroattivita'  bensi'  per  il  principio  dell'affidamento  e della
prevedibilita'  costituzionalmente protetti. La legge che imponga una
prestazione  patrimoniale  deve  precedere  nel  tempo i suoi effetti
nonche'  i  riflessi  della  disciplina  nella sfera patrimoniale del
contribuente;  b)  in  quanto la norma denunciata e' stata introdotta
nell'ordinamento   con  lo  strumento  del  decreto  legge  sia  pure
convertito,  come  nel  caso  in esame, verosimilmente per una scelta
politica,  capovolgendo  i  criteri  di  imputazione  della  sanzione
amministrativa  spostandoli dalla figura soggettiva dell'autore della
violazione in favore del beneficiario della stessa violazione.
    Pertanto,  alla luce di tutto quanto fin qui esposto e precisato,
questo Giudicante ritiene fondato il ricorso in ordine alla questione
assorbente,  rispetto  al merito, della manifesta non infondatezza di
tutte  le  eccezioni  di  incostituzionalita' come sollevate da parte
ricorrente con il proprio prefato ricorso.