ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel giudizio di legittimita' costituzionale della legge della Regione
Friuli-Venezia   Giulia   6 maggio   2005,  n. 11  (Disposizioni  per
l'adempimento  degli  obblighi  della  Regione  Friuli-Venezia Giulia
derivanti   dall'appartenenza  dell'Italia  alle  Comunita'  europee.
Attuazione  della  direttiva  2001/42/CE, della direttiva 2003/4/CE e
della  direttiva  2003/78/CE. Legge comunitaria 2004), pubblicata nel
Bollettino   Ufficiale   della  Regione  n. 19  dell'11 maggio  2005,
promosso  con  ricorso  del  Presidente  del  Consiglio dei ministri,
notificato  l'8 luglio  2005,  depositato in cancelleria il 14 luglio
2005 ed iscritto al n. 70 del registro ricorsi del 2005.
        Visto  l'atto  di  costituzione  della Regione Friuli-Venezia
Giulia;
        Udito  nell'udienza  pubblica  del 7 novembre 2006 il giudice
relatore Gaetano Silvestri;
        Uditi   l'Avvocato  dello  Stato  Maurizio  Fiorilli  per  il
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  e  l'avvocato Giandomenico
Falcon per la Regione Friuli-Venezia Giulia.

                          Ritenuto in fatto

        1.  -  Con ricorso notificato l'8 luglio 2005 e depositato il
14 luglio   2005,   il   Presidente   del   Consiglio  dei  ministri,
rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato, ha
promosso  questione  di legittimita' costituzionale della legge della
Regione  Friuli-Venezia Giulia 6 maggio 2005, n. 11 (Disposizioni per
l'adempimento  degli  obblighi  della  Regione  Friuli-Venezia Giulia
derivanti   dall'appartenenza  dell'Italia  alle  Comunita'  europee.
Attuazione  della  direttiva  2001/42/CE, della direttiva 2003/4/CE e
della  direttiva  2003/78/CE. Legge comunitaria 2004), pubblicata nel
Bollettino  Ufficiale  della  Regione  n. 19  dell'11 maggio 2005, in
riferimento agli artt. 4, 5 e 6 della legge costituzionale 31 gennaio
1963,  n. 1  (Statuto  speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia),
all'art. 117,  primo  comma, secondo comma, lettere r) e s), e quinto
comma,  della  Costituzione,  ed  all'art. 16  della legge 4 febbraio
2005,  n. 11  (Norme  generali  sulla  partecipazione  dell'Italia al
processo   normativo   dell'Unione   europea  e  sulle  procedure  di
esecuzione degli obblighi comunitari).
        Il   ricorrente   premette  che,  pur  non  disconoscendo  la
competenza  delle  Regioni  e  delle  Province autonome a recepire le
direttive  comunitarie, il rispetto delle attribuzioni costituzionali
di  Stato  e  Regione  deve  essere  valutato  in relazione al limite
contenuto  nel  primo  comma  dell'art. 117  Cost., che, «in aderenza
all'obbligo    di   armonizzazione   derivante   dalla   appartenenza
dell'Italia   alla   Unione   europea,  impone  la  necessita'  della
valutazione  degli  interessi  unitari che discendono dalla finalita'
della  normativa  comunitaria  da  recepire».  In  questa prospettiva
andrebbe interpretato anche quanto stabilito dall'art. 16 della legge
statale n. 11 del 2005.
        Invece,  ad  avviso  del  Presidente  del Consiglio, la legge
regionale  impugnata non avrebbe tenuto conto delle suddette esigenze
unitarie,  recependo  direttive  il cui procedimento di attuazione da
parte  del  legislatore  statale  si  e'  gia'  concluso  o  sta  per
concludersi.
        1.1.  -  Con  riguardo  allo  specifico contenuto della legge
impugnata,  il  ricorso  governativo  rileva, preliminarmente, che la
disciplina  prevista  nei Capi I e II, essendo attinente alla materia
ambientale,  non  rientrerebbe nella competenza regionale di cui agli
artt. 4,  5  e  6 dello statuto speciale della Regione Friuli-Venezia
Giulia.
        1.2.  -  In  particolare,  il  Capo I  della  legge impugnata
(artt. 2-12),  recependo  la  direttiva 2001/42/CE del 27 giugno 2001
(Direttiva  del  Parlamento  europeo  e  del Consiglio concernente la
valutazione   degli   effetti   di   determinati  piani  e  programmi
sull'ambiente), violerebbe la competenza esclusiva dello Stato di cui
all'art. 117,  secondo  comma,  lettera s),  Cost.  L'attinenza della
normativa citata alla materia della tutela dell'ambiente risulterebbe
particolarmente   evidente  dalla  lettura  degli  obiettivi  fissati
dall'art. 1 della medesima direttiva (garanzia di «un elevato livello
di   protezione  dell'ambiente»  e  integrazione  di  «considerazioni
ambientali  all'atto  dell'elaborazione  e  dell'adozione  di piani e
programmi  al  fine di promuovere lo sviluppo sostenibile»). Siffatti
obiettivi,  a detta del ricorrente, costituiscono «standard di tutela
la  cui  fissazione  e'  riservata allo Stato nel suo ruolo di organo
deputato  alla cura di interessi di natura necessariamente unitaria»;
pertanto,    non   sarebbe   consentito   «un   intervento   (nemmeno
"sostitutivo"  in  sede  di  recepimento, come nel caso in esame) del
legislatore regionale».
        Secondo  la  difesa  erariale,  quindi,  risulterebbe violato
anche  l'art. 117,  quinto  comma,  Cost.,  che  abilita le Regioni a
provvedere  all'attuazione  delle  direttive  comunitarie  nelle sole
«materie di loro competenza», e l'art. 16 della legge n. 11 del 2005.
        Il Presidente del Consiglio rileva, inoltre, che con l'art. 1
della  legge 18 aprile 2005, n. 62 (Disposizioni per l'adempimento di
obblighi   derivanti  dall'appartenenza  dell'Italia  alle  Comunita'
europee.  Legge  comunitaria  2004),  il Governo e' stato delegato ad
adottare  i  decreti  legislativi  per  l'attuazione  di una serie di
direttive,  fra  cui  la  2001/42/CE, recepita dal Capo I della legge
regionale impugnata.
        Successivamente  alla  proposizione  del presente ricorso, e'
stato  emanato il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in
materia ambientale) che da' attuazione alla direttiva in parola.
        1.3.  - Considerazioni in parte analoghe valgono, a detta del
ricorrente, anche per il Capo II della legge impugnata (artt. 13-15),
che  attua  la direttiva 2003/4/CE del 28 gennaio 2003 (Direttiva del
Parlamento   europeo   e  del  Consiglio  sull'accesso  del  pubblico
all'informazione  ambientale  e  che  abroga  la direttiva 90/313/CEE
del Consiglio).  La  pertinenza della normativa in esame alla materia
della  tutela dell'ambiente sarebbe «fuor di dubbio»; obiettivo della
normativa  comunitaria  de  qua  e', infatti, quello di «garantire il
diritto   di   accesso  all'informazione  ambientale  detenuta  dalle
autorita' pubbliche».
        Anche   in   questo  caso,  pertanto,  il  recepimento  della
direttiva in parola spetterebbe allo Stato, trattandosi di materia di
sua  esclusiva  competenza, con conseguente violazione dell'art. 117,
secondo  comma,  lettera s),  e  quinto  comma, Cost. Al riguardo, la
difesa  erariale  segnala che il Governo ha predisposto una schema di
decreto  legislativo attuativo della direttiva 2003/4/CE; il suddetto
testo,  successivamente  alla  proposizione  del presente ricorso, e'
stato approvato definitivamente dal Consiglio dei ministri ed emanato
con  il  decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195 (Attuazione della
direttiva   2003/4/CE   sull'accesso  del  pubblico  all'informazione
ambientale).
        Sarebbe    inoltre   violato   l'art. 117,   secondo   comma,
lettera r),   Cost.,  a  causa  della  «contiguita»  della  normativa
impugnata  con la materia del «coordinamento informativo statistico e
informatico   dei  dati  dell'amministrazione  statale,  regionale  e
locale», di cui alla norma costituzionale citata.
        1.4.  -  Infine,  la  difesa  dello Stato censura il Capo III
della  legge regionale impugnata (artt. 16-17), con il quale e' stata
recepita la direttiva 2003/78/CE dell'11 agosto 2003 (Direttiva della
Commissione  relativa  ai metodi di campionamento e di analisi per il
controllo  ufficiale dei tenori di patulina nei prodotti alimentari).
In proposito, il ricorrente rileva che la direttiva in parola e' gia'
stata  attuata  con  il decreto del Ministro della Salute 17 novembre
2004  (Recepimento  della  direttiva  2003/78/CE  dell'11 agosto 2003
della  Commissione,  relativa ai metodi di campionamento e di analisi
per  il  controllo  ufficiale  dei  tenori  di  patulina nei prodotti
alimentari)  e che  «trattasi  di  normativa  tecnica [la quale], per
definizione,  soddisfa  ad  esigenze unitarie a tutela della salute e
del commercio».
        La  difesa  erariale conclude ritenendo che il Capo III della
legge  impugnata  violi  l'art. 117,  primo  e quinto comma, Cost., e
l'art. 16   della   legge  n. 11  del  2005,  «da  considerare  norma
interposta».
        2.  -  Con  atto  depositato  il  26 luglio  2005, la Regione
Friuli-Venezia  Giulia si e' costituita in giudizio, chiedendo che il
ricorso  sia  dichiarato  inammissibile  ed infondato, per le ragioni
esposte con separata memoria nel corso del giudizio.
        3.  -  In data 2 maggio 2006 la Regione Friuli-Venezia Giulia
ha depositato una memoria con la quale insiste nelle conclusioni gia'
formulate nell'atto di costituzione.
        3.1.  -  In  particolare,  la  difesa  regionale,  dopo  aver
ricostruito  il  quadro delle competenze legislative e amministrative
della  Regione,  risultanti  dalle  norme  statutarie, precisa che la
direttiva  2001/42/CE,  attuata  dal  Capo I  della  legge impugnata,
incide  su  diverse  materie  di  competenza  regionale. Pertanto, la
Regione  Friuli-Venezia  Giulia  «aveva  il  potere  e  il  dovere di
recepire la direttiva comunitaria, salva la competenza statale per la
fissazione di standard minimi di tutela dell'ambiente». A detta della
stessa  difesa,  la  mancata  attuazione  della direttiva, che doveva
essere  recepita  dagli  Stati membri entro il 21 luglio 2004, per un
verso,   avrebbe   determinato   l'illegittimita'   sia  delle  norme
legislative  disciplinanti  i  piani oggetto di essa sia dei relativi
atti  amministrativi,  per  l'altro verso, avrebbe esposto la Regione
all'esercizio del potere sostitutivo statale.
        Peraltro,  la medesima direttiva, come ricorda la resistente,
e'  gia'  stata  attuata  dalla Regione Veneto con la legge 23 aprile
2004,  n. 11  (Norme  per  il  governo  del  territorio),  e le norme
relative  alla  valutazione  ambientale strategica (VAS) contenute in
quest'ultima legge non sono state impugnate dal Governo.
        La   difesa   regionale  esamina,  poi,  il  contenuto  delle
disposizioni    contenute   nel   Capo I   della   legge   impugnata,
soffermandosi in particolare sull'art. 2, in cui si stabilisce che le
disposizioni  contenute  nel  Capo I  danno  attuazione  alla  citata
direttiva «con riferimento alle materie di competenza regionale e nel
rispetto dei principi generali desumibili dalla medesima, nonche' dei
principi  e  criteri  direttivi  generali  contenuti  nella normativa
statale».
        La  Regione  Friuli-Venezia  Giulia sottolinea, inoltre, come
l'art. 12  della  legge  impugnata  contenga  una ulteriore «espressa
clausola  di salvaguardia della competenza statale», la' dove dispone
che  «le  disposizioni  contenute nel presente capo e nei regolamenti
attuativi    sono   adeguate   agli   eventuali   principi   generali
successivamente  individuati  dallo  Stato  nelle  proprie materie di
competenza esclusiva e concorrente di cui all'articolo 117, secondo e
terzo  comma,  della  Costituzione,  con  riferimento  alla direttiva
2001/42/CE»  e  che  «gli atti normativi statali di cui al comma 1 si
applicano,  in  luogo delle disposizioni regionali in contrasto, sino
alla   data  di  entrata  in  vigore  della  normativa  regionale  di
adeguamento».
        Pertanto,   secondo   la   resistente,   la  legge  regionale
impugnata, pur precisando che le norme sulla VAS riguardano i piani e
i  programmi  elaborati per settori attinenti a materie di competenza
primaria  o  concorrente della Regione (art. 3, comma 2, della stessa
legge),  con  le  norme di cui agli artt. 2 e 12 si e' preoccupata di
fare  salva la competenza statale, «nella consapevolezza che lo Stato
e' titolare di una funzione "trasversale" di tutela dell'ambiente».
        In merito alle singole censure, la difesa regionale prende le
mosse  dalla  presunta  violazione dell'art. 117, primo comma, Cost.,
che,   secondo   il   ricorrente,  imporrebbe  «la  necessita'  della
valutazione  degli  interessi  unitari che discendono dalla finalita'
della  normativa  comunitaria  da recepire». Ad avviso della Regione,
questa  censura  sarebbe, innanzitutto, manifestamente inammissibile,
in quanto, trattandosi di legge di una Regione a statuto speciale, lo
Stato  non  avrebbe argomentato la ragione per cui si debba applicare
una  norma  del  titolo  V  della  parte  seconda  della Costituzione
anziche' quelle statutarie.
        In  ogni caso, la predetta questione sarebbe anche infondata.
Al  riguardo,  la  Regione,  pur  ammettendo che in alcuni casi possa
essere necessaria un'attuazione unitaria delle direttive in deroga al
riparto costituzionale di competenza, rileva che tale necessita' deve
«derivare  con  evidenza  dalla  normativa comunitaria, sulla base di
esigenze  organizzative  che ragionevolmente facciano capo all'Unione
europea  stessa», come rilevato da questa Corte nella sentenza n. 126
del  1996.  Nel caso specifico della direttiva 2001/42/CE, l'esigenza
di  una attuazione unitaria non risulterebbe «in alcun modo»; d'altra
parte,  osserva  la  resistente,  il  ricorso  argomenta  le esigenze
unitarie  semplicemente  affermando  che  le  direttive  2001/42/CE e
2003/4/CE  attengono  alla materia ambientale, la quale presenterebbe
per  sua natura un carattere fortemente unitario. La censura sarebbe,
dunque,  anche  inammissibile per genericita', non essendo menzionata
alcuna  norma della direttiva 2001/42/CE da cui risulti l'esigenza di
attuazione unitaria.
        In merito alla presunta violazione degli artt. 4, 5 e 6 dello
statuto  speciale, la Regione, pur reputandola «l'unica ammissibile»,
ritiene   la   stessa   «palesemente  infondata»,  sottolineando,  in
proposito,  che  «e'  pacifico  ormai da decenni» che le Regioni, sia
ordinarie  sia speciali, possano dettare norme in materia ambientale.
Pertanto,  la  censura  statale  sarebbe  da  rigettare, in quanto il
ricorrente  si  e'  limitato  «ad  affermare  l'assenza di competenza
regionale   nella   materia  dell'ambiente,  affermazione  del  tutto
infondata».
        In   riferimento   alla  presunta  violazione  dell'art. 117,
secondo  comma,  lettera s),  Cost.,  la  difesa  regionale,  oltre a
rilevare   l'inammissibilita'   della   questione   per   la  mancata
indicazione  delle  ragioni in virtu' delle quali dovrebbe applicarsi
una  norma del titolo V della parte seconda della Costituzione ad una
Regione   a  statuto  speciale,  ritiene  che  la  stessa  sia  anche
infondata.  In  particolare,  la  resistente  contesta l'affermazione
contenuta  nel ricorso,  secondo cui la direttiva in esame fisserebbe
standard  uniformi  di  tutela;  essa, invece, a detta della Regione,
avrebbe  «carattere  procedurale»,  come  si  evincerebbe dal punto 9
della premessa della stessa direttiva.
        La  tutela  ambientale  nella  direttiva  in  parola sarebbe,
dunque,    «affidata    alla    valutazione   amministrativa,   senza
predeterminazione  di  soglie  e standard minimi», con la conseguenza
che l'attuazione della direttiva non ricadrebbe nell'ambito riservato
alla competenza statale.
        Qualora, invece, si ritenesse che la direttiva fissi standard
minimi  di  tutela,  la  resistente  ritiene che la Regione non debba
aspettare  l'attuazione  statale, «senza poter adottare medio tempore
norme che si adeguino alla direttiva e, dunque, senza poter adempiere
gli  obblighi  comunitari  nelle varie materie regionali incise dalla
direttiva».  In particolare, si rileva che lo Stato non ha provveduto
ad  attuare  la  detta  direttiva  e  che,  pertanto,  in mancanza di
standard  statali,  la sua attuazione da parte della Regione non puo'
implicare violazione di questi ultimi, che, come detto, non esistono.
        D'altronde,   proprio   perche'   la   tutela   dell'ambiente
costituisce  una  «funzione  spettante  a  Stato  e  Regioni», queste
«possono  senz'altro  attuare  direttive comunitarie che intervengano
nelle  materie regionali con finalita' di tutela dell'ambiente, nella
misura in cui non ledono la funzione statale di tutela uniforme».
        La Regione avrebbe quindi legittimamente dato attuazione alla
direttiva  2001/42/CE,  precisando che cio' avveniva «con riferimento
alle  materie  di  competenza  regionale  e nel rispetto dei principi
generali  desumibili  dalla  medesima, nonche' dei principi e criteri
direttivi  generali  contenuti nella normativa statale» (art. 2 della
legge  impugnata),  sancendo il dovere di adeguamento alle successive
norme  statali  adottate  nell'esercizio  delle rispettive competenze
(art. 12,   comma 1)   e   riconoscendo   il   diretto  vigore  delle
sopraggiunte norme statali (art. 12, comma 2).
        Proprio  in  relazione alla norma da ultimo citata, la difesa
regionale  osserva che mentre questa prevede l'immediata applicazione
delle norme statali, l'art. 50 del d.lgs. n. 152 del 2006 - attuativo
a  livello  statale  della  citata direttiva - dispone che le Regioni
adeguino  le  proprie  norme alle disposizioni statali in tema di VAS
entro  il  termine  di  centoventi  giorni  dalla  pubblicazione  del
presente  decreto e che, in mancanza di adeguamento, si applichino le
norme  statali.  Secondo  la resistente, quindi, il d.lgs. n. 152 del
2006  avallerebbe  l'esistenza  di discipline regionali in materia di
VAS e consentirebbe l'ulteriore applicazione di quelle discipline per
centoventi giorni.
        In  merito  alla censura fondata sull'art. 117, quinto comma,
Cost.,   la   difesa   regionale  afferma  che  la  sua  infondatezza
risulterebbe  da quanto sopra esposto, poiche' la Regione non avrebbe
legiferato «fuori materia».
        3.2.  -  Con  riferimento  alla presunta illegittimita' delle
norme  contenute  nel  Capo II  della legge impugnata, la resistente,
dopo  averne  illustrato  il  contenuto,  esamina  le diverse censure
prospettate nel ricorso dello Stato.
        Quanto  al  contrasto  con l'art. 117, primo comma, Cost., la
difesa  regionale richiama le argomentazioni gia' svolte in relazione
all'analoga  censura avanzata contro il Capo I della legge reg. n. 11
del  2005,  sia  in  relazione  alla  «duplice inammissibilita» della
questione  (per mancata motivazione sulla applicabilita' di una norma
del  titolo V della parte seconda della Costituzione ad una Regione a
statuto  speciale e per genericita' della censura), sia relativamente
alla sua infondatezza.
        Anche  per  quanto  concerne  la  presunta  violazione  degli
artt. 4,  5  e  6  dello statuto speciale, la difesa regionale rinvia
alle  argomentazioni  svolte  in  relazione al Capo I, nelle quali e'
stato  evidenziato  che  le  Regioni  sono  «pacificamente» dotate di
potesta' legislativa in materia ambientale.
        Inoltre,  a  detta  della  resistente, il Capo II della legge
impugnata  non attiene alla materia ambientale, sia perche' non tutte
le  «informazioni ambientali» hanno ad oggetto specifico l'ambiente -
ad  esempio,  l'art. 13,  comma 1, lettere c), e) e f) -, sia perche'
«l'ambiente  puo' essere l'oggetto delle informazioni di cui si vuole
garantire   la  conoscibilita',  ma  non  e'  l'oggetto  delle  norme
impugnate».
        Il  Capo II  della legge reg. n. 11 del 2005 sarebbe, invece,
attinente,  da un lato, alla materia dell'«ordinamento degli uffici e
degli  enti  dipendenti  dalla Regione» ed a quella dell'«ordinamento
degli  enti locali» (entrambe rientranti nella competenza legislativa
primaria  ai  sensi  dell'art. 4,  numeri  1  e  1-bis, dello statuto
friulano),  e,  dall'altro  lato,  tale  normativa  concernerebbe  la
«disciplina  dei  rapporti  tra privati e pubblica amministrazione in
relazione  all'azione  amministrativa  (in  particolare, in relazione
all'accesso  ed al diritto all'informazione), anch'essa di competenza
regionale  salva  la  determinazione  statale  dei livelli essenziali
delle prestazioni».
        La  competenza statale da ultimo richiamata, a sua volta, non
sarebbe  violata,  in  quanto la legge reg. n. 11 del 2005 fornirebbe
una  «tutela  piu' ampia» rispetto sia alla precedente legge 7 agosto
1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e
di diritto di accesso ai documenti amministrativi), sia al successivo
d.lgs. n. 195 del 2005.
        Sulla base delle suddette argomentazioni, la difesa regionale
conclude   per   l'infondatezza   della   questione  di  legittimita'
costituzionale.
        Qualora,  poi,  si ritenesse che le norme impugnate rientrino
nella  materia  «tutela  dell'ambiente», la resistente ritiene che si
debba escludere che esse incidano sulla competenza statale di dettare
standard  uniformi  di  tutela,  per  cui,  anche  in questo caso, la
censura sarebbe infondata.
        In  merito  alla  presunta  violazione dell'art. 117, secondo
comma,   lettera r),  Cost.,  la  Regione  Friuli  ritiene  che  tale
questione  sia,  in primo luogo, inammissibile, perche' il ricorrente
non  avrebbe  indicato  le  ragioni per cui si debba applicare ad una
Regione  speciale  una  norma  del titolo V della parte seconda della
Costituzione. Nel merito, la questione sarebbe infondata in quanto la
competenza   statale  in  materia  di  coordinamento  informativo  ed
informatico  «non puo' certo essere dilatata fino a comprendere tutte
le  modalita'  di  soddisfacimento  del diritto all'informazione». Al
riguardo,  viene  richiamata la giurisprudenza di questa Corte in cui
si precisa che quella di cui all'art. 117, secondo comma, lettera r),
Cost.,  e'  una competenza di tipo tecnico volta a rendere omogenei i
dati  delle  diverse  amministrazioni. Nel caso in esame, invece, non
ricorrerebbero i caratteri sopra indicati.
        3.3.  -  A  parere  della  Regione  resistente,  risulterebbe
inammissibile   ed  infondata  anche  la  questione  di  legittimita'
costituzionale relativa al Capo III della legge reg. n. 11 del 2005.
        Quanto  all'inammissibilita', la Regione osserva che le norme
in  esame  non  sono  oggetto  di impugnazione ne' nella delibera del
Consiglio  dei  ministri  del 24 giugno 2005, ne' nella relazione del
Dipartimento per gli affari regionali cui la delibera rinvia.
        La  questione  sarebbe,  inoltre,  inammissibile in relazione
all'art. 117,   primo   comma,  Cost.,  in  quanto  non  e'  motivata
l'applicabilita'  ad  una  Regione speciale di una norma del titolo V
della parte seconda della Costituzione, ed in relazione all'art. 117,
quinto  comma,  Cost.,  in  quanto  «l'Avvocatura  non spiega in modo
sufficiente perche' le norme eccederebbero la competenza regionale».
        Nel  merito,  la questione sarebbe infondata; infatti, stante
l'incidenza delle norme impugnate su materie di competenza regionale,
il carattere tecnico della direttiva non escluderebbe il potere delle
Regioni di darvi attuazione.

                       Considerato in diritto

        1.  -  Con ricorso notificato l'8 luglio 2005 e depositato il
14 luglio   2005,   il   Presidente   del   Consiglio  dei  ministri,
rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato, ha
promosso  questione  di legittimita' costituzionale della legge della
Regione  Friuli-Venezia Giulia 6 maggio 2005, n. 11 (Disposizioni per
l'adempimento  degli  obblighi  della  Regione  Friuli-Venezia Giulia
derivanti   dall'appartenenza  dell'Italia  alle  Comunita'  europee.
Attuazione  della  direttiva  2001/42/CE, della direttiva 2003/4/CE e
della  direttiva  2003/78/CE. Legge comunitaria 2004), pubblicata nel
Bollettino  Ufficiale  della  Regione  n. 19  dell'11 maggio 2005, in
riferimento agli artt. 4, 5 e 6 della legge costituzionale 31 gennaio
1963,  n. 1  (Statuto  speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia),
all'art. 117,  primo  comma, secondo comma, lettere r) e s), e quinto
comma,  della  Costituzione,  ed  all'art. 16  della legge 4 febbraio
2005,  n. 11  (Norme  generali  sulla  partecipazione  dell'Italia al
processo   normativo   dell'Unione   europea  e  sulle  procedure  di
esecuzione degli obblighi comunitari).
        2.  -  Per  quanto riguarda il Capo III della legge regionale
impugnata, la questione e' inammissibile.
        2.1.  - Nessun riferimento al suddetto Capo III compare nella
deliberazione  del  Consiglio dei ministri del 24 giugno 2005, avente
ad  oggetto la determinazione del Governo di impugnare la legge della
Regione  Friuli-Venezia Giulia n. 11 del 2005. Anche la relazione del
Dipartimento  per gli Affari regionali della Presidenza del Consiglio
dei  ministri,  allegata  alla  deliberazione di cui sopra, prende in
considerazione  soltanto  i Capi I e II della predetta legge e non fa
menzione alcuna del Capo III.
        3.  -  Il  ricorrente  censura  innanzitutto  l'intera  legge
regionale,  per  il  fatto  stesso di dare attuazione a tre direttive
comunitarie  incidenti  su  materie  «aventi  un carattere fortemente
unitario»,  mentre  il  primo comma dell'art. 117 Cost. imporrebbe la
necessita'  di  una  attuazione  esclusivamente  statale,  proprio in
ragione degli «interessi unitari che discendono dalla finalita' della
normativa comunitaria da recepire».
        3.1. - La questione non e' fondata.
        A  prescindere  dal  fatto  che  il  ricorrente non motiva la
richiesta  di  applicare  una  norma del titolo V della parte seconda
della  Costituzione  ad  una legge di una Regione a statuto speciale,
bisogna  ricordare che questa Corte ha gia' precisato che le esigenze
unitarie poste a base di un eventuale accentramento nello Stato della
competenza ad attuare una direttiva comunitaria - in deroga al quadro
costituzionale  interno  di ripartizione della funzione legislativa -
devono  discendere  con  evidenza dalla stessa normativa comunitaria,
sulla  base  di  esigenze  organizzative che ragionevolmente facciano
capo all'Unione europea (sentenza n. 126 del 1996).
        Nel  caso di specie, la necessita' di attuazione unitaria, da
effettuarsi esclusivamente da parte dello Stato, non emerge da alcuna
norma  delle  direttive  in esame. Resta impregiudicato, pertanto, il
quadro  costituzionale  di ripartizione delle competenze legislative,
che  non  subisce  nella  fattispecie  alcuna  deroga  ascrivibile  a
specifiche esigenze unitarie evidenziate dalla normativa comunitaria.
In   assenza   di   precise   norme   comunitarie   che   prescrivano
l'accentramento  -  la  cui  legittimita', alla luce dell'ordinamento
costituzionale  interno,  dovrebbe essere valutata caso per caso - il
richiamo generico, fatto dal ricorrente, al primo comma dell'art. 117
Cost. - che si limita a prescrivere il rispetto, da parte delle leggi
statali   e   regionali,   dei   vincoli  derivanti  dall'ordinamento
comunitario e' inconferente e si pone in contraddizione con il quinto
comma del medesimo art. 117, che prevede esplicitamente la competenza
delle  Regioni  e  delle  Province autonome all'attuazione degli atti
dell'Unione europea nelle materie di loro competenza.
        La legittimita' dell'intervento legislativo di una Regione in
funzione  attuativa  di una direttiva comunitaria dipende, per quanto
detto  sopra,  dalla  sua  inerenza  ad  una  materia attribuita alla
potesta'  legislativa  regionale.  Lo  scrutinio di costituzionalita'
deve  essere  pertanto  basato  sui commi secondo, terzo e quarto del
citato  art. 117  Cost.,  non  gia'  sul  primo  comma,  come  invece
prospettato dalla difesa del ricorrente.
        4. - Il Presidente del Consiglio censura in modo specifico il
Capo I  (artt. 2-12)  della  legge regionale impugnata per violazione
degli   artt. 4,   5   e  6  dello  statuto  speciale  della  Regione
Friuli-Venezia  Giulia  e  dell'art. 117,  secondo comma, lettera s),
Cost.,  in  quanto  le  norme  in  esso contenute riguarderebbero una
materia,   la   tutela  dell'ambiente,  che  esula  dalla  competenza
legislativa  della Regione e rientra nella competenza esclusiva dello
Stato. Le norme in parola sarebbero pure in contrasto con l'art. 117,
quinto  comma, Cost., in quanto, trattandosi di materia di competenza
esclusiva  dello  Stato,  non  spetterebbe  alla  Regione  provvedere
all'attuazione della direttiva comunitaria.
        4.1. - La questione non e' fondata.
        4.2.  -  La  direttiva  2001/42/CE,  in  tema  di valutazione
ambientale  strategica (VAS), ha «l'obiettivo di garantire un elevato
livello di protezione dell'ambiente e di contribuire all'integrazione
di    considerazioni    ambientali   all'atto   dell'elaborazione   e
dell'adozione  di piani e programmi al fine di promuovere lo sviluppo
sostenibile,  assicurando  che  [...] venga effettuata la valutazione
ambientale di determinati piani e programmi che possono avere effetti
significativi sull'ambiente» (art. 1). Nel punto 4 del «considerando»
della   citata  direttiva  si  precisa:  «La  valutazione  ambientale
costituisce   un   importante   strumento  per  l'integrazione  delle
considerazioni    di   carattere   ambientale   nell'elaborazione   e
nell'adozione  di  taluni piani e programmi che possono avere effetti
significativi  sull'ambiente negli Stati membri, in quanto garantisce
che  gli  effetti  dell'attuazione  dei  piani  e  dei  programmi  in
questione  siano presi in considerazione durante la loro elaborazione
e prima della loro adozione».
        Come  si  evince  da  quanto  sopra riportato, il legislatore
comunitario  pone  piu'  volte,  nel testo della direttiva, l'accento
sulla  necessita' di integrazione delle esigenze connesse alla tutela
dell'ambiente.   Tale   principio   trova   espresso   riconoscimento
nell'art. 6  del  Trattato 25 marzo 1957, che istituisce la comunita'
europea.
        In base all'art. 3 della direttiva, i piani e programmi per i
quali  deve  essere  effettuata  la valutazione ambientale strategica
sono quelli «a) che sono elaborati per i settori agricolo, forestale,
della  pesca,  energetico, industriale, dei trasporti, della gestione
dei  rifiuti e delle acque, delle telecomunicazioni, turistico, della
pianificazione  territoriale  o  della  destinazione dei suoli, e che
definiscono   il  quadro  di  riferimento  per  l'autorizzazione  dei
progetti  elencati negli allegati I e II della direttiva 85/337/CEE o
b)  per i quali, in considerazione dei possibili effetti sui siti, si
ritiene  necessaria  una  valutazione  ai  sensi degli articoli 6 e 7
della  direttiva  92/43/CEE». Secondo l'art. 4 della citata direttiva
2001/42/CE, la valutazione ambientale «deve essere effettuata durante
la  fase preparatoria del piano o del programma ed anteriormente alla
sua  adozione  o  all'avvio  della  relativa  procedura legislativa».
Inoltre,  le  condizioni  stabilite  nella suddetta norma comunitaria
«sono integrate nelle procedure degli Stati membri per l'adozione dei
piani e dei programmi o nelle procedure definite per conformarsi alla
presente direttiva».
        La valutazione ambientale strategica pervade ambiti materiali
diversi. Cio' viene reso esplicito dal punto 9 del «considerando», in
cui  si afferma che «la presente direttiva ha carattere procedurale e
le  sue  disposizioni  dovrebbero  essere  integrate  nelle procedure
esistenti   negli   Stati   membri   o   incorporate   in   procedure
specificamente  stabilite.  Gli Stati membri dovrebbero eventualmente
tener conto del fatto che le valutazioni saranno effettuate a diversi
livelli  di una gerarchia di piani e di programmi, in modo da evitare
duplicati».
        4.3.  - Di fronte al suindicato quadro normativo comunitario,
si  deve  rilevare  che  il  Capo I  della  legge regionale impugnata
stabilisce:  all'art. 2,  che «le disposizioni contenute nel presente
capo danno  attuazione  nel  territorio  della Regione Friuli-Venezia
Giulia  alla  direttiva  2001/42/CE  con  riferimento alle materie di
competenza  regionale e nel rispetto dei principi generali desumibili
dalla  medesima,  nonche'  dei  principi e criteri direttivi generali
contenuti  nella  normativa  statale»;  all'art. 3,  comma 2, che «si
considerano  avere  effetti  significativi  sull'ambiente i piani e i
programmi  elaborati  per i settori agricolo, forestale, della pesca,
energetico,  industriale, dei trasporti, della gestione dei rifiuti e
delle acque, delle telecomunicazioni, turistico, della pianificazione
territoriale  o della destinazione dei suoli [...]»; all'art. 12, che
«Le  disposizioni  contenute  nel  presente  capo e  nei  regolamenti
attuativi    sono   adeguate   agli   eventuali   principi   generali
successivamente  individuati  dallo  Stato  nelle  proprie materie di
competenza  esclusiva e concorrente di cui all'art. 117, commi 2 e 3,
della  Costituzione»  e  che  «gli  atti  normativi statali di cui al
comma 1  si  applicano  in  luogo  delle  disposizioni  regionali  in
contrasto,  sino  all'entrata  in vigore della normativa regionale di
adeguamento».
        4.4.   -  Da  quanto  detto  si  deduce  che  la  valutazione
ambientale   strategica,  disciplinata  dalla  direttiva  2001/42/CE,
attiene  alla  materia  «tutela dell'ambiente». Da tale constatazione
non  deriva tuttavia la conseguenza che ogni competenza regionale sia
esclusa.  Questa  Corte  ha  piu'  volte sottolineato la peculiarita'
della  materia  in  esame,  ponendo  in  rilievo  la  sua  intrinseca
«trasversalita»,  con  la conseguenza che, in ordine alla stessa, «si
manifestano  competenze  diverse,  che  ben possono essere regionali,
spettando  allo  Stato  le  determinazioni che rispondono ad esigenze
meritevoli  di  disciplina uniforme sull'intero territorio nazionale»
(sentenza  n. 407  del  2002),  e  che «la competenza esclusiva dello
Stato  non  e' incompatibile con interventi specifici del legislatore
regionale  che si attengano alle proprie competenze» (sentenza n. 259
del 2004).
        La   «trasversalita»  della  materia  «tutela  dell'ambiente»
emerge,  con  particolare  evidenza,  con  riguardo  alla valutazione
ambientale   strategica,   che  abbraccia  anche  settori  di  sicura
competenza  regionale.  Posto cio', dall'esame del Capo I della legge
impugnata non vengono in rilievo norme destinate ad incidere in campi
di   disciplina   riservati   allo   Stato.   A   questa  conclusione
contribuiscono  anche  due  clausole  - contenute nei sopra ricordati
artt. 2 e 12 - in base alle quali la legislazione regionale si adegua
ai  principi  e  criteri  generali  della  legislazione statale anche
successiva,  mentre, nell'ipotesi di norme regionali in contrasto, le
stesse    vengono   automaticamente   sostituite,   nell'applicazione
concreta,  dalle norme statali, sino a quando la Regione non provveda
ad emanare leggi di adeguamento.
        In  definitiva,  la  Regione,  tramite  il Capo I della legge
impugnata,  da  una parte, circoscrive l'attuazione da essa data alla
direttiva  2001/42/CE  alle  sole  materie  di propria competenza, e,
dall'altra,  si  impegna  a  rispettare i principi e criteri generali
della  legislazione  statale  e ad adeguare progressivamente a questi
ultimi la propria normativa.
        Non  risultano  pertanto violati ne' gli artt. 4, 5 e 6 dello
statuto  speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia ne' l'art. 117,
secondo  e  quinto comma, Cost., specularmene evocati dal ricorrente,
il quale pure ha omesso specifiche considerazioni sull'applicabilita'
del titolo V della parte seconda della Costituzione ad una Regione ad
autonomia differenziata.
        5.  -  Un'ulteriore censura riguarda il Capo II (artt. 13-15)
della  legge  regionale  impugnata,  che attua la direttiva 2003/4/CE
sull'accesso    del   pubblico   all'informazione   ambientale,   per
violazione: degli artt. 4, 5 e 6 dello statuto speciale della Regione
Friuli-Venezia  Giulia,  e  dell'art. 117, secondo comma, lettera s),
Cost., in quanto la normativa impugnata riguarderebbe una materia, la
tutela   dell'ambiente,   che   esula  dalla  competenza  legislativa
regionale ed appartiene invece alla competenza esclusiva dello Stato;
dell'art. 117,   secondo   comma,   lettera r),   Cost.,  in  quanto,
trattandosi dell'accesso del pubblico all'informazione ambientale, la
normativa   impugnata   riguarderebbe   una   materia  «contigua»  al
«coordinamento   informativo   statistico  ed  informatico  dei  dati
dell'amministrazione  statale,  regionale  e  locale»,  di competenza
esclusiva dello Stato; dell'art. 117, quinto comma, Cost., in quanto,
trattandosi  di  materia  di  competenza  esclusiva  dello Stato, non
spetterebbe  alla  Regione  provvedere all'attuazione della direttiva
comunitaria.
        5.1. - La questione non e' fondata.
        5.2.  -  Con  riferimento  alle  norme statutarie evocate dal
ricorrente  ed  alle  norme  speculari  di  cui all'art. 117, secondo
comma,  lettera s),  e  quinto  comma,  Cost.,  si deve osservare che
l'oggetto delle norme impugnate non e' la tutela dell'ambiente, ma la
tutela  del  diritto  dei  cittadini  ad  accedere  alle informazioni
ambientali.  Si  tratta  di  un aspetto specifico della piu' generale
tematica  del diritto di accesso del pubblico ai dati ed ai documenti
in  possesso  delle  pubbliche  amministrazioni.  L'art. 22, comma 2,
della  legge  7 agosto  1990,  n. 241  (Nuove  norme  in  materia  di
procedimento  amministrativo  e  di  diritto  di accesso ai documenti
amministrativi),  modificata  dalla  legge  11 febbraio  2005,  n. 15
(Modifiche   ed   integrazioni  alla  legge  7 agosto  1990,  n. 241,
concernenti  norme  generali  sull'azione  amministrativa), dopo aver
stabilito  che  l'accesso  ai  documenti  amministrativi  costituisce
principio   generale  dell'attivita'  amministrativa  ed  attiene  ai
livelli  essenziali  delle prestazioni concernenti i diritti civili e
sociali  che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale
ai  sensi  dell'art. 117,  secondo comma, lettera m), Cost., precisa:
«Resta   ferma  la  potesta'  delle  regioni  e  degli  enti  locali,
nell'ambito   delle   rispettive  competenze,  di  garantire  livelli
ulteriori  di  tutela».  L'art. 29,  comma 2,  della  medesima  legge
aggiunge: «Le regioni e gli enti locali, nell'ambito delle rispettive
competenze, regolano le materie disciplinate dalla presente legge nel
rispetto  del  sistema  costituzionale e delle garanzie del cittadino
nei  riguardi  dell'azione  amministrativa,  cosi'  come definite dai
principi stabiliti dalla presente legge».
        Il  Capo II  della  legge  regionale  impugnata si attiene ai
limiti  tracciati dalla legislazione statale in materia di diritto di
accesso  del  pubblico alle informazioni, prevedendo specifiche norme
sull'informazione  ambientale,  che  non sono rivolte, pertanto, alla
tutela  dell'ambiente,  ma  ad  una migliore conoscenza, da parte dei
cittadini,  dei  problemi  ambientali  concreti.  Cio'  e' confermato
dall'art. 14,  comma 2,  della  legge  regionale  impugnata, il quale
prevede  che  «il  diritto  di accesso all'informazione ambientale e'
esercitato  nei confronti dell'amministrazione regionale e degli enti
regionali secondo le modalita' stabilite dagli articoli 58 e seguenti
della  legge  regionale  n. 7  del 2000». Il primo comma del medesimo
articolo,  che  si  riferisce al «diritto di accesso all'informazione
ambientale  in possesso delle amministrazione pubbliche», deve essere
interpretato  alla luce del citato comma 2, escludendosi pertanto che
la  Regione possa legiferare in merito all'accesso ad atti, documenti
o notizie in possesso di amministrazioni statali.
        5.3.  -  Il  parametro  di  cui  all'art. 117, secondo comma,
lettera r),  Cost.  -  la  cui  applicazione ad una Regione a statuto
speciale  non  e'  peraltro motivata dal ricorrente - e' inconferente
rispetto  al  presente  giudizio,  giacche'  riguarda  l'attivita' di
coordinamento informativo e informatico, che serve ad «assicurare una
comunanza  di linguaggi, di procedure e di standard omogenei, in modo
da  permettere  la  comunicabilita'  tra  i sistemi informatici della
pubblica  amministrazione»  (sentenza  n. 17  del  2004). Nulla a che
vedere, quindi, con le norme che disciplinano l'accesso dei cittadini
all'informazione ambientale.
        6. - Le considerazioni svolte sull'infondatezza delle diverse
censure  della legge regionale impugnata, avanzate dal ricorrente con
riferimento  a  norme  di rango costituzionali, valgono a motivare la
non  fondatezza  delle stesse con riferimento all'art. 16 della legge
statale n. 11 del 2005, quale norma interposta.