IL TRIBUNALE


                            O s s e r v a

    1. - Nel ambito di un'indagine per i delitti ex artt. 612 comma 1
c.p.  e  615-bis c.p. - iniziata su querela della persona offesa - il
pubblico   ministero   disponeva   la   perquisizione   dello  studio
professionale  e  di altri luoghi nella disponibilita' dell'indagato,
con   sequestro   di  quanto  fosse  stato  rinvenuto  di  utile  per
l'accertamento dei fatti.
    Contro  il decreto era proposta richiesta di riesame, e in limine
all'udienza  in  camera  di  consiglio il pubblico ministero eccepiva
l'illegittimita' costituzionale - in rapporto agli artt. 3 e 24 della
Costituzione  - dell'art. 324 c.p.p., «nella parte in cui non prevede
che per i reati perseguibili a querela venga dato avviso dell'udienza
camerale   al   difensore   della   persona   offesa»;   i  difensori
dell'indagato  chiedevano  dichiararsi  la  questione  manifestamente
infondata.
    2.   -   E'  pacifico  che  l'art.  324  c.p.p.,  che  regola  il
procedimento  di  riesame anche per il sequestro probatorio in virtu'
del richiamo operato dall'art. 257 c.p.p., ignora la persona offesa e
il  suo difensore; il dubbio, se la lacuna non violi gli artt. 3 e 24
della   Costituzione   non  puo'  dirsi  privo  ictu  oculi  di  ogni
fondamento.
    3. - Nell'udienza ex art. 324 c.p.p. si discute della sorte di un
vicolo  reale, imposto per impedire la dispersione di fonti di prova,
cio'  che  risponde,  in  tutta  evidenza,  anche all'interesse della
persona offesa, alla qua1e tuttavia, e' negato - non essendo previsto
per  lei  alcun avviso - anche il concreto esercizio di quella minima
facolta'  di  intervento  che  le  garantisce, in generale, l'art. 90
c.p.p.
    ll diritto di difesa - che l'art: 24 vorrebbe inviolabile in ogni
stato  e  grado  del  procedimento  -  e'  non tanto limitato, quanto
escluso,  senza  alcuna  apprezzabile  ragione;  l'irrazionalita' del
sacrificio porta la scelta del legislatore ordinario a violare, nello
stesso tempo, gli artt. 24 e 3 della Costituzione.
    4. - Ma l'art. 3 della Costituzione viene in considerazione anche
sotto il profilo dell'ingiustificata, e ingiustificabile, disparita'.
di  trattamento, apprezzabile nel confronto sia fra la persona offesa
e  gli  altri  soggetti  del processo, sia con la disciplina di altre
attivita' della stessa persona offesa.
    La  quale,  anzitutto,  a  differenza  degli  altri  soggetti del
processo,  che  hanno  piena  facolta'  di  intervento,  nei  termini
dell'art. 324 c.p.p. non puo' far sentire nemmeno la flebile voce che
le  presta  l'art.  90 c.p.p.; e che, poi, mentre puo' promuovere, ex
art. 368  c.p.p.,  l'adozione  del  vincolo  reale, non puo' poi, del
tutto  irrazionalmente,  contribuire  a  difenderlo,  nemmeno  con le
memorie ex art. 90 c.p.p., quando venga posto in discussione.
    5.  - La questione e' percio' non manifestamente infondata. Delle
due  limitazioni,  che  il  pubblico  ministero  vorrebbe  le fossero
apposte,  una  e'  ingiustificata,  perche' l'interesse della persona
difesa  si atteggia negli stessi termini per di delitti procedibili a
querela e per quelli ad iniziativa officiosa; condivisibile e' invece
l'altra,  perche'  solo  l'offeso  che abbia nominato un difensore ha
effettivamente    manifestato    quell'interesse   alla   sorte   del
procedimento,  che  la  legge  processuale  gli riconosce in astratto
(senza contare che solo la domiciiazione legale ex art. 33 disp. ati.
c.p.p.  consente  di  risolvere gli altrimenti irrisolvibili problemi
pratici di notifica).
    6.  -  La  rilevanza della questione appare ovvia, perche' quella
dell'integrita'  del  contraddittorio - che qui si assume non integro
per  il vizio di costituzionalita' della norma - e' la prima verifica
cui  e'  chiamato  il  giudice del riesame, come del resto ogni altro
giudice.