ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio  per  conflitto  di  attribuzione sorto a seguito della
deliberazione della Camera dei deputati del 4 febbraio 2004, relativa
alla  insindacabilita',  ai  sensi  dell'art. 68,  primo comma, della
Costituzione  delle  opinioni  espresse  dall'on. Vittorio Sgarbi nei
confronti  della  dott.ssa  Ilda  Bocassini, promosso con ricorso del
Tribunale  di  Brescia  notificato  il 18 gennaio 2005, depositato in
cancelleria  il  7 febbraio  2005  e  iscritto  al  n. 8 del registro
conflitti del 2005;
    Visto l'atto di costituzione della Camera dei deputati;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  21 novembre  2006  il giudice
relatore Gaetano Silvestri;
    Udito  l'avvocato  Salvatore  Alberto  Romano  per  la Camera dei
deputati.

                          Ritenuto in fatto

    1.  -  Nel  corso  di  un  procedimento  penale nei confronti del
deputato  Vittorio  Sgarbi  -  imputato  del  reato  di  diffamazione
aggravata  in  danno della dott.ssa Ilda Boccassini - il Tribunale di
Brescia,  seconda sezione penale, con ricorso depositato il 20 aprile
2004,  ha  promosso  conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato
nei   confronti   della   Camera  dei  deputati,  in  relazione  alla
deliberazione,   assunta   dall'Assemblea  in  data  4 febbraio  2004
(documento  IV-quater, n. 88), con la quale e' stato dichiarato che i
fatti  oggetto del processo concernono opinioni espresse da un membro
del   Parlamento   nell'esercizio   delle   sue  funzioni,  ai  sensi
dell'art. 68, primo comma, della Costituzione.
    Il  Tribunale  ricorrente espone che si procede nei confronti del
deputato  Sgarbi  per  avere  questi,  nel  corso  della trasmissione
televisiva   «Sgarbi   quotidiani»  del  1° aprile  1999,  offeso  la
reputazione  della  dott.ssa  Boccassini.  Riferendosi ad una vicenda
giudiziaria nota come «caso Sharifa», nel corso della quale una donna
somala,  giunta  in  Italia  con  dei  minori, era stata indagata sul
presupposto  che  gli  stessi  fossero  destinati  allo sfruttamento,
l'imputato  aveva  affermato:  «se  il  mio assistente di studio vede
Sharifa  con un bambino crede che siano mamma e figlio, la Boccassini
invece  ha  pensato  che  Sharifa  fosse  una  mercante di minori. Il
sospetto  prima  di  tutto. Non so se avete capito: e' un problema di
alterazione  dello  sguardo.  Si',  i magistrati hanno una percezione
diversa della realta».
    In  data  4 febbraio 2004 la Camera dei deputati, in accoglimento
della  proposta  della  Giunta  per le autorizzazioni a procedere, ha
deliberato che i fatti per i quali e' in corso il procedimento penale
concernono   opinioni   espresse   da   un   membro   del  Parlamento
nell'esercizio  delle  sue  funzioni  e  ne  ha, pertanto, dichiarato
l'insindacabilita'.
    L'autorita'    ricorrente,    richiamando    la    giurisprudenza
costituzionale  in  materia  di  nesso  funzionale  tra  le  opinioni
espresse  e  l'esercizio  dell'attivita'  parlamentare  (ex plurimis,
sentenze  n. 521,  n. 508, n. 448 e n. 435 del 2002, n. 10 del 2000),
nega  che  l'episodio  oggetto  di  giudizio  possa essere inquadrato
nell'ambito   del   dibattito   politico   sul   corretto   esercizio
dell'attivita'  giudiziaria.  In  particolare,  la  ricorrente reputa
insufficienti  a  fondare  l'affermata  insindacabilita' sia la «mera
inerenza»  delle opinioni espresse dall'on. Sgarbi a temi giudiziari,
sia  le  circostanze,  affermate  dal  relatore  della  Giunta per le
autorizzazioni  a  procedere  della  Camera  dei deputati, secondo le
quali  «il  dibattito  sulla  giustizia  e  sugli esiti effettivi dei
procedimenti  giudiziari  era al tempo sempre attuale» e su quei temi
il    deputato    Sgarbi    aveva   presentato   «interrogazioni   ed
interpellanze»,  intervenendo  per  sollecitare  la modifica di norme
vigenti in materia di ordinamento giudiziario e di processo penale.
    In   proposito,   il  Tribunale  di  Brescia  osserva  come,  pur
rispondendo al vero che sulla vicenda riguardante il caso giudiziario
«Sharifa»,  all'epoca  delle  dichiarazioni  in  esame,  gia' fossero
intervenute  interpellanze  parlamentari  aventi ad oggetto doglianze
circa    il   comportamento   assunto   dalla   dott.ssa   Boccassini
nell'espletamento  delle funzioni di pubblico ministero, per un verso
il  deputato  Sgarbi  non  risultasse firmatario di nessuna di queste
interpellanze,  e, per altro verso, non sussistesse alcun rapporto di
corrispondenza  contenutistica  tra i predetti atti parlamentari e «i
fenomeni   dispercettivi»   che,  a  parere  del  medesimo  deputato,
affliggerebbero  la  dott.ssa Boccassini e, insieme a costei, tutti i
magistrati indistintamente.
    Le  dichiarazioni  in  esame  sarebbero  pertanto,  ad avviso del
Tribunale ricorrente, prive del necessario collegamento specifico con
atti  e  documenti parlamentari, attenendo, invece, a valutazioni del
deputato  Sgarbi in merito alla persona della dott.ssa Boccassini, in
quanto tali assoggettabili al sindacato del giudice penale.
    2.  -  Il conflitto e' stato dichiarato ammissibile con ordinanza
di questa Corte n. 394 del 2004, depositata il 17 dicembre 2004.
    3.  -  Il  Tribunale  di  Brescia ha provveduto a notificare tale
ordinanza  ed  il  ricorso  introduttivo  alla Camera dei deputati il
18 gennaio 2005, e li ha depositati il 7 febbraio 2005.
    4. - Con atto depositato in data 25 gennaio 2005 si e' costituita
in  giudizio  la  Camera  dei deputati, in persona del suo Presidente
eccependo    preliminarmente   l'inammissibilita'   del   ricorso   e
prospettando,  quanto  al  merito,  l'infondatezza  dello stesso, con
conseguente  riconoscimento della spettanza alla Camera di dichiarare
l'insindacabilita' delle opinioni espresse dal deputato Sgarbi.
    4.1.  -  La  difesa  della  Camera ritiene che il conflitto debba
essere  dichiarato  inammissibile in quanto carente della indicazione
del   petitum;   in  particolare,  non  sarebbe  precisato  l'oggetto
essenziale  della  domanda, vale a dire la richiesta di una pronuncia
della Corte che dichiari «non spettare alla Camera» la valutazione di
insindacabilita'   contenuta   nella  dichiarazione  impugnata  (sono
richiamate  le  sentenze  n. 206  e  n. 31 del 2002, n. 363 del 2001,
n. 10  del  2000).  Non  varrebbe, in senso contrario, il rilievo che
l'autorita'    ricorrente    ha    richiesto   l'annullamento   della
deliberazione  assunta  in  data  4 febbraio  2004  dalla  Camera dei
deputati, costituendo tale richiesta soltanto un corollario eventuale
della richiesta di declaratoria della «non spettanza».
    A   riprova  di  quanto  affermato,  la  resistente  rileva  come
l'annullamento   dell'atto   nel   quale  si  sostanzia  la  presunta
menomazione di un potere dello Stato non sarebbe neppure ipotizzabile
nei  casi  in  cui  l'oggetto  del  conflitto  non sia un atto, ma un
comportamento  omissivo,  e  come,  in  caso  di conflitto tra poteri
promosso  in  relazione  ad un atto viziato da incompetenza, la Corte
possa   pronunciare   l'accoglimento   del  ricorso  senza  procedere
all'annullamento  dell'atto  (e'  richiamata  la  sentenza n. 284 del
2004).
    4.2.  -  Nel  merito, la difesa della Camera dei deputati ritiene
che il ricorso debba essere rigettato, in quanto le opinioni espresse
dal  deputato  Sgarbi nel corso della trasmissione televisiva «Sgarbi
quotidiani»  del  1° aprile  1999  rappresenterebbero la divulgazione
all'esterno  di  quanto  gia'  manifestato nell'esercizio di funzioni
parlamentari, come tale insindacabile.
    La  resistente,  facendo  riserva  di dedurre piu' ampiamente con
successiva   memoria,   si   sofferma  sulla  sussistenza  del  nesso
funzionale  tra  le  dichiarazioni  incriminate  e  l'esercizio delle
funzioni  parlamentari e richiama le pronunce della Corte nelle quali
e' affermato che elemento indispensabile affinche' possa riscontrarsi
la   sussistenza  del  collegamento  tra  le  opinioni  espresse  dal
parlamentare  e  l'esercizio  delle relative funzioni e' quello della
«identificabilita'  della  dichiarazione  stessa quale espressione di
attivita' parlamentare», a prescindere dal contesto ambientale in cui
tali  dichiarazioni siano state espresse (sono richiamate le sentenze
n. 11  e  n. 10  del 2000). La connessione delle opinioni con l'alveo
della  «politica  parlamentare»  consentirebbe  di identificare nelle
prime  un'espressione  di  attivita'  parlamentare  e  di verificare,
ulteriormente, la sussistenza del nesso funzionale, individuato dalla
giurisprudenza  costituzionale  nella  «corrispondenza sostanziale di
significati»,   che  costituisce  il  punto  di  equilibrio  tra  «la
comunanza   generica   di  tematiche»  e  la  «puntuale  e  letterale
coincidenza  testuale»  delle  opinioni espresse in sede parlamentare
con  quelle  rese  extra moenia (sono richiamate le sentenze n. 420 e
n. 79 del 2000).
    La  difesa  della Camera osserva come il quadro giurisprudenziale
appena  indicato sia stato completato dalla sentenza n. 120 del 2004,
la  quale  ha  ulteriormente  precisato  i termini entro i quali deve
essere  condotta la valutazione del nesso funzionale, individuando il
limite  estremo  alla  prerogativa  dell'insindacabilita', costituito
dall'impossibilita'   che  questa  si  trasformi  in  un  «privilegio
personale,   quale   sarebbe   una   immunita'   dalla  giurisdizione
conseguente  alla  mera  qualita'  di  parlamentare» e, nel contempo,
ampliando  la  rilevanza  del  contesto  politico o dell'affinita' di
tematiche  che  caratterizzano  le  opinioni  del  parlamentare. Cio'
varrebbe  a  rendere  inadeguata  una nozione di nesso funzionale che
attribuisse  rilevanza  esclusivamente  alla  vicenda concreta da cui
hanno  tratto occasione le opinioni espresse dal parlamentare, e non,
invece,  al  piu'  ampio, ma non generico, contesto politico cui esse
ineriscono.
    Riportate  le  considerazioni  che precedono al caso in esame, la
difesa  della  Camera  assume  che  le opinioni espresse dal deputato
Sgarbi   e   oggetto   del   procedimento   penale  pendente  davanti
all'autorita'  ricorrente  costituiscano  manifestazione di attivita'
parlamentare  perche'  «i  fatti  cui esse facevano riferimento erano
gia'  stati  in  precedenza  sottoposti  all'esame  della  Camera per
iniziativa del parlamentare medesimo».
    Sulla  premessa  che  il  tema  specifico  di  tali  opinioni era
rappresentato  dalle particolari modalita' di svolgimento del proprio
ufficio  da  parte della dott.ssa Boccassini, la quale aveva, gia' in
passato, dimostrato «una particolare propensione a fare propri metodi
di  inchiesta  di  stampo persecutorio, incentrati esclusivamente sul
sospetto,  come  tali  poco  rispettosi  dei  diritti  delle  persone
indagate»,  la difesa della Camera reputa che l'opinione espressa dal
deputato  Sgarbi  in  ordine  alla «percezione diversa della realta»,
propria  della  dott.ssa  Boccassini,  si  inserirebbe nella polemica
politica  che  aveva  visto  il  medesimo  parlamentare  impegnato  a
promuovere  atti  di  sindacato  ispettivo  aventi  ad oggetto sia il
dibattito  sulla giustizia, in senso ampio, sia, piu' specificamente,
il  comportamento  della  dott.ssa Boccassini nell'espletamento delle
sue funzioni.
    Al riguardo la difesa della Camera richiama due atti parlamentari
tipici:  l'interpellanza  presentata  dall'on.  Mancuso  nella seduta
n. 223  del  3 luglio 1997 (atto n. 2/2000592), sottoscritta, insieme
ad  altri, anche dall'on. Sgarbi, e l'interrogazione a risposta orale
presentata  dall'on.  Sgarbi  nella  seduta n. 5623 del 7 luglio 1999
(atto n. 3/04030).
    Nel  primo  dei due atti era stato stigmatizzato il comportamento
tenuto  dalla dott.ssa Boccassini nell'ambito della vicenda che aveva
visto  coinvolti un collaboratore di giustizia, Angelo Veronese, e la
dott.ssa Tiziana Parenti, destinataria di accuse formulate dal primo.
I  firmatari  dell'interpellanza  ritenevano  che il collaboratore di
giustizia  fosse  stato  «sobillato»  dalla  dott.ssa  Boccassini,  e
sollecitavano,  pertanto,  il Presidente del Consiglio dei ministri e
il  Ministro della giustizia ad intraprendere iniziative di carattere
disciplinare nei confronti del predetto magistrato.
    Nell'interrogazione  a  risposta  orale,  poi, l'on. Sgarbi aveva
segnalato  il  comportamento  tenuto  dalla  dott.ssa  Boccassini, in
qualita'  di pubblico ministero, all'udienza svolta il 30 giugno 1999
davanti  al  giudice  per  le  indagini  preliminari del Tribunale di
Milano,  nell'ambito  di  un  procedimento a carico dell'on. Previti.
Nell'occasione  la dott.ssa Boccassini aveva ritenuto non attendibili
due  comunicazioni,  provenienti  rispettivamente  dall'on. Previti e
dall'on.  Pisanu,  relative alla richiesta di rinvio dell'udienza per
legittimo   impedimento  dell'on.  Previti,  in  quanto  impegnato  a
partecipare  alle  votazioni  parlamentari. Nell'interrogazione l'on.
Sgarbi  aveva  sottolineato come alla base della valutazione espressa
dalla  dott.ssa  Boccassini  vi  fosse  un atteggiamento sospettoso e
persecutorio della stessa nei confronti del deputato Previti.
    5.  -  In  prossimita'  dell'udienza  la  difesa della Camera dei
deputati  ha  depositato  una  memoria  con  la  quale  ribadisce gli
argomenti  gia'  dedotti  nell'atto  di  costituzione  in giudizio ed
insiste  per  l'inammissibilita'  e, in subordine, per l'infondatezza
del ricorso.

                       Considerato in diritto

    1. - Il Tribunale di Brescia, seconda sezione penale, ha promosso
-   con   ricorso   depositato  il  20 aprile  2004  -  conflitto  di
attribuzione  tra  poteri  dello Stato nei confronti della Camera dei
deputati,  in relazione alla deliberazione, assunta dall'Assemblea in
data  4 febbraio  2004  (documento IV-quater, n. 88), con la quale e'
stato  dichiarato  che  i  fatti per i quali l'on. Vittorio Sgarbi e'
sottoposto  a  procedimento  penale  per  il  reato  di  diffamazione
aggravata in danno della dott.ssa Ilda Boccassini concernono opinioni
espresse  da  un  membro  del  Parlamento  nell'esercizio  delle  sue
funzioni, ai sensi dell'art. 68, primo comma, della Costituzione.
    2.   -  Preliminarmente  deve  essere  rigettata  l'eccezione  di
inammissibilita'  sollevata  dalla  difesa della Camera dei deputati,
basata  sulla presunta carenza di indicazione del petitum nel ricorso
introduttivo  del  presente  conflitto. Questa Corte ha espresso, con
uniforme  e  consolidata  giurisprudenza,  l'orientamento  a ritenere
ammissibile  un  conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, se
dall'atto  introduttivo  emerge  con chiarezza la pretesa del giudice
confliggente,   anche  in  assenza  di  una  esplicita  richiesta  di
dichiarazione  di  non  spettanza  del  potere (ex plurimis, sentenze
n. 286 del 2006, n. 164 del 2005, n. 246 del 2004, n. 421 del 2002).
    Nel  caso  di  specie,  il  Tribunale  di  Brescia lamenta il non
corretto  uso,  da  parte  della  Camera  dei deputati, del potere di
decidere  sulla sussistenza dei presupposti per l'applicabilita' alla
fattispecie   dell'art. 68,   primo   comma,   Cost.   e  chiede,  di
conseguenza, l'annullamento della deliberazione adottata dalla stessa
in  data  4 febbraio  2004. Tanto basta per dichiarare ammissibile il
ricorso.
    3. - Nel merito, il conflitto e' fondato.
    3.1. - Questa Corte ha precisato che l'insindacabilita' di cui al
primo  comma  dell'art. 68  Cost.  copre  le  opinioni espresse extra
moenia  dai  membri  delle Camere solo quando le stesse costituiscano
riproduzione sostanziale, ancorche' non letterale, di atti tipici nei
quali   si   estrinsecano  le  diverse  funzioni  parlamentari.  Deve
esistere,  pertanto,  un  nesso  funzionale  tra  queste  ultime e le
eventuali  loro  proiezioni esterne (ex plurimis, sentenze n. 260 del
2006, n. 347 del 2004, n. 283 del 2002, n. 10 del 2000).
    Non  e'  sufficiente  una  generica  comunanza  di argomento o di
contesto  politico,  ma  e' necessario un legame specifico tra l'atto
parlamentare  e  la  dichiarazione  esterna,  volta  a  divulgarlo  e
renderlo  noto  ai cittadini. Non deve mai mancare, in altri termini,
una  «sostanziale  corrispondenza  tra  le  dichiarazioni  rese extra
moenia e quelle rese [...] intra moenia» (sentenza n. 193 del 2005).
    3.2.  -  Allo  scopo di dimostrare l'esistenza del predetto nesso
funzionale,  la resistente cita due atti parlamentari del deputato in
questione.
    Il  primo  consiste  in  una  interpellanza, da lui sottoscritta,
nella  quale  si  segnalava  una  presunta sobillazione, da parte del
magistrato  querelante,  di  un  collaboratore  di giustizia, perche'
rendesse   dichiarazioni  a  carico  dell'on.  Tiziana  Parenti,  con
riferimento  alla  sua  pregressa  attivita' di sostituto procuratore
della Repubblica presso il Tribunale di Savona.
    Il secondo atto parlamentare richiamato dalla difesa della Camera
e'  un'interrogazione  a  risposta  orale,  presentata  dal  medesimo
parlamentare,  riguardante  un  atteggiamento,  ritenuto sospettoso e
persecutorio,  del  magistrato querelante nello svolgimento delle sue
funzioni  di  pubblico  ministero  in un procedimento penale a carico
dell'on.  Cesare  Previti,  nel  corso del quale lo stesso magistrato
aveva  dichiarato  di  ritenere  non  attendibili due comunicazioni -
provenienti dallo stesso on. Previti e dall'on. Pisanu - poste a base
di  una  richiesta  di  rinvio  dell'udienza per impegni parlamentari
dell'imputato.
    Le  dichiarazioni oggetto del procedimento che ha dato origine al
presente  conflitto  riguardano,  invece,  il  caso  di una cittadina
somala,  arrestata  con  l'accusa  -  il  cui  fondamento e' stato in
seguito  escluso - di aver favorito l'ingresso in Italia di minori da
impiegare   in   attivita'   illecite,   al   fine  di  favorirne  lo
sfruttamento.
    Come  si vede, si tratta di vicende tra loro diverse. Va aggiunto
che l'interpellanza e' stata presentata nella seduta della Camera del
3 luglio 1997, mentre l'interrogazione e' del 7 luglio 1999. La prima
e'  anteriore  alle  dichiarazioni  de  quibus  di circa due anni, la
seconda  e'  posteriore  di  circa tre mesi. La relativa brevita' del
lasso  di  tempo  intercorso  tra le dichiarazioni di cui al presente
giudizio   e   l'atto   parlamentare  successivo  non  e',  da  sola,
sufficiente  ad  integrare  il rapporto di sostanziale contestualita'
ritenuto   da   questa   Corte   necessario   per   poter   ammettere
l'applicabilita' della guarentigia di cui al primo comma dell'art. 68
Cost., giacche' l'atto di funzione si riferisce a situazione diversa.
    L'unico  elemento  unificatore che potrebbe rinvenirsi sarebbe la
asserita  tendenza  del  magistrato  querelante  al  sospetto ed alla
persecuzione   giudiziaria.   Tale   comunanza   tematica  di  natura
soggettiva  non  appare  sufficiente a soddisfare le condizioni poste
dalla  giurisprudenza  di questa Corte affinche' le opinioni espresse
dai  parlamentari all'esterno delle Camere possano essere considerate
sostanzialmente  riproduttive  e  divulgative  di  atti  parlamentari
tipici compiuti intra moenia.
    In  definitiva  fa  difetto, nella fattispecie in esame, il nesso
funzionale   tra  le  dichiarazioni  rese  dal  parlamentare  in  una
trasmissione  televisiva  e  gli  atti parlamentari tipici richiamati
dalla  difesa  della  Camera  dei deputati per sostenere la validita'
della    delibera   di   insindacabilita'   impugnata   dal   giudice
confliggente.
    E'  appena  il  caso  di  sottolineare  che  oggetto del presente
giudizio  sul  conflitto  di  attribuzione sollevato dal Tribunale di
Brescia  non  e' la valutazione dell'offensivita' delle dichiarazioni
del  parlamentare  imputato,  ma  solo  l'estensione  della copertura
offerta  dal  primo  comma  dell'art. 68 Cost. alle dichiarazioni che
hanno  dato  origine  alla  querela,  non  spettando  a  questa Corte
stabilire  se, nel caso sottoposto al suo esame, ricorrano o meno gli
estremi del reato di diffamazione.