ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  per conflitto di attribuzione tra i poteri dello Stato
sorto  a  seguito  della  deliberazione della Camera dei deputati del
4 dicembre   2003,   relativa   alla   insindacabilita',   ai   sensi
dell'art. 68,   primo   comma,  della  Costituzione,  delle  opinioni
espresse  dall'on.  Alberto  Acierno  nei confronti dell'on. Antonino
Macaluso,  promosso  con  ricorso  del  Tribunale di Catania, sezione
distaccata  di  Giarre,  notificato  il  28 marzo 2006, depositato in
cancelleria  il successivo 7 luglio ed iscritto al n. 30 del registro
conflitti tra poteri dello Stato 2005, fase di merito;
    Visto l'atto di costituzione della Camera dei deputati;
    Udito  nella  Camera di consiglio del 22 novembre 2006 il giudice
relatore Alfonso Quaranta;
    Ritenuto  che  il  Tribunale  di  Catania,  sezione distaccata di
Giarre,  ha promosso, con atto depositato presso la cancelleria della
Corte  il  20 giugno 2005, conflitto di attribuzione tra poteri dello
Stato  nei  confronti  della  Camera  dei deputati, in relazione alla
deliberazione  da  quest'ultima  adottata nella seduta del 4 dicembre
2003 (doc. 4-quater, n. 74-R);
        che  il  ricorrente  premette  di essere chiamato a giudicare
della  responsabilita'  penale dell'on. Alberto Acierno, in relazione
al  reato previsto e punito dall'art. 595, primo e secondo comma, del
codice  penale,  «perche', comunicando con piu' persone, offendeva la
reputazione  di  Macaluso  Antonino»,  dichiarando  espressamente che
l'onorevole Macaluso Antonino «non gli ha consegnato gli stampati con
le  firme  raccolte  per la presentazione dei candidati alla elezione
proporzionale   della   Sicilia   occidentale,  per  non  danneggiare
l'onorevole   Guido   Lo  Porto,  anch'egli  candidato  per  Alleanza
Nazionale nella medesima circoscrizione, ricevendo il Macaluso dal Lo
Porto  un  compenso  in  denaro»  (fatto  asseritamente  commesso «in
Giarre, in epoca antecedente e prossima al 13 maggio 2001», aggravato
dalla   circostanza   «di   aver   proferito   un'offesa  consistente
nell'attribuzione di un fatto determinato»);
        che  il  ricorrente Tribunale, inoltre, deduce che «la Camera
dei   deputati,   su   conforme   proposta   della   Giunta   per  le
autorizzazioni,  con  delibera  assembleare  del  4 dicembre 2003, ha
statuito  che  i fatti per i quali e' in corso il citato procedimento
penale  concernono  opinioni  espresse  da  un  membro del Parlamento
nell'esercizio  delle  sue  funzioni,  ai  sensi  dell'art. 68, primo
comma, della Costituzione»;
        che,  pertanto, il ricorrente, essendo a suo «parere» insorto
«conflitto  di  attribuzione tra poteri dello Stato», reputa di dover
sottoporre lo stesso «all'esame» della Corte;
        che,   secondo   il   predetto  Tribunale,  la  summenzionata
deliberazione  sarebbe  lesiva  della «propria sfera di attribuzioni,
costituzionalmente garantite», in quanto «non avrebbero potuto essere
dichiarate  insindacabili  le  dichiarazioni,  riportate  nel capo di
imputazione, rese dall'imputato Acierno Alberto»;
        che  le  stesse,  difatti,  «sono  state rese nel corso di un
colloquio  del  tutto  sganciato  da  qualsiasi  atto di esercizio di
funzioni   parlamentari»,  non  ricorrendo  quindi  l'ipotesi  «della
riproduzione    e   divulgazione   all'esterno   di   atti   compiuti
nell'esercizio    di   funzioni   parlamentari   perche'   manca   la
corrispondenza   del   contenuto  della  conversazione  con  un  atto
parlamentare»;
        che, inoltre, «per il tenore delle espressioni usate e per le
modalita'  ed  il  luogo  in  cui sono state espresse, non sembra che
quelle  dichiarazioni  possano  costituire  una forma di esercizio di
funzioni parlamentari»;
        che  su  tali basi, e quindi escludendo che «le dichiarazioni
di   Acierno   Alberto   fossero  coperte  dall'insindacabilita»,  il
ricorrente,  «ai  sensi  dell'art. 37 della legge n. 87 del 1953», ha
disposto  «la  trasmissione  degli  atti  alla  Corte  Costituzionale
perche' risolva l'insorto conflitto tra poteri dello Stato»;
        che il presente conflitto e' stato dichiarato ammissibile con
ordinanza n. 72 del 2006;
        che   detta   ordinanza,  unitamente  al  ricorso,  e'  stata
notificata  alla  Camera  dei  deputati il 28 marzo del 2006, nonche'
depositata presso la Cancelleria della Corte il successivo 7 luglio;
        che  si  e'  costituita  in  giudizio la Camera dei deputati,
eccependo  preliminarmente  l'inammissibilita' del conflitto, in base
all'assunto  che il relativo atto introduttivo sarebbe «carente sotto
il  profilo  della  prospettazione  del petitum», ovvero chiedendone,
subordinatamente, il rigetto nel merito;
        che  in  relazione,  difatti,  alla  pregiudiziale  eccezione
formulata  in  punto  di ammissibilita', si rileva come la ricorrente
autorita'  giudiziaria abbia esclusivamente disposto «la trasmissione
degli  atti  alla  Corte  costituzionale  perche'  risolva  l'insorto
conflitto  tra poteri dello Stato», omettendo, cosi', di «avanzare la
richiesta,  indispensabile  in  vista  della  corretta elevazione del
conflitto,  che  la  medesima  Corte  costituzionale  dichiari di non
spettare   alla   Camera  la  valutazione  contenuta  nella  delibera
impugnata», con conseguente annullamento della stessa;
        che  soltanto  in  «via  del tutto subordinata» la Camera dei
deputati  ha  chiesto  il rigetto del ricorso, essendo lo stesso, nel
merito, non fondato;
        che  - evidenziando come anche la piu' recente giurisprudenza
costituzionale  (e'  richiamata,  sul  punto,  la sentenza n. 120 del
2004) «ha confermato la operativita', ove ne ricorrano i presupposti,
della  garanzia  della  insindacabilita'  anche  con riferimento alle
opinioni  extra  moenia»  espresse  da  parlamentari  - la resistente
assume  che  nella  specie  sussistono  le condizioni per ritenere le
dichiarazioni  «extraparlamentari»  oggetto  del  presente  conflitto
divulgative  del  contenuto  di  atti  di  funzione  posti  in essere
dall'interessato;
        che,  difatti,  «il  nucleo essenziale delle dichiarazioni di
cui  si  tratta»  -  che  la  resistente  reputa di individuare nella
rivendicazione,  da  parte della «forza politica di appartenenza» del
predetto  membro  della Camera, della possibilita' «di adempiere alle
incombenze  necessarie ai fini della partecipazione alla competizione
elettorale»  -  sarebbe stato presente «costantemente nella attivita'
politico parlamentare posta in essere dal nominato deputato»;
        che,  inoltre,  con  memoria depositata presso la cancelleria
della  Corte  il  giorno 8 novembre  2006,  la Camera dei deputati ha
dichiarato  di  avere  «appreso»  che  il  deposito  del  ricorso per
conflitto  di attribuzione promosso dal Tribunale di Catania, sezione
distaccata  di Giarre, «e' stato effettuato oltre il termine di venti
giorni  dalla  notificazione  prescritto dall'art. 26, comma 3, delle
norme integrative per i giudizi dinnanzi alla Corte costituzionale»;
        che,  pertanto,  richiamata  la giurisprudenza costituzionale
che  riconosce  natura perentoria al termine de quo, la resistente ha
insistito  affinche'  venga adottata «una sentenza dichiarativa della
improcedibilita'  del  ricorso  in ragione, appunto, della tardivita'
del relativo deposito».
    Considerato  che il ricorso introduttivo e' stato notificato alla
Camera  dei  deputati,  unitamente all'ordinanza che lo ha dichiarato
ammissibile,  in  data  28 marzo  2006  e  che  gli  atti  sono stati
depositati  presso  la  cancelleria di questa Corte il 7 luglio 2006,
ossia  oltre il termine di venti giorni dalla notificazione, previsto
dall'art. 26,  comma 3, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale;
        che,  in  conformita'  alla costante giurisprudenza di questa
Corte  (v., tra le molte, ordinanze n. 325 del 2006, n. 327, n. 326 e
n. 308 del 2005), tale deposito deve considerarsi tardivo, essendo il
predetto termine perentorio;
        che,   pertanto,   il   giudizio   deve   essere   dichiarato
improcedibile.