ha pronunciato la seguente Ordinanza nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 10, commi 1 e 2, del decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5 (Definizione dei procedimenti in materia di diritto societario e di intermediazione finanziaria, nonche' in materia bancaria e creditizia, in attuazione dell'articolo 12 della legge 3 ottobre 2001, n. 366), promosso dal Tribunale di Torino nel procedimento civile instaurato da C. n. ed altra nei confronti della s.p.a. Banco di Brescia San Paolo CAB, con ordinanza del 4 febbraio 2005, iscritta al n. 453 del registro ordinanze 2005 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 39, 1ª serie speciale, dell'anno 2005; Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella Camera di consiglio del 22 novembre 2006 il giudice relatore Francesco Amirante; Ritenuto che il Tribunale di Torino, con ordinanza del 4 febbraio 2005 pervenuta a questa Corte il 25 agosto 2005, ha sollevato, in riferimento agli artt. 24, secondo comma, e 111, secondo comma, della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 10, commi 1 e 2, del decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5 (Definizione dei procedimenti in materia di diritto societario e di intermediazione finanziaria, nonche' in materia bancaria e creditizia, in attuazione dell'articolo 12 della legge 3 ottobre 2001, n. 366), «nella parte in cui non prevede la facolta' per la parte attrice di dedurre la prova contraria quando la parte convenuta richieda - come e' sua facolta' nell'ipotesi in cui non proponga domande riconvenzionali o eccezioni non rilevabili di ufficio - la fissazione di udienza senza concedere a controparte il termine di cui all'art. 4, comma 2, del d.lgs. n. 5 del 2003»; che il giudice remittente, esclusa la possibilita' di una interpretazione conforme al dettato costituzionale della disposizione censurata (e, in particolare del comma 2 della medesima), atteso il relativo tenore letterale, osserva, quanto alla non manifesta infondatezza, come l'esclusione della suddetta facolta' - viceversa prevista dall'art. 184, primo comma, cod. proc. civ. - impedisca di dare piena attuazione al diritto al contraddittorio tra le parti in condizioni di parita' e al diritto di difesa dell'attore; che il giudice a quo desume la rilevanza dalle seguenti circostanze verificatesi nelle specie: a) la parte convenuta, con la propria comparsa di costituzione e risposta, ha dedotto prove; b) la parte attrice, nella nota di cui all'art. 10 del d.lgs. n. 5 del 2003, ha formulato prova contraria diretta e indiretta; c) la parte convenuta, nella propria memoria conclusionale, ha eccepito la decadenza della parte attrice dalla prova contraria; che e' intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che, dopo aver rilevato come la fattispecie da cui e' sorta la questione non sia stata puntualmente descritta dal remittente, ha concluso per l'inammissibilita' o la manifesta infondatezza della questione medesima. Considerato che il Tribunale di Torino in composizione collegiale ha sollevato, in riferimento agli artt. 24, secondo comma, e 111, secondo comma, della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 10, commi 1 e 2, del decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5 (Definizione dei procedimenti in materia di diritto societario e di intermediazione finanziaria, nonche' in materia bancaria e creditizia, in attuazione dell'art. 12 della legge 3 ottobre 2001, n. 366), nella parte in cui non prevede la facolta' per la parte attrice di dedurre la prova contraria quando la parte convenuta richieda, come e' sua facolta' quando non proponga domande riconvenzionali o eccezioni non rilevabili d'ufficio, la fissazione d'udienza senza concedere a controparte il termine di cui all'art. 4, comma 2, del d.lgs n. 5 del 2003; che il remittente ha omesso la compiuta descrizione della fattispecie controversa, limitandosi a riferire che la convenuta nella comparsa di costituzione ha dedotto prove, provocando poi, con la presentazione dell'istanza di fissazione dell'udienza, la decadenza degli attori dal potere di chiedere la prova contraria, con conseguente lesione del diritto di difesa degli attori e violazione del principio del contraddittorio; che nell'ordinanza di remissione si afferma apoditticamente che la convenuta, non avendo proposto domande riconvenzionali o eccezioni non rilevabili d'ufficio, aveva facolta' di chiedere la fissazione dell'udienza; che manca ogni argomentazione sui rapporti tra le norme regolatrici dell'istanza di fissazione dell'udienza nonche' del controllo sulla relativa legittimita' e quelle che stabiliscono le conseguenze processuali da essa prodotte; che la motivazione dell'ordinanza e', pertanto, carente sia sotto il profilo della rilevanza sia riguardo alla individuazione del quadro normativo e al giudizio di non manifesta infondatezza; che da tali carenze consegue la manifesta inammissibilita' della questione. Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.