ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale dell'art. 19, comma 2,
lettera d),  del  decreto  legislativo  25 luglio 1998, n. 286 (Testo
unico  delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione
e norme sulla condizione dello straniero), promosso con ordinanza del
12 ottobre  2005  dal giudice di pace di Genova, sul ricorso proposto
da  V.G.G.M.  contro  il  Prefetto  di Genova, iscritta al n. 195 del
registro  ordinanze  2006 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 26, 1ª serie speciale, dell'anno 2006.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera di consiglio del 22 novembre 2006 il giudice
relatore Maria Rita Saulle.
    Ritenuto  che  il  giudice  di  pace  di  Genova,  con  ordinanza
depositata  il  12 ottobre  2005,  ha  sollevato, in riferimento agli
artt. 2,  30,  31  e 32 della Costituzione, questione di legittimita'
costituzionale   dell'art. 19,   comma 2,   lettera d),  del  decreto
legislativo  25 luglio  1998,  n. 286 (Testo unico delle disposizioni
concernenti  la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione
dello  straniero),  nella  parte  in  cui  prevede  che il decreto di
espulsione  debba essere eseguito anche nei confronti dello straniero
extracomunitario  legato  da vincolo affettivo con una donna in stato
di gravidanza;
        che  il giudizio a quo ha ad oggetto l'opposizione al decreto
di  espulsione  emesso  dal  Prefetto  di  Genova  nei  confronti  di
V.G.G.M.,  cittadino  extracomunitario, in quanto questi, entrato nel
territorio  dello  Stato  sottraendosi ai controlli di frontiera, non
aveva richiesto il permesso di soggiorno entro i termini di legge;
        che   il  rimettente,  in  punto  di  fatto,  rileva  che  il
ricorrente   risulta   legato   affettivamente,  sulla  base  di  una
dichiarazione scritta dall'interessata, con una cittadina ecuadoriana
in  stato  di  gravidanza  e  in attesa del permesso di soggiorno per
motivi di salute;
        che,   a   parere   del   giudice   a  quo,  l'art. 16  della
Dichiarazione  universale  dei  diritti  dell'uomo  e  l'art. 8 della
Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle
liberta'  fondamentali,  resa  esecutiva  con la legge 4 agosto 1955,
n. 848  (Ratifica ed esecuzione della Convenzione per la salvaguardia
dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali firmata a Roma il
4 novembre 1950 e del Protocollo addizionale alla Convenzione stessa,
firmato  a  Parigi  il  20 marzo  1952),  nel  prestare  tutela  alla
famiglia,  prescindono dal fatto che la stessa sia fondata o meno sul
vincolo del matrimonio;
        che, secondo il rimettente, la norma impugnata violerebbe gli
artt. 2  e  30  della Costituzione, in quanto impedirebbe l'esercizio
del  diritto  fondamentale di mantenere, istruire ed educare i figli,
anche  se  nati  fuori dal matrimonio, nonche' priverebbe di tutela e
assistenza materiale il nascituro;
        che  l'art. 19,  comma 2,  lettera d),  del d.lgs. n. 286 del
1998,   sarebbe,   altresi',   in   contrasto   con  l'art. 31  della
Costituzione,  che  attribuisce  allo  Stato il compito di agevolare,
nell'ambito della famiglia, l'istruzione e l'educazione dei figli;
        che,  ad  avviso  del  rimettente,  il  decreto di espulsione
impugnato  violerebbe  anche  l'art. 32 della Costituzione, in quanto
limita  il  dovere  inderogabile di solidarieta' connesso alla tutela
del diritto alla salute;
        che  e'  intervenuto  in giudizio il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato,  concludendo  per  la  declaratoria  di manifesta infondatezza
della questione;
        che  l'esecuzione  del  provvedimento di espulsione, a parere
della   difesa   erariale,   non  pregiudica  il  diritto-dovere  del
ricorrente  di  adempiere  ai  suoi doveri di padre del nascituro una
volta   che   quest'ultimo,  venuto  al  mondo,  venga  dallo  stesso
riconosciuto;
        che,   secondo   l'Avvocatura,   l'ordinamento   non  prevede
situazioni  soggettive  tutelabili  in  capo al presunto padre, prima
della   nascita  del  concepito,  «fino  al  punto  di  sottrarlo  al
trattamento sanzionatorio derivante dalla violazione di leggi»;
        che,   a   parere   della  difesa  erariale,  in  favore  del
ricorrente,  in  quanto  convivente  e non unito in matrimonio con la
madre   del   nascituro,   non   si  puo'  invocare  l'illegittimita'
costituzionale  dell'art. 19,  comma 2, lettera d), del d.lgs. n. 286
del  1998  sulla  base  della  sentenza n. 376 del 2000, con la quale
questa Corte, al fine di assicurare un'adeguata tutela alla famiglia,
ha  dichiarato  illegittima  la  norma  citata nella parte in cui non
prevedeva   il   divieto  di  espulsione  nei  confronti  del  marito
convivente con donna in stato di gravidanza o nei sei mesi successivi
alla nascita del figlio;
        che,    comunque,    i   valori   dell'unita'   familiare   e
dell'interesse  dei  figli  minori devono essere bilanciati con altri
valori  aventi uguale dignita' costituzionale, quali quelli garantiti
e  protetti  dalla normativa in materia di ingresso e soggiorno degli
stranieri nel territorio nazionale;
        che,  infine,  la  parte  pubblica ritiene non applicabile al
giudizio   a   quo  la  legge  8 marzo  2000,  n. 52  [recte:  n. 53]
(Disposizioni  per  il  sostegno della maternita' e della paternita',
per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei
tempi  delle  citta), che ha introdotto una disciplina a tutela della
funzione  genitoriale  a  prescindere  dall'esistenza del rapporto di
coniugio,  attesa  la  presenza irregolare nel territorio dello Stato
del ricorrente.
    Considerato  che  il  giudice  di pace di Genova ha sollevato, in
riferimento  agli  artt. 2, 30, 31 e 32 della Costituzione, questione
di legittimita' costituzionale dell'art. 19, comma 2, lettera d), del
decreto   legislativo  25 luglio  1998,  n. 286  (Testo  unico  delle
disposizioni  concernenti  la  disciplina  dell'immigrazione  e norme
sulla  condizione dello straniero), nella parte in cui prevede che il
decreto di espulsione debba essere eseguito anche nei confronti dello
straniero  extracomunitario legato da una relazione affettiva con una
donna  in  stato di gravidanza e in attesa del permesso di soggiorno,
impedendo  cosi'  a  costui  di  assicurare  alla  donna  stessa e al
nascituro assistenza materiale e morale;
        che  il  rimettente,  in  altro  procedimento,  ha  sollevato
analoga  questione  dichiarata  dalla  Corte manifestamente infondata
(ordinanza n. 192 del 2006);
        che  la  Corte  con  l'indicata  pronuncia  ha  affermato che
l'art. 19, comma 2, lettera d), del d.lgs. n. 286 del 1998, non viola
gli  artt. 2  e  30 della Costituzione, in quanto la previsione della
temporanea sospensione del potere di espulsione «delle donne in stato
di  gravidanza  o nei sei mesi successivi alla nascita del figlio cui
provvedono»,  estesa,  per  effetto della sentenza n. 376 del 2000 di
questa   Corte,  al  rispettivo  marito  convivente,  presuppone  una
certezza dei rapporti familiari che non e' dato riscontrare - e tanto
meno  e'  dato  verificare  nel  giudizio  a  quo  -  nel caso di una
relazione  di  fatto  che,  come  tale, non puo' che essere affermata
dagli interessati;
        che,  sempre  con  la medesima pronuncia, la Corte ha escluso
che  l'art. 19,  comma 2, lett. d), del d.lgs. n. 286 del 1998, violi
l'art. 32   della   Costituzione,   in   quanto   «le  ragioni  della
solidarieta'  umana non sono di per se' in contrasto con le regole in
materia  di  immigrazione  previste in funzione di un ordinato flusso
migratorio   e  di  un'adeguata  accoglienza  ed  integrazione  degli
stranieri»;
        che,  come  questa  Corte  ha gia' precisato, l'art. 31 della
Costituzione  e'  volto  a  salvaguardare  la  famiglia come societa'
naturale  fondata  sul matrimonio e non puo', quindi, essere invocato
in  riferimento  ad  una  situazione  quale  quella  prospettata  dal
rimettente (sentenza n. 70 del 1999);
        che,  pertanto,  la  questione e' manifestamente infondata in
quanto  nessuno  dei  parametri  evocati  risulta violato dalla norma
impugnata.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.