LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE

    Ha  emesso la seguente ordinanza sul ricorso n. 132/05 depositato
l'8 febbraio  2005  avverso altro n. RE3CR04000870/2004 rec. credito.
imp  2001  contro  Agenzia  entrate  ufficio  Benevento  proposto dal
ricorrente:  Pagnozzi  Roberto,  via  Pietrastornina  n. 29  -  82017
Pannarano  (Benevento), difeso da: Buono dott. Enrico, via S. Martino
n. 91    -    82016    Montesarchio    (Benevento),   avverso   altro
n. RE3CR04000870/2004  rec.  credito imp. 2002 contro Agenzia entrate
ufficio Benevento proposto dal ricorrente: Pagnozzi Roberto.

                      Svolgimento del processo

    Con    avviso    di    recupero    di    credito    di    imposta
n. RE3CR0400870/2004,  notificato in data 19 novembre 2004, l'Agenzia
delle  entrate  di Benevento intimava a Pagnozzi Roberto il pagamento
della somma di Euro 17.384,80, oltre interessi e sanzioni per crediti
indebitamente  utilizzati,  ai  sensi  della  legge 23 dicembre 2000,
n. 388.
    L'Ufficio  adduceva,  a  fondamento della propria pretesa, che il
contribuente  non aveva provveduto all'invio del modello CVS nei modi
e  termini  previsti  dall'art. 62 della legge n. 289 del 27 dicembre
2002;  che  lo  stesso  aveva  portato  in compensazione l'importo di
Euro 1.180,60  in  data  15  novembre  2002,  e, cioe', in periodo di
sospensione disposta dall'art. 1 del d.l. n. 253/2002.
      Avverso  tale atto proponeva ricorso il contribuente sostenendo
che  la  normativa  richiamata dall'Ufficio si riferisce a contributi
maturati  precedentemente  all'8 luglio 2002 e non ancora utilizzati,
non  anche  ai  contributi  interamente  utilizzati,  quali quelli in
questione.
    Resisteva  l'Agenzia  delle  entrate  di Benevento con memoria di
costituzione.
    Nelle  more  la  SARI  -  servizio  di  riscossione  tributi - di
Benevento  iscriveva  a  ruolo le somme dovute a seguito dell'atto di
recupero.  Il  contribuente,  con  atto  del 7 maggio 2005, proponeva
istanza   di   sospensione  della  esecutorieta'  della  cartella  di
pagamento la quale veniva accolta dalla Commissione con provvedimento
del  29  giugno  2005. Deduceva, in aggiunta ai motivi gia' addotti a
fondamento  della  sua  impugnazione  dell'avviso  di  recupero,  che
l'art. 62  della  legge  n. 289  del  27  dicembre 2002, in quanto in
contrasto  con  lo Statuto del contribuente, deve essere disapplicato
da questa Commissione.

                       Motivi della decisione

    Va   preliminarmente   esaminata   la  questione  riguardante  il
contrasto,  evidenziato  dal  ricorrente,  fra  l'art. 62 della legge
n. 289  del  27 dicembre 2002 e lo Statuto del contribuente (legge 27
luglio 2000, n. 212).
    Ritiene  la  commissione  che  il  menzionato  contrasto pone una
questione  di  legittimita'  costituzionale  del  citato  art. 62 con
riguardo  agli  artt. 97  e  24 della Costituzione, questione che qui
viene sollevata d'ufficio.
    La   predetta   eccezione   di   legittimita'  costituzionale  e'
certamente  influente, ai fini della decisione. E' evidente, infatti,
che  la  eventuale  illegittimita'  costituzionale dell'art. 62 della
legge  n. 289/2002,  finirebbe  per  travolgere la pretesa tributaria
dell'ufficio che in detta norma trova il suo fondamento.
    La  sollevata  eccezione  di  legittimita' costituzionale appare,
altresi',  non  manifestamente  infondata  per  i  motivi  di seguito
riportati.
    Va  premesso,  in  punto  di  fatto,  che l'art. 8 della legge 23
dicembre  2000,  n. 388  attribuisce  alle imprese «che attuano nuovi
investimenti»,  «un  contributo  nella  forma di credito di imposta»,
condizionando  detta  attribuzione  all'invio al «centro operativo di
Pescara   dell'Agenzia  delle  entrate  una  istanza  contenente  gli
elementi  identificativi dell'impresa, l'ammortamento complessivo dei
nuovi  investimenti e la ripartizione regionale degli stessi, nonche'
l'impegno,  a  pena  di  disconoscimento del beneficio, ad avviare la
realizzazione   degli   investimenti  successivamente  alla  data  di
presentazione  della medesima istanza e comunque entro sei mesi dalla
predetta data».
    L'art. 62 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, entrata in vigore
il  l°  gennaio  2003  ha sancito l'obbligo per «i soggetti che hanno
conseguito  il  diritto  a  contributo anteriormente alla data dell'8
luglio  2002»,  di  inviare  entro  il  28  febbraio 2003, «a pena di
decadenza  dal  contributo conseguito automaticamente» ed utilizzando
un modello da predisporsi dal direttore dell'Agenzia delle Entrate, i
dati  occorrenti  per  la ricognizione degli investimenti realizzati.
Appare   evidente,   da  quanto  sopra  riportato,  che  il  disposto
dell'art. 62  della citata legge n. 289 del 2002 realizza una duplice
violazione dell'art. 3 dello Statuto del contribuente. Esso, infatti,
si configura, per un verso, come retroattivo, andando ad incidere sul
diritto   al   contributo  gia'  in  precedenza  maturato  in  favore
dell'imprenditore, contravvenendo, in tal modo al disposto del citato
art. 3,  primo  comma;  viola,  per altro verso, il secondo comma del
medesimo  art. 3,  ponendo  a  carico  del soggetto un adempimento da
realizzarsi in un periodo di tempo inferiore ai sessanta giorni.
    Orbene  le  predette  violazioni  dell'art.  3  dello Statuto del
contribuente   si   configurano,   altresi',   a   parere  di  questa
commissione, come violazioni dgli artt. 97 e 24 della Costituzione.
    L'art. 1  dello  Statuto  del contribuente sancisce espressamente
che  le  disposizioni  in  esso  contenute sono dettate in attuazione
degli artt. 3, 23, 53 e 97 della Costituzione». Il che significa che,
a  giudizio  del  legislatore,  ogni  disposizione  precettiva  dello
Statuto   del   contribuente   e'   espressione   di   un   principio
costituzionale.  La  regola  enunciata  ha trovato piena applicazione
nella  giurisprudenza  della Corte di cassazione la quale, dopo avere
ripetutamente  statuito che il dubbio interpretativo sulla portata di
una   qualsiasi   disposizione   tributaria   deve   essere   risolto
dall'interprete nel senso piu' conforme ai principi dello Statuto, ha
aggiunto,  significativamente,  (Cass.  14 aprile 2004, n. 7080) «che
l'interpretazione  conforme  a  statuto  si  risolve,  in  definitiva
nell'interpretazione conforme alle norme costituzionali richiamate».
    E',  ovviamente,  compito  dell'interprete individuare i principi
costituzionali  contenuti  in  ogni  singola  norma dello Statuto del
contribuente.  In  siffato,  compito, pero' l'interprete non puo' non
tener  conto  delle  indicazioni, anche indirette, che provengono dal
legislatore medesimo.
    Con specifico riguardo all'art. 3 dello Statuto del contribuente,
e'  da  ritenere  che il legislatore abbia avvertito la necessita' di
sancire   la   irretroattivita'   della   legge   tributaria   e   la
impossibilita'  di  assegnare  al contribuente, per gli adempimenti a
suo  carico,  un termine inferiore a sessanta giorni, sul presupposto
che  la  retroattivita'  della  predetta legge e l'assegnazione di un
termine  inferiore  ai sessanta giorni, sia contrario al principio di
correttezza  e buona fede cui devono essere improntati i rapporti tra
amministrazione  e  contribuente.  Principio  questo  che deve essere
osservato   non   solo   dall'amministrazione   finanziaria  in  fase
applicativa,  ma  anche  dallo stesso legislatore tributario all'atto
dell'emanazione   delle   fonti  normative  (Cass.  14  aprile  2004,
n. 7080).  A detto presupposto, ritiene questa Commissione di doversi
attenere.  Orbene  non  v'e' dubbio che il principio di correttezza e
buona  fede  e'  riconducibile all'art. 97 della Costituzione essendo
evidente  che  in  assenza di correttezza e di buona fede non possono
certo   essere   assicurati  «il  buon  andamento  e  l'imparzialita'
dell'amministrazione».
    Con  specifico riferimento all'inosservanza del termine minimo di
sessanta  giorni  da  assegnare al contribuente per gli adempimenti a
suo  carico,  viene,  altresi', in rilievo la violazione dell'art. 24
della  Costituzione.  E'  da  ritenere,  infatti,  che il legislatore
medesimo abbia considerato il termine di sessanta giorni, come quello
minimo  indispensabile  perche'  il  contribuente possa esplicare gli
adempimenti  a  suo  carico  a tutela dei suoi diritti e, quindi, del
diritto alla difesa.
    A  nulla  rileva  poi che l'art. 24 della Costituzione non figuri
fra  quelli  richiamati  dall'art.  1, primo comma, dello Statuto del
contribuente.  L'elencazione  contenuta  in quest'ultima disposizione
normativa  e'  da considerare, infatti, non tassativa, ben potendo il
giudice  ordinario,  nel procedimento di individuazione di ipotesi di
contrarieta' fra legge ordinaria e principio costituzionale, scorgere
in  alcune norme dello Statuto del contribuente la estrinsecazione di
principi  costituzionali deducibili da altre disposizioni della Carta
costituzionale,  oltre  quelle  espressamente richiamate dalla citata
legge ordinaria n. 212/2000.
    Premesso  quanto  innanzi gli atti del procedimento vanno rimessi
dinanzi  alla Corte costituzionale, ai sensi dell'art. 23 della legge
11 marzo 1953, n. 87.