ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 23 della legge
17 febbraio   1992,   n. 179   (Norme   per  l'edilizia  residenziale
pubblica),  promosso  con ordinanza del 26 gennaio 2006 dal Tribunale
di  Modena, nel procedimento civile vertente tra Odorici Roberta e il
comune  di  Vignola,  iscritta  al  n. 194  del  registro ordinanze e
pubblicata  nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 26, 1ª serie
speciale, dell'anno 2006;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  Camera  di consiglio del 6 dicembre 2006 il giudice
relatore Giuseppe Tesauro;
    Ritenuto che il Tribunale di Modena, con ordinanza del 26 gennaio
2006,   ha   sollevato   questione   di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 23  (recte: art. 23, comma 2) della legge 17 febbraio 1992,
n. 179  (Norme  per l'edilizia residenziale pubblica), in riferimento
agli artt. 3 e 42 della Costituzione;
        che,  nel  giudizio a quo, la proprietaria di un appartamento
edificato  su  di  un  suolo  concesso  in  proprieta'  dal comune di
Vignola,   destinato  ad  edilizia  abitativa  residenziale  di  tipo
economico  e  popolare,  compreso  nel piano di zona formato ai sensi
delle   leggi  13 aprile  1962,  n. 167  (Disposizioni  per  favorire
l'acquisizione  di  aree  fabbricabili  per  l'edilizia  economica  e
popolare)  e  22 ottobre  1971,  n. 865  (Programmi  e  coordinamento
dell'edilizia  residenziale  pubblica; norme sulla espropriazione per
pubblica  utilita';  modifiche  ed  integrazioni alla legge 17 agosto
1942, n. 1150; legge 18 aprile 1962, n. 167; legge 29 settembre 1964,
n. 847;  ed  autorizzazione  di spesa per interventi straordinari nel
settore  dell'edilizia  residenziale,  agevolata e convenzionata), ha
chiesto  la  condanna  di  detto comune alla restituzione della somma
allo  stesso  versata,  alla  scopo di ottenere l'autorizzazione alla
vendita  dell'alloggio, pari alla differenza tra il valore di mercato
dell'area  al  momento  dell'alienazione  ed  il  prezzo  di acquisto
stabilito   nella   convenzione   urbanistica   stipulata   ai  sensi
dell'art. 35 della legge n. 865 del 1971;
        che,  secondo  il  Tribunale  di  Modena, la norma impugnata,
abrogando  i  commi  dal  quindicesimo al diciannovesimo dell'art. 35
della  legge  n. 865  del  1971,  ha  eliminato  i  vincoli temporali
stabiliti  per  la  cessione  degli  alloggi oggetto della norma, con
conseguente    insussistenza   dell'obbligo   del   proprietario   di
corrispondere  al  comune  la  citata  somma, nel caso di alienazione
dell'immobile anteriormente al termine dalla stessa fissato;
        che,   ad  avviso  del  rimettente,  l'abrogazione  di  detti
divieti,  disposta  «con effetto ex nunc», comporterebbe comunque «la
cessazione   dell'efficacia   delle   clausole  contrattuali  che  li
riportano,  indipendentemente  dal fatto che la Convenzione sia stata
stipulata prima dell'entrata in vigore della legge abrogativa»;
        che  il giudice a quo da' atto che il convenuto ha, tuttavia,
eccepito l'illegittimita' costituzionale dell'art. 23, comma 2, della
legge  n. 179  del  1992  «rispetto al principio di parita' stabilito
dall'art. 3  della  Costituzione  nonche'  rispetto all'art. 42 della
medesima,  con  riferimento alla funzione sociale della proprieta» e,
quindi,  solleva  questione  di  costituzionalita'  di detta norma in
riferimento ad entrambi i parametri;
        che  e'  intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato,  chiedendo  che  la  questione  sia  dichiarata manifestamente
inammissibile,   per  difetto  di  motivazione  in  ordine  alla  non
manifesta infondatezza.
    Considerato  che il Tribunale di Modena dubita della legittimita'
costituzionale  dell'art. 23  (recte:  art. 23,  comma 2) della legge
17 febbraio   1992,   n. 179   (Norme   per  l'edilizia  residenziale
pubblica), in riferimento agli artt. 3 e 42 della Costituzione;
        che   l'ordinanza   di   rimessione  manca  del  tutto  della
motivazione in ordine alla non manifesta infondatezza della questione
ed  il mero rinvio alla richiesta della difesa di una delle parti non
puo'  colmare  detta  lacuna,  in  quanto  «il  giudice  deve rendere
esplicite    le   ragioni   che   lo   portano   a   dubitare   della
costituzionalita'  della  norma  con una motivazione autosufficiente»
(cosi', per tutte, ordinanze n. 423 e n. 312 del 2005);
        che,    pertanto,   indipendentemente   da   ogni   ulteriore
valutazione,  deve  essere  dichiarata  la manifesta inammissibilita'
della presente questione di legittimita' costituzionale.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.