Il  Tribunale  civile  di  Roma  sezione  prima  in  persona  del
dott. Maurizio Durante in funzione di giudice unico propone conflitto
di   attribuzione  nei  confronti  del  senato  della  Repubblica  in
relazione  alla  delibera adottata nella seduta del 23 marzo 2005, su
conforme proposta della giunta per le autorizzazioni a procedere, con
la  quale  si  e'  dichiarato che i fatti oggetto del giudizio civile
proposto  dall'on. avv. Cesare  Previti  nei  confronti  della  Nuova
Iniziativa Editoriale S.p.A., di Marco Furio Colombo e dell'on. Nando
Dalla Chiesa concernono opinioni espresse dal senatore nell'esercizio
delle funzioni ai sensi dell'art. 68 comma I Cost.
    Va  premesso  che  l'on. Previti  conveniva  in giudizio con atto
notificato  il  5,  6,  9  novembre  2004  la  soc.  Nuova Iniziativa
Editoriale,  quale  editrice  del  quotidiano  l'Unita',  Marco Furio
Colombo quale direttore del quotidiano, ed il sen. Nando dalla Chiesa
per   sentirli   condannare,   previo   accertamento   del  reato  di
diffamazione,  al risarcimento dei danni derivati dalla pubblicazione
di tre articoli, 3 maggio, 5 maggio e 14 luglio 2004 a firma del sen.
Nando  Dalla  Chiesa  sul quotidiano L'Unita' relativi alla questione
della gestione dell'eredita' della Marchesa Anna Maria Casati Stampa,
culminata   nella   cessione  della  villa  San  Martino  di  Arcore,
ricostruzione da dire dell'attore costellata di notizie false e prive
di  fondamento  dirette  a  fornire  una immagine fortemente negativa
dell'on. Previti  con  il  preciso obiettivo di screditare la persona
del Presidente del Consiglio on. Berlusconi e delle persone che fanno
parte del suo entourage piu' ristretto.
    Specificamente  il  primo  articolo,  dal  titolo «La villa della
marchesina  sedotta e bidonata» riguarda la situazione nella quale si
trovava  Anna Maria Casati Stampa dopo il suicidio del padre marchese
Camillo  Casati  e  sull'incarico  che  l'allora avv. Previti avrebbe
ricevuto  dai  partenti  della  moglie  del  marchese  (uccisa  nella
medesima  circostanza unitamente all'amante) per la tutela delle loro
ragioni  nella  causa ereditaria che intendevano promuovere. L'attore
ha  contestato tale circostanza cosi' come l'affermazione secondo cui
«egli  dopo aver patrocinato le ragioni della parte offesa, si offri'
in  soccorso  alla  parte  vincente,  ossia  alla  marchesina, appena
diciannovenne».  La  seconda  circostanza  contestata  dall'attore e'
quella  secondo la quale «la marchesina rimase, con quel patrimonio a
lei  intestato, affidata alle sapienti mani del senatore Bergamasco e
dell'avvocato   Previti»  mentre  in  decreto  del  giudice  tutelare
relativo  alla  giovane  erede  riguardava esclusivamente il senatore
Bergamasco,  essendo  stato  conferito  all'attore  esclusivamente il
mandato  professionale ad assistere la giovane nella vendita di parte
delle proprieta' immobiliari «per realizzare quella liquidita' che le
avrebbe  consentito  di risolvere i problemi finanziari connessi alla
successione».  La  terza  circostanza contestata riguarda la cessione
della  villa  San Martino, risalente all'anno 1974, che sarebbe stata
il  frutto  di  una  occulta  regia  dell'attore al fine di sottrarre
all'ereditiera  il  complesso  ad  un  prezzo irrisorio da pagare con
comode  dilazioni.  L'attore  ha dedotto che la vendita fu operazione
della  sola ereditiera, divenuta nel frattempo maggiorenne, indicando
documentazione dalla quale si dedurrebbe che la vendita fu effettuata
ad  un  prezzo  del  tutto  congruo  allo  stato  del complesso, alle
richieste dei contadini ed alla situazione ipotecaria e fiscale e che
comunque  il  prezzo sarebbe stato corrisposto interamente ab inizio.
Contesta  ancora  l'attore  che  la  ricostruzione  della  vicenda lo
farebbe  apparire come un avvocato senza scrupoli che avrebbe frodato
la propria cliente.
    Il  secondo  articolo  «Signori,  una  coppola di champagne», con
probabile  riferimento ad infiltrazioni mafiose, si sviluppa in forma
dialogica  fra  Previti e Berlusconi a commento quale precostituzione
di  un  alibi per spiegare verosimilmente il ribasso del prezzo ed il
rigetto della offerta di altro acquirente.
    Il terzo articolo, dal titolo «Sono ricco, colto e ha fatto tutto
da  solo»,  ripropone  la  notizia  gia' adombrata nel primo articolo
secondo   la   quale   Berlusconi   si  sarebbe  appropriato,  grazie
all'operazione  messa in essere dal Previti, anche di quadri del `400
e  del  `500, fra i quali un Tintoretto, e di una biblioteca di oltre
10.000  volumi  lasciati  dalla  marchesina  Casati  Stampa  dopo  la
vendita. L'attore ha affermato che al momento della vendita non c'era
nella  villa  alcun  oggetto  di  particolare valore perche' notevole
parte  dei  beni  e dei mobili era stata inviata in Brasile al marito
della  marchesina  ed una folta schiera di dipinti era stata affidata
alla casa d'aste Cheristies per la vendita.
    L'attore  ha  dedotto che l'indicazioni di circostanza false e la
espressioni comunque dubitative hanno leso la propria reputazione.
    Nella relazione della Giunta per le autorizzazioni a procedere la
maggioranza   ha   riconosciuto   l'insindacabilita'  delle  opinioni
espresse  dal senatore Dalla Chiesa, pur se dissenziente dalla natura
esclusivamente  satirica  o grottesca delle opinioni da lui espresse,
sulla  volonta'  di  fissare  un punto di equilibrio tra esternazioni
pubbliche  del  parlamentare e tutela della riservatezza del soggetto
destinatario  di  tali  esternazioni  nel  senso  che  tale  punto di
equilibrio non puo' che passare per l'affermazione secondo cui in una
controversia   fra   parlamentari   esistono   mezzi  di  tutela  non
giurisdizionali  che  consentono ad ambedue le parti di rappresentare
la propria posizione, il che riduce l'offensivita' delle affermazioni
ad  un  livello  accettabile per soggetti aventi un rilievo pubblico.
Questo  sul rilievo che la battaglia politica rappresenta un contesto
nel  quale, anche in assenza di atti formali, puo' essere espresso un
giudizio  politico  verso  altri parlamentari cui affari non sono mai
completamente privati in quanto si traducono in elementi qualificanti
della    condotta   pubblica   e   del   giudizio   che   sollecitano
nell'elettorato. Evidenziare tali elementi non puo' essere inibito ad
un  rappresentante  della  sovranita' popolare se non a rischio di un
irrigidire  il  dibattito  politico oltre il consentito da un sistema
compitamente  democratico.  La  giunta  per  le autorizzazioni ha poi
compiuto  un  riepilogo  della situazione in esame dal punto di vista
costituzionale e legislativo.
    Il  senato  ha  poi  approvato  nella seduta del 23 marzo 2005 la
proposta  della  Giunta  per  le  immunita'  parlamentari che i fatti
oggetto  del  procedimento  concernono opinioni espresse da un membro
del  Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni e ricadono pertanto
nell'ipotesi di cui all'articolo 68, primo comma, della Costituzione.
    La  Corte  e'  chiamata  a  controllare  la correttezza sul piano
costituzionale della pronuncia ed a verificare la sussistenza di tale
prerogativa a favore del sen. Dalla Chiesa nel senso della piu' ampia
e flessibile valutazione stabilita dalla legge 140/2003.
    La Corte ha gia' precisato il significato di nesso funzionale tra
dichiarazioni   ed   attivita'   parlamentare   non   come   semplice
collegamento  di argomento o di contesto tra attivita' parlamentare e
dichiarazione  ma  come  identificabilita' della dichiarazione stessa
quale  espressione  di  attivita'  parlamentare  ed,  inoltre, che le
dichiarazioni   dei   parlamentari   rese  all'esterno  degli  organi
parlamentari  sono  insindacabili  solo  ove  sia  riscontrabile  una
corrispondenza  sostanziale  di  contenuti della dichiarazione stessa
con atti parlamentari.
    Sulla  base  di  tali  principi  la  delibera  del  senato  della
Repubblica  appare  censurabile  in  quanto  gli articoli scritti dal
sen. Dalla  Chiesa e pubblicati dal quotidiano L'Unita' non risultano
assolutamente  collegati  ad  una qualche attivita' istituzionale del
sen. Dalla  Chiesa il quale d'altra parte ha contestato la domanda in
sede  giudiziale  sul  rilievo  dell'assenza di elementi diffamatori,
essendosi  trattato  nel  caso  unicamente  di  scritti dal contenuto
satirico o grottesco.
    Anche  irrilevante  appare  la  circostanza indicata dalla Giunta
delle  autorizzazioni  secondo  la  quale,  trattandosi  nel  caso di
parlamentari,  solo  il  parlamento  sarebbe  la  sede  congrua  alla
soluzione della questione.
    In  conclusione  il  senato  della  Repubblica ha interpretato in
maniera  erronea  la  nozione di esercizio della funzione poiche' gli
articoli  giornalistici  redatti  dal  sen. Dalla  Chiesa non possono
ritenersi legati alle sue funzioni parlamentari, non essendo pertanto
invocabile  per  tali  articoli  l'immunita' di cui all'art. 68 primo
comma Cost.
    Deve  infine  altresi'  ricordare  quanto  ritenuto  dalla  Corte
europea  dei  diritti  dell'uomo  nella  nota  sentenza 3 giugno 2004
(definitiva  in  data  10  novembre  2004)  in ordine alla violazione
dell'art. 6  della  Convenzione europea dei diritti dell'Uomo per cui
«ogni  persona  ha  diritto  che  la  causa  sia esaminata .... da un
Tribunale  ....  che  decidera'  ....  delle  contestazioni  sui suoi
diritti  ed  obblighi di carattere civile», specificamente in un caso
di ricorrenza di pronuncia di immunita' parlamentare ex art. 68 Cost.
per  dichiarazioni  rese  da  parlamentare  al di fuori di una camera
legislativa  e  non  legate  ad  esercizio  di  funzioni parlamentari
stricto  sensu,  in  quanto  la  mancanza  di  un  nesso evidente con
l'attivita'  parlamentare  richiede  una mirata interpretazione della
nozione  di  proporzionalita'  tra lo scopo dell'immunita' ex art. 68
Cost.   ed  i  mezzi  utilizzati  cosi'  da  rispettare  il  corretto
equilibrio  tra  l'interesse generale della comunita' (tutelate dalla
prerogativa  parlamentare) e la salvaguardia dei diritti fondamentali
della  persona al fine di evitare che l'accesso al Tribunale da parte
del cittadino nei confronti di un membro del Parlamento sia ristretto
in modo incompatibile con il citato art. 6 C.e.d.u.