LA CORTE DI APPELLO

    Ha  pronunciato la seguente ordinanza nella causa civile iscritta
al  n. 1368/04 R.G. promossa da Semprini Maria Teresa, vedova Lacusa,
residente  in  Torino,  c.so Taranto n. 80, rappresentata e difesa ai
fini  del  presente giudizio dagli avvocati prof. Claudio Dal Piaz ed
Oreste  Longhi del foro di Torino ed elettivamente domiciliata presso
lo  studio in Torino, via S. Agostino n. 12, come da procura speciale
a   margine   dell'atto   di  citazione  in  appello,  parte  attrice
appellante;
    Contro  Comune di Torino, con sede nel Palazzo di Citta', Torino,
in  persona  del  sindaco  pro  tempore,  rappresentato  e difeso sia
congiuntamente  che  disgiuntamente  dagli avvocati Maria D. Cisaro e
Giuseppina  Gianotti,  in forza di procura generale alle liti (rogito
notaio  D'Ambrosi in data 11 febbraio 2002 rep. 43594/12344) e presso
le  stesse  elettivamente domiciliato in Torino, Avvocatura comunale,
piazza Palazzo di Citta' n. 1, parte convenuta appellata.
    1.  -  Premesso  che  con  ricorso  11 agosto  1993 al pretore di
Torino,  ex  art. 11 d.P.R. 30 dicembre 1972, n. 1035, Semprini Maria
Teresa  chiese  che  fosse dichiarata la nullita' del decreto in data
16 luglio  1993,  notificatole  il  16 luglio  1993,  con il quale il
subcommissario  Settore  amministrativo  XXI Edilizia  abitativa  del
Comune  di  Torino  la  dichiarava  decaduta  dall'assegnazione di un
alloggio  di  edilizia  residenziale  pubblica, sito in Torino, corso
Taranto n. 80, quartiere 45, alloggio 23;
        che la decadenza era stata dichiarata «ai sensi dell'art. 21,
lettera d) della legge Regione Piemonte del 10 dicembre 1984, n. 64»,
per  la  perdita  dei  requisiti  prescritti dalla legge stessa, e in
particolare  del  requisito previsto dall'art. 2, comma 1, lettera d)
della  stessa  legge,  richiamato  dall'art. 21, comma 1, lettera d),
poiche'  la  Semprini  era  proprietaria di un immobile sito in Ulzio
(Torino),  della  superficie  di  mq 40 circa, il cui valore locativo
complessivo, determinato ai sensi della legge 27 luglio 1978, n. 392,
era  superiore  al  valore  locativo di alloggio con condizioni medie
abitative  nell'ambito  regionale,  indicato dalla legge regionale in
lire 10 milioni;
        che   la   ricorrente   allegava   che   il  valore  locativo
dell'immobile,  calcolato  in  base alla legge n. 392/1978 risultava,
dalla  perizia  da  essa stessa presentata nel corso del procedimento
amministravo,  di  lire  10.382.112; che tuttavia la predetta perizia
era  «errata  per eccesso», perche' fondata su un errato coefficiente
di  vetusta',  mentre,  in  base  alla nuova perizia che produceva in
giudizio,   il   valore   locativo  dell'immobile  ammontava  a  lire
9.535.387,  ed  era  quindi  inferiore  al limite previsto dal citato
art. 2, primo comma, lett. d) della legge regionale;
        che  il comune di Torino si costitui' eccependo il difetto di
giurisdizione    del   giudice   ordinario   adito,   affermando   la
giurisdizione  del  giudice  amministrativo, e contestando il ricorso
nel merito;
        che  il  pretore,  con sentenza 28 gennaio 1998, dichiaro' il
difetto di giurisdizione del giudice ordinario;
        che  la  Semprini  impugno'  la  detta  decisione  dinanzi al
Tribunale  di  Torino,  il  quale,  con  sentenza  14 luglio 2000, in
riforma  dell'appellata  sentenza,  dichiaro'  la  giurisdizione  del
giudice ordinario e rimise le parti dinanzi al primo giudice;
        che detta sentenza e' passata in giudicato;
        che  con  atto  di  citazione notificato l'11 gennaio 2001 la
Semprini  ha  riassunto  il  giudizio dinanzi al Tribunale di Torino,
quale  giudice  di primo grado, ribadendo le domande e le difese gia'
formulate dinanzi al pretore;
        che il Comune di Torino si e' costituito chiedendo il rigetto
della domanda attorea e la conferma del decreto di decadenza;
        che  il  tribunale, con sentenza 4 marzo 2004, ha respinto la
domanda  della  Semprini,  sul  rilievo  che dalla consulenza tecnica
esperita  era stato accertato che il valore locativo dell'immobile in
Ulzio di proprieta' dell'attrice ammontasse a lire 12.358.305;
        che  con  atto  notificato  il  1° giugno 2004 la Semprini ha
proposto  appello avverso la decisione del tribunale, lamentando, nel
merito,  l'eccessivita' del valore locativo accertato dal consulente;
sostenendo  che  l'art. 2,  lett. d)  della legge regionale n. 64 del
1984  debba  essere interpretata nel senso che si debba aver riguardo
al criterio delle condizioni abitative medie nell'ambito regionale in
esso  menzionate, e non al valore locativo determinato ai sensi della
legge  n. 392/1978;  il  che  sarebbe  confermato  dal  fatto  che la
delibera  del  CIPE  13 marzo 1995 ha eliminato il riferimento a tale
ultimo criterio,
        che un alloggio di 40 mq circa non puo' considerarsi adeguato
alla  condizione  abitativa  media  di  un  nucleo  familiare  di tre
persone, come quello della Semprini;
        che   la   parte   ha   eccepito   altresi'  l'illegittimita'
costituzionale della norma di cui all'art. 2, comma 1, lett. d) della
legge  Regione  Piemonte  n. 64 del 1984, nel testo vigente all'epoca
dell'emanazione  del decreto impugnato, per contrasto con gli artt. 2
e 3 e 97 della Costituzione.
    2.  -  Ritenuto  che  alla  fattispecie  in esame e' applicabile,
ratione  temporis,  l'art. 2,  comma 1,  lett. d)  della detta legge,
nella  formulazione  vigente  alla data dell'emissione del decreto di
decadenza   impugnato,   il  quale  prevedeva,  quale  requisito  per
l'ammissione  all'assegnazione dell'alloggio di edilizia residenziale
pubblica,   che   l'aspirante   non  fosse  titolare  di  diritti  di
proprieta',  usufrutto  uso  ed  abitazione  su  uno  o piu' immobili
ubicati  in  qualsiasi  localita' il cui valore locativo complessivo,
determinato  ai sensi della legge 27 luglio 1978 n. 392, fosse almeno
pari  al  valore  locativo di alloggio con condizioni abitative medie
nell'ambito   regionale,   e  che  detto  valore  locativo  medio  e'
determinato  in  lire  10  milioni;  che  la decadenza della Semprini
dall'assegnazione   dell'alloggio   e'   stata  pronunciata  in  base
all'art. 21,  comma 1,  lett.  d)  della  detta  legge regionale, che
prevede  tale  decadenza  nei  confronti  di  chi  «abbia  perduto  i
requisiti prescritti per l'assegnazione di cui al precedente art. 2»;
        che  dette norme, nella parte in cui dispongono che il valore
locativo    dell'alloggio   di   proprieta'   dell'assegnatario   sia
determinato  ai sensi della legge 27 luglio 1978, n. 392, appaiono in
contrasto  con  il principio di ragionevolezza desumibile dall'art. 3
della  Costituzione,  per l'incongruita' del criterio adottato per la
determinazione del valore di detto immobile, individuato negli indici
di  cui  alla predetta legge n. 392/1978, in quanto l'impostazione di
fondo  della  disciplina  dell'equo  canone  e'  ormai da considerare
superata.
    Le  vigenti  disposizioni  in  materia  di  locazioni  abitative,
infatti,  rimettendo  alla  libera  contrattazione  delle parti ed ai
variabili  equilibri  del mercato degli affitti la determinazione dei
canoni  di  locazione,  superano  i precedenti indici convenzionali e
coefficienti  di valutazione utilizzati nella citata legge n. 392 del
1978,  che  davano  luogo ad un parametro del valore locativo, che si
poteva  considerare  oggettivo  ed  uniforme  su  tutto il territorio
nazionale,  anche se ritenuto gia' allora scarsamente rappresentativo
del  reddito  immobiliare;  tale  difetto  di  rappresentativita' del
reddito  e'  divenuto  tanto  piu'  evidente  dopo l'introduzione dei
cosiddetti  «patti  in  deroga»  previsti dal decreto-legge 11 luglio
1992,  n. 333 e dopo l'entrata in vigore della legge 9 dicembre 1998,
n. 431,  che  ha  incentrato la disciplina della materia sulla libera
contrattazione   delle   parti,   suscettibile   pertanto  di  essere
influenzata  dalle particolari situazioni di mercato, oltre che dalle
soggettive  valutazioni economiche, cosi' da rendere ben possibili, a
parita'  di  condizioni,  sensibili  variazioni d'importo del canone,
anche in relazione alla localita' in cui e' situato l'immobile.
    Le norme impugnate fondano dunque la preclusione all'assegnazione
dell'alloggio  di  edilizia  pubblica  non  su un indice oggettivo di
valutazione  del  cespite immobiliare in questione, quanto piuttosto,
in  modo  irragionevole,  sul  presupposto  di un tipo di reddito (il
valore  locativo  previsto dalla legge n. 392 del 1978), che non puo'
essere,  per  le  ragioni gia' dette, rivelatore del valore effettivo
del  bene  stesso,  ne'  indice  idoneo  ad  esprimere  il fabbisogno
abitativo.  L'incongruita'  della scelta legislativa regionale appare
tanto  piu'  evidente se si considera che la delibera del Cipe del 13
marzo   1995,  in  materia  di  edilizia  residenziale  pubblica,  ha
modificato  sul  punto  la  precedente delibera del 19 novembre 1981,
eliminando  il  criterio  del  valore  locativo  dalla previsione del
requisito della mancanza di titolarita' di diritti reali di godimento
su un alloggio adeguato alle esigenze del nucleo familiare.
    3.  -  Osservato  che la Corte costituzionale con sentenze n. 176
del  2000  e  n. 299  del 2000, e con pronunce piu' recenti, n. 135 e
n. 339  del  2004,  ha  gia' dichiarato l'illegittimita' di identiche
disposizioni  contenute  in  altre leggi regionali, e, in particolare
dell'art. 5,  comma 1,  lettera d)  e  38,  comma 1 lettera d), della
legge  della  regione  Toscana  n. 25  del 1989, (sentenza n. 339 del
2004):  dell'art. 6,  comma 1,  lettera d)  della legge della Regione
Liguria  3 marzo 1994, n. 10, (sentenza Corte cost. n. 135 del 2004),
nelle  parti in cui individuavano il reddito immobiliare rilevante ai
fini,   rispettivamente,   dell'assegnazione  dell'alloggio  e  della
dichiarazione  di  decadenza,  commisurandolo  al canone di locazione
determinato  ai  sensi della legge 27 luglio 1978, n. 392, affermando
l'irragionevolezza  di  tale scelta, poiche' il valore locativo cosi'
configurato   non   puo'   oggi   costituire  adeguato  parametro  di
valutazione del cespite immobiliare di cui sia titolare l'interessato
(sentenza  n. 299/2000),  dopo  che  l'abrogazione dell'art. 12 della
citata  legge  n. 392/1978  che stabiliva le diverse basi del calcolo
del  valore  locativo  ai  fini  dell'equo  canone  per  le locazioni
abitative  ha  sostanzialmente  privato  di  significato i precedenti
indici  convenzionali e coefficienti correttivi di valutazione su cui
appunto  tale  valore  si  basava; e il regime legale delle locazioni
urbane   introdotto   dalla   legge   9 dicembre   1998,  n. 431,  e'
profondamente  mutato nell'impostazione e nella disciplina rispetto a
quello stabilito dalla legge n. 392/1978 (sentenza n. 176 del 2000).
    4.   -   Ritenuto   infine   che  la  questione  di  legittimita'
costituzionale   e'  rilevante  nel  presente  processo,  perche'  la
decadenza   della   Semprini  dall'assegnazione  e'  fondata  proprio
sull'applicazione del criterio previsto dalle norme impugnate;
        che  di conseguenza deve disporsi la sospensione del presente
giudizio  e  la  comunicazione  della  presente  ordinanza alle parti
costituite,  ai  Presidenti  della  Camera  dei deputati e del Senato
della Repubblica, nonche' la notificazione della stessa al Presidente
del Consiglio dei ministri;