ha pronunciato la seguente Ordinanza nel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, sorto a seguito della deliberazione del Senato della Repubblica del 18 gennaio 2006, relativa alla insindacabilita', ai sensi dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione, delle opinioni espresse dal senatore Raffaele Jannuzzi nei confronti dei magistrati Gian Carlo Caselli e Guido Lo Forte, promosso con ricorso del Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Milano, depositato in cancelleria il 22 luglio 2006 ed iscritto al n. 18 del registro conflitti tra poteri dello Stato 2006, fase di ammissibilita'; Udito nella Camera di consiglio del 6 dicembre 2006 il giudice relatore Ugo De Siervo; Ritenuto che il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Milano, con ordinanza 3 luglio 2006, pervenuta il 22 luglio 2006, ha promosso conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti del Senato della Repubblica in relazione alla delibera adottata nella seduta del 18 gennaio 2006, con la quale e' stato dichiarato che i fatti per i quali il senatore Raffaele Jannuzzi e' sottoposto a procedimento penale per il delitto di cui agli articoli 595 del codice penale e 13 della legge 8 febbraio 1948, n. 47 (Disposizioni sulla stampa), concernono opinioni espresse nell'esercizio delle funzioni parlamentari e sono quindi insindacabili ai sensi dell'art. 68, primo comma, della Costituzione; che il giudice rimettente riferisce di procedere nei confronti del sen. Jannuzzi per il reato di diffamazione a mezzo stampa «per aver, nella sua qualita' di autore dell'articolo sotto descritto, offeso la reputazione di Gian Carlo Caselli e di Guido Lo Forte con la pubblicazione sul quotidiano "Il Giornale" del 7 novembre 2004 dell'articolo intitolato "Mafia, 13 anni di scontri tra PM e Carabinieri" riportando in narrativa fatti non veritieri e comunque offensivi per la loro formulazione e per il contesto in cui sono stati inseriti. Delitto aggravato dall'attribuzione di fatti determinati (...)»; che il giudice milanese, preso atto della delibera di insindacabilita' sopraggiunta nelle more del procedimento, e richiamata la giurisprudenza costituzionale - in particolare la sentenza n. 120 del 2004 - ritiene che le dichiarazioni incriminate non siano espressive di attivita' parlamentare e che dunque non possano ritenersi coperte dalla prerogativa di cui all'art. 68, primo comma, Cost.; che il ricorrente, in particolare, ritiene inconferente il riferimento operato dalla Giunta per le elezioni del Senato a due atti di iniziativa del sen. Jannuzzi - una proposta di legge per l'istituzione di una Commissione bicamerale di inchiesta sulla gestione dei collaboratori di giustizia (d.d.l. n. 2292 depositato il 25 giugno 2003) ed una proposta di istituzione di una commissione di inchiesta (documento XXII - n. 25: «Proposta di inchiesta parlamentare del Senato sulla gestione di coloro che collaborano con la giustizia») depositata il 19 febbraio 2004 dal momento che mancherebbe il presupposto della contestualita' cronologica tra le iniziative parlamentari e le dichiarazioni incriminate risalendo le prime, al piu' tardi, al febbraio 2004, mentre le seconde sarebbero state manifestate il 7 novembre 2004; che ad avviso del giudice rimettente, inoltre, mancherebbe «il nesso di riferibilita' in astratto» delle dichiarazioni rese dal senatore ai lavori parlamentari, «non essendo possibile discernere le opinioni dello Jannuzzi riconducibili alla libera manifestazione del pensiero da quelle che riguardano l'esercizio della funzione parlamentare»; che, pertanto, il giudice ritiene illegittima la delibera del Senato del 18 gennaio 2006 e chiede a questa Corte di dichiarare che non spettava al Senato la valutazione della condotta addebitabile al sen. Jannuzzi, in quanto estranea all'art. 68 Cost. e, conseguentemente, di annullare la suddetta delibera. Considerato che la Corte, in questa fase, e' chiamata ai sensi dell'art. 37, terzo e quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, a valutare esclusivamente, in assenza di contraddittorio tra le parti, se il promosso conflitto di attribuzione sia ammissibile, sussistendone i prescritti requisiti di carattere soggettivo ed oggettivo, restando impregiudicata ogni definitiva decisione anche in ordine all'ammissibilita'; che, sotto il profilo soggettivo, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano e' legittimato a sollevare il conflitto, in quanto organo giurisdizionale, in posizione di indipendenza costituzionalmente garantita, competente a dichiarare definitivamente, nell'esercizio delle funzioni attribuitegli, la volonta' del potere cui appartiene; che analoga legittimazione ad essere parte del conflitto sussiste per il Senato della Repubblica, in quanto organo competente a dichiarare in modo definitivo la volonta' del potere che rappresenta in merito alla ricorrenza dell'immunita' riconosciuta dall'art. 68, primo comma, della Costituzione; che, in relazione al profilo oggettivo del conflitto, il ricorrente denuncia la menomazione della propria sfera di attribuzione, garantita da norme costituzionali, attraverso la deliberazione, asseritamente illegittima, che i fatti per i quali e' processo sarebbero insindacabili in applicazione dell'art. 68, primo comma, della Costituzione; che, infine, dal ricorso si rilevano le «ragioni del conflitto» e «le norme costituzionali che regolano la materia», come stabilito dall'art. 26 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.