ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel    giudizio    di   legittimita'   costituzionale   dell'art. 14,
comma 5-ter,  del  decreto  legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo
unico  sulle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione
e  norme  sulla  condizione  dello straniero), aggiunto dall'art. 13,
comma 1,  della legge 30 luglio 2002, n. 189 (Modifica alla normativa
in  materia  di  immigrazione e di asilo), promosso con ordinanza del
2 marzo  2005  dalla  Corte di appello di Perugia, iscritta al n. 287
del  registro  ordinanze  2005  e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica - 1ª serie speciale - n. 22 dell'anno 2005.
    Udito  nella  Camera  di consiglio del 10 gennaio 2007 il giudice
relatore Gaetano Silvestri.
    Ritenuto che, con ordinanza del 2 marzo 2005, la Corte di appello
di  Perugia  ha  sollevato,  in riferimento agli artt. 24 e 111 della
Costituzione,  questione di legittimita' costituzionale dell'art. 14,
comma 5-ter,  del  decreto  legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo
unico  delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione
e  norme  sulla  condizione  dello  straniero),  aggiunto dalla legge
30 luglio  2002,  n. 189  (Modifica  alla  normativa  in  materia  di
immigrazione e di asilo);
        che  il  rimettente  e'  investito  del  giudizio  di appello
proposto  da  un  cittadino  straniero, arrestato in data 29 novembre
2002  per  il  reato  previsto  dall'art. 14, comma 5-ter, del d.lgs.
n. 286  del  1998,  in  seguito  giudicato  con  rito  direttissimo e
condannato,  con  sentenza  in data 22 gennaio 2003, del Tribunale di
Perugia,  dopo  essere  stato  medio  tempore  espulso dall'Italia e,
quindi, senza aver potuto partecipare al processo;
        che  la  difesa  dell'imputato,  secondo  quanto riferisce il
giudice  a  quo,  ha riproposto, con i motivi di appello, l'eccezione
formulata  nel  corso  del  giudizio  di  primo  grado in merito alla
illegittimita'  costituzionale del citato art. 14, comma 5-ter, nella
parte in cui detta disposizione prevede «l'immediata espulsione dello
straniero  rimesso  in  liberta'  nell'ambito  del  procedimento  che
interessa, per contrasto con l'art. 24 Cost.»;
        che  il  rimettente  procede alla disamina della normativa in
tema  di arresto ed espulsione dello straniero, a partire dalla norma
censurata,  la  quale stabiliva (all'epoca dell'ordinanza de qua) che
lo  straniero,  trattenutosi nel territorio dello Stato in violazione
dell'ordine   impartito   dal   questore   ai   sensi   dell'art. 14,
comma 5-bis,  del  d.lgs. n. 286 del 1998, fosse punito con l'arresto
da  sei  mesi  ad  un  anno, e che, in tal caso, si procedesse ad una
nuova,  immediata  espulsione,  con  accompagnamento alla frontiera a
mezzo di forza pubblica;
        che   il   giudice   a   quo  richiama,  inoltre,  l'art. 14,
comma 5-quinquies,  del  d.lgs.  n. 286  del  1998,  ove  e' prevista
l'obbligatorieta'  sia  dell'arresto dello straniero responsabile del
reato  indicato,  sia  della  celebrazione  del giudizio a suo carico
secondo   il  rito  direttissimo,  nonche'  l'art. 13,  comma 3,  del
medesimo  decreto, nel quale e' previsto che, ai fini dell'esecuzione
dell'espulsione dello straniero sottoposto a procedimento penale - ma
non  anche  in  stato di custodia cautelare in carcere -, il questore
debba richiedere il nulla osta all'autorita' giudiziaria procedente;
        che,  a  tale  ultimo riguardo, il rimettente si sofferma sui
poteri  che  il  legislatore  ha  attribuito  al  giudice procedente,
segnalando come, a norma del citato art. 13, comma 3, il rilascio del
nulla  osta  possa  essere negato soltanto ove ricorrano inderogabili
esigenze  processuali  indicate, dalla stessa norma, nella necessita'
di  accertare  la  responsabilita'  di  concorrenti  o di imputati in
procedimenti   connessi,  o,  ancora,  nell'interesse  della  persona
offesa,  mentre, per l'ipotesi di arresto in flagranza o di fermo, il
comma 3-bis  del  medesimo  art. 13,  stabilisce  che il rilascio del
nulla  osta  sia  escluso  quando  il  giudice  disponga  la custodia
cautelare in carcere dell'arrestato o del fermato;
        che  il  rimettente evidenzia come tale ultima previsione non
possa  trovare  applicazione  nell'ipotesi  in  cui  l'arresto  dello
straniero sia avvenuto, come nella specie, in relazione alla condotta
di  indebito  trattenimento  nel  territorio  dello Stato, in ragione
della  natura  contravvenzionale  del reato configurato dall'art. 14,
comma 5-ter,  del d.lgs. n. 286 del 1998, aggiunto dalla legge n. 189
del  2002,  sicche'  in  tale  ipotesi  il  rilascio  del  nulla osta
all'espulsione risulta sostanzialmente automatico;
        che, in definitiva, a parere del giudice a quo, la previsione
dell'obbligo   di  nuova  ed  immediata  espulsione  dello  straniero
arrestato   per  il  reato  di  indebito  trattenimento,  considerata
congiuntamente   all'automatismo   che  connota  il  procedimento  di
rilascio  del  nulla  osta in seguito all'arresto per il reato di cui
all'art. 14,  comma 5-ter, e alla previsione dell'obbligatorieta' del
rito  direttissimo,  risulterebbe in contrasto con gli artt. 24 e 111
Cost.,  in  quanto  impeditiva  della partecipazione dell'imputato al
processo  che si svolge a suo carico, con conseguente menomazione del
diritto alla piena difesa e al «giusto processo»;
        che, inoltre, secondo il giudice a quo, il prospettato vulnus
ai  principi  costituzionali  non sarebbe impedito dalla disposizione
contenuta  nell'art. 17  del  d.lgs.  n. 286  del  1998  -  la  quale
autorizza   il   rientro  in  Italia  dello  straniero  sottoposto  a
procedimento  penale  ai  fini dell'esercizio del diritto di difesa e
per  la partecipazione al giudizio - atteso che il procedimento a tal
fine  delineato  nel medesimo art. 17 risulta incompatibile, sotto il
profilo  temporale,  con  i  termini  particolarmente  ristretti  che
scandiscono la celebrazione del giudizio con il rito direttissimo;
        che,   infine,  il  rimettente  enuncia  la  rilevanza  della
questione   sotto   il   profilo   della  (altrimenti  insussistente)
possibilita'  di  garantire  all'imputato «l'esercizio del diritto di
difesa   presenziando   al   dibattimento   celebrato   con  il  rito
direttissimo».
    Considerato  che  la Corte di appello di Perugia ha sollevato, in
riferimento  agli  artt. 24  e  111  della Costituzione, questione di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 14,  comma 5-ter, del decreto
legislativo  25 luglio  1998,  n. 286 (Testo unico delle disposizioni
concernenti  la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione
dello   straniero),   aggiunto  dalla  legge  30 luglio  2002  n. 189
(Modifica alla normativa in materia di immigrazione e di asilo);
        che  il giudice a quo segnala un problema di effettivita' del
diritto   di  difesa  alla  stregua  di  una  normativa  che  prevede
contemporaneamente  l'espulsione  coattiva dello straniero ed il rito
direttissimo obbligatorio;
        che  tuttavia  il giudice rimettente si limita a invocare una
soluzione  del problema stesso, senza formulare un petitum specifico,
lasciando  cosi'  indeterminato il possibile intervento - tra i tanti
astrattamente  ipotizzabili,  di  tipo  caducatorio  o  additivo - di
questa Corte;
        che   l'indeterminatezza   del  petitum  rende  la  questione
manifestamente  inammissibile (ex plurimis, ordinanze n. 98 del 2006,
n. 188 del 2005, n. 361 del 2004).
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.