LA CORTE DI APPELLO

    Nella  pubblica  udienza  del  21  marzo  2006  ha pronunciato la
seguente  ordinanza  nel  procedimento  penale n. 876/2004 R.G.C.A. a
carico di Pellegrini Silvano, Fortunato Antonio, Stefanini Giancarlo,
Buffolino Aldo, Gerali Elio, Traini Antonio, Rossi Ermanno, Schiffini
Bruno, Conte Maurizio, Zambon Gianfranco, Bianchi Domenico, Bettarini
Franco,  Fortunato  Patrizia,  Fortunato  Tommaso,  Maccioni  Gianni,
D'Ascoli Maria, Tonelli Graziano, Garofalo Vincenzo.
    I  difensori di Zambon, Rossi, Stefanini, Traini, Bianchi, Gerali
e  Tonelli  hanno  proposto  questione di legittimita' costituzionale
dell'art.   10,   comma  3  della  legge  5  dicembre  2005,  n. 251,
concernente le modifiche al codice penale, nella parte in cui esclude
dai  nuovi  termini di prescrizione i processi gia' pendenti in primo
grado,   ove   vi   sia   stata  la  dichiarazione  di  apertura  del
dibattimento,   per   contrasto   con  gli  artt.  3,  11,  27  della
Costituzione.
    Il  procuratore  generale  ha  espresso  parere  favorevole  alla
dichiarazione   di   non   manifesta   infondatezza  della  questione
sollevata.
    I  difensori degli altri imputati si sono associati alla proposta
questione.
    La  Corte  osserva  che  la  questione  e' rilevante nel presente
giudizio,  con  riferimento  alla  posizione  di  tutti gli imputati,
perche'  l'accoglimento  della  questione  proposta  comporterebbe la
declaratoria  di  improcedibilita'  dell'azione penale per estinzione
dei reati perche' prescritti.
    Per  cio'  che  attiene  alla  non  manifesta  infondatezza della
questione,  si  rileva  che l'avere indviduato nella dichiarazione di
apertura  del dibattimento il criterio esclusivo per l'applicazione o
la  non  applicazione  ai  processi  gia'  pendenti,  dei  termini di
prescrizione  piu'  brevi  previsti  dalle  nuove  disposizioni, puo'
effettivamente  configurare  una  violazione degli artt. 3 e 27 della
Costituzione. Tale previsione,infatti, puo' comportare un trattamento
ingiustificatamente  differenziato  tra imputati che si trovino nelle
stesse   condizioni   processuali,   poiche'   l'applicazione   della
disciplina  piu'  favorevole  introdotta dalla norma in esame, che ha
natura  sostanziale  e  non  processuale,  dipende  non  da  un  dato
oggettivo  predeterminato,  ma  da un riferimento temporale mobile ed
affidato al caso, che viene ad incidere, senza alcuna giustificazione
razionale,  sull'effetto  estintivo del reato, con un incomprensibile
dilatazione   o  contrazione  dell'elemento  temporale  necessario  a
prescrivere. Ne deriva che il dato giustificativo dell'estinzione che
dovrebbe  essere  identico,  a seconda delle categorie dei reati, per
tutti  i  cittadini,  non e' piu' tale per la suaccennata casualita',
onde  puo'  ravvisarsi  una  violazione  del principio di uguaglianza
stabilito dalla Costituzione, essendo trattate situazioni analoghe in
maniera  diversa; ne puo' tale circostanza giustificarsi attraverso i
diversi  presupposti razionali sottesi dal secondo comma dell'art. 27
della   Costituzione,  che  conferisce  rilevanza  costituzionale  al
principio della definitivita' del giudicato.
    Da  cio'  discende,  a  giudizio  della  Corte,  la non manifesta
infondatezza  della  questione,  sollevata  per contrasto della norma
denunciata con gli articoli 3 e 27 della Costituzione.