IL TRIBUNALE Ha pronunziato la seguente ordinanza nel ricorso di volontaria giurisdizione per la nomina di curatore speciale depositato il 1° giugno 2006 da Ivana Blasco nata a Roma l'11 agosto 1948, rappresentata e difesa dall'avv. Aurelio Favaro', presso il cui studio in Milano, piazza Diaz n. 7, ha eletto domicilio, per procura in calce al ricorso introduttivo, ricorrente; per la nomina di curatore speciale in vista di azione di accertamento della paternita' naturale del defunto Luigi Filippo Gallina. Premesso in fatto Con ricorso del 1° giugno 2006 Ivana Blasco, figlia naturale riconosciuta di Maria Rosa Blasco, ha esposto di essere altresi' figlia naturale di Luigi Filippo Gallina nato a Torino il 20 novembre 1903 e deceduto a Roma il 2 febbraio 1967; ha esposto inoltre che in data 7 ottobre 1999 e' deceduto in Roma anche il figlio del Gallina, Alberto Maria, suo fratello naturale; che, in seguito alla pronuncia di ammissibilita' di questo tribunale ex art. 274 c.c. del 12 luglio 2001, ha instaurato, con citazione del 14 e 15 gennaio 2002, il giudizio di accertamento della paternita' naturale di Luigi Filippo Gallina, convenendo tutti gli eredi legittimi di Alberto Maria Gallina nonche' l'erede testamentaria Maria Laura Edoarda Rivetta; che nel corso del giudizio e' stata effettuata perizia emato-genetica che si e' conclusa con l'affermazione del rapporto di filiazione dedotto in giudizio; che il Tribunale di Milano con la sentenza 1° febbraio 2006 n. 1133 ha tuttavia dichiarato l'inammissibilita' della domanda per carenza di legittimazione passiva dei soggetti convenuti, in ossequio al principio da ultimo affermato dalla Corte di cassazione a sezioni unite in sede di nomofilachia (sentenza 3 novembre 2005, n. 21287) secondo cui legittimati passivi dell'azione di accertamento di cui all' art. 269 e ss. c.c. sono unicamente, oltre al presunto genitore, i suoi eredi diretti, come espressamente sancito dall'art. 276 c.c., e non anche gli eredi degli eredi. Poste tali premesse, la ricorrente ha chiesto che, in via di applicazione analogica della norma di cui all'art. 247 c.c., il Tribunale provveda alla nomina di un curatore speciale nei confronti del quale possa esercitare l'azione di accertamento della paternita' naturale; in via gradata la ricorrente ha chiesto che il Tribunale sollevi la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 276 c.c. per violazione degli artt. 3 e 24 della Costituzione. Ritenuto in diritto Non puo' trovare applicazione nel caso di specie il procedimento analogico di cui all' art. 12 della disposizioni sulla legge in generale richiesto in via principale dalla ricorrente. La fattispecie del disconoscimento della paternita', all' interno della quale la norma di cui all' art. 247, comma 4 c.c. ammette la nomina di un curatore speciale in caso di premorienza del presunto padre o madre o figlio, non e' infatti sovrapponibile, quanto a principi ispiratori ed a strumenti applicativi, alla dichiarazione giudiziale di paternita' o maternita' naturale ex art. 269 c.c., e dunque non sussiste il requisito della eadem ratio: nel primo caso infatti, vertendosi in materia di disconoscimento, assume rilievo in via esclusiva la tutela del soggetto interessato a ristabilire fa verita' in merito alla filiazione, senza il coinvolgimento di altri soggetti ovvero la sussistenza di conseguenze pregiudizievoli di ordine ereditario nei confronti di soggetti terzi; nel secondo caso invece la dichiarazione giudiziale di paternita' incide o puo' incidere in maniera rilevante su posizioni soggettive di soggetti terzi, comportando in particolare la possibilita' di riduzione di quote ereditarie: tra l'altro, e' proprio in relazione a cio', che le sezioni unite della Corte di cassazione, nella recente sentenza richiamata in esordio, hanno posto il principio di diritto limitativo della facolta' di azione, poi applicato da questo tribunale. Deve essere ulteriormente rilevato che l'applicazione analogica, utile per integrare eventuali lacune normative, e dunque per l'ipotesi in cui una fattispecie non sia espressamente disciplinata (cosi' l'art. 12 in esame cit.), non puo' essere utilizzata per modificare o alterare il significato e il contenuto della specifica disciplina giuridica di riferimento: nel caso di specie infatti non sussiste una lacuna, sussistendo invece diverse scelte del legislatore codicistico, che ammette la nomina di un curatore speciale per l'azione di disconoscimento di paternita' in caso di premorienza del legittimato passivo (art. 274, comma 4 c.c.) e non l'ammette invece in alcuna ipotesi per l'azione di riconoscimento di paternita' (art. 276 c.c.) Esclusa la possibilita' di applicazione analogica dell'art. 247, comma 4 c.c. per vanificare la ricostruzione sistematica dell'art. 276 c.c. operata dalla Corte di cassazione, prende atto il tribunale che la questione di illegittimita' costituzionale sollevata dalla ricorrente, non e' manifestamente infondata, in quanto di fatto prospettata dalla stessa sentenza delle sezioni unite gia' richiamata. Ha rilevato infatti testualmente la s.C. (sez. un. 3 novembre 2005, n. 21287 cit): «Il fatto peraltro che l'azione in esame si consumi in concreto nel caso di intervenuta morte del preteso genitore e di tutti i suoi eredi evidenzia, comunque, un punto di debolezza e di perfettibilita' dell'attuale disciplina rispetto alle sempre piu' avvertite esigenze dell'interesse del figlio naturale all'accertamento della genitorialita', anche per il profilo del suo diritto alla identita' personale. In tale prospettiva potrebbe auspicarsi che quella disciplina sia integrata stabilendosi che, nel caso appunto di morte del presunto genitore e in mancanza dei suoi eredi, l'azione possa proporsi, come anche suggerito in dottrina, nei confronti di un curatore nominato dal giudice, analogamente a quanto gia' previsto dall'ultimo comma dell'art. 247 c.c. ai fini della proponibilita' dell'azione di disconoscimento della paternita', nella parallela ipotesi di gia' intervenuta morte del presunto padre e di mancanza dei litisconsorti necessari indicati nel primo comma della norma stessa. Una integrazione siffatta, oltre che di un intervento legislativo, potrebbe formare eventualmente oggetto di una pronunzia additiva (in questi termini "a rima obbligata") della Corte costituzionale». In piena aderenza con tale insegnamento ritiene il tribunale che la formulazione dell'art. 276 c.c., nella parte in cui limita la determinazione dei soggetti passivamente legittimati nell'azione per dichiarazione giudiziale di paternita', in caso di morte del genitore, esclusivamente ai suoi eredi e non anche agli eredi degli eredi, senza ammettere la possibilita' della nomina di un curatore speciale nominato dal giudice, si pone in contrasto con il principio di cui all' art. 3 Cost., poiche' pone una disparita' di trattamento, generale ed in linea di principio e senza alcuna possibilita' di diversa valutazione, rispetto a fattispecie simili (quale appunto l'azione di disconoscimento di paternita), e si pone altresi' in contrasto con il principio di cui all' art. 24 Cost. in quanto pone limiti alla possibilita' di far valere in giudizio il riconoscimento della paternita' o maternita' naturale, che e', per di piu', azione imprescrittibile (art. 270, comma 1 c.c.). In sintesi, la scelta del legislatore codicistico di non prevedere in linea di principio la possibilita' della nomina di un curatore speciale per l'instaurazione del giudizio di riconoscimento di paternita' naturale, con la possibilita' dunque per il giudice competente di valutare le specificita' della fattispecie, e di prevedere invece la medesima nomina per l'azione di disconoscimento della paternita', puo' porsi in contrasto con i richiamati principi costituzionali. Va anche aggiunto che recenti e radicali pronunzie della Corte costituzionale in materia di tutela del riconoscimento della paternita' naturale (cfr. Corte cost. 10 febbraio 2006 n. 50, che ha caducato la norma di cui all'art. 274 c.c.), si pongono esattamente nella direzione in cui si colloca l'odierna rimessione. E' appena il caso di rilevare che non sussiste alcun dubbio sulla sussistenza del requisito della rilevanza - la cui mancanza e' stata invece espressamente invocata dalla s.C. per non procedere direttamente a rimettere la questione al giudice delle leggi - poiche' l'odierno procedimento ha proprio per oggetto la domanda di nomina di un curatore speciale ex art. 276 c.c., inaccoglibile alla stregua dell'attuale formulazione della normativa di riferimento. La questione sollevata risulta pertanto rilevante ai sensi dell' art. 23 comma 2 della legge 11 marzo 1958, n. 87, e risulta infine proponibile anche in sede di procedimenti camerali quale quello odierno (App. Milano 7 luglio 1988, Riv. Dir. Civ. 1990, II, 631).