ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nei  giudizi  di  legittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 597,
598,  599  e  600, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (Disposizioni
per  la  formazione  del bilancio annuale e pluriennale dello Stato -
legge  finanziaria 2006), promossi con ricorsi delle Regioni Toscana,
Veneto,   Valle   d'Aosta,   Piemonte,   Liguria,   Emilia-Romagna  e
Friuli-Venezia  Giulia  notificati  il 22, 23, 24 e 27 febbraio 2006,
depositati  in  cancelleria il 28 febbraio, il 1°, il 3 ed il 4 marzo
2006 ed iscritti, rispettivamente, ai nn. 28, 29, 30, 35, 38, 39 e 41
del registro ricorsi 2006.
    Visti  gli  atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  20 febbraio  2007  il giudice
relatore Gaetano Silvestri;
    Uditi  gli avvocati Fabio Lorenzoni per la Regione Toscana, Mario
Bertolissi  e  Andrea  Manzi per la Regione Veneto, Giovanni Guzzetta
per la Regione Valle d'Aosta, Emiliano Amato per la Regione Piemonte,
Giandomenico  Falcon  e  Andrea  Manzi  per  le  Regioni  Liguria  ed
Emilia-Romagna,  Giandomenico  Falcon  per  la Regione Friuli-Venezia
Giulia  e  l'avvocato dello Stato Antonio Tallarida per il Presidente
del Consiglio dei ministri.

                          Ritenuto in fatto

    1.  -  La  Regione  Toscana ha promosso, con ricorso notificato a
mezzo   posta  il  22 febbraio  2006,  pervenuto  al  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri  il  2 marzo  2006 e all'Avvocatura generale
dello   Stato   il  25 febbraio  2006,  e  depositato  il  successivo
28 febbraio  (reg.  ric.  n. 28  del 2006), questioni di legittimita'
costituzionale di numerose disposizioni della legge 23 dicembre 2005,
n. 266  (Disposizioni  per  la  formazione  del  bilancio  annuale  e
pluriennale  dello Stato - legge finanziaria 2006) e, tra queste, dei
commi 597,  598,  599 e 600 dell'art. 1, in riferimento all'art. 117,
quarto comma, della Costituzione.
    Il  comma 597  dispone  che  «Ai  fini della valorizzazione degli
immobili  costituenti  il  patrimonio  degli Istituti autonomi per le
case  popolari,  comunque  denominati,  entro  sei mesi dalla data di
entrata  in  vigore  della  presente  legge, con apposito decreto del
Presidente  del  Consiglio dei ministri sono semplificate le norme in
materia  di  alienazione  degli immobili di proprieta' degli Istituti
medesimi.  Il  decreto,  da  emanare  previo  accordo  tra  Governo e
regioni,  e'  predisposto  sulla base della proposta dei Ministri del
lavoro  e  delle  politiche  sociali,  dell'economia e delle finanze,
delle  infrastrutture  e  dei  trasporti  da  presentare  in  sede di
Conferenza  permanente  per  i rapporti tra lo Stato, le regioni e le
Province autonome di Trento e di Bolzano».
    Secondo il successivo comma 598, «I principi fissati dall'accordo
tra  Governo  e  regioni  e  regolati dal decreto di cui al comma 597
devono consentire che:
        a) il   prezzo   di  vendita  delle  unita'  immobiliari  sia
determinato  in  proporzione  al  canone  dovuto e computato ai sensi
delle  vigenti leggi regionali, ovvero, laddove non ancora approvate,
ai sensi della legge 8 agosto 1977, n. 513;
        b) per  le  unita'  ad  uso  residenziale sia riconosciuto il
diritto   all'esercizio  del  diritto  di  opzione  all'acquisto  per
l'assegnatario  unitamente  al  proprio  coniuge,  qualora risulti in
regime  di  comunione  dei  beni;  che,  in caso di rinunzia da parte
dell'assegnatario,  subentrino, con facolta' di rinunzia, nel diritto
all'acquisto,  nell'ordine:  il  coniuge in regime di separazione dei
beni,  il convivente more uxorio purche' la convivenza duri da almeno
cinque anni, i figli conviventi, i figli non conviventi;
        c) i   proventi   delle   alienazioni  siano  destinati  alla
realizzazione di nuovi alloggi, al contenimento degli oneri dei mutui
sottoscritti  da  giovani  coppie  per l'acquisto della prima casa, a
promuovere  il  recupero sociale dei quartieri degradati e per azioni
in favore di famiglie in particolare stato di bisogno».
    La legge in esame, al comma 599 dell'art. 1, stabilisce che «Agli
immobili  degli  Istituti  proprietari,  che  ne  facciano  richiesta
attraverso  le  regioni,  si  applicano  le disposizioni previste dal
decreto-legge    25 settembre    2001,    n. 351,   convertito,   con
modificazioni,  dalla  legge  23 novembre  2001, n. 410, e successive
modificazioni».
    Infine,  il  comma 600  del  citato art. 1 della legge n. 266 del
2005  prevede  la facolta' per gli enti e gli istituti proprietari di
affidare  a  societa'  specializzate  «la  gestione  delle  attivita'
necessarie  al  censimento, alla regolarizzazione ed alla vendita dei
singoli beni immobili».
    La  Regione  Toscana  ricostruisce,  sinteticamente, l'evoluzione
della  normativa  e della giurisprudenza costituzionale nella materia
dell'edilizia  residenziale  pubblica, soffermandosi, in particolare,
sull'art. 60   del   decreto   legislativo   31 marzo   1998,  n. 112
(Conferimento  di  funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle
regioni  ed  agli  enti  locali, in attuazione del capo I della legge
15 marzo  1997, n. 59), con il quale e' stata ampliata la sfera delle
attribuzioni  regionali,  «includendovi  la  gestione  e l'attuazione
degli   interventi,   nonche'   la   fissazione   dei   criteri   per
l'assegnazione degli alloggi e la determinazione dei canoni».
    Secondo  la  ricorrente,  siffatto  ampliamento  delle competenze
regionali  sarebbe  stato  «confermato»  dalla  riforma dell'art. 117
Cost.: infatti, l'edilizia residenziale pubblica, che non e' compresa
tra  le  materie  di  cui  al secondo comma, ne' fra quelle di cui al
terzo, rientrerebbe nella competenza residuale delle Regioni ai sensi
del quarto comma del medesimo articolo.
    Pertanto,  non  spetterebbe  allo  Stato,  bensi'  alle  Regioni,
dettare la disciplina delle procedure semplificate per la dismissione
dei  beni di proprieta' degli Istituti autonomi per le case popolari,
comunque denominati. A nulla varrebbe, di conseguenza, la previsione,
contenuta  nel  comma 597  dell'art. 1 della legge impugnata, secondo
cui  il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri deve essere
adottato  «previo  accordo  tra  Governo  e regioni», in quanto nelle
materie  di  cui  all'art. 117,  terzo e quarto comma, Cost., solo la
fonte  legislativa  regionale  e'  «legittimata ad intervenire con la
disciplina compiuta».
    1.1.  -  Con  atto depositato il 14 marzo 2006, il Presidente del
Consiglio  dei  ministri si e' costituito in giudizio, limitandosi ad
affermare  che  «il  comma 587  [recte: 597] prevede un «accordo» tra
Governo e regioni, e quindi appare preferibile attendere che esso sia
concluso»,  e concludendo per la reiezione del ricorso proposto dalla
Regione Toscana.
    2.  -  La  Regione  Veneto ha promosso, con ricorso notificato il
23 febbraio 2006 e depositato il 1° marzo (reg. ric. n. 29 del 2006),
questioni  di  legittimita'  costituzionale  di numerose disposizioni
della  legge n. 266 del 2005 e, tra queste, dei commi 597, 598, 599 e
600  dell'art. 1,  in riferimento agli artt. 117, quarto comma, e 119
Cost.
    La   ricorrente   assume  che  l'alienazione  degli  immobili  di
proprieta'   degli   I.A.C.P.  rientri  nella  materia  dell'edilizia
residenziale   pubblica,  di  potesta'  legislativa  residuale  della
Regione,   sicche'  le  norme  impugnate  sarebbero  illegittime  per
violazione dell'art. 117, quarto comma, Cost.
    Inoltre,   ad   avviso  della  difesa  regionale,  il  comma 598,
prescrivendo  «in modo molto dettagliato e specifico» le finalita' da
perseguire mediante l'accordo tra Governo e Regioni, finirebbe con il
predeterminare  il  contenuto  del  medesimo  accordo. Il legislatore
statale,   dunque,   avrebbe  individuato  non  soltanto  «le  scelte
politiche  di  fondo,  gli  indirizzi,  ma  anche  la disciplina piu'
specifica, di alienazione e reinvestimento».
    Infine,   la   normativa   impugnata  risulterebbe  lesiva  anche
dell'autonomia  finanziaria  e  patrimoniale della Regione, in quanto
porrebbe  «vincoli  alla  disposizione  del  patrimonio immobiliare e
all'utilizzo dei proventi che derivano dall'alienazione dello stesso,
in violazione, ancora una volta, dell'art. 119 della Costituzione».
    2.1.  -  Con  atto depositato il 14 marzo 2006, il Presidente del
Consiglio  dei  ministri  si e' costituito in giudizio, limitandosi a
contestare  genericamente  l'ammissibilita'  e  la  fondatezza  delle
avverse censure.
    3.  -  La  Regione  Valle d'Aosta/Vallee d'Aoste ha promosso, con
ricorso notificato il 23 febbraio 2006 e depositato il 1° marzo (reg.
ric.  n. 30  del  2006),  questioni di legittimita' costituzionale di
numerose  disposizioni della legge n. 266 del 2005 e, tra queste, dei
commi 597,  598,  599 e 600 dell'art. 1, in riferimento all'art. 117,
quarto e sesto comma, Cost.
    La  ricorrente  premette  che,  sebbene  il comma 610 dell'art. 1
della  legge  n. 266  del  2005 stabilisca che «Le disposizioni della
presente  legge  sono  applicabili nelle regioni a statuto speciale e
nelle Province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con le
norme dei rispettivi statuti», il tenore letterale delle disposizioni
impugnate  «non  consente di escludere con certezza l'efficacia delle
relative norme anche nei riguardi delle suddette Regioni».
    Pertanto,  la  Regione  Valle  d'Aosta,  dopo  aver richiamato la
giurisprudenza  della  Corte costituzionale, secondo cui «il giudizio
in  via  principale puo' concernere questioni sollevate sulla base di
interpretazioni   prospettate   dal   ricorrente  come  possibili,  a
condizione    che    queste   ultime   non   siano   implausibili   e
irragionevolmente  scollegate dalle disposizioni impugnate» (sentenza
n. 412 del 2004), deduce l'illegittimita' della normativa impugnata -
«ove  riferibile  anche  alla Regione» -, in quanto inciderebbe su un
ambito  materiale, l'edilizia residenziale pubblica, rientrante nella
competenza    legislativa   residuale   delle   Regioni,   ai   sensi
dell'art. 117, quarto comma, Cost.
    Al  riguardo,  la  ricorrente  precisa  che,  nel caso di specie,
l'art. 117,  quarto  comma,  Cost.,  sarebbe  applicabile  anche alla
Regione  Valle d'Aosta, in quanto assicurerebbe «una forma piu' ampia
di  autonomia rispetto a quella statutaria, ex art. 10, l. cost. n. 3
del 2001».
    Osserva,   peraltro,   la   difesa  regionale  che  «la  potesta'
regolamentare  statale,  potendo  intervenire  a norma dell'art. 117,
sesto comma, Cost., soltanto negli ambiti in cui lo Stato ha potesta'
legislativa  esclusiva,  va senz'altro esclusa in materia di edilizia
residenziale  pubblica».  Ne'  potrebbe  assumere rilievo la prevista
necessita'  di  un  accordo  tra  Governo  e Regioni: si tratterebbe,
infatti,  di un «accordo del tutto sui generis e puramente nominale»,
in  quanto  il  suo  contenuto  sarebbe  predeterminato  dalle  norme
impugnate.
    3.1.  -  Con  atto depositato il 14 marzo 2006, il Presidente del
Consiglio  dei ministri si e' costituito in giudizio, riservandosi di
svolgere   le   proprie  argomentazioni,  «in  attesa  dell'eventuale
"accordo   tra   Governo  e  Regioni"  previsto  dal  comma 597».  Il
resistente  chiede, comunque, la reiezione del ricorso proposto dalla
Regione Valle d'Aosta.
    4.  -  La Regione Piemonte ha promosso, con ricorso notificato il
24 febbraio  2006 e depositato il successivo 3 marzo (reg. ric. n. 35
del  2006),  questioni  di  legittimita'  costituzionale  di numerose
disposizioni   della  legge  n. 266  del  2005  e,  tra  queste,  dei
commi 597, 598, 599 e 600 dell'art. 1, in riferimento agli artt. 117,
quarto comma, 118 e 119 Cost.
    La  ricorrente muove dal presupposto che la materia dell'edilizia
residenziale  pubblica rientri nella competenza legislativa regionale
ai  sensi  dell'art. 117,  quarto  comma, Cost., e ritiene, pertanto,
illegittime  le  norme impugnate in quanto disporrebbero «per di piu'
in  modo  assai  dettagliato,  in  ambiti  che  spetta al legislatore
regionale   disciplinare  nel  modo  piu'  aderente  alle  situazioni
economico-sociali    e   finanziarie   e   patrimoniali   riscontrate
localmente,   regolando   conseguentemente  anche  le  corrispondenti
attivita' gestionali degli enti interessati».
    4.1.  -  Con  atto depositato il 15 marzo 2006, il Presidente del
Consiglio  dei  ministri  si e' costituito in giudizio, limitandosi a
contestare  genericamente  l'ammissibilita'  e  la  fondatezza  delle
avverse  censure  e  riservandosi  di  illustrare  meglio  le proprie
difese.
    5.   -   Infine,  anche  le  Regioni  Liguria,  Emilia-Romagna  e
Friuli-Venezia  Giulia  hanno  promosso, rispettivamente, con ricorso
notificato  il  27 febbraio  2006  e depositato il 3 marzo (reg. ric.
n. 38  del  2006),  con  ricorso  notificato  il  27 febbraio  2006 e
depositato  il  3 marzo  (reg.  ric.  n. 39  del 2006), e con ricorso
notificato  il  27 febbraio  2006  e depositato il 4 marzo (reg. ric.
n. 41 del 2006), questioni di legittimita' costituzionale di numerose
disposizioni   della  legge  n. 266  del  2005  e,  tra  queste,  dei
commi 597, 598, 599 e 600 dell'art. 1, in riferimento agli artt. 117,
quarto comma, e 119 Cost., svolgendo le medesime argomentazioni.
    In  particolare,  le  difese  regionali  ritengono  che  le norme
impugnate  forniscano  una  disciplina, «per di piu' dettagliata», di
una  materia  di competenza regionale residuale. Mancherebbe, dunque,
un  titolo  di  competenza statale tale da escludere l'illegittimita'
delle  suddette  norme;  ne'  la  lesione  della competenza regionale
verrebbe  meno  per  il fatto che il decreto di cui al comma 597 deve
essere emanato previo accordo tra Governo e Regioni.
    Per la medesima ragione sarebbero illegittimi i principi «imposti
dal comma 598 quali contenuti indefettibili dell'accordo».
    Infine,  la  norma  di  cui alla lettera c) del comma 598 sarebbe
illegittima   per  l'ulteriore  ragione  che  pone  un  vincolo  alla
utilizzazione   dei   proventi   delle   alienazioni,  «con  evidente
intromissione   nelle  determinazioni  regionali  circa  l'uso  delle
risorse a disposizione».
    5.1. - Con atti depositati, rispettivamente, il 16 marzo 2006, il
15 marzo  2006  e  il  14 marzo 2006, il Presidente del Consiglio dei
ministri   si  e'  costituito  nei  suddetti  giudizi,  sottolineando
l'opportunita'  di attendere l'effettiva conclusione dell'accordo tra
Governo e Regioni, cui risulta subordinata l'applicazione delle norme
impugnate, e concludendo per la reiezione degli indicati ricorsi.
    6.  -  In  data  2 febbraio 2007, il Presidente del Consiglio dei
ministri  ha depositato una memoria integrativa nel giudizio promosso
dalla Regione Emilia-Romagna (reg. ric. n. 39 del 2006), con la quale
eccepisce  l'inammissibilita'  delle  questioni  aventi  ad oggetto i
commi 599  e  600  dell'art. 1  della legge n. 266 del 2005. Infatti,
tali  norme  attribuirebbero agli I.A.C.P., attuali proprietari degli
alloggi,  «alcune  facolta'  (cartolarizzazione,  etc.),  delle quali
detti  Istituti  possono  avvalersi  o  meno»;  pertanto, a detta del
resistente, non si comprenderebbe «perche' mai detti commi ledano gli
interessi e/o la competenza della Regione», ne' vi sarebbe, sul punto
specifico, alcuna argomentazione nel ricorso.
    In merito ai commi 597 e 598, la difesa erariale reputa infondate
le  questioni  di  legittimita'  costituzionale,  in  quanto le norme
impugnate  inciderebbero su ambiti materiali estranei alle competenze
regionali.   Al   riguardo,   si   precisa  che  i  detti  commi  non
disporrebbero «alcunche' in materia di pianificazione urbanistica, in
materia  di  lavori  pubblici  per  la costruzione o manutenzione dei
fabbricati,   in   materia  di  organizzazione  amministrativa  della
gestione, e in materia di assegnazione degli alloggi».
    Sempre  in  relazione  ai commi 597 e 598, il resistente aggiunge
che  queste disposizioni «non impongono l'alienazione degli immobili,
e  in sostanza consentono di disciplinare solo il «prezzo di vendita»
e  l'anzidetto  «diritto  di  opzione»», prevedendo, «per di piu», il
previo accordo cui si e' accennato.
    Il  Presidente  del  Consiglio dei ministri ritiene, inoltre, che
non  sia  «corretto  dimensionare  l'ambito  delle "funzioni" e delle
competenze    avendo    riguardo    esclusivamente   agli   "oggetti"
dell'attivita'  normativa  (ed  eventualmente anche amministrativa)»,
come,  a  suo  dire,  farebbe  la  Regione ricorrente, posto che «una
stessa  tipologia  di  "oggetti"  puo'  essere  -  e  per solito e' -
considerata da una pluralita' di funzioni e competenze, differenziate
tra loro».
    Pertanto,  secondo la difesa erariale, il contenuto normativo dei
censurati commi 597 e 598, ed in particolare delle lettere a) e b) di
quest'ultimo,  andrebbe ricondotto alla materia «ordinamento civile»,
riservata  alla  competenza  esclusiva  del legislatore statale. Alla
luce  di  quanto  appena  detto,  sarebbe  legittimo il ricorso ad un
decreto  del  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri, previsto dal
comma 597.
    Infine,  la lettera c) del comma 598 conterrebbe una disposizione
«persino  superflua»  nella  parte in cui prevede la destinazione dei
proventi  delle  alienazioni  alla realizzazione di nuovi alloggi. In
ogni  caso,  destinatari  di  tale  previsione sarebbero gli Istituti
venditori e non le Regioni.
    6.1.  -  In prossimita' dell'udienza, il Presidente del Consiglio
dei  ministri  ha depositato memorie integrative nei giudizi promossi
dalle  Regioni  Toscana (reg. ric. n. 28 del 2006), Veneto (reg. ric.
n. 29  del 2006), Valle d'Aosta (reg. ric. n. 30 del 2006) e Piemonte
(reg.  ric.  n. 35  del 2006), con le quali si limita a richiamare le
argomentazioni svolte nella memoria citata poco sopra.
    Con riferimento esclusivo al ricorso promosso dalla Regione Valle
d'Aosta, la difesa erariale precisa che la questione, oltre ad essere
infondata,   sarebbe  anche  inammissibile,  in  quanto  non  sarebbe
argomentata  la  ragione della mancata applicabilita' alla ricorrente
della  clausola di salvaguardia di cui al comma 610 dell'art. 1 della
legge  n. 266  del  2005.  D'altra parte, aggiunge il resistente, «un
ricorso  diretto  a  codesta  Corte non puo' essere proposto solo per
ottenere un chiarimento od una interpretazione».
    7.  -  In  prossimita'  dell'udienza, le Regioni Toscana, Veneto,
Liguria,  Emilia-Romagna  e  Friuli-Venezia  Giulia  hanno depositato
memorie  integrative  con  le  quali insistono nelle conclusioni gia'
formulate nei rispettivi ricorsi.
    7.1.   -   In   particolare,   la   Regione   Veneto,  dopo  aver
sinteticamente  esaminato la giurisprudenza di questa Corte sul tema,
sottolinea  come la materia dell'edilizia residenziale pubblica, gia'
prima  della  riforma del Titolo V della Parte II della Costituzione,
rientrasse nella competenza legislativa regionale.
    Pertanto,   la   riforma   costituzionale   operata   nel   2001,
riconoscendo  implicitamente  (ai  sensi dell'art. 117, quarto comma,
Cost.)  la  competenza esclusiva residuale delle Regioni, non avrebbe
fatto  altro che «confermare questo risultato, implementando l'ambito
di  competenza regionale che ora deve ritenersi esteso a tutto quanto
normalmente   ricompreso   nella   materia   dell'edilizia   pubblica
residenziale».
    In   merito   all'asserita  violazione  dell'art. 119  Cost.,  la
ricorrente  evidenzia  la  natura degli Istituti autonomi per le case
popolari,   considerati   enti  strumentali  della  Regione,  con  la
conseguenza  che  l'apposizione di vincoli alla disposizione del loro
patrimonio  immobiliare  e  all'utilizzo  dei  proventi  che derivano
dall'alienazione   dello  stesso  condizionerebbe  «sensibilmente  lo
spazio  di  autonomia  che  il legislatore costituzionale ha, invece,
espressamente attribuito alla Regione».
    7.2.  -  Le  Regioni  Liguria,  Emilia-Romagna  e  Friuli-Venezia
Giulia, nelle rispettive memorie, aggiungono che l'accordo, di cui ai
commi 597  e  598,  non  solo  non e' stato raggiunto, «ma non sembra
neppure  che  sia  stato  ricercato,  non  risultando  a questo scopo
pervenuta  alla  Regione  alcuna  richiesta,  neppure  di un semplice
contatto preliminare».
    Le  ricorrenti concludono rilevando come, nel caso di specie, non
possa  operare l'attrazione di funzioni legislative a livello statale
in  conseguenza  dell'assunzione di funzioni amministrative in via di
sussidiarieta' ai sensi dell'art. 118 Cost.

                       Considerato in diritto

    1.  -  Con  distinti  ricorsi  le  Regioni Toscana, Veneto, Valle
d'Aosta/Vallee   d'Aoste,   Piemonte,   Liguria,   Emilia-Romagna   e
Friuli-Venezia   Giulia  hanno  promosso  questioni  di  legittimita'
costituzionale di numerose disposizioni della legge 23 dicembre 2005,
n. 266  (Disposizioni  per  la  formazione  del  bilancio  annuale  e
pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2006).
    Riservata  a  separate  pronunce  la  decisione sull'impugnazione
delle  altre  disposizioni  contenute  nella  legge  n. 266 del 2005,
vengono  in  esame in questa sede le questioni relative ai commi 597,
598, 599 e 600 dell'art. 1.
    Poiche'  tutte  le  ricorrenti  censurano  tali commi rispetto ai
medesimi  parametri,  puo'  essere  disposta la riunione dei relativi
giudizi.
    2. - Le norme di cui ai commi 597, 598, 599 e 600 sono impugnate,
anzitutto,   in  quanto  inciderebbero  su  una  materia,  l'edilizia
residenziale  pubblica,  rimessa alla potesta' piena delle Regioni ai
sensi dell'art. 117, quarto comma, della Costituzione.
    Sarebbe,  inoltre,  violato il sesto comma del medesimo art. 117,
Cost.  Infatti, la previsione, contenuta nel comma 597, di un decreto
del  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri per la semplificazione
delle  norme  in  materia di alienazione degli immobili di proprieta'
degli  Istituti  autonomi case popolari, si porrebbe in contrasto con
l'evocato  parametro  costituzionale, che autorizza l'esercizio della
potesta'  regolamentare  dello Stato nelle sole materie di competenza
esclusiva di quest'ultimo.
    La  Regione Piemonte censura i commi 597, 598, 599 e 600 anche in
riferimento agli artt. 118 e 119 Cost., in quanto essi disporrebbero,
«per  di  piu'  in  modo  assai  dettagliato, in ambiti che spetta al
legislatore  regionale  disciplinare  nel  modo  piu'  aderente  alle
situazioni economico-sociali e finanziarie e patrimoniali riscontrate
localmente,   regolando   conseguentemente  anche  le  corrispondenti
attivita' gestionali degli enti interessati».
    Infine, oggetto di specifica impugnazione e' la norma di cui alla
lettera c)  del comma 598, la quale, ponendo vincoli alla alienazione
del  patrimonio  immobiliare  e  all'utilizzo  dei relativi proventi,
violerebbe l'autonomia finanziaria regionale ex art. 119 Cost.
    2.1.  -  Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  eccepisce
preliminarmente  l'inammissibilita' delle questioni aventi ad oggetto
i  commi 599 e 600: tali norme, infatti, sarebbero prive di idoneita'
lesiva nei confronti delle competenze regionali.
    Le  norme  di  cui  ai commi 597 e 598, invece, secondo la difesa
erariale,  non  inciderebbero  su  materie  di  competenza regionale,
essendo,  piuttosto,  riconducibili alla competenza piena dello Stato
nella materia «ordinamento civile».
    Infine,  in  merito  alle  censure  aventi ad oggetto il disposto
della  lettera c)  del comma 598, il resistente ritiene che si tratti
di  una previsione «persino superflua», nella parte in cui prevede la
destinazione  dei  proventi  delle  alienazioni alla realizzazione di
nuovi alloggi. In ogni caso, destinatari di tale previsione sarebbero
gli Istituti venditori e non le Regioni.
    3.  -  Preliminarmente,  occorre  svolgere  alcune considerazioni
sull'applicabilita'  alle  Regioni  a statuto speciale ricorrenti del
comma 610  dell'art. 1  della  legge n. 266 del 2005, secondo cui «Le
disposizioni  della  presente  legge sono applicabili nelle regioni a
statuto  speciale  e  nelle  province autonome di Trento e di Bolzano
compatibilmente con le norme dei rispettivi statuti». Al riguardo, va
precisato  che  anche  i  ricorsi  promossi  dalle  Regioni a statuto
speciale  evocano  come  parametri  costituzionali  violati  le norme
contenute  nel  Titolo V della Parte II della Costituzione, in quanto
esse  assicurerebbero forme di autonomia piu' ampie rispetto a quelle
statutarie.   Siffatta   considerazione  esclude  che  possa  trovare
applicazione   nei  confronti  delle  suddette  Regioni  speciali  il
comma 610   di   cui   sopra.   A  prescindere,  infatti,  dalla  sua
genericita',  la  citata  clausola  di  salvaguardia  delle autonomie
speciali  presuppone l'applicabilita' delle norme statutarie, esclusa
invece, nel caso in esame, dalle stesse ricorrenti.
    4. - Le questioni sono fondate.
    4.1.  -  Le  norme  impugnate  riguardano  la  materia  «edilizia
residenziale  pubblica», non ricompresa nel secondo e nel terzo comma
dell'art. 117  Cost.  Tale rilievo non consente, pero', di concludere
puramente  e  semplicemente  nel  senso che tutti gli aspetti di tale
complessa materia debbano essere ricondotti alla potesta' legislativa
residuale  delle  Regioni,  ai  sensi  del  quarto comma del medesimo
art. 117. Occorre premettere, infatti, alcune specifiche osservazioni
tese  a  focalizzare i termini esatti della questione e ad operare le
necessarie distinzioni.
    4.2.  - Questa Corte ha gia' avuto modo di precisare, prima della
riforma del Titolo V della Parte II della Costituzione, che «trattasi
di  materia  essenzialmente  composita, articolantesi in una triplice
fase:  la prima, avente carattere di presupposto rispetto alle altre,
propriamente   urbanistica;   la   seconda,   di   programmazione   e
realizzazione  delle  costruzioni,  concettualmente  riconducibile ai
"lavori pubblici" [...]; la terza, infine, attinente alla prestazione
e  gestione  del  servizio  della casa (disciplina delle assegnazioni
degli  alloggi,  in  locazione od in proprieta', ecc.), limitatamente
all'edilizia residenziale pubblica in senso stretto» (sentenza n. 221
del 1975).
    La  ricostruzione  sistematica di cui sopra e' stata confermata e
sviluppata  dalla  giurisprudenza  successiva,  che  ha  riconosciuto
l'esistenza  di  una  competenza  legislativa regionale in materia di
edilizia  pubblica  abitativa  (sentenza  n. 140  del 1976) ed ha poi
specificato,  a  proposito della stessa, che «si verte in una materia
attribuita  in  via  generale  alla competenza legislativa regionale»
(sentenza   n. 217  del  1988).  Sempre  con  riferimento  al  quadro
costituzionale  anteriore  alla riforma del Titolo V, questa Corte ha
statuito  che  «al di fuori della formulazione dei "criteri generali"
da  osservare  nelle assegnazioni, e' attribuita alle regioni la piu'
ampia  potesta'  legislativa  nella  materia,  e quindi la disciplina
attinente  alle  assegnazioni  e alle successive vicende dei relativi
rapporti» (sentenza n. 727 del 1988).
    Era  nel  frattempo  intervenuto il d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616
(Attuazione  della delega di cui all'articolo 1 della legge 22 luglio
1975,  n. 382),  che,  negli  artt. 87,  88,  93  e  94, prevedeva il
trasferimento  alle  Regioni delle funzioni amministrative in materia
di   edilizia   residenziale   pubblica,   eccezion   fatta   per  la
programmazione nazionale, la previsione di programmi congiunturali di
emergenza,  nonche' la determinazione dei criteri per le assegnazioni
di  alloggi e per la fissazione dei canoni. La competenza legislativa
regionale  in  materia di edilizia residenziale pubblica era pertanto
«riconducibile  all'art. 117,  comma  primo,  Cost.»  e  gli Istituti
autonomi  delle  case popolari dovevano essere «considerati come enti
regionali»  (sentenza n. 1115 del 1988). Dalla competenza legislativa
regionale  concorrente  (l'unica  prevista  dalla Costituzione per le
Regioni  ordinarie  prima  della  riforma  del Titolo V) si traeva la
conclusione  che  alle  Regioni  fossero  conferiti  «ampi  poteri di
programmazione  e di gestione degli interventi pubblici [...] nonche'
l'organizzazione  del  servizio,  da  esercitare  in  conformita' dei
principi  stabiliti  dalla  legge  di riforma delle autonomie locali»
(sentenza n. 393 del 1992).
    Per quanto riguarda, in particolare, l'alienazione degli immobili
di  edilizia  residenziale  pubblica,  questa Corte precisava che «la
cessione  degli  alloggi  [...]  e'  indissolubilmente  connessa  con
l'assegnazione degli stessi» (sentenza n. 486 del 1992), ammettendosi
soltanto  una  disciplina-quadro  statale,  che  definisse  i criteri
fondamentali sulle modalita' di alienazione degli alloggi stessi, sul
presupposto  che  questi  ultimi  potessero  essere realizzati con il
contributo statale (sentenza n. 486 del 1995).
    L'approdo  della  lunga  evoluzione  giurisprudenziale, anteriore
alla  riforma  del  Titolo V e sopra sintetizzata, e' stato raggiunto
con l'affermazione secondo cui «si e' parlato di plena cognitio delle
regioni,  sia amministrativa sia (per il parallelismo delle funzioni)
legislativa,  in materia di edilizia residenziale pubblica, cosicche'
potrebbe  ritenersi  ormai formata, nell'evoluzione dell'ordinamento,
una   «nuova»  materia  di  competenza  regionale  al  di  la'  della
ricostruzione  iniziale  operata  con  la  sentenza n. 221 del 1975 -
l'edilizia residenziale pubblica appunto - avente una sua consistenza
indipendentemente   dal   riferimento  all'urbanistica  e  ai  lavori
pubblici» (sentenza n. 27 del 1996).
    4.3. - Dopo la riforma del Titolo V, il quadro sistematico non e'
cambiato,  nel  senso  che la consistenza della materia non ha subito
variazioni  dipendenti  da una nuova classificazione costituzionale o
da una diversa sistematizzazione legislativa di principio.
    La  «nuova  materia»  -  la  cui formazione era stata rilevata da
questa  Corte  prima  della  riforma  costituzionale  -  continua  ad
esistere come corpus normativo. Sono cambiati, invece, alcuni termini
di riferimento, sui quali conviene fermare l'attenzione.
    Come  gia'  detto,  una  specifica materia «edilizia residenziale
pubblica»  non  compare  tra  quelle elencate nel secondo e nel terzo
comma dell'art. 117 Cost. Poiche' resta valido quanto da questa Corte
rilevato  nella  sentenza  n. 27  del 1996, e cioe' l'esistenza di un
ambito  materiale che si identifica nella programmazione, costruzione
e  gestione  di  alloggi destinati a soddisfare le esigenze abitative
dei  ceti sociali meno abbienti, e' inevitabile che venga rilevata la
perdurante  attualita'  della  tripartizione  operata  con  la citata
sentenza  n. 221  del  1975. Tale tripartizione implica, nell'attuale
quadro costituzionale, che la «nuova» materia possiede quel carattere
di «trasversalita» individuato dalla giurisprudenza di questa Corte a
proposito di altre materie non interamente classificabili all'interno
di  una  denominazione  contenuta  nell'art. 117 Cost. Il superamento
dell'originaria  tripartizione  era  stato possibile perche' il primo
comma  dell'art. 117  Cost., ante riforma, configurava una competenza
legislativa  concorrente  delle  Regioni ordinarie, in assenza sia di
una   competenza  esclusiva  delle  stesse  sia,  come  sara'  meglio
precisato  piu'  avanti,  di  una competenza esclusiva dello Stato in
materia di livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti
civili e sociali. In altre parole, nel sistema anteriore alla riforma
del  2001,  alla  plena cognitio regionale della materia in questione
poteva   corrispondere,   al   massimo,   una   potesta'  legislativa
concorrente,  mentre  lo  Stato  poteva  assolvere la sua funzione di
supremo  regolatore  delle  prestazioni attuative dei diritti sociali
con lo strumento dei principi fondamentali della materia.
    Da  quanto sinora detto deriva l'ulteriore conclusione che oggi -
dopo  il mutamento della sistematica costituzionale sul riparto delle
competenze  legislative  tra  lo  Stato  e  le  Regioni  - la materia
dell'edilizia   residenziale  pubblica  si  estende  su  tre  livelli
normativi. Il primo riguarda la determinazione dell'offerta minima di
alloggi destinati a soddisfare le esigenze dei ceti meno abbienti. In
tale   determinazione   -  che,  qualora  esercitata,  rientra  nella
competenza  esclusiva  dello  Stato  ai  sensi dell'art. 117, secondo
comma, lettera m), Cost. - si inserisce la fissazione di principi che
valgano  a  garantire  l'uniformita'  dei  criteri di assegnazione su
tutto  il  territorio  nazionale,  secondo  quanto  prescritto  dalla
sentenza  n. 486  del  1995. Il secondo livello normativo riguarda la
programmazione  degli insediamenti di edilizia residenziale pubblica,
che ricade nella materia «governo del territorio», ai sensi del terzo
comma  dell'art. 117 Cost., come precisato di recente da questa Corte
con  la  sentenza  n. 451  del  2006.  Il  terzo  livello  normativo,
rientrante nel quarto comma dell'art. 117 Cost., riguarda la gestione
del  patrimonio  immobiliare  di  edilizia  residenziale  pubblica di
proprieta' degli Istituti autonomi per le case popolari o degli altri
enti  che  a questi sono stati sostituiti ad opera della legislazione
regionale.
    5.   -   L'esame  delle  norme  impugnate  deve  essere  condotto
nell'ambito  del quadro sistematico prima delineato, risultante dalla
Costituzione,  dopo  la  riforma del Titolo V della Parte II, e dalla
legislazione statale e regionale in materia.
    5.1.  -  Il comma 597 dell'art. 1 della legge finanziaria 2006 si
pone  l'obiettivo «della valorizzazione degli immobili costituenti il
patrimonio  degli  Istituti  autonomi  per le case popolari, comunque
denominati».  Tale  valorizzazione deve essere ottenuta, a tenore del
comma  impugnato,  mediante  la  semplificazione  delle  procedure in
materia  di  alienazione  degli immobili di proprieta' degli Istituti
medesimi.  La  specificazione  delle  modalita' di semplificazione e'
demandata ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da
emanarsi  nel  termine di sei mesi dall'entrata in vigore della legge
finanziaria.
    Il  fine della disposizione in esame non e' quello di dettare una
disciplina generale in tema di assegnazione degli alloggi di edilizia
residenziale  pubblica,  di  competenza  dello  Stato, secondo quanto
prima  argomentato  con  riferimento  alla  sentenza  di questa Corte
n. 486   del   1995,   bensi'   quello   di   regolare  le  procedure
amministrative  e  organizzative  per  arrivare  ad una piu' rapida e
conveniente   cessione   degli  immobili.  Si  tratta  quindi  di  un
intervento  normativo  dello  Stato  nella  gestione degli alloggi di
proprieta' degli I.A.C.P. (o di altri enti o strutture sostitutivi di
questi),  che  esplicitamente  viene motivato dalla legge statale con
finalita'   di   valorizzazione  di  un  patrimonio  immobiliare  non
appartenente  allo  Stato,  ma  ad enti strumentali delle Regioni. Si
profila,  pertanto,  una  ingerenza  nel  terzo livello di normazione
riguardante  l'edilizia residenziale pubblica, sicuramente ricompreso
nella  potesta'  legislativa  residuale  delle  Regioni, ai sensi del
quarto  comma  dell'art. 117  Cost. Di conseguenza - come rilevato in
uno   dei   ricorsi   -   la  fonte  regolamentare,  destinata  dalla
disposizione  impugnata  a  disciplinare  le procedure di alienazione
degli  immobili,  e'  stata prevista in una materia non di competenza
esclusiva  dello  Stato,  in  violazione del sesto comma del medesimo
art. 117.
    5.2.   -  Il  comma 598  e'  una  logica  conseguenza  del  comma
precedente, giacche' fissa alcuni obiettivi al decreto del Presidente
del Consiglio dei ministri da emanarsi successivamente e si riferisce
ad  un «accordo» tra Stato e Regioni, che deve precedere l'emanazione
del suddetto regolamento. Non si tratta pertanto di principi generali
volti  a  stabilire criteri uniformi di assegnazione degli alloggi di
edilizia  residenziale  pubblica  in relazione alla soddisfazione del
diritto  sociale  all'abitazione,  ma  di  indirizzi e limiti volti a
circoscrivere l'esercizio della potesta' regolamentare del Governo in
un  campo  nel  quale  la  stessa  non puo' essere esercitata ratione
materiae.   Ne'   varrebbe   richiamare   il   principio   di   leale
collaborazione,  giacche', nella specie, si versa in ambito materiale
riservato   esclusivamente  alle  Regioni:  non  vengono  in  rilevo,
infatti,  profili  programmatori  o  progettuali  idonei  ad avere un
qualsiasi impatto con il territorio.
    Non  e',  d'altra  parte, condivisibile l'assunto dell'Avvocatura
dello  Stato,  che  fa  rientrare  la  norma  impugnata nella materia
«ordinamento  civile»,  poiche'  si  tratta  di  criteri destinati ad
incidere  sulle  procedure  amministrative  inerenti  all'alienazione
degli  immobili di proprieta' di enti regionali e non gia' a regolare
rapporti giuridici di natura privatistica. La competenza regionale in
materia  e'  stata  gia'  riconosciuta dalla giurisprudenza di questa
Corte  (si  veda, ad esempio, la sentenza n. 486 del 1995) e non v'e'
spazio,  pertanto,  per una normativa statale che si sostituisca o si
sovrapponga   a   quella   delle   Regioni,  tuttora  in  vigore.  Se
l'alienazione degli alloggi deve essere considerata, come s'e' visto,
«indissolubilmente   connessa   con   l'assegnazione   degli  stessi»
(sentenza   n. 486   del   1992),   e   se  la  «disciplina  organica
dell'assegnazione  e  cessione degli alloggi di edilizia residenziale
pubblica  [...] costituisce, in linea di principio, espressione della
competenza  spettante  alla  Regione  in  questa  materia» (ordinanza
n. 104  del  2004),  la  disciplina  delle  procedure  amministrative
tendenti all'alienazione non rientra nell'ordinamento civile, ma deve
essere ricondotta al potere di gestione dei propri beni e del proprio
patrimonio,  appartenente  in  via  esclusiva alle Regioni ed ai loro
enti strumentali.
    5.3.   -   Il  comma 599  prevede  che  le  norme  statali  sulla
cartolarizzazione  del  patrimonio  immobiliare pubblico, dettate dal
decreto-legge  25 settembre  2001,  n. 351  (Disposizioni  urgenti in
materia   di   privatizzazione   e   valorizzazione   del  patrimonio
immobiliare  pubblico  e di sviluppo dei fondi comuni di investimento
immobiliare),  convertito  con  modificazioni dall'art. 1 della legge
23 novembre  2001, n. 410, si applicano agli I.A.C.P. che ne facciano
richiesta tramite le Regioni.
    A tal proposito, si deve mettere in rilievo che la facolta' delle
Regioni  di  avvalersi  della  suddetta normativa statale e' prevista
dall'art. 1,  comma 6, del decreto-legge prima citato. L'attribuzione
della  medesima facolta' anche ad enti strumentali della Regione o e'
priva  di autonomo contenuto normativo o assegna loro la possibilita'
di  esercitare  la  facolta'  in  parola anche contro, in ipotesi, il
volere della Regione di riferimento, la quale diventerebbe, pertanto,
un mero tramite burocratico per l'esercizio di un potere direttamente
attribuito  dallo Stato a tali enti, con evidente lesione della sfera
di competenza costituzionalmente garantita delle Regioni.
    5.4.  -  Analoghe  considerazioni  valgono  per il comma 600, che
conferisce   direttamente   agli  enti  proprietari  la  facolta'  di
rivolgersi   a   societa'   specializzate   per   il  censimento,  la
regolarizzazione  e  la vendita dei singoli beni immobili. Vengono in
tal  modo  scavalcate le possibili scelte gestionali della Regione, i
cui enti strumentali potrebbero invocare un titolo giuridico autonomo
che  li  autorizzi  ad  agire  in  contrasto  con  le linee direttive
regionali.
    6. - Dalle considerazioni che precedono discende l'illegittimita'
costituzionale  delle  norme impugnate, per violazione dell'art. 117,
quarto e sesto comma, Cost. Restano assorbiti tutti gli altri profili
di    illegittimita'   costituzionale   prospettati   dalle   Regioni
ricorrenti.