ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel    giudizio    di   legittimita'   costituzionale   dell'art. 26,
comma 7-bis,  del  decreto  legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo
unico  delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione
e  norme  sulla  condizione dello straniero), promosso dal Giudice di
pace  di  Lecce,  sul ricorso proposto da G. M. contro il Prefetto di
Lecce,  con  ordinanza  del  16 febbraio 2006, iscritta al n. 225 del
registro  ordinanze  2006 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 29, 1ª serie speciale, dell'anno 2006.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  Camera di consiglio del 21 febbraio 2007 il giudice
relatore Francesco Amirante.
    Ritenuto  che,  nel  corso  di  un  giudizio  avente  ad  oggetto
l'annullamento  di  un  provvedimento  del  Prefetto di Lecce in data
10 gennaio   2006,  il  Giudice  di  pace  locale  ha  sollevato,  in
riferimento  agli  artt. 1, 2, 3, 4, 27, 35, 41, 100, 103 e 113 della
Costituzione,  questione di legittimita' costituzionale dell'art. 26,
comma 7-bis,  del  decreto  legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo
unico  delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione
e  norme  sulla  condizione  dello straniero), «in quanto prevede che
allo  straniero,  condannato  con  provvedimento  irrevocabile per la
violazione  di  legge  contestata,  venga  revocato  il  permesso  di
soggiorno»;
        che  il remittente premette come, nella specie, il competente
Tribunale  amministrativo regionale, con decreto del 7 febbraio 2006,
abbia  disposto  la  sospensione dell'efficacia del provvedimento del
Questore  di  Lecce,  notificato  il 10 gennaio 2006, con il quale e'
stata  respinta  l'istanza  del ricorrente di rinnovo del permesso di
soggiorno per motivi di lavoro autonomo;
        che,  quanto  al  merito della questione, il Giudice di pace,
dopo aver sottolineato la palese incongruita' della sanzione prevista
dalla  disposizione  censurata  rispetto al complessivo assetto della
normativa  riguardante  i  cittadini  extracomunitari, fa derivare il
denunciato  contrasto  con  gli  invocati  parametri, in primo luogo,
dall'assenza   nella   sanzione  stessa  di  qualsiasi  finalita'  di
prevenzione o di rieducazione;
        che,  inoltre,  ad avviso del giudice a quo, l'applicabilita'
della revoca del permesso di soggiorno e dell'automatica espulsione -
prevista   come   aggiuntiva  rispetto  alla  pena  principale  -  si
tradurrebbe,  da  un  lato,  in una irragionevole discriminazione dei
cittadini  extracomunitari titolari di permesso di soggiorno non solo
rispetto  ai  cittadini  italiani o dei Paesi dell'Unione europea, ma
anche  rispetto  agli  stranieri extracomunitari titolari di carta di
soggiorno (che sono tutti esclusi dall'ambito applicativo della norma
di  cui  si  tratta)  e  comporterebbe, d'altra parte, un altrettanto
illogico  inasprimento  del trattamento sanzionatorio degli stranieri
extracomunitari  che  abbiano  commesso  qualcuno  dei reati previsti
dalla  disposizione censurata rispetto agli stranieri extracomunitari
condannati  per  i  gravi  reati  previsti dal d.P.R. 9 ottobre 1990,
n. 309  e  dall'art. 15  del  d.lgs.  n. 286  del  1998  (per i quali
l'espulsione non e' automatica, ma subordinata al previo accertamento
giudiziale della pericolosita' sociale del soggetto);
        che,  infine, la disposizione stessa violerebbe gli artt. 2 e
41  Cost.  in  quanto  espone  la  condizione  dello  straniero, come
persona,  ad  un  sacrificio  «assoluto»  al  fine di «apprestare una
tutela  centrale e sproporzionata al diritto di autore», da collegare
a quella del patrimonio e del mercato;
        che  e'  intervenuto  in giudizio il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato,  concludendo  per la manifesta inammissibilita' e infondatezza
della questione.
    Considerato   che   il  Giudice  di  pace  di  Lecce  dubita,  in
riferimento  agli  artt. 1, 2, 3, 4, 27, 35, 41, 100, 103 e 113 della
Costituzione,   della   legittimita'   costituzionale   dell'art. 26,
comma 7-bis,  del  decreto  legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo
unico  delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione
e  norme  sulla  condizione  dello straniero), «in quanto prevede che
allo  straniero,  condannato  con  provvedimento  irrevocabile per la
violazione  di  legge  contestata,  venga  revocato  il  permesso  di
soggiorno»;
        che   il   giudice   remittente  non  solo  omette  qualsiasi
motivazione  sulla  rilevanza della questione, ma, dopo aver riferito
che  il  locale  Tribunale  amministrativo  regionale  ha disposto la
sospensione  dell'efficacia del provvedimento del Questore di diniego
dell'istanza  di  rinnovo  del  permesso  di  soggiorno  -  il quale,
presumibilmente,   rappresenta   l'atto   presupposto   rispetto   al
provvedimento prefettizio, oggetto del giudizio a quo - non offre una
adeguata  descrizione  della  fattispecie sottoposta al suo esame non
precisando,  in  particolare, l'oggetto del provvedimento impugnato e
la situazione del ricorrente (se clandestino, titolare di permesso di
soggiorno  o di carta di soggiorno), nonche' il reato per il quale e'
stata  pronunciata  la  condanna  e  se il relativo provvedimento sia
divenuto irrevocabile;
        che,  pertanto,  la  questione  e' da ritenere manifestamente
inammissibile.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.