IL TRIBUNALE

    Riunito  in  Camera  di  consiglio  ha  pronunziato  la  seguente
ordinanza,   sull'appello   proposto   da  Russo  Gioacchino  avverso
l'ordinanza emessa in data 10 maggio 2005 dal Giudice per le indagini
preliminari  del  Tribunale  di Napoli, con la quale veniva rigettata
l'istanza di revoca della misura della custodia cautelare in carcere;
    Letta  la  precedente  ordinanza emessa in data 14 giugno 2005 da
questo   tribunale   del   riesame,  con  la  quale  veniva  revocata
l'ordinanza di custodia cautelare in carcere;
    Letta  la  sentenza  n. 45525/2005  emessa dalla Corte suprema di
cassazione  in  data  20 ottobre  2005 (dep. 15 dicembre 2005) con la
quale  la  predetta  ordinanza  di  questo  tribunale del riesame del
14 giugno 2005 e' stata annullata con rinvio per un nuovo giudizio;
    Sentito  all'udienza  camerale  del  1° marzo 2006, alla quale il
pubblico  ministero non e' comparso, il difensore, avvocato Valentino
Di  Ludovico,  il  quale  ha  depositato  memoria con documenti ed ha
concluso per l'accoglimento dell'appello;
    A  scioglimento  della riserva formulata all'udienza camerale del
1° marzo 2006.

                              F a t t o

    1.  -  Con  ordinanza  in  data  10 maggio 2005 il Giudice per le
indagini  preliminari  del Tribunale di Napoli rigettava la richiesta
di  revoca della misura della custodia cautelare in carcere formulata
del   difensore   di   Russo  Gioacchino,  imputato  del  delitto  ex
artt. 416-bis,  quale imprenditore addetto alla commercializzazione e
distribuzione in Inghilterra, di prodotti con marchi contraffatti del
sodalizio Licciardi.
    2.  - Riteneva il g.i.p. la persistenza delle esigenze cautelari,
stante  il  difetto  di  prova  dell'avvenuta rescissione del vincolo
associativo.
    3.  -  Questo  tribunale  del  riesame,  con  ordinanza  in  data
14 giugno  2005, decidendo sull'appello proposto da Russo Gioacchino,
prendeva atto delle seguenti circostanze:
      a) del decorso del tempo;
      b) della specificita' della condotta dell'appellante;
      c)  delle  dimissioni del Russo dalla carica di direttore della
societa'  londinese Gruppo V ltd., sita al n. 287 di Caledonian Road,
registrata presso la Camera di commercio inglese con il n. 03533279;
      d)  del  sequestro  preventivo  di  tutte  le aziende di cui si
servivano  i coimputati, idoneo a rendere impossibile la reiterazione
della condotta criminosa ascritta al Russo.
    4.  -  Conseguentemente, in applicazione del principio di diritto
che,  ai fini del superamento della presunzione di cui al terzo comma
dell'articolo  275  c.p.p., non e' necessaria la dimostrazione di una
vera e propria avvenuta rescissione del vincolo associativo (cfr., ex
plurimis,  Cass.  pen,  I  sez., n. 43572, C.c. 6 novembre 2002, dep.
24 dicembre 2002, ric. Diana, rv. 223108; in senso conf.: Cass. pen.,
I  sez.,  1° febbraio  1993,  Crudele;  Cass. pen., I sez., 22 giugno
1992,  Tallir;  Cass. pen., VI sez., 7 giugno 1996, Frascati;), avuto
riguardo  al  positivo  accertamento  dei parametri suindicati, cosi'
come gia' avvenuto per i coimputati Colella Gennaro, Ferraro Gennaro,
Bandolo   Giovanni,  Maddaloni  Raffaele,  Laudano  Alberto,  Pernice
Vincenzo,  Botta  Salvatore,  Perna  Ciro,  Caiazza Angelo, Buonocore
Mario,  Avolio Gaetano, Barbato Mattia, Zinzi Salvatore, Salati Luigi
e  Pasqualino  Luigi,  il  tribunale disponeva la revoca della misura
della  custodia cautelare in carcere anche nei riguardi dell'imputato
Russo Gioacchino.
    5.  - La Corte suprema di cassazione, in accoglimento del ricorso
proposto  dal  Procuratore  della  Repubblica  presso il tribunale di
Napoli,  annullava  la ordinanza di questo tribunale del riesame, con
rinvio  per  un  nuovo  giudizio. Disattendendo l'interpretazione del
terzo  comma  dell'articolo  275  cod. proc. pen. formulata da questo
tribunale  del  riesame,  il  giudice  di  legittimita'  sosteneva la
necessita',  per  il  superamento  della  presunzione legale circa la
sussistenza  di  esigenze  cautelari  e di adeguatezza della custodia
cautelare in carcere (prevista dal terzo comma dell'art. 275 c.p.p.),
di  «elementi  concreti, atti a far desumere un avvenuto scioglimento
del  clan  camorristico,  oppure  un  avvenuto  recesso  dallo stesso
dell'attuale indagato».
    6.  -  All'odierna  udienza  camerale,  alla  quale  il  pubblico
ministero non e' comparso, il difensore eccepiva e deduceva:
      a)  che  la  testimonianza  resa dal collaboratore di giustizia
Guida  Gaetano  all'udienza  dibattimentale  del 10 gennaio 2006, nel
processo  di  merito  in corso di trattazione dinanzi al Tribunale di
Napoli  era «di particolare interesse», in quanto il predetto non era
stato  in  grado  di fornire «alcun indizio accusatorio utile, ovvero
tale  da  poter  in  qualche  modo coinvolgere l'attivita' svolta dal
Russo nei fatti cosi' come contestati»;
      b) che alcuni appunti manoscritti di pugno dal collaboratore di
giustizia  dimostrerebbero l'esistenza di un «elenco» di soggetti che
avrebbero  svolto  attivita' illecite per conto del sodalizio: elenco
nel quale non e' inserito il nominativo del Russo Gioacchino;
      c)  che  la  trascrizione  di una intercettazione telefonica e'
risultata  totalmente  difforme,  nel  contenuto,  rispetto  a quella
eseguita   dalla  p.g.  e  riportata  nella  richiesta  della  misura
cautelare;  si tratta della conversazione n. 202 del 10 gennaio 2001,
in  cui,  secondo  la  originaria  trascrizione della p.g., Buonocore
Mario  direbbe  ad  Attardo  Gaetano: «sto facendo i conti con Jack»,
mentre - secondo la trascrizione effettuata dal perito di ufficio, la
esatta  espressione  del  Buonocore  e' «sto facendo i conti per te».
Tale errore materiale era stato determinante, ad avviso della difesa,
in  quanto nell'ordinanza di custodia cautelare genetica a carico del
Russo  Gioacchino  si  legge testualmente «Alcuni giorni dopo Attardo
Gaetano  viene  messo al corrente dei conteggi da Buonocore Mario, il
quale e' in compagnia di Jack per espletare tali incombenze», laddove
«Jack» e' un soprannome attribuito a Russo Gioacchino;
      d)  che  l'attivita'  commerciale  del  Russo  era  iniziata il
24 marzo   1998   e   non   nel  1988,  come  erroneamente  riportato
nell'ordinanza di custodia cautelare;
      e)  che  il  Russo,  in  ogni caso, si era dimesso dalla carica
direttore  della  societa' londinese Gruppo V ltd., sita al n. 287 di
Caledonian Road, registrata presso la Camera di commercio inglese con
il n. 03533279;
      f)  che  analogo provvedimento di revoca della misura cautelare
personale,  emesso  da  questo tribunale del riesame nei riguardi del
coimputato   Ferraro   Gennaro,   gravato  da  identico  ricorso  per
cassazione  del  pubblico  ministero,  era  stato  condiviso da altro
Collegio  della  medesima  sezione della Corte suprema di cassazione,
che  aveva  rigettato  il  ricorso  del  pubblico  ministero,  con la
sentenza  n. 42338/2005  (Cass.  pen., II sez., C.c. 8 novembre 2005,
dep.   23 novembre   2005),   che  aveva  condiviso  la  contrapposta
interpretazione  del  terzo comma dell'articolo 275 c.p.p. seguita da
questo tribunale del riesame;
      g)  che  analogo provvedimento di revoca della misura cautelare
personale,  emesso  da  questo tribunale del riesame nei riguardi del
coimputato   Colella   Gennaro,   gravato  da  identico  ricorso  per
cassazione,  era stato condiviso da altra sezione della Corte suprema
di cassazione, che aveva rigettato il ricorso del pubblico ministero,
con  la  sentenza  n. 32874/2005 (Cass. pen., VI sez., C.c. 23 maggio
2005,  dep.  2 settembre  2005),  che aveva condiviso la contrapposta
interpretazione  del  terzo comma dell'articolo 275 c.p.p. seguita da
questo tribunale del riesame;
      h)  che  analogo provvedimento di revoca della misura cautelare
personale,  emesso  da  questo tribunale del riesame nei riguardi del
coimputato  Maddaloni  Raffaele,  gravato  da  identico  ricorso  per
cassazione,  era stato condiviso da altra sezione della Corte suprema
di cassazione, che aveva rigettato il ricorso del pubblico ministero,
con  la  sentenza  n. 46560/2005 (Cass. pen., I sez., C.c. 8 novembre
2005,  dep.  20 dicembre  2005),  che aveva condiviso la contrapposta
interpretazione  del  terzo comma dell'articolo 275 c.p.p. seguita da
questo tribunale del riesame;
      i)  che  il  Russo  versa in gravi condizioni di salute, si' da
determinare incompatibilita' con il regime detentivo ordinario, cosi'
come  evidenziato  dalla  stessa  struttura  ospedaliera  della  Casa
circondariale  di  Roma  -  Rebibbia,  che  in  data  18 gennaio 2005
evidenziava  che  «il paziente e' esposto alla possibilita' di eventi
cardiovascolari che possono mettere in pericolo la vita».
    Concludeva  il  difensore  perche'  questo  tribunale del riesame
reiterasse  la  propria precedente ordinanza di revoca della custodia
cautelare gia' applicata a Russo Gioacchino.
    7. - Il tribunale si riservava la decisione.

                            D i r i t t o

    1.  -  Nel  presente  giudizio  di  rinvio,  secondo  la costante
giurisprudenza  della  Corte costituzionale, e' consentito al giudice
di rinvio sollevare dubbi di legittimita' costituzionale coinvolgenti
l'interpretazione  della  norma,  quale  risultante  dal principio di
diritto  enunciato dalla Corte di cassazione, dovendo la norma stessa
ricevere   obbligatoria   applicazione   nel   giudizio  rescissorio,
cosicche'  il  giudice  di  tale  fase,  essendo  vincolato  al detto
principio  di  diritto,  non  ha soluzione diversa, per contestare la
regula  iuris  indicata dal giudice della Corte suprema, da quella di
sollevare  questione  di  legittimita' costituzionale della norma che
sarebbe  tenuto  ad  applicare,  proprio perche' cosi interpretata; e
cio'  sia  ove tale principio costituisca la conseguenza di una linea
ermeneutica  del  tutto  isolata sia, a maggior ragione, ove il detto
principio  rappresenti l'adeguamento all'indirizzo interpretativo, se
non  consolidato,  almeno  prevalente  (Corte  cost.,  sent.  n. 408,
24 ottobre   2005;   in   senso  conf.:  Corte  cost.,  sent.  n. 16,
18 febbraio 1998; Corte cost. ord. n. 11 del 21 gennaio 1999).
    2.  - Tanto premesso in rito, va innanzitutto preso atto - e tale
principio  viene  integralmente  condiviso  dal  tribunale  - che, in
presenza   di   gravi  indizi  di  colpevolezza  per  il  delitto  di
associazione  di  stampo mafioso, deve essere senz'altro applicata la
misura  della  custodia  cautelare  in  carcere,  senza necessita' di
accertare le esigenze cautelari, che sono presunte per legge, sicche'
al   giudice   di   merito   incombe  solo  l'obbligo  di  dare  atto
dell'inesistenza  di  elementi  idonei  a  vincere  tale presunzione,
mentre l'obbligo della motivazione diventa piu' rigoroso nell'ipotesi
in   cui  l'indagato  avvia  posto  in  evidenza  elementi  idonei  a
dimostrare  l'insussistenza  di  esigenze cautelari, dovendosi allora
addurre  o,  quanto  meno, dedurre gli elementi di fatto sui quali la
prognosi positiva puo' essere fatta (Cass., sez. un., 5 ottobre 1994,
Demitry).
    3.  -  La  questione  di  diritto  sottoposta all'esame di questo
Tribunale  del  riesame  concerne  l'interpretazione  del terzo comma
dell'articolo  275 del codice di procedura penale, in ordine al quale
si sono formati due contrapposti orientamenti giurisprudenziali della
Corte suprema di cassazione.
    4.  - Secondo un primo indirizzo giurisprudenziale, nei confronti
di  un  indagato  per  il delitto associativo ex art. 416-bis c.p. la
presunzione  di  pericolosita'  sociale,  che, a norma dell'art. 275,
comma 3 c.p.p., impone la misura della custodia cautelare in carcere,
puo'   essere   superata   soltanto  quando  risulti  dimostrato  che
l'associato    ha    stabilmente   rescisso   i   suoi   legami   con
l'organizzazione  criminosa (Cass., sez. 6ª, 28 marzo 1996, Frascati;
Cass.,   sez.   1ª,  8 febbraio  1995,  Bonventre).  In  tale  filone
giurisprudenziale  si  colloca  la  sentenza  della  Corte suprema di
annullamento  con  rinvio  del presente procedimento, che, a fini del
giudizio  sulla persistenza o meno della presunzione legale di cui al
terzo  comma  dell'articolo  275 cod. proc. pen., ha vincolato questo
tribunale,   con   il   principio   di   diritto  che  e'  necessaria
l'acquisizione di «elementi concreti, atti a far desumere un avvenuto
scioglimento  del clan camorristico, oppure un avvenuto recesso dallo
stesso  dell'attuale  indagato»  (Cass. pen., II sez., n. 45525, C.c.
20 ottobre 2005, dep. 15 dicembre 2005, ric. p.m. in proc. Russo).
    5.  -  Un  contrapposto  orientamento  giurisprudenziale  (quello
seguito   da  questo  tribunale  del  riesame,  con  l'ordinanza  del
14 giugno  2005,  poi annullata dalla sentenza della Corte suprema di
cassazione)  considera,  viceversa,  possibile  il  venire meno della
presunzione  legale  del  periculum in libertate a fronte di elementi
concreti  e  specifici,  non necessariamente indicativi dell'avvenuta
rescissione  del  rapporto associativo (Cass. pen., I sez., n. 43572,
C.c..  6 novembre  2002,  dep.  24 dicembre  2002,  ric.  Diana,  rv.
223108),   quali   la  sostanziale  ammissione  del  fatto  da  parte
dell'indagato,  la peculiarita' degli antecedenti e delle circostanze
del  fatto  stesso  (Cass.,  sez.  1ª, 1° febbraio 1993, Crudele), la
sussistenza  degli  estremi della legittima difesa, reale o putativa,
l'incensuratezza  dell'indagato  e  l'assenza di carichi pendenti, la
spontanea  costituzione  (Cass., sez. 1ª, 22 giugno 1992, Tallir), il
ruolo    svolto    dal    partecipante    all'associazione   mafiosa,
caratterizzato  da  assoluta  specificita'  e  da  esclusivo  rilievo
soggettivo,  che  rendono impossibile l'ulteriore attivita' criminosa
(Cass., sez. 6ª, 7 giugno 1996, Frascati).
    6.  -  Orbene,  qualora  il  tribunale non sollevasse la presente
questione  di  legittimita' costituzionale, si troverebbe costretto a
rigettare  l'appello  proposto  da Russo Gioacchino, non essendovi in
atti  gli  «elementi  concreti,  atti  a  far  desumere  un  avvenuto
scioglimento  del  clan  camorristico»,  ne'  la prova dell'«avvenuto
recesso dallo stesso dell'attuale indagato», bensi' soltanto la prova
che  il  ruolo  svolto  dal Russo e' stato caratterizzato da assoluta
specificita'   e   da   esclusivo  rilievo  soggettivo,  che  rendono
impossibile l'ulteriore attivita' criminosa (Cass., sez. 6ª, 7 giugno
1996,  Frascati),  dal  momento  che le prove articolate dalla difesa
dell'appellante non hanno dimostrato quanto preteso dalla sentenza di
annullamento   con  rinvio:  da  cio'  discende  la  rilevanza  della
questione, concernente la legittimita' costituzionale del terzo comma
dell'articolo  275  cod.  proc.  pen.,  cosi' come interpretato dalla
Corte  suprema  di  cassazione  nella  sentenza  di  annullamento con
rinvio,  costituendo  tale interpretazione un precetto vincolante per
questo  tribunale  del riesame, in virtu' dell'articolo 627, 3° comma
cod.  proc. pen.: interpretazione che - tuttavia - viene ritenuta dal
tribunale  in  contrasto  con gli articoli 3; 13, secondo comma e 27,
primo comma della Costituzione.
    7. - Il contrasto con l'articolo 3 della Costituzione investe, ad
avviso  di questo giudice remittente, il principio di ragionevolezza,
dal momento che un'interpretazione della norma in esame cosi' rigida,
finisce  con  lo  snaturare  la  volonta'  del  Legislatore, che, nel
delimitare   la   presunzione   in  esame  all'area  dei  delitti  di
criminalita'   organizzata   di   tipo  mafioso,  pur  avendo  inteso
attribuire un coefficiente di pericolosita' per le condizioni di base
della  convivenza  e  della sicurezza collettiva che agli illeciti di
quel genere e' connaturato, non ha di certo inteso privare il giudice
di  merito del potere-dovere di accertare la sussistenza o meno delle
esigenze cautelari. Cio' e' disvelato, ad avviso di questo tribunale,
dalla chiara locuzione impiegata dal Legislatore della norma in esame
(«salvo  che  siano  acquisiti  elementi  dai  quali  risulti che non
sussistono   esigenze   cautelari»):  cio'  rende  manifesto  che  la
presunzione  puo'  considerarsi  superata  anche  nell'ipotesi in cui
coesistano  specifici  elementi  che,  come nel caso di specie, fanno
ragionevolmente escludere la pericolosita' dell'indagato: di talche',
pur  in  mancanza  di  una  formale  o univoca rescissione, per facta
concludentia,  del  vincolo  associativo,  il  giudice di merito deve
essere tenuto a porre a raffronto il dato derivante dall'attribuzione
del delitto ex art. 416-bis c.p. con gli elementi di segno contrario,
dedotti  dalla  parte  o  comunque  risultanti dagli atti, al fine di
stabilirne  la  prevalenza  o meno per negare o affermare l'esistenza
delle esigenze cautelari.
    8.  -  Un  ulteriore  profilo di violazione dell'articolo 3 della
Costituzione   si   rileva   dalla   circostanza  che,  nel  presente
procedimento,  alcuni  coimputati del Russo (Colella Gennaro, Ferraro
Gennaro,  Bandolo  Giovanni,  Maddaloni  Raffaele,  Laudano  Alberto,
Pernice  Vincenzo,  Botta  Salvatore,  Perna  Ciro,  Caiazza  Angelo,
Buonocore  Mario,  Avolio  Gaetano,  Barbato Mattia, Zinzi Salvatore,
Salati  Luigi  e Pasqualino Luigi) risultano essere stati scarcerati,
per  il  venire  meno  delle  esigenze  cautelari,  proprio in virtu'
dell'interpretazione  del  terzo  comma  dell'articolo 275 cod. proc.
pen. facente  capo  al  filone  giurisprudenziale  seguito  da questo
tribunale  del  riesame.  Tale  interpretazione,  peraltro,  e' stata
condivisa  da  alcune  sezioni della Corte suprema di cassazione che,
nel   rigettare   il  ricorso  del  pubblico  ministero,  hanno  reso
definitiva   la   scarcerazione  dei  coimputati  del  Russo,  mentre
quest'ultimo,    ove    venisse   accolta   la   contrapposta   linea
giurisprudenziale  indicata dalla sentenza di annullamento con rinvio
della Corte suprema di cassazione, finirebbe per essere ingiustamente
discriminato  in  peius rispetto ai coimputati del medesimo processo.
Cio'  comporta  la  lesione  del  principio di uguaglianza di tutti i
cittadini di fronte alla legge.
    9.  -  Inoltre,  un'interpretazione  cosi' rigida del terzo comma
dell'articolo  275 cod. proc. pen. si pone in contrasto anche con gli
articoli 13, secondo comma e 27, primo comma, della Costituzione.
    Tale  interpretazione,  infatti, genera radicali incertezze circa
l'applicazione  di  una  norma  -  quella  sottoposta  a scrutinio di
costituzionalita'  -  che  si appalesa decisiva per il mantenimento o
meno  della  custodia cautelare in carcere, cosi' rimanendo vulnerato
il  secondo comma dell'articolo 13 della Costituzione, secondo cui la
restrizione della liberta' personale e' ammessa «nei soli casi e modi
previsti  dalla  legge»:  legge  che  deve  essere «certa», attesa la
riserva  di  legge  prevista dalla Costituzione, che ha stabilito che
deve essere il Legislatore a stabilire i presupposti legali per poter
determinare  la detenzione in carcere, con una legge che - ovviamente
- deve essere «certa» ed «uguale» nei confronti di tutti i cittadini.
    Ed  ancora,  l'interpretazione  qui  denunziata,  proprio perche'
pretende   una   prova   impossibile   a   fornirsi,   finirebbe  con
l'equiparare,  di  fatto, la posizione del «giudicabile» a quella del
«condannato».  Con  la conseguenza che la misura cautelare verrebbe a
configurarsi  come  di  fatto  mai  revocabile e, quindi, come vera e
propria  anticipazione  del  trattamento  punitivo: in violazione del
primo  comma  dell'articolo  27 della Costituzione. A tale proposito,
risulta  significativa  la  circostanza  che  il coimputato Maddaloni
Raffaele,  imprenditore,  cui risultava contestata, come al Russo, la
commercializzazione,  in  paesi  esteri, di capi di abbigliamento con
marchi  contraffatti  per  conto  del  clan,  all'esito  del giudizio
abbreviato,  e'  stato  assolto  dall'imputazione di cui all'articolo
416-bis  c.p.  e  condannato  alla pena, condizionalmente sospesa, di
anni  uno e mesi otto di reclusione ed euro 1000 di multa, per i soli
reati di cui agli artt. 473 e 517 cod. pen.
    10.  -  In altri termini, ritiene il tribunale che le ragioni che
sorreggono   l'orientamento  giurisprudenziale  prescelto,  risultano
rispondenti  alla  ratio effettiva della speciale disposizione di cui
all'art. 275, comma 3, c.p.p., di indubbia natura eccezionale, la cui
portata  - proprio perche' riferita ad una norma gia' «eccezionale» -
non  puo'  essere  ulteriormente  «dilatata»,  sino  al punto da fare
coincidere  il  superamento  della presunzione legale soltanto con la
dimostrazione   dell'avvenuta   definitiva  rescissione  del  vincolo
associativo.  Difatti, l'attribuzione alla norma di un tale contenuto
precettivo  significa,  nella  sostanza,  ritenere che la presunzione
possa  essere  vinta  nei  soli  casi  nei  quali  essa  non sia piu'
applicabile  per  il  fatto  che  la  partecipazione all'associazione
mafiosa  non  e'  piu'  attuale,  mentre  le  linee della disciplina,
rivelate dalla chiara locuzione impiegata dal Legislatore («salvo che
siano  acquisiti  elementi  dai  quali  risulti  che  non  sussistono
esigenze  cautelari»),  rendono  manifesto  che  la  presunzione deve
potersi  considerare  superata  anche  nell'ipotesi in cui coesistano
specifici   elementi   che   fanno   ragionevolmente   escludere   la
pericolosita'  dell'indagato:  di  talche',  pur  in  mancanza di una
formale  o  univoca  rescissione, per facta concludentia, del vincolo
associativo,  il  giudice  di merito deve essere tenuto, ad avviso di
questo   Tribunale,   a   porre   a   raffronto   il  dato  derivante
dall'attribuzione  del  delitto ex art. 416-bis c.p. con gli elementi
di  segno  contrario, dedotti dalla parte o comunque risultanti dagli
atti,  al  fine  di  stabilire  la  prevalenza  o  meno  per negare o
affermare l'esistenza delle esigenze cautelari.
    11.  -  Per  tutte le ragioni esposte in motivazione il tribunale
ritiene  che  la dedotta questione di legittimita' costituzionale sia
non  manifestamente  infondata  e, altresi', rilevante, atteso che la
decisione  di  questo tribunale - in sede di giudizio di rinvio dalla
Corte  di  cassazione - sull'appello in trattazione, si fonda proprio
sulla  interpretazione  del  terzo comma dell'articolo 275 cod. proc.
pen.: norma sottoposta al presente scrutinio di costituzionalita'.