IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza sul ricorso n. 230/2006,
proposto  da  comune di Longobardi, in persona del sindaco in carica,
rappresentato  e difeso dall'avv. Francesco Calvelli ed elettivamente
domiciliato  in  Catanzaro,  via  F.  Acri  n. 47,  presso  lo studio
dell'avv. Vincenzo Genovese;
    Contro  il  Commissario  delegato  per l'emergenza ambientale nei
territorio   della   Regione   Calabria,   rappresentato   e   difeso
dall'Avvocatura  distrettuale dello Stato di Catanzaro, presso cui e'
domiciliato  ex  lege;  nonche'  contro  il responsabile dell'Ufficio
rifiuti presso il Commissario delegato per l'emergenza ambientale nel
territorio  della Regione Calabria, non costituito in giudizio; e nei
confronti  del  Comune  di  Lamezia  Terme, in persona del sindaco in
carica,  non  costituito  in  giudizio; T.M.E. S.p.A., in persona del
legale  rappresentante  pro  tempore, non costituito in giudizio; per
l'annullamento:
        dell'ordinanza  n. 4001  del  3 febbraio 2006 del Commissario
delegato  per  l'emergenza  ambientale  nel  territorio della Regione
Calabria,   avente   ad  oggetto:  comune  di  Longobardi  (Cosenza),
autorizzazione  al  conferimento di RSU presso l'impianto tecnologico
trattamento  rifiuti  sito  in localita' Bucita del comune di Rossano
(Cosenza);
        dell'ordinanza commissariale n. 4000 del 1° febbraio 2006;
        della  proposta  di  ordinanza prot. 1443 del 3 febbraio 2006
del  responsabile dell'Ufficio rifiuti presso il Commissario delegato
per l'emergenza ambientale nel territorio della Regione Calabria;
        del parere del responsabile tecnico scientifico;
    Visto il ricorso con i relativi allegati;
    Visto l'atto di costituzione in giudizio del Commissario delegato
per l'emergenza ambientale nel territorio della Regione Calabria;
    Visti gli atti tutti di causa;
    Relatore  nella  Camera  di  consiglio del 23 marzo 2006 il Primo
referendario  Giovanni  Iannini  ed uditi, altresi', l'avv. Francesco
Calvelli  per  il  comune  ricorrente  e l'avvocato dello Stato Ennio
Antonio Apicella per l'amministrazione resistente;
    Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

                              F a t t o

 e   d i r i t t o      1.  -  Con  ricorso  ritualmente  notificato,
depositato  nella  segreteria del tribunale in data 24 febbraio 2006,
il  comune  di  Longobardi  ha  impugnato  l'ordinanza  n. 4001 del 3
febbraio  2006  con  cui  il  Commissario  delegato  per  l'emergenza
ambientale  nel  territorio  della Regione Calabria ha autorizzato lo
stesso  al  conferimento  dei rifiuti solidi urbani presso l'impianto
tecnologico  trattamento  rifiuti sito in localita' Bucita del comune
di Rossano, gestito dalla T.M.A. S.p.a.
    Il  comune  ha  altresi',  impugnato  agli  altri atti richiamati
nell'ordinanza n. 4001, vale a dire l'ordinanza commissariale n. 4000
del  1° febbraio 2006, di cui, peraltro, dichiara di non conoscere il
contenuto,  la  proposta  di ordinanza prot. 1443 del 3 febbraio 2006
del   responsabile   dell'Ufficio  rifiuti,  nonche'  il  parere  del
responsabile tecnico scientifico.
    2.  - L'amministrazione ricorrente ha premesso che, con ordinanza
n. 14/2006,  questo tribunale ha accolto la domanda di sospensione di
un precedente provvedimento dello stesso Commissario delegato con cui
si  era  autorizzato,  tra  gli  altri,  il  comune  di  Longobardi a
conferire  i  rifiuti  solidi  urbani  presso  la  discarica  sita in
localita'  «Columbra»  del  comune  di  Crotone,  di proprieta' della
So.Vre.Co. S.p.A.
    L'impugnazione  dei  provvedimenti  gravati  in  questa  sede  e'
affidata alla seguenti censure:
        1) violazione dell'art. 7 della legge n. 241/1990.
    Il   provvedimento   impugnato   non   e'   stato   preceduto  da
comunicazione  di  avvio  del  procedimento,  ne'  sono state esposte
particolari ragioni di urgenza, tali da giustificarne l'omissione.
        2) violazione  dell'art.  3,  legge  n. 241/1990;  eccesso di
potere per difetto di motivazione; travisamento dei fatti.
    Il  provvedimento sarebbe carente sotto il profilo motivazionale,
non  emergendo alcuna circostanza che possa indurre a differenziare i
fatti  alla  base  di  esso  rispetto a quelli posti a fondamento del
precedente    provvedimento,   oggetto   di   sospensione   in   sede
giurisdizionale.  Esso,  peraltro, nell'affermare che la discarica di
Lamezia  Terme e' prossima al collasso, avrebbe omesso di considerare
che,  per  effetto  del  precedente  provvedimento, tale sito risulta
sgravato  dei  rifiuti  di  sette  comuni,  nonche'  di  valutare  il
quantitativo di rifiuti provenienti dal comune di Longobardi e' assai
modesto.
    Nel  provvedimento  non  sarebbe in alcun modo evidenziato l'iter
logico giuridico che ha condotto l'amministrazione ad individuare per
il  conferimento un sito, quale quello di Rossano, che risulta ancora
piu' lontano di quello di Crotone.
        3) Eccesso   di  potere  per  contraddittorieta',  sviamento,
illogicita' manifesta e contrasto con provvedimento giurisdizionale.
    Il   provvedimento  sarebbe  viziato  per  contraddittorieta'  ed
adottato  in  mancanza  di un interesse pubblico concreto ed attuale.
Esso,  inoltre,  disattenderebbe  in  modo  irragionevole il criterio
direttivo  della prossimita' della discarica affermato nell'ordinanza
del Tribunale amministrativo regionale Calabria n. 14/2006.
    Il provvedimento si porrebbe, comunque, in contrasto con il Piano
di  gestione dei rifiuti, pubblicato nel B.U.R., suppl. straordinario
del  30  novembre  2002,  in  cui  vi  e'  riferimento al criterio di
prossimita'.
    4.  -  Eccesso  di  potere per difetto di istruttoria; violazione
delle norme in tema di conferenza di servizi.
    Il  provvedimento  sarebbe  stato adottato in assenza di adeguata
istruttoria,  sulla  base  dell'acritico  recepimento  del  pare  del
responsabile del settore RSU.
    La  rilevanza  della  materia  avrebbe imposto la convocazione di
conferenza  di  servizi, con la partecipazione dei responsabili degli
uffici e dei rappresentanti degli enti locali.
    Il  comune  ricorrente  conclude richiedendo l'annullamento degli
atti impugnati.
    3.  -  Si  e'  costituito  l'Ufficio del Commissario delegato per
l'emergenza  ambientale nel territorio della Regione Calabria, con il
patrocinio,  dell'Avvocatura  dello  Stato,  rilevando l'incompetenza
dell'adito   Tribunale  amministrativo  della  Calabria,  in  quanto,
secondo  il  disposto  dell'art.  3, d.l. 30 gennaio 2005, n. 245, in
tutte le situazioni di emergenza dichiarate ai sensi la competenza di
primo  grado  a conoscere della legittimita' delle ordinanza adottate
dell'art.  5,  comma  1,  della  legge  24  febbraio 1992, n. 225, la
competenza  di  primo  grado  a  conoscere  della  legittimita' delle
ordinanze  adottate  e dei consequenziali provvedimenti commissariali
spetta  in via esclusiva, anche per l'emanazione di misure cautelari,
al tribunale amministrativo regionale del Lazio, con sede in Roma.
    L'amministrazione  intimata  ha, comunque, chiesto che il ricorso
sia  dichiarato  irricevibile  ed  inammissibile o, in subordine, sia
rigettato.
    4. - Il tribunale, chiamato a pronunciarsi sull'istanza cautelare
proposta  dal comune di Longobardi, ritiene di dovere esprimere dubbi
di  conformita'  alle norme costituzionali delle norme di cui art. 3,
commi  2-bis,  2-ter  e  2-quater,  d.l.  30  gennaio  2005,  n. 245,
introdotti dalla legge di conversione 27 gennaio 2006, n. 21.
    Dispone  il  comma  2-bis  del  menzionato  art.  3:  In tutte le
situazioni  di  emergenza  dichiarate  ai sensi dell'art. 5, comma 1,
della  legge 24 febbraio 1992, n. 225, la competenza di primo grado a
conoscere   della   legittimita'   delle  ordinanze  adottate  e  dei
consequenziali  provvedimenti  commissariali spetta in via esclusiva,
anche   per   l'emanazione   di   misure   cautelari,   al  Tribunale
amministrativo regionale del Lazio, con sede in Roma.
    In  connessione  a  tale  previsione  il  comma 2-ter dispone: Le
questioni  di  cui al comma 2-bis sono rilevate d'ufficio. Davanti al
giudice   amministrativo   il   giudizio  e'  definito  con  sentenza
succintamente  motivata  ai sensi dell'art. 26 della legge 6 dicembre
1971,  n. 1034,  e  successive modificazioni, trovando applicazione i
commi 2 e seguenti dell'art. 23-bis della stessa legge.
    Strettamente  connessa alle previsioni di cui sopra quelle di cui
al comma 2-quater, alla stregua delle quali: Le norme di cui ai commi
2-bis  e  2-ter  si applicano anche ai processi in corso. L'efficacia
delle  misure  cautelari  adottate  da  un  tribunale  amministrativo
diverso  da  quello  di  cui  al  comma  2-bis permane fino alla loro
modifica o revoca da parte del tribunale amministrativo regionale del
Lazio,  con sede in Roma, cui la parte interessata puo' riproporre il
ricorso.
    Quanto   alla   rilevanza   delle   questioni  di  illegittimita'
costituzionale,  va osservato che, nel presente giudizio, proposto in
data  successiva  all'entrata in vigore della legge di conversione 27
gennaio  2006,  n. 21,  hanno  incidenza specifica le norma di cui al
comma  2-bis  e  2-ter  dell'art.  3,  che  contemplano una deroga al
criterio previsto dalla legge 6 dicembre 1971, n. 1034, ai fini della
determinazione     del     Tribunale     amministrativo     regionale
territorialmente  competente,  introducendo un'ipotesi di' competenza
funzionale del Tribunale amministrativo regionale del Lazio - Sede di
Roma, inderogabile e rilevabile d'ufficio (comma 2-ter).
    Ne  consegue che, in applicazione di tali norme, questo Tribunale
dovrebbe limitarsi a declinare la competenza, in favore del Tribunale
amministrativo regionale del Lazio.
    5.  -  Cio' premesso in ordine alla rilevanza della questione, il
Collegio  condivide  pienamente  i  dubbi  di  costituzionalita', non
prettamente attinenti all'ordinamento regionale siciliano, affacciati
in  ordine  alle  dette  norme dal Tribunale amministrativo regionale
della  Sicilia - Sede di Palermo - Sezione I, con ordinanza n. 67 del
6  marzo  2006  (la  questione  risulta  sollevata anche da Tribunale
amministrativo  regionale  Sicilia,  Catania,  sez.  I, 7 marzo 2006,
n. 90).
    Ed  invero,  tali dubbi si pongono in primo luogo con riferimento
all'art. 3 della Costituzione, per la deroga alle ordinarie regole di
riparto  delle  competenze  comporta,  per  la tutela giurisdizionale
delle  rispettive  posizioni  giuridiche,  tra soggetti in situazioni
eguali (destinatari delle ordinanze adottate dagli organi governativi
o  dai commissari delegati, nelle situazioni di dichiarata emergenza,
aventi  efficacia  limitata al territorio di una regione, rispetto ai
destinatari  dei provvedimenti, aventi lo stesso ambito di efficacia,
adottati,  in  via  ordinaria, in genere dagli organi esponenziali di
enti territoriali regionali o sub regionali).
    Invero  la  disposizione in esame prevede, in tutte le situazioni
di  emergenza dichiarate ai sensi dell'art. 5, comma 1 della legge 24
febbraio  1992,  n. 225,  l'attribuzione  di  competenza al Tribunale
amministrativo  regionale  del  Lazio  a conoscere della legittimita'
delle  ordinanze  adottate,  nonche' dei provvedimenti dei commissari
che  agiscano in virtu' della delega prevista dal successivo comma 4,
e  quindi  per  atti  che  possono  assumere, e normalmente assumono,
un'incidenza limitata a specifici ambiti territoriali.
    In  definitiva,  mentre  l'impugnazione di provvedimenti adottati
nell'esercizio  delle ordinarie attribuzioni rientra nella competenza
del  Tribunale  amministrativo  regionale  regionale  del luogo ove i
provvedimenti  hanno incidenza (art. 3 della legge n. 1034/1971), ove
sia stata dichiarata la situazione di emergenza ai sensi dell'art. 5,
comma  1  della  legge  24  febbraio 1992, n. 225, l'impugnazione dei
provvedimenti  volti  alla  cura  dei  medesimi  interessi,  idonei a
produrre  le  medesime  conseguenze,  ed  eventualmente  a comprimere
uguali   posizioni   soggettive   (quale   l'autorizzazione  prevista
dall'art.  27 del d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, che viene in rilievo
nella   presente   controversia,   ordinariamente   attribuita   alla
competenza  delle regioni, con la partecipazione procedimentale degli
enti  territoriali  locali),  adottati dagli organi governativi o dai
commissari  all'uopo nominati (che peraltro frequentemente coincidono
con le medesime persone fisiche titolari degli uffici a cui spetta in
via  ordinaria  la  cura  dell'interesse  preso  in  considerazione),
rientra  nella  competenza  funzionale  ed inderogabile del Tribunale
amministrativo  regionale del Lazio, in forza della norma di legge in
esame.
    6.  -  Tale  diversita' non appare giustificabile dalla eventuale
maggiore  rilevanza  dell'interesse sotteso ai provvedimenti adottati
dal  governo  o dai commissari nominati ai sensi dell'art. 5, comma 4
della legge 24 febbraio 1992, n. 225.
    In  primo  luogo, nel nostro sistema non esiste una distribuzione
di  competenza  tra  i  diversi Tribunali amministrativi regionali in
dipendenza  della  maggiore o minore rilevanza dell'interesse sotteso
al  provvedimento  impugnato;  ed  ove venisse in ipotesi, introdotta
apparirebbe  in  contrasto  con  le  disposizioni  costituzionali che
pongono  su  un  piano  paritario  i diversi Tribunali amministrativi
regionali, distribuiti su base regionale (art. 125 Cost.).
    Ma   appare   decisiva   la   considerazione   che   il   rilievo
dell'interesse  preso  in considerazione non muta a secondo che venga
curato   attraverso   i   normali   strumenti  ordinamentali,  ovvero
attraverso  strumenti  ed  organi  extra  ordinem,  che  si vengono a
sovrapporre  alle  ordinarie  competenze  e procedure, per ragioni di
particolare urgenza.
    Invero  le  situazioni che giustificano lo stato di emergenza, ai
sensi  dell'art. 5, comma 1 della legge 24 febbraio 1992, n. 225, non
si   caratterizzano   per   il   particolare  rilievo  dell'interesse
considerato,  ma  per  l'urgenza di provvedere nei casi «di calamita'
naturali,   catastrofi   o   altri  eventi  che,  per  intensita'  ed
estensione,   debbono   essere   fronteggiati   con  mezzi  e  poteri
straordinari»,  e  che  difficilmente potrebbero essere adeguatamente
affrontati in assenza di agili rimedi, immediatamente efficaci.
    E   se   la  straordinarieta'  degli  eventi  che  devono  essere
fronteggiati giustifica la straordinarieta' dei mezzi e dei poteri di
carattere sostanziale all'uopo previsti, la sottoposizione degli atti
adottati,  nell'ambito  della  rilevata  situazione  di  emergenza, a
peculiari  regimi  di  impugnazione  appare del tutto irragionevole e
sembra   comportare   un'ingiustificata  lesione  dell'art.  3  della
Costituzione.
    Peraltro,  che  le  disposizioni  di  legge in esame non possano,
neanche  in tesi, trovare fondamento in una ipotetica - ma a giudizio
del  Collegio inesistente - maggiore rilevanza dell'interesse curato,
e'  comprovato dal fatto che il regime derogatorio previsto dal comma
2-bis  dell'art.  3 della legge n. 21/2006, quale risulta chiaramente
dalla formulazione letterale della norma, riguarda le ordinanze e gli
atti  commissariali adottati nelle situazioni di emergenza dichiarate
ai  sensi  dell'art. 5, comma 1 della legge 24 febbraio 1992, n. 225,
ma  non i provvedimenti che tali situazioni di emergenza dichiarino e
che,   ove   si  riferiscano  a  situazioni  di  limitata  estensione
territoriale,  come  sovente  accade,  continuano  a  rientrare nella
ordinaria  competenza  del  Tribunale  amministrativo regionale della
regione in cui il provvedimento e' destinato ad avere incidenza.
    Di  tal  che,  ad  esempio, nella fattispecie in esame, mentre il
provvedimento governativo (deliberazione del Consiglio dei ministri e
successivo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri: art. 5,
comma 1, legge 24 febbraio 1992, n. 225) concernente la dichiarazione
dello  stato  di  emergenza  nell'ambito  della Regione Calabria, nei
settori considerati, ed il conseguente atto di nomina del Commissario
delegato,  rimarrebbero  suscettibili  di  impugnativa nell'ordinaria
sede  territoriale  periferica  competente  (Tribunale amministrativo
regionale   Calabria),   i   provvedimenti   adottati  dall'autorita'
straordinaria   per  ultimo  citata  rientrerebbero  nella  esclusiva
cognizione  del  Tribunale  amministrativo  regionale Lazio - Sede di
Roma.
    L'irragionevolezza del disegno complessivo che ne consegue, oltre
ad  elidere  qualsiasi  possibilita'  di individuare valide ragioni a
supporto   della   deroga   introdotta,  tali  da  non  portare  alla
conclusione  che  le  disposizioni  in esame determinano, puramente e
semplicemente,  un'ingiustificata disparita' di trattamento, non puo'
non  essere  autonomamente valutata anche per la lesione al principio
costituzionale  di ragionevolezza, che deve presiedere alla redazione
dei testi di legge.
    7.  -  Il  Collegio  ha  ben  presente  la  sentenza  della Corte
costituzionale   n. 189/1992,   con   la   quale  e'  stato  ritenuto
compatibile  con  il  dettato  costituzionale l'art. 4 della legge 12
aprile  1990,  n. 74,  che  attribuisce  al  Tribunale amministrativo
regionale  Lazio la competenza esclusiva sull'impugnazione degli atti
del C.S.M.
    Ma  in  quella  circostanza,  a giustificazione della deroga alla
ordinaria  competenza  prevista  dalla  legge  n. 1034/1971, e' stata
posta  in rilievo la particolare posizione che il Consiglio superiore
della  magistratura occupa nell'ordinamento costituzionale, oltre che
la  peculiare funzione svolta dai magistrati ordinari, che li rendono
non  assimilabili  o  comparabili  ad  altre  categorie  di  pubblici
dipendenti;  circostanze del tutto estranee alle vicende per le quali
trova applicazione la norma in esame.
    Peraltro  non sembra secondario rilevare che il foro previsto per
i   pubblici   dipendenti   dal  comma  2,  dell'art. 3  della  legge
n. 1034/1971,  costituisce  gia'  una  deroga,  seppur  di  carattere
generale,  alla  prioritaria  regola prevista dal medesimo comma, che
individua.  quale principio cardine della distribuzione di competenza
tra   i  diversi  Tribunali  amministrativi  regionali,  l'ambito  di
efficacia del provvedimento impugnato.
    Da  cio'  consegue  che,  in  dipendenza  del  particolare  ruolo
costituzionale  rivestito  dal  C.S.M.  e  della particolare funzione
svolta   dai  magistrati  ordinari,  non  appare  irragionevole  che,
rispetto  a  provvedimenti che hanno efficacia sull'intero territorio
nazionale,  il Legislatore ritenga piu' opportuno seguire il criterio
prioritario  di  distribuzione di competenza tra i diversi tribunali,
piuttosto  che  il  criterio derogatorio costituito dal foro speciale
per i pubblici dipendenti.
    Ma   anche   tale   linea   argomentativa   sarebbe   del   tutto
inutilizzabile  rispetto  alla  vicenda  in  esame, nella quale viene
derogato  proprio  il  criterio  principale  di  distribuzione  della
competenza  tra i diversi Tribunali amministrativi regionali, fondato
sulla incidenza territoriale del provvedimento impugnato.
    Invero, la deroga prevista dai commi 2-bis e seguenti dell'art. 3
del  d.l.  30  novembre  2005,  n. 245,  introdotti  con  la legge di
conversione del 27 gennaio 2006, n. 21, rispetto alle regole generali
di  distribuzione  della  competenza indicate dall'art. 3 della legge
n. 1034/1971,  non  appare  supportata  da alcuna plausibile ragione,
dotata   di   copertura  costituzionale,  idonea  a  giustificare  la
disparita'  di  trattamento che indubbiamente si viene ad operare tra
situazioni  eguali,  con  conseguente lesione dei principi desumibili
dall'art. 3 della Costituzione.
    8.  -  Le  disposizioni  di  legge  in  esame appaiono inoltre in
contrasto  con  l'art.  24 della Costituzione, in quanto l'attrazione
delle   controversie  ivi  previste  alla  competenza  del  Tribunale
amministrativo  regionale  del  Lazio  indiscutibilmente  comporta un
ingiustificato  aggravio organizzativo e di costi a cui devono andare
incontro  i  soggetti  incisi dai provvedimenti adottati dagli organi
governativi   e   dai   commissari,  nelle  situazioni  di  emergenza
dichiarate  ai  sensi  dell'art.  5, comma 1, della legge 24 febbraio
1992,  n. 225,  che  intendano tutelare in giudizio le loro posizioni
soggettive,  con  riguardo  ai  provvedimenti  localizzati  in ambiti
territoriali non ricadenti nella Regione Lazio.
    La   lesione   al   principio   desumibile   dall'art.  24  della
Costituzione risulta ancor piu' significativa se si tiene conto della
molteplicita'  e della varieta' dei provvedimenti che rientrano nella
previsione  di  legge,  tali  pertanto  da toccare interessi idonei a
frazionarsi in molteplici ed eterogenee posizioni soggettive.
    9.  -  Viene altresi' vistosamente conculcato anche il principio,
enunciato  in  Costituzione,  del  decentramento  territoriale  della
giurisdizione amministrativa, attuato, fin dal 1971 (legge 6 dicembre
1971,   n. 1034),   con   l'attribuire  ai  tribunali  amministrativi
regionali  la  cognizione  di  tutte le controversie scaturenti dalla
contestazione  di  atti  della  p.a.  destinati  ad esaurire i propri
effetti in loco.
    Sotto  questo  aspetto,  le  norme  in  esame risultano quindi in
contrasto anche con l'art. 125, secondo comma, della Costituzione.
    Ritiene  invero  questo giudice remittente che, con la previsione
di  organi  di  giustizia  amministrativa  di  primo  grado in ambito
regionale,  il  Costituente  abbia inteso garantire una distribuzione
territoriale dei tribunali amministrativi regionali tale da agevolare
il  ricorso  alla Giustizia amministrativa, in sostanziale coerenza e
continuita'  logica  con  i  principi  desumibili  dall'art. 24 della
Costituzione.
    Se e' vero che il Tribunale amministrativo regionale del Lazio fa
comunque  parte del complesso della Giustizia amministrativa di primo
grado, articolata su base regionale, e' pur vero che l'attribuzione a
tale  Tribunale  amministrativo  regionale  di controversie in nessun
modo  connesse  a  criteri di distribuzione territoriale, finisce per
svuotare di contenuto la previsione dell'art. 125 della Costituzione,
violando il senso del principio in esso espresso, e creando una sorta
di  gerarchia  tra i Tribunale amministrativo regionale territoriali,
incompatibile  con  il  dettato  e  lo  spirito  della Costituzione e
realizzando  anche  un  non irrilevante vulnus del principio generale
del «giusto processo», quale desumibile dal testo novellato dall'art.
111 della Costituzione.
    10.  -  Detto per inciso, in quanto la questione non ha rilevanza
nel  presente  giudizio,  suscita dubbi di costituzionalita' anche il
regime transitorio previsto dalle disposizioni di legge in esame, che
trova applicazione alla controversia oggetto del presente giudizio.
    Invero,  lo  spostamento  di  competenza  che  comporta  il comma
2-quater  dell'art.  3  anche per i giudizi in corso al momento della
entrata   in  vigore  delle  disposizioni  in  esame,  legittimamente
instaurati   presso  i  diversi  Tribunale  amministrativo  regionale
territoriali,  secondo  le  disposizioni  di legge vigenti al momento
della  loro  proposizione,  appare  in  contrasto con l'art. 25 della
Costituzione,  determinando  la  sottrazione del giudizio al «giudice
naturale precostituito per legge».
    11.  -  In  conclusione,  il  Collegio  ritiene  rilevante  e non
manifestamente  infondata la questione di legittimita' costituzionale
le  norme  dell'art. 3, commi 2-bis, 2-ter del d.l. 30 novembre 2005,
n. 245,  introdotti  con la legge di conversione del 27 gennaio 2006,
n. 21,  per  contrasto  con  gli  articoli  3,  24,  111  e 125 della
Costituzione,  nella  parte  in  cui prevedono la competenza in primo
grado,  esclusiva  ed inderogabile, estesa anche ai giudizi in corso,
del   Tribunale   amministrativo  regionale  del  Lazio  sui  ricorsi
giurisdizionali  proposti  avverso  le  ordinanze  ed i provvedimenti
adottati  nell'ambito  delle  situazioni  di  emergenza dichiarate ai
sensi dell'art. 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225.
    Il  giudizio,  pertanto, va sospeso e gli atti vanno rimessi alla
Corte    costituzionale    per    il    giudizio    incidentale    di
costituzionalita'.