IL GIUDICE DI PACE

    Letti gli atti del procedimento di cui in epigrafe, rileva:
        con  ricorso  depositato  in  data  21  luglio  2006, il sig.
Capuano  Riccardo,  cosi'  come  rappresentato  e  difeso,  proponeva
opposizione  ex  art. 204-bis  del  codice  della  strada e 22, legge
n. 689/1981  avverso il verbale n. 7292532, elevato in data 25 maggio
2006  dalla  Polstrada  di  Salerno,  con  il  quale  gli  era  stata
contestata  la  violazione  delle  disposizioni  di cui all'art. 170,
comma  1  e  comma  2,  del  succitato codice, perche' alla guida del
motociclo  Honda  SH 50 targato 8RLMS, di sua proprieta', trasportava
un  passeggero  in assenza di omologazione per tale possibilita', con
applicazione  della  sanzione accessoria del sequestro amministrativo
del  veicolo, affidato in custodia prima a terzi e successivamente al
ricorrente,  senza  facolta'  d'uso,  in  attesa del provvedimento di
confisca da parte della Prefettura di Salerno, ai sensi dell'art. 213
del codice della strada.
    Sosteneva  il  ricorrente che la sanzione amministrativa disposta
dall'art. 213,   comma   2-sexies,  del  codice  della  strada,  come
modificata  dal  d.l.  n. 115/2005, cosi' come convertito dalla legge
n. 168/2005,  fosse in netto contrasto con gli artt. 3, 27 e 42 della
Costituzione  e  pertanto  chiedeva,  previa  sospensione del verbale
opposto  unitamente  ad  ogni  provvedimento  ad  esso collegato, con
contestuale  restituzione  della  carta di circolazione del motociclo
sequestrato,  ritenuto «indispensabile.. .per recarsi quotidianamente
sul  luogo  di  lavoro», valutata la non manifesta infondatezza della
questione,  la sospensione del procedimento con rimessione degli atti
alla   Corte   costituzionale,   chiedendo,   altresi',   nel  merito
l'annullamento del verbale impugnato.
    Sul  punto,  il  giudice  ritiene di dover sollevare questione di
legittimita'  costituzionale dell'art. 213, comma 2-sexies del codice
della  strada, decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, cosi' come
modificato dal d.l. n. 115/2005 convertito dalla legge n. 168/2005.
    La  succitata  norma  appare  prima  facie  in  contrasto con gli
artt. 3  e 27 della Costituzione per evidente violazione dei principi
di ragionevolezza e proporzionalita' della sanzione.
    In  effetti  l'idea specialpreventiva espressa dal diritto penale
del  fatto,  nel  quale la risposta punitiva dello Stato e' calibrata
sull'offesa arrecata ai beni giuridici oggetto di protezione non puo'
non  tener  conto che la rieducazione va innanzitutto armonizzata con
la   proporzione.   Questo   principio,   infatti,   stabilisce   una
correlazione   effettiva   tra   la   gravita'   dell'offesa   e   la
qualita-quantita' della sanzione, per cui e' ragionevole ritenere che
un'importante  «precondizione»  della  rieducazione  vada individuata
proprio  nell'inflizione  di  una pena che il condannato avverta come
proporzionata  al  fatto  commesso,  a  maggior  ragione  nel caso di
applicazione di una sanzione amministrativa.
    La   disposizione   della   confisca  del  ciclomotore,  prevista
dall'art. 213,  comma  2-sexies,  del  codice  della strada, nel caso
della violazione delle disposizioni di cui all'art. 170, commi 1 e 2,
stesso  codice,  appare  in  netto  contrasto  con  il  principio  di
ragionevolezza  e proporzionalita' della sanzione sposato dalla Carta
costituzionale  proprio in termini di effettivita' della correlazione
tra   gravita'   dell'offesa   e  qualita-quantita'  della  sanzione,
soprattutto  dopo  l'entrata  in  vigore delle disposizioni di cui al
d.P.R.  n. 153/2006,  sulla  nuova targa per motorini e microcar, che
evidenzia  in  maniera  ancora  piu' rilevante anche la disparita' di
trattamento  e quindi il contrasto con l'art. 3 della Costituzione da
parte delle disposizioni contenute dall'art. 213, comma 2-sexies, del
codice della strada.
    In   effetti,   per  il  codice  della  strada,  dopo  il  d.P.R.
n. 153/2006,  lo  stesso ciclomotore, con le medesime caratteristiche
tecniche,  ma  dotato  di  nuova  targa  invece  del c.d. «targhino»,
potrebbe  regolarmente trasportare un passeggero, al pari di una moto
di grossa cilindrata; cio', per il codice, individuerebbe due diverse
categorie  di cittadini nella stessa fascia di utenza: una che avendo
sopportato    nuovamente   gli   oneri   dell'immatricolazione   puo'
trasportare il passeggero sul proprio ciclomotore ed un'altra che non
avendo  provveduto  al  cambio  di  targa rischia la confisca, per un
fatto  che  la  legge facoltizza, con la conclusione che la norma non
distingue,   come   dovrebbe,   per   ragioni   di   sicurezza  della
circolazione, ma per una condizione squisitamente burocratica.
    Non  appare  peregrina  nemmeno  l'ipotesi  del  contrasto con le
disposizioni  contenute  nell'art. 42 della Costituzione, in quanto i
motivi  di  interesse  generale  che la norma impone quale condizione
imprescindibile    dell'espropriazione   della   proprieta'   privata
sembrerebbero,  al  contrario,  non  perseguiti  dall'art. 213, comma
2-sexies,  del  codice della strada, che prevedendo la confisca di un
bene  di  un  certo  valore  a  fronte di un comportamento per giunta
possibile,  anche se a determinate condizioni puramente burocratiche,
non   fa   si'  che  si  possa  serenamente  affermare  che  realizzi
l'interesse pubblico, gravando peraltro la p.a. dell'ulteriore carico
di  organizzare  complesse  procedure di vendita dei beni confiscati,
con dispersione di energie impiegabili altrove.
    Per  tutto cio', ritenuto che le disposizioni di cui all'art 213,
comma 2-sexies, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, cosi'
come   modificato   dal   d.l.  n. 115/2005  convertito  dalla  legge
n. 168/2005,  nel  prevedere la confisca del ciclomotore in relazione
alla  violazione  delle  previsioni dell'art. 170, comma 1 e comma 2,
stesso  codice,  squilibrano  la  posizione  dei  cittadini,  creando
differenze  che  non  trovano giustificazioni in termini di sicurezza
della  circolazione stradale, con evidente contrasto con gli artt. 3,
27  e 42 della Costituzione, per cui a parere di quest'ufficio non e'
manifestamente infondata la questione di incostituzionalita' di detta
norma.   Poiche'   l'attuale   giudizio   non  puo'  essere  definito
indipendentemente  dalla risoluzione della questione di legittimita',
vanno  rimessi  gli  atti  alla  Corte costituzionale, sospendendo il
processo in attesa della decisione della Corte sul punto.