IL CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA Ha pronunciato in Camera di consiglio - sentiti il procuratore generale e i difensori - la seguente ordinanza nel procedimento n. 10/2006 RG. nei confronti dei dottori Pietro Cavarretta, nato a Palermo il 24 dicembre 1957, magistrato del Tribunale di sorveglianza di Palermo, e Gabriella Gagliardi, nata a Napoli il 9 ottobre 1969, magistrato del Tribunale di sorveglianza di Palermo. La sezione, letti gli atti del procedimento disciplinare a carico del dott. Pietro Cavarretta e della dott.ssa Gabriella Gagliardi (rg 10/2006); Rilevato che alla udienza del 21 luglio 2006 il sostituto Procuratore generale presso la Corte di cassazione cui e' affidata la funzione di pm, poiche' con atto del 18 luglio 2006 il Ministro della giustizia si e' costituito in giudizio ai sensi dell'art. 17, comma 5 del d.lgs n. 109 del 23 febbraio 2006, delegando al compimento delle attivita' dibattimentali un magistrato facente parte dell'Ispettorato presso il Ministero della giustizia, ha eccepito preliminarmente la inammissibilita' della costituzione del Ministro ed ha, quindi, proposto questione di illegittimita' costituzionale degli artt. 17 e 19 del citato decreto legislativo e dell'art. 2, comma 7, lett c) nn. 9 e 10, nonche' lettera f) nn. 3 e 4, della legge n. 109 del 2006, sotto i profili di cui agli artt 101, 104, 107 e 111 della Costituzione; Considerato che la costante interpretazione del secondo comma dell'art. 107 Cost. secondo il quale il Ministro della giustizia ha la facolta' di promuovere l'azione disciplinare, si inserisce nell'esame di un contesto piu' ampio di poteri attribuiti al Ministro medesimo, consapevole della fondamentale affermazione di cui all'art 104 che attribuisce all'ordine giudiziario autonomia ed indipendenza da ogni altro potere dello Stato; Ritenuto che per l'appunto tale consapevolezza ha fatto costantemente raggiungere la conclusione per la quale l'iniziativa disciplinare attribuita discrezionalmente al Ministro dalla normativa abrogata, se pure costituiva l'antecedente necessario all'eventuale procedimento, non era tale da incidere di per se' sullo status del magistrato, giacche' siffatta idoneita' veniva riconosciuta, oltre che alla sentenza disciplinare, alla attivita' del Procuratore generale presso la Corte suprema che istruisce e quindi sostiene l'accusa innanzi alla sezione, ancorche' potesse essere evocato dalla iniziativa del Ministro; Ritenuto che peraltro l'attribuzione della facolta' di cui si tratta al Ministro si accompagna alla previsione della delega al magistrato ispettore con la assegnazione di una attivita' giurisdizionale ad un soggetto il cui stato professionale attuale e' quello di funzionario amministrativo, sprovvisto di giurisdizione, e che tale circostanza pare indiziante anch' essa del mancato coordinamento con il sistema costituzionale accennato; Rilevato che tutto cio' appare lontano dalla funzione della abrogata estraneita' del Ministro dalla attivita' giurisdizionale della Sezione disciplinare, estraneita' certamente voluta dalla Costituzione anche per il principio di cui all'art 101, secondo comma Cost. ovvero anche per conservare la relazione esclusiva e senza mediazione del giudice con la legge, relazione storicamente aggredibile attraverso lo strumento disciplinare; ritenuto che il comb disp di cui alle citate norme sospettate di illegittimita' dal Procuratore generale presso la Cassazione, delinea un assetto di rapporti tra Ministro e Consiglio superiore della magistratura tutt'affatto diverso da quello delineato dalla legge istitutiva del C.s.m. e sopratutto dalla Costituzione, giacche', mentre introduce la obbligatorieta' della azione disciplinare in capo al Ministro attribuisce a questi la facolta', dopo del promovimento che ha sortito l'effetto di provocare l'attivita' giudiziaria del procuratore generale, di fargli coltivare, a sua discrezione, la azione stessa; Ritenuto che in tal modo la normativa di cui si tratta ha tenuto conto di una valutazione di opportunita' che puo' determinare la scelta del Ministro, ma che deve restare estranea alla azione giudiziaria, e dunque ad ogni attivita' svolta innanzi alla sezione da qualunque parte del giudizio, e l'ha resa processualmente rilevante accanto a quella posta a difesa della legge, che compete alla procura generale; Ritenuto che per l'effetto della discrezionalita' relativa alla presenza in giudizio si delinea una funzione del Ministro, e della sua valutazione sulla vicenda, prevalenti rispetto a quelle del procuratore generale; Ritenuto che in ogni caso, la facolta' riconosciuta al Ministro puo' determinare una duplice presenza accusatoria con l'ulteriore effetto di alterare la relazione di parita' delle parti nel processo, voluta dall'art. 111 della Costituzione; Ritenuto che in tal modo l'incolpato si puo' trovare di fronte a due accusatori che esprimono interessi diversi,uno dei quali, quello espresso dal Ministro mediante un funzionario cui non compete l'indipendenza del giudice, distinto da quello che sortisce da esclusive valutazioni di giustizia; Ritenuto di non poter ravvisare, a giustificazione di detto ruolo processuale del Ministro, alcun interesse tutelato che possa assimilarne la posizione a quella di una parte civile nel giudizio penale e che dunque quella di cui si tratta rappresenta quanto meno una duplicazione della posizione esercitata dal procuratore generale, con conseguente, comunque, squilibrio del suaccennato principio di parita' delle parti, il quale richiede che ad ogni parte distinta corrisponda un interesse tutelabile a sua volta distinto; Ritenuto infine che la questione si appalesa rilevante per la sorte del procedimento in corso; Letto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87.