IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza sul ricorso n. 662/2006,
proposto  da  Crino'  Antonio, rappresentato e difeso dall'avv. Maria
Antonietta  Lamberti  ed  elettivamente  domiciliato in Catanzaro, al
Vico  II,  corso  Mazzini, 2,  presso  lo  studio  dell'avv. Concetta
Nunnari.
    Contro   Ufficio   del   Commissario   delegato  per  l'emergenza
ambientale  nel  territorio  della  Regione Calabria, rappresentato e
difeso  dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Catanzaro, presso
cui  e'  domiciliato  ex  lege; Presidenza del Consiglio dei ministri
nella  persona del rappresentante legale pro tempore, rappresentato e
difeso  dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Catanzaro, presso
cui e' domiciliato ex lege; Ministero dell'interno, non costituito in
giudizio,  per  l'annullamento  dell'ordinanza  n. 4308 del 13 aprile
2006   del   Commissario  delegato  per  l'emergenza  ambientale  nel
territorio  della Regione Calabria, avente ad oggetto l'annullamento,
in  via  di  autotutela,  dell'ordinanza commissariale n. 2580 del 16
giugno  2003,  titolata  «Ampliamento  discarica  controllata RSU nel
comune   di   Casignana.  Approvazione  con  progetto  definitivo  ed
indizione  gara  di  appalto»;  e,  con  ricorso  per motivi aggiunti
depositato  il  14  giugno 2006, dell'ordinanza n. 4293 del 22 maggio
2006   del   Commissario  delegato  per  l'emergenza  ambientale  nel
territorio della Regione Calabria con la quale viene annullata in via
di  autotutela  la  determinazione  n. 245  del 21 marzo 2003 con cui
l'ing.   Scordo,   responsabile  dell'Area  di  Reggio  Calabria  per
l'Ufficio  del  commissario,  ha  conferito all'ing. Antonio Giovanni
Crino'  l'incarico  per  la  redazione  del  progetto  preliminare  e
definitivo  relativo  ai «lavori di costruzione della nuova discarica
RSU  di Casignana», nonche' dell'ordinanza n. 4141 del 13 aprile 2006
gia'   impugnata   con  il  ricorso  principale,  avente  ad  oggetto
l'annullamento,  in  via  di autotutela, dell'ordinanza commissariale
n. 2580  del  16  giugno 2003, con cui e' stato approvato il progetto
definitivo  redatto  dall'ing.  Crino',  nonche'  di  tutti  gli atti
pregressi,   prodromici   ivi   comprese   le   note  dell'Avvocatura
distrettuale  dello  stato  di  Catanzaro dell'8 aprile 2006 e del 19
maggio 2006
    Visto il ricorso con i relativi allegati;
    Visto l'atto di costituzione in giudizio del Commissario delegato
per  l'emergenza  ambientale  nel territorio della Regione Calabria e
della Presidenza del Consiglio dei ministri.
    Visti gli atti tutti di causa;
    Relatore  nella  camera  di  consiglio  del  22  giugno  2006  il
referendario Giovanni Ruiu;
    Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

                     F a t t o  e  d i r i t t o

    Con  ricorso  ritualmente notificato, depositato nella segreteria
del  tribunale in data 25 maggio 2006, l'ing. Antonio Giovanni Crino'
ha  impugnato  l'ordinanza  n. 4141  del  13  aprile  2006 con cui il
Commissario  delegato per l'emergenza ambientale nel territorio della
Regione    Calabria    disponeva   l'annullamento,   in   autotutela,
dell'ordinanza  della  medesima autorita' n. 2580 del 16 maggio 2003,
con  cui era stato approvato il progetto definitivo redatto dall'ing.
Crino' per l'ampliamento della discarica di Casignana.
    L'impugnazione   del   provvedimento  gravato  e'  affidata  alla
seguenti censure:
        1) Violazione e/o erronea interpretazione dell'art. 21-nonies
della legge 7 agosto 1990 n. 241.
    Il  ricorrente  afferma  che non vi sarebbero stati i presupposti
per l'emanazione dell'impugnato provvedimento di autotutela essendosi
consolidati  gli  effetti  del  provvedimento originario, considerato
anche  che  il  mancato pagamento dell'incarico conferito allo stesso
ricorrente e' attualmente oggetto di un giudizio arbitrale.
        2) Eccesso di potere per illogicita' della motivazione.
    I  vizi  di  legittimita'  posti  alla  base del provvedimento di
secondo grado sarebbero inesistenti.
    Con  ricorso  per motivi aggiunti depositato il 14 giugno 2006 il
ricorrente  ha  impugnato  l'ordinanza n. 4393 del 22 maggio 2006 del
Commissario  delegato per l'emergenza ambientale nel territorio della
regione  Calabria  con  la  quale  e'  stata  annullata,  in  via  di
autotutela  la  determinazione  n. 245  del  21  marzo  2003  con cui
Responsabile   dell'Area   di   Reggio  Calabria  per  l'Ufficio  del
commissario,   aveva   conferito  al  ricorrente  l'incarico  per  la
redazione del progetto preliminare e definitivo relativo ai lavori di
costruzione della nuova discarica RSU di Casignana.
    Contro  tale  provvedimento  il  ricorrente  deduce  le  seguenti
censure:
        1) Eccesso di potere per illogicita' della motivazione.
    I  vizi  di  legittimita'  posti  alla  base del provvedimento di
secondo grado sarebbero inesistenti anche in questo caso.
        2)  Violazione ed erronea interpretazione di norma di legge -
Violazione   dell'art. 21-nonies   della   legge   7   giugno   1990,
n. 241/1990.
    Non  vi  sarebbero  i  presupposti  di  legge per l'esercizio del
potere di' autotutela da parte dell'amministrazione.
        3) Sviamento di potere.
    Il  provvedimento  sarebbe  stato  emesso  per danneggiare l'ing.
Crino' nel giudizio arbitrale ove egli ha convenuto l'amministrazione
per   ottenere   il   pagamento   dell'incarico,   conferito   con  i
provvedimenti annullati con gli atti impugnati e regolarmente svolto.
    Si   sono  costituiti  l'Ufficio  del  commissario  delegato  per
l'emergenza  ambientale  nel  territorio  della Regione Calabria e la
Presidenza   del   Consiglio   dei   ministri,   con   il  patrocinio
dell'Avvocatura  dello  Stato,  rilevando  l'incompetenza  dell'adito
tribunale  amministrativo  della  Calabria,  in  quanto,  secondo  il
disposto  dell'art.  3,  d.l.  30  gennaio  2005, n. 245, in tutte le
situazioni di emergenza dichiarate ai sensi dell'articolo 5, comma 1,
della  legge 24 febbraio 1992, n. 225, la competenza di primo grado a
conoscere   della   legittimita'   delle  ordinanze  adottate  e  dei
consequenziali  provvedimenti conunissariali spetta in via esclusiva,
anche   per   l'emanazione   di   misure   cautelari,   al  tribunale
amministrativo regionale del Lazio, con sede in Roma.
    L'amministrazione  intimata  ha, comunque, chiesto che il ricorso
sia  dichiarato  irricevibile  ed  inammissibile o, in subordine, sia
rigettato.
    Il  tribunale,  chiamato  a  pronunciarsi  sull'istanza cautelare
proposta  dall'ing.  Crino',  ritiene  di  dovere  esprimere dubbi di
conformita'  alle  norme  costituzionali  delle  norme di cui art. 3,
commi  2  bis,  2  ter  e  2  quater  d.l.  30  gennaio 2005, n. 245,
introdotti dalla legge di conversione 27 gennaio 2006, n. 21.
    Dispone  il  comma  2-bis  del  menzionato  art. 3:  In  tutte le
situazioni di emergenza dichiarate ai sensi dell'articolo 5, comma 1,
della  legge 24 febbraio 1992, n. 225, la competenza di primo grado a
conoscere   della   legittimita'   delle  ordinanze  adottate  e  dei
consequenziali  provvedimenti comnzissariali spetta in via esclusiva,
anche   per   l'emanazione   di   misure   cautelari,   al  tribunale
amministrativo regionale del Lazio, con sede in Roma.
    In  connessione  a  tale  previsione  il  comma 2-ter dispone: Le
questioni  di  cui al comma 2-bis sono rilevate d'ufficio. Davanti al
giudice   amministrativo   il   giudizio  e'  definito  con  sentenza
succintamente  motivata  ai  sensi  dell'articolo  26  della  legge 6
dicembre   1971,   n. 1034,   e  successive  modificazioni,  trovando
applicazione  i  commi 2 e seguenti dell'articolo 23-bis della stessa
legge.
    Strettamente  connessa alle previsioni di cui sopra quelle di cui
al comma 2-quater, alla stregua delle quali: Le norme di cui ai commi
2-bis  e  2-ter  si applicano anche ai processi in corso. L'efficacia
delle  misure  cautelari  adottate  da  un  tribunale  amministrativo
diverso  da  quello  di  cui  al  comma  2-bis permane fino alla loro
modifica o revoca da parte del Tribunale amministrativo regionale del
Lazio,  con  sede in Roma, cui la parte interessata puo riproporre il
ricorso.
    Quanto   alla   rilevanza   delle   questioni  di  illegittimita'
costituzionale,  va osservato che, nel presente giudizio, proposto in
data  successiva  all'entrata in vigore della legge di conversione 27
gennaio  2006,  n. 21,  hanno  incidenza specifica le norma di cui al
comma  2-bis  e  2-ter  dell'art. 3,  che  contemplano  una deroga al
criterio  previsto dalla legge 6 dicembre 1971, n. 1034 ai fini della
determinazione     del     tribunale     amministrativo     regionale
territorialmente  competente,  introducendo  un'ipotesi di competenza
funzionale  del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di
Roma, inderogabile e rilevabile d'ufficio (comma 2-ter).
    Ne  consegue che, in applicazione di tali norme, questo tribunale
dovrebbe limitarsi a declinare la competenza, in favore del Tribunale
amministrativo regionale del Lazio.
    Cio'  premesso  in  ordine  alla  rilevanza  della  questione, il
collegio  condivide  pienamente  i  dubbi  di  costituzionalita', non
prettamente attinenti all'ordinamento regionale siciliano, affacciati
in  ordine  alle  dette  norme dal Tribunale amministrativo regionale
della  Sicilia, sede di Palermo, sezione I, con ordinanza n. 67 del 6
marzo  2006  (la  questione  risulta  sollevata  anche  da  Tribunale
amministrativo  regionale  Sicilia,  Catania,  Sez.  1, 7 marzo 2006,
n. 90).
    Ed  invero,  tali dubbi si pongono in primo luogo con riferimento
all'art. 3  della  Costituzione, per la disparita' di trattamento che
la deroga alle ordinarie regole di riparto delle competenze comporta,
per  la tutela giurisdizionale delle rispettive posizioni giuridiche,
tra  soggetti  in  situazioni  eguali  (destinatari  delle  ordinanze
adottate  dagli  organi  governativi o dai commissari delegati, nelle
situazioni  di  dichiarata  emergenza,  aventi  efficacia limitata al
territorio di una regione, rispetto ai destinatari dei provvedimenti,
aventi lo stesso ambito di efficacia, adottati, in via ordinaria - in
genere  dagli  organi  (esponenziali di enti territoriali regionali o
sub regionali).
    Invero  la  disposizione in esame prevede, in tutte le situazioni
di  emergenza  dichiarate ai sensi dell'art. 5 comma 1 della legge 24
febbraio  1992,  n. 225,  l'attribuzione  di  competenza al Tribunale
amministrativo  regionale  del  Lazio  a conoscere della legittimita'
delle  ordinanze  adottate, nonche' dei provvedimenti dei commnissari
che  agiscano in virtu' della delega prevista dal successivo comma 4;
e  quindi  per  atti  che  possono  assumere, e normalmente assumono,
un'incidenza limitata a specifici ambiti territoriali.
    In  definitiva,  mentre  l'impugnazione di provvedimenti adottati
nell'esercizio  delle ordinarie attribuzioni rientra nella competenza
del  Tribunale  amministrativo  regionale  regionale  del luogo ove i
provvedimenti hanno incidenza (art. 3 della legge, n. 1034/1971), ove
sia  stata dichiarata la situazione di emergenza ai sensi dell'art. 5
comma  1  della  legge  24  febbraio 1992, n. 225, l'impugnazione dei
provvedimenti  volti  alla  cura  dei  medesimi  interessi,  idonei a
produrre  le  medesime  conseguenze,  ed  eventualmente  a comprimere
uguali   posizioni   soggettive   (quale   l'autorizzazione  prevista
dall'art. 27  del  d.lgs 5 febbraio 1997, n. 22, che viene in rilievo
nella   presente   controversia,   ordinariamente   attribuita   alla
competenza  delle regioni, con la partecipazione procedimentale degli
enti  territoriali  locali),  adottati dagli organi governativi o dai
commissari  all'uopo nominati (che peraltro frequentemente coincidono
con le medesime persone fisiche titolari degli uffici a cui spetta in
via  ordinaria  la  cura  dell'interesse  preso  in  considerazione),
rientra  nella  competenza  funzionale  ed inderogabile del Tribunale
amministrativo  regionale del Lazio, in forza della norma di legge in
esame.
    Tale   diversita'   non  appare  giustificabile  dalla  eventuale
maggiore  rilevanza  dell'interesse sotteso ai provvedimenti adottati
dal  governo o dai commissari nominati ai sensi dell'art. 5, comma 4,
della legge 24 febbraio 1992, n. 225.
    In  primo  luogo, nel nostro sistema non esiste una distribuzione
di  competenza  tra  i  diversi tribunali amministrativi regionali in
dipendenza  della  maggiore o minore rilevanza dell'interesse sotteso
al  provvedimento  impugnato;  ed  ove venisse in ipotesi, introdotta
apparirebbe  in  contrasto  con  le  disposizioni  costituzionali che
pongono  su  un  piano  paritario  i diversi tribunali amministrativi
regionali, distribuiti su base regionale (art. 125 cost.).
    Ma   appare   decisiva   la   considerazione   che   il   rilievo
dell'interesse  preso  in considerazione non muta a secondo che venga
curato   attraverso   i   normali   strumenti  ordinamentali,  ovvero
attraverso  strumenti  ed  organi  extra  ordinem,  che  si vengono a
sovrapporre  alle  ordinarie  competenze  e procedure, per ragioni di
particolare urgenza.
    Invero  le  situazioni che giustificano lo stato di emergenza, ai
sensi  dell'art. 5, comma 1 della legge 24 febbraio 1992, n. 225, non
si   caratterizzano   per   il   particolare  rilievo  dell'interesse
considerato,  ma  per  l'urgenza di provvedere nei casi «di calamita'
naturali,   catastrofi   o   altri  eventi  che,  per  intensita'  ed
estensione,   debbono   essere   fronteggiati   con  mezzi  e  poteri
straordinari»  e  che  difficilmente  potrebbero essere adeguatamente
affrontati in assenza di agili rimedi, immediatamente efficaci.
    E   se   la  straordinarieta'  degli  eventi  che  devono  essere
fronteggiati giustifica la straordinarieta' dei mezzi e dei poteri di
carattere sostanziale all'uopo previsti, la sottoposizione degli atti
adottati,  nell'ambito  della  rilevata  situazione  di  emergenza, a
peculiari  regimi  di  impugnazione  appare del tutto irragionevole e
sembra   comportare   un'ingiustificata   lesione  dell'art. 3  della
Costituzione.
    Peraltro,  che  le  disposizioni  di  legge in esame non possano,
neanche  in tesi, trovare fondamento in una ipotetica - ma a giudizio
del  Collegio inesistente - maggiore rilevanza dell'interesse curato,
e'  comprovato dal fatto che il regime derogatorio previsto dal comma
2-bis  dell'art. 3  della legge n. 21/2006, quale risulta chiaramente
dalla formulazione letterale della norma, riguarda le ordinanze e gli
atti  commissariali adottati nelle situazioni di emergenza dichiarate
ai  sensi dell'art. 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225,
ma  non i provvedimenti che tali situazioni di emergenza dichiarino e
che,   ove   si  riferiscano  a  situazioni  di  limitata  estensione
territoriale,  come  sovente  accade,  continuano  a  nentrare  nella
ordinaria  competenza  del  Tribunale  amministrativo regionale della
regione in cui il provvedimento e' destinato ad avere incidenza.
    Di  tal  che,  ad  esempio, nella fattispecie in esame, mentre il
provvedimento governativo (deliberazione del Consiglio dei ministri e
successivo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri: art. 5,
comma   1,   legge   n. 24  febbraio  1992,  n. 225)  concernente  la
dichiarazione  dello  stato  di  emergenza  nell'ambito della Regione
Calabria,  nei settori considerati, ed il conseguente atto di' nomina
del  Commissario  delegato,  rimarrebbero suscettibili di impugnativa
nell'ordinaria  sede  territoriale  periferica  competente (Tribunale
amministrativo   regionale   Calabria),   i   provvedimenti  adottati
dall'autorita'  straordinaria  per ultimo citata rientrerebbero nella
esclusiva  cognizione  del  Tribunale amministrativo regionale Lazio,
sede di Roma.
    L'irragionevolezza del disegno complessivo che ne consegue, oltre
ad  elidere  qualsiasi  possibilita'  di individuare valide ragioni a
supporto   della   deroga   introdotta,  tali  da  non  portare  alla
conclusione  che  le  disposizioni  in esame determinano, puramente e
semplicemente,  un'ingiustificata disparita' di trattamento, non puo'
non  essere  autonomamente valutata anche per la lesione al principio
costituzionale  di ragionevolezza, che deve presiedere alla redazione
dei testi di legge.
    Il   collegio   ha   ben   presente   la   sentenza  della  Corte
costituzionale   n. 189/1992,   con   la   quale  e'  stato  ritenuto
compatibile  con  il  dettato  costituzionale l'art. 4 della legge 12
aprile  1990,  n. 74,  che  attribuisce  al  Tribunale amministrativo
regionale  Lazio la competenza esclusiva sull'impugnazione degli atti
del C.S.M.
    Ma  in  quella  circostanza,  a giustificazione della deroga alla
ordinaria  competenza  prevista  dalla  legge  n. 1034/1971, e' stata
posta  in rilievo la particolare posizione che il Consiglio Superiore
della  Magistratura occupa nell'ordinamento costituzionale, oltre che
la  peculiare funzione svolta dai magistrati ordinari, che li rendono
non  assimilabili  o  comparabili  ad  altre  categorie  di  pubblici
dipendenti;  circostanze del tutto estranee alle vicende per le quali
trova applicazione la norma in esame.
    Peraltro  non sembra secondario rilevare che il foro previsto per
i  pubblici  dipendenti  dal  secondo  comma  dell'art. 3 della legge
n. 1034/1971,  costituisce  gia'  una  deroga,  seppur  di  carattere
generale,  alla  prioritaria  regola prevista dal medesimo comma, che
individua,  quale principio cardine della distribuzione di competenza
tra   i  diversi  tribunali  amministrativi  regionali,  l'ambito  di
efficacia del provvedimento impugnato.
    Da  cio'  consegue  che,  in  dipendenza  del  particolare  ruolo
costituzionale  rivestito  dal  C.S.M.  e  della particolare funzione
svolta   dai  magistrati  ordinari,  non  appare  irragionevole  che,
rispetto  a  provvedimenti che hanno efficacia sull'intero territorio
nazionale,  il legislatore ritenga piu' opportuno seguire il criterio
prioritario  di  distribuzione di competenza tra i diversi tribunali,
piuttosto  che  il  criterio derogatorio costituito dal foro speciale
per i pubblici dipendenti.
    Ma   anche   tale   linea   argomentativa   sarebbe   del   tutto
inutilizzabile  rispetto  alla  vicenda  in  esame, nella quale viene
derogato  proprio  il  criterio  principale  di  distribuzione  della
competenza  tra i diversi tribunali amministrativi regionali, fondato
sulla incidenza territoriale del provvedimento impugnato.
    Invero, la deroga prevista dai commi 2-bis e seguenti dell'art. 3
del  d.l.  30  novembre  2005,  n. 245,  introdotti  con  la legge di
conversione del 27 gennaio 2006, n. 21, rispetto alle regole generali
di  distribuzione  della competenza indicate dall'art. 3, della legge
n. 1034/1971,  non  appare  supportata  da alcuna plausibile ragione,
dotata   di   copertura  costituzionale,  idonea  a  giustificare  la
disparita'  di  trattamento che indubbiamente si viene ad operare tra
situazioni  eguali,  con  conseguente lesione dei principi desumibili
dalIart. 3 della Costituzione.
    Le  disposizioni  di legge in esame appaiono inoltre in contrasto
con  l'art. 24  della  Costituzione,  in  quanto  l'attrazione  delle
controversie    ivi    previste   alla   competenza   del   Tribunale
amministrativo  regionale  del  Lazio  indiscutibilmente  comporta un
ingiustificato  aggravio organizzativo e di costi a cui devono andare
incontro  i  soggetti  incisi dai provvedimenti adottati dagli organi
governativi   e   dai   commissari,  nelle  situazioni  di  emergenza
dichiarate ai sensi dell'articolo 5, comma 1, della legge 24 febbraio
1992,  n. 225,  che  intendano tutelare in giudizio le loro posizioni
soggettive,  con  riguardo  ai  provvedimenti  localizzati  in ambiti
territoriali non ricadenti nella regione Lazio.
    La   lesione   al   principio   desumibile   dall'art. 24   della
Costituzione risulta ancor piu' significativa se si tiene conto della
molteplicita'  e della varieta' dei provvedimenti che rientrano nella
previsione  di  legge,  tali  pertanto  da toccare interessi idonei a
frazionarsi in molteplici ed eterogenee posizioni soggettive.
    Viene   altresi'  vistosamente  conculcato  anche  il  principio,
enunciato  in  Costituzione,  del  decentramento  territoriale  della
giurisdizione amministrativa, attuato, fin dal 1971 (legge 6 dicembre
1971,   n. 1034),   con   l'attribuire  ai  tribunali  amministrativi
regionali  la  cognizione  di  tutte le controversie scaturenti dalla
contestazione  di  atti  della  p.a.  destinati  ad esaurire i propri
effetti «in loco».
    Sotto  questo  aspetto,  le  norme  in  esame risultano quindi in
contrasto anche con l'art. 125, secondo comma, della Costituzione.
    Ritiene  invero  questo giudice remittente che, con la previsione
di  organi  di  giustizia  amministrativa  di  primo  grado in ambito
regionale,  il  costituente  abbia inteso garantire una distribuzione
territoriale dei tribunali amministrativi regionali tale da agevolare
il  ricorso  alla giustizia amministrativa, in sostanziale coerenza e
continuita'  logica  con  i  principi  desumibili  dall'art. 24 della
Costituzione.
    Se e' vero che il Tribunale amministrativo regionale del Lazio fa
comunque  parte del complesso della Giustizia amministrativa di primo
grado, articolata su base regionale, e' pur vero che l'attribuzione a
tale  Tribunale  amministrativo  regionale  di controversie in nessun
modo  connesse  a  criteri di distribuzione territoriale, finisce per
svuotare di contenuto la previsione dell'art. 125 della Costituzione,
violando il senso del principio in esso espresso, e creando una sorta
di  gerarchia  tra i Tribunale amministrativo regionale territoriali,
incompatibile  con  il  dettato  e  lo  spirito  della Costituzione e
realizzando  anche un non irrilevante «vulnus» del principio generale
del   «giusto   processo»,   quale  desumibile  dal  testo  novellato
dall'art. 111 della Costituzione.
    Detto  per  inciso,  in  quanto la questione non ha rilevanza nel
presente giudizio, suscita dubbi di costituzionalita' anche il regime
transitorio  previsto dalle disposizioni di legge in esame, che trova
applicazione alla controversia oggetto del presente giudizio.
    Invero,  lo  spostamento  di  competenza  che  comporta  il comma
2-quater  dell'art. 3  anche  per i giudizi in corso al momento della
entrata   in  vigore  delle  disposizioni  in  esame,  legittimamente
instaurati   presso  i  diversi  Tribunale  amministrativo  regionale
territoriali,  secondo  le  disposizioni  di legge vigenti al momento
della  loro  proposizione,  appare  in  contrasto con l'art. 25 della
Costituzione,  determinando  la  sottrazione del giudizio al «giudice
naturale precostituito per legge».
    In   conclusione,   il   Collegio   ritiene   rilevante   e   non
manifestamente  infondata la questione di legittimita' costituzionale
le  norme  dell'art. 3, commi 2-bis, 2-ter del d.l. 30 novembre 2005,
n. 245,  introdotti  con la legge di conversione del 27 gennaio 2006,
n. 21,  per  contrasto  con  gli  articoli  3,  24,  111  e 125 della
Costituzione,  nella  parte  in  cui prevedono la competenza in primo
grado,  esclusiva  ed inderogabile, estesa anche ai giudizi in corso,
del   Tribunale   amministrativo  regionale  del  Lazio  sui  ricorsi
giurisdizionali  proposti  avverso  le  ordinanze  ed i provvedimenti
adottati  nell'ambito  delle  situazioni  di  emergenza dichiarate ai
sensi dell'art. 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225.
    Il  giudizio,  pertanto, va sospeso e gli atti vanno rimessi alla
Corte    costituzionale    per    il    giudizio    incidentale    di
costituzionalita'.